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Cinema

Harmony Korine

“Quando lavoro ad un’idea, il mio obiettivo è creare qualcosa di innovativo. Il cinema si assomiglia un po’ tutto, ad eccezione di pochi come Godard, Fassbinder o Cassavetes. Siamo ancora agli inizi. Faccio del cinema perché penso che nessuno realizza film che vorrei vedere nelle sale. Ho venticinque anni, ho un mio linguaggio: perché dovrei ispirarmi a Scorsese?” Regista di grande personalità e sfrontatezza, Harmony Korine di Bolinas, California, è arrivato alla regia con “Gummo” nel 1997 grazie al successo ottenuto dalla sceneggiatura di “Kids”, il film di Larry Clark (“una persona che mi è completamente indifferente”) che lanciava uno sguardo duro e lancinante sugli adolescenti di New York. Esemplare la presentazione curata da Gus Van Sant dell’opera prima di Harmony Korine: “Storia corrosiva, personaggi geniali, struttura vincente, soavemente molesto l’epilogo, farsesco il soggetto, ribelle di natura, schietto di cuore, ispirato e con una punta di disprezzo, “Gummo” attraversa lo schermo come l’ala grottesca di un pollo fritto”. Pressoché privo di qualsiasi traccia narrativa, il film raccoglie il quotidiano di una cittadina dell’Idaho sconvolta dal tornado Gummo, ma è un America mostruosa quella che ci viene presentata: un cane impalato su un’antenna tv, un ragazzino sperduto con le orecchie da coniglio, un nano pervertito, bagni in vasche dall’acqua nerastra dove si mangiano spaghetti, bambini della questua, ragazzi down, prostitute extralarge. Narrativamente destrutturato in soli eventi satellite “Gummo” potrebbe anche essere scambiato per un lavoro di montaggio sui tagli della censura: “L’America è anche questa remota e violenta provincia di cui sono stato testimone oculare, dove può succedere che i giovani percuotano i gatti. Io registro, faccio puzzle, non dò giudizi e messaggi”.

E’ da questi stessi presupposti che Harmony ha affrontato il suo secondo lavoro presentato alla 56 Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, che ha tenuto a battesimo anche “Gummo” (per il quale lui stesso distribuiva gli inviti omaggio sul lungomare!). “Julien Donkey Boy” è il primo film americano a battere la bandiera del Dogma 95, il manifesto siglato da Lars Von Trier e Thomas Vinterberg alla ricerca di una nuova nouvelle vague: niente scenografie, niente colonne sonore (in realtà Harmony usa in “Julien” brani di “Puccini”, della leggenda folk “Dock Boggs” e del gruppo elettronico tedesco degli “Oval”, mentre in “Gummo” si spaziava da “Madonna” agli “Eye Hate God”!), niente effetti speciali, e uso esclusivo di macchine a mano.
Julien (Ewen Bremner, attore feticcio del cinema inglese era Spud in “Trainspotting”) lavora come custode in una scuola per non vedenti, ma è anche uno schizofrenico capace di improvvisi scoppi di violenza e di straziante tenerezza. La sua famiglia è composta dalla sorella Pearl (Cloe Sevigny, già in “Kids” e prossima protagonista di “American Psycho”), dal fratello atleta modello, dalla nonna e dal padre (Werner Herzog, nuovo mentore spirituale di Korine dopo Gus Van Sant) violento e prepotente.

“Julien Donkey Boy” racconta di come Julien segue gli studenti della scuola, come passa il tempo con la sorella incinta, come lotta fisicamente col fratello futuro wrestler e psicologicamente con le prevaricazioni del padre sino alla biblica redenzione. Privo di sceneggiatura il film si è basato su “una struttura di copione non tradizionale”, un trattamento di 124 scene-guida che delineava le strane azioni che gli attori dovevano improvvisare tra gli altri luoghi in un negozio di vestiti per bambini, in un autobus di linea e persino nel confessionale di una chiesa. L’uso della videocamera digitale è spinto all’eccesso nei raccordi con Polaroid, fermi immagine, dissolvenze e sovrapposizioni, carrellate con camera a mano e videocamere nascoste a spiare le interazioni tra attori e passanti ignari, il tutto impresso poi sulla pellicola brulicante, tratto stilistico marcante del Dogma 95. “Tutto quello che si vede nel film è vero. Il film è incentrato sulla figura del fratello di mio padre: fino ai vent’anni lo zio era una persona normale, poi cominciò a sentire delle voci nella testa. Era il primo segnale della schizofrenia”.

E’ in preparazione in questi giorni un videoclip commissionatogli da Thurston Moore della storica rock-band newyorkese “Sonic Youth” per il nuovo singolo “Sunday” dall’album di imminente pubblicazione “A Thousand Leaves”: il lavoro vedrà la partecipazione dell’ex enfant prodige, mr. Mammahopersolaereo, Macaulay Culkin (“ho sempre voluto filmare uno come lui”) avvolto in “un grande blob nebbioso, slo-mo color come un dipinto gocciolante”.
In una conferenza stampa esplosiva ed irritante, dopo aver scandalizzato una giornalista (“Dubito di tutto, per me lei potrebbe avere un ca**o così sotto la gonna!”) Harmony Korine ha anticipato che il prossimo film suonerà come uno stridente incrocio di snuff-movie e Buster Keaton: lui stesso va in giro seguito dalle videocamere a provocare i passanti ed a creare risse, si è già rotto una costola ed è stato arrestato. “Voglio spingere l’umorismo ai limiti estremi per dimostrare che c’è una componente tragica in ogni cosa”. Due croci rovesciate ed un agnello che porta tatuati sul corpo portano le stimmate degli opposti sui quali Harmony ama rimbalzare con efferata dolcezza.

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