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Fumetto

Brandon Peterson

Tavole arcane

Lorenzo Bertuzzi (LB): So di non essere molto originale, ma…come hai iniziato a disegnare? Hai ricevuto qualche insegnamento? So che hai iniziato a leggere fumetti quando avevi 18 anni: c’é un artista o un’opera che ti hanno fatto dire: “OK, questo è quello che voglio fare nella vita”?

Brandon Peterson (BP): Mi è sempre piaciuto disegnare, ma sono cresciuto nel Wisconsin, in una cittadina di campagna, piuttosto isolata, e non mi sono interessato tanto di fumetti fino a quando non iniziai ad andare alla High School (16-18 anni) che frequentavo in una città vicina, più grande. Ero certo di voler diventare un illustratore, così iniziai dei corsi d’arte all’università dopo essermi diplomato. Ho una laurea in Illustrazione e Disegno Grafico. A scuola avevo sentito parlare di un artista che stava cercando un assistente alle chine. Lo incontrai e fu lui, più di ogni altro, ad ispirarmi a disegnare fumetti. Si chiama Dennis Jensen, non è mai stato molto famoso, ma lavorò molto negli anni ’70 e ’80, per esempio alle chine del Flash di Carmine Infantino.

LB: Mi pare che il tuo primo lavoro da professionista nel campo dei fumetti sia stato “Legion of Superheroes” n°15. Com’è stato lavorare al fianco di Keith Giffen? Ho letto che disegnava direttamente la trama, con dei disegni approssimativi, almeno nei primi numeri della Justice League. Successe lo stesso mentre stavi lavorando sulla Legione?

BP: No. A quel tempo Tom e Mary Bierbaum stavano iniziando a scrivere le trame… e lo facevano nel modo più consueto. Keith collaborava con loro nella stesura delle trame.

LB: Sia Giffen che Pearson utilizzavano la divisione della tavola in nove parti lavorando sulla Legione. Perché tu no? Ti piaceva lo stile di Giffen? Hai mai visto delle opere di Muñoz?

BP: Credo che Giffen desse a Pearson degli schizzi da ripassare, quando Jason era il disegnatore della testata: a me non li dava. Mi piaceva come disegnava Keith, ma mi accorgevo di quanto stava attingendo dallo stile di Muñoz… e Muñoz è molto meglio.

LB: Khunds, Brailliani, Caargiti…un sacco di tipi strani, razze diverse da disegnare: conoscevi l’epopea della Legion? Molte persone odiano Giffen per aver trasformato gli eroi di quando erano giovani in fantascientifiche versioni corazzate del Punitore. Io non lo odio, ho amato tutto il periodo Giffen e mi sono Immagine articolo Fucine Mutedivertito molto: era un miscuglio tra uno stile umoristico (la storia del tipo che mangiava la materia, per esempio) e un approccio più realistico (la guerra tra Braal e Imsk e il massacro di Venado Bay erano incredibili!). Tu cosa ne pensi?

BP: Pensavo che fosse una visione interessante dei personaggi. In fondo, questi avevano quasi quarant’anni, quindi… dico che Giffen ha fatto bene a sperimentare qualcosa di nuovo. Personalmente parlando, mi piaceva la vecchia Legione, che è stata poi ripresentata in numeri più recenti. Avevo degli amici, appassionati della Legione, che mi hanno aiutato molto quando ero alle matite di quella testata.

LB: Con l’annual n°2 e soprattutto con il n°3 della “Legion of Superheroes”, il tuo stile migliorò enormemente. Oltre all’ovvio aumento di fiducia nelle tue capacità, può essere che le chine di Hanna si adattassero maggiormente al tuo tratto rispetto alle chine di Gordon? Avevi già scoperto l’arte di M. Golden e di A. Adams?

BP: La maggior parte dei miglioramenti arrivò grazie ad un lavoro costante e regolare, esercitato traendo l’ispirazione da dei grandi come Adam Hughes. Quando sei un novellino, i miglioramenti arrivano più facilmente visto che ci sono così tante cose nuove da imparare, ma invecchiando si riducono sensibilmente (triste, ma vero!).

LB: Ho letto che hai ammesso di essere stato influenzato dalle opere di artisti come M. Golden, A. Hughes e A. Adams, ma devo dire che alcuni tuoi disegni mi ricordano il tratto di B. Sears. Ti piacciono i suoi lavori?

BP: Mi piacciono in parte… ma non mi piace affatto il modo in cui disegna i muscoli: disegna i personaggi come se non avessero la pelle sopra i muscoli!

Immagine articolo Fucine Mute LB: Dopo aver lavorato alla DC Comics, arrivò la Marvel, dove cogliesti al volo l’opportunità di sostituire Lee e Portacio, che avevano appena fondato la Image. Eri preoccupato? Sentivi la responsabilità? Perché hai scelto di cambiare il tuo stile e di diventare quasi un clone di J. Lee? L’editor ti metteva forse pressione?

BP: L’editor mi metteva pressione, e io ero giovane e volevo disperatamente quel posto (mi piace anche lo stile di Lee). Accettai di cambiare il mio stile per accontentare gli editor.

LB: Le matite degli ultimi numeri de “The Uncanny X-men” erano veramente straordinarie, il miglior tratto in stile Lee che io abbia visto tra le folle di cloni che esistevano all’epoca (le ultime pagine del n°300 con la scena della punizione di Cortez sono da ricordare). Perché hai lasciato? Come hai iniziato a lavorare con Marc Silvestri?

BP: Semplicemente mi chiamò e mi offrì un lavoro. Nello stesso periodo, la Marvel si stava chiedendo cosa fare di me e non c’era niente di definito in vista. Accettai il lavoro con Marc perché mi avrebbe dato una chance di disegnare in uno studio, con lui e con altri, e di imparare ancora.

Immagine articolo Fucine MuteLB: Come erano veramente i rapporti tra i fondatori della Image e la grande M? Ricordo una dura polemica tra McFarlane, Larsen e la Marvel. Cosa ne pensavi tu all’epoca?

BP: La Marvel non era felice di perdere una fetta di mercato e di diminuire le vendite a causa della Image Comics, mentre i tipi della Image si stavano ancora riprendendo dalle ferite che ritenevano di aver subito dalla Marvel e che avevano portato al loro addio. C’era molta rabbia da entrambe le parti, ma adesso è passata visto che tutti i fondatori della Image (eccetto McFarlane) sono tornati alla casa madre.

LB: Questi sono i fumetti, la morte è flessibile”…e così iniziavi a lavorare su “Strykeforce” con un terribile massacro in Ucraina. Penso che la serie fosse piuttosto valida, migliore di “Cyberforce” o di “WildCats” (prima che ci mettesse mano A. Moore). Ti piace lavorare su personaggi totalmente nuovi? Cosa ti influenzò nella creazione del look dei membri del gruppo?

BP: Veramente… Marc Silvestri creò la veste grafica dei personaggi. Io mi sono limitato a continuare sulla sua linea.

LB: Che modelli segui quando disegni una scena o un personaggio: foto, altri disegni, scene di film (mi viene in mente una fantastica citazione da “Il dottor Stranamore” in “Strykeforce” n°3)? Quanto tempo ti ci vuole per completare una pagina? Te lo chiedo perché da quanto ho potuto vedere su “Arcanum”, il tuo tratto mi è sembrato molto più ricco e dettagliato. Sei ancora interessato a lavorare su una serie mensile?

BP: Mi piacerebbe avere due giorni di tempo per disegnare una pagina, ma, se sono disciplinato, posso completare una pagina al giorno. A dire la verità, non ho rallentato i ritmi di produzione sebbene abbia arricchito il mio tratto: semplicemente non faccio più tutti quegli errori che facevo quando ero più giovane e che mi costringevano a cancellare e ad iniziare a disegnare daccapo. Credo che i fumetti su base mensile siano l’unica scelta possibile nel pessimo mercato dei fumetti attuale.

LB: La mitologia e la fantasy fanno parte dei tuoi interessi personali? Da che fonti hai tratto il concetto di Arcanum? Eri veramente così stufo di disegnare supereroi e storie di fantascienza?

BP: Arcanum è quasi completamente frutto del mio amore per gli studi sulla mitologia, come quelli di Joseph Campbell. Ho sempre desiderato creare fumetti fantasy perché con la fantasy ci sono cresciuto. Prima di diventare un disegnatore di fumetti, volevo essere il nuovo Frazetta.

LB: Perché D-tron?

BP: Perché no? In effetti ho lavorato con lui quando era ancora un personaggio fresco e poteva essere plasmato piuttosto facilmente. Adesso è molto diverso rispetto ad allora.

LB: Perché hai questa specie di legame “magnetico” con gli X-men? Non credi che l’universo mutante sia stato sfruttato a sufficienza (fin troppo!) negli ultimi anni? Va bene che le collane con una X nel titolo sono quelle che vendono di più in casa Marvel, ma non Immagine articolo Fucine Mutecredi che un nuovo corso (per esempio, la saga di Apocalisse poteva iniziarlo) potrebbe risultare più interessante (Eric Leshnerr mi piace da morire, ma ho perso il conto di quante volte è rinato…!)?

BP: Gli X-men hanno una grande tradizione artistica ed è proprio questo ciò che mi attrae. Mi piace da morire ciò che su quelle pagine hanno fatto i vari Byrne, Smith, Lee, Madureira e Pacheco. E per questo mi sento in dovere di fare del mio meglio perché anch’io voglio essere orgoglioso del mio lavoro ed essere ricordato insieme a questi grandi nomi. Credo anch’io che gli X-men abbiano perso molto negli ultimi anni, ma ho grandi speranze per il futuro.

LB: Sarai il nuovo disegnatore regolare de “X-men” dopo Davis? Ora che hai iniziato a scrivere anche tu alcune trame, tenterai di esercitare una influenza diretta sulle idee dello scrittore?

BP: Lavorerò ai disegni de Uncanny X-men, visto che Davis continuerà il suo lavoro su X-men. Mi sto concentrando di più sulla parte grafica per il momento, ma tutti i miei suggerimenti sono stati sempre ben accolti (finora).

LB: Quali sono i tuoi prossimi progetti?

BP: Dopo Magneto Rex andrò dritto dritto verso una miniserie segreta chiamata Astonishing X-men e poi inizierò a disegnare regolarmente la testata Uncanny X-men… fino a che non si stancheranno di me!

Saluti.

(traduzione a cura di Andrea Leitenberger)

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