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Fumetto

Paul Jenkins

Il rosso e il nero

Lorenzo Bertuzzi (LB): Dunque… c’è questo vecchio Koan giapponese che narra la storia di un giovane che, lasciata la sua isola per andare nel grande impero d’oltremare (per realizzare il sogno della sua vita, diventare un grande MUSICISTA), trova lavoro come guardiano delle Tartarughe Ninja Mutanti, per poi diventare un apprezzato e richiesto cantore delle avventure del Cinico Mago Albionico ecc… Questa è la leggenda, qual’è la realtà?

Paul Jenkins (PJ): La storia è vera: arrivai negli Stati Uniti dalla Gran Bretagna nel 1987, per insegnare musica e recitazione ai bambini con problemi d’apprendimento in Pennsylvania. Dopo un po’ di tempo iniziai a suonare con un gruppo, i “Grave Goods”, e stavamo lavorando duramente per emergere. Nel 1988 incontrai Kevin Eastman, che accettò di disegnare la cover del nostro primo album. E poi accaddero due cose: 1) mi ruppi una gamba giocando a calcio e avevo bisogno di un lavoro, 2) gli uffici delle Tartarughe Ninja avevano bisogno di personale perché si stavano espandendo molto rapidamente. Questo è il modo in cui ho iniziato a lavorare nei fumetti… rompendomi una gamba!

LB: Che genere di musica suonavi? Dato che hai lasciato la Gran Bretagna nel 1987, suppongo che fossi un fan dei Duran Duran… no, seriamente, che musica ti piace (io ho appena messo su gli “Spearheads”, grandi!)? Hai proprio smesso di suonare?

PJ: Era simile al punk, possiamo definirlo “post punk”. Adesso ascolto molta musica alternativa e la techno inglese.

LB: Perché hai deciso di diventare uno scrittore di fumetti? Quando eri piccolo leggevi fumetti? Quali erano i tuoi personaggi preferiti?

PJ: Sono diventato uno scrittore dopo aver lavorato come editor per quattro anni. Pensavo di poter fare meglio di certe persone che a quel tempo scrivevano fumetti, quindi decisi di parlare con altri editor e di proporre le mie storie. Ho sempre letto fumetti, fin da quando ero bambino. Mi stendevo sul pavimento e disegnavo le mie storie. I miei personaggi preferiti erano (e lo sono ancora!) l’Uomo Ragno, Devil, Hulk, i Fantastici Quattro, Silver Surfer e Batman.

LB: Cos’è che non funzionò con la Tundra? Come sei riuscito a convincere l’editor di Hellblazer ad assegnare la serie di punta della Vertigo a uno scrittore semisconosciuto?

PJ: È difficile trovare una risposta sulla Tundra… credo che Kevin Eastman abbia fatto di tutto per creare una meravigliosa casa editrice che portasse benefici sia agli artisti sia ai lettori. Purtroppo, alcuni artisti non condividevano le sue idee, tutto ciò che volevano erano i suoi soldi. Per quanto riguarda Hellblazer, fui aiutato molto da Lou Stathis, il mio editor. Quando lo conobbi a San Diego, Lou intuì il mio potenziale e lavorò intensamente per convincere la Vertigo ad affidarmi i testi della serie. Ai fans ero totalmente sconosciuto… ma stavo lavorando nel campo dei fumetti già da qualche anno.

LB: Durante la tua gestione di Hellblazer decidesti di mantenere alcuni dei personaggi creati da Ennis, ad esempio Chas, Kit almeno come ricordo di un amore passato, il diavolo in persona. Questa scelta fu fatta per mantenere un certo feeling o la… brrr… continuity o credevi che quei personaggi avessero ancora potenziale?

PJ: Per entrambi i motivi. Quei personaggi sono stupendi e interessanti. E poi non penso sia giusto ignorare completamente il lavoro fatto da chi ti precede, quindi l’ho fatto anche per preservare la continuity.

LB: Cosa non ti è assolutamente piaciuto (storie, situazioni, personaggi… qualsiasi cosa) di ciò che avevano creato Delano ed Ellis e gli altri scrittori che ti hanno preceduto (puoi andarci giù pesante, tanto l’intervista sarà cyberpubblicata in italiano…)?

PJ: Solo una cosa: mi piaceva moltissimo il lavoro di Garth, ma non ritenevo giusto che John Constantine fosse un bevitore occasionale dopo essere stato un alcolista. Un alcolista semplicemente non può ricominciare a bere, perché soffre di una malattia che gli impedisce di capire come e quando fermarsi. Io e Sean abbiamo corretto questo particolare nel ciclo di storie “Critical Mass”.

LB: C’è qualcosa di incompiuto nella tua versione del nostro buon ragazzo di Liverpool?

PJ: Sì: c’è una storia che un giorno vorrei scrivere… su John e ciò che lui prova nei confronti di sua madre. Forse la scriverò fra poco…

LB: Dunque: Alan Moore esce di scena lasciando Swamp Thing per problemi di censura, lo stesso accade a Rick Veitch e alla sua storia su Gesù nel giardino di Jetsemani, per non parlare di Ellis, Morrison e altri ancora. Sei così abile nella tua arte narratoria da far passare inosservato, agli occhi degli editor, l’incontro del nostro buon mago della suburbia (John Constantine) con un più famoso J.C. (Jesus Christ)? Come reagirono gli editor dopo aver letto lo script? Hai mai avuto problemi di censura?

PJ: Ha Ha! Quella storia (“Hellblazer” n°97) è ancora la mia preferita per alcune ragioni: 1) Per me era abbastanza normale che John incontrasse Gesù, in fondo sembrava che parlasse con il diavolo quasi ogni giorno… non ho mai capito perché alla DC non hanno problemi con le storie che trattano del Diavolo, ma ne hanno invece molti con quelle che parlano di Dio. 2) Sono molto amico di Rick Veitch… gli parlai della storia prima che venisse pubblicata e lui, ridendo, mi disse che secondo lui sarei stato licenziato. Ovviamente non accadde. In un certo senso questa storia fu un tributo a lui e agli altri artisti che lavorarono su “Swamp Thing” n°88. 3) Lou Stathis sapeva che la storia riguardava Gesù. Quando gli chiesi se sarebbe stato un problema, lui rise e mi disse: “Non dirlo a nessuno, però!”

LB: La storia sugli hooligans nel n°101 serviva a parlare di un problema reale come la violenza insensata negli stadi o era un tentativo personale per esorcizzare la partita che il Crystal Palace (le “Aquile”) perse contro il Leicester City nei play-off del 1996? Ti ricordi di “Aquila Calva” (Attilio Lombardo, “the bald eagle”)? Chi è John Byrne: l’uomo che sta giocando con trent’anni di aracnologia o una delle poche “aquile” (i giocatori del Crystal Palace) che divennero famose negli anni Sessanta giocando nel Premiership con il West Ham? Perché hai disegnato una casacca del Chelsea alla destra dell’uscio del Diavolo?

PJ: Quella storia si basava sulla mia personale esperienza. Seguii molte partite del Crystal Palace negli anni ’80, comprese alcune partite con il nostro rivale di sempre, il Brighton. Ho sempre creduto che, in un certo senso, la folla perda il controllo a causa dell’influenza che ogni singolo tifoso ha sugli altri. Ho visto più volte tifosi dell’Arsenal e del Chelsea venire alle partite del Crystal Palace quando la loro squadra giocava in trasferta: molto spesso, erano proprio loro le cause dei disordini. Eh sì: John Byrne una volta mi disse che una sua zia aveva lavorato per parecchi anni al West Bromwich Albion… gli feci le mie condoglianze.

LB: In “Last Man Standing”, ci dai un’interpretazione non proprio ortodossa di Dio: il Signore sarebbe un tizio piuttoso confuso che gioca con la creazione, geloso del suo primo e migliore esperimento (gli angeli e tutte le altre creature magiche) e divertito da questi strani esserini pelosi con i quali ha popolato il pianeta (rendendo lecito il dubbio di John Costantine che si chiede quando toccherà a noi essere sostituiti con un nuovo giocattolo). Sei un discepolo di una qualche setta gnostica? O forse hai letto troppo Blake? O magari sei solo cinico…

PJ: Sei fuori strada. IO SONO il nuovo Messia.

LB: Il tuo John Constantine, più che un grande mago, è un uomo reale con problemi reali. Cos’è la magia per te? Hai avuto esperienze di stregoneria?

PJ: Sì, alcune esperienze. La magia mi ha sempre interessato, quindi ho letto molto a riguardo. Quando ero più giovane ho avuto delle esperienze molto interessanti con i fantasmi, ed è per questo che mi piace molto scrivere storie che riguardano i fantasmi.

LB: Ovviamente, il n°120, il numero del decennale di Hellblazer, è anche un tributo agli artisti che hanno lavorato sulla testata. Ci puoi aiutare a riconoscerli?

PJ: Dunque… nella scena del pub, io, Axel Alonso (editor), Sean Phillips e Lou Stathis che beviamo una birra insieme, poi Rick Veitch, Stuart Moore, Steve Bissette, mio fratello (Rich il punk), Jamie Delano, Garth Ennis (che racconta una barzelletta), Steve Dillon è da qualche parte, mi pare. Sean Phillips conosce gli altri… ah, l’individuo che alza il bicchiere è… come no!, Alan.

(LB): “L’amo… eppure non posso fare altro che andarmene”. Era il n°107, “In the Line of Fire”, giusto? Il vero amore consisterebbe quindi nel trovare qualcuno che ti ami e con il quale condividere tutto, solo per poi lasciarlo andare via e sopravvivere il resto della vita? Se non è una domanda troppo personale, chi sono Nellie e Bill (ai quali è dedicata la storia)?

PJ: “In the Line of Fire” è l’altra mia storia preferita. Ho un grande rispetto per i reduci delle guerre: per la maggior parte, sono persone normali trascinate dai politici in stupidi conflitti; non scelgono di andare in guerra, ma combattono come dovere nei confronti del loro paese. Penso che per me sia importante scrivere su questo argomento, perché ho l’assoluta convinzione che le generazioni più giovani debbano essere a conoscenza dei sacrifici fatti per il loro bene. Nellie e Bill sono i miei nonni. Ho scritto questa storia quando mio nonno Bill stava morendo, come tributo nei suoi confronti… non volevo che lui e la sua generazione fossero dimenticati.

LB: Com’erano i tuoi rapporti con i disegnatori di Hellblazer? Io vado pazzo per Sean Phillips, credo che sia fantastico! C’è un disegnatore in particolare con il quale ti sarebbe piaciuto collaborare?

PJ: Per quanto mi riguarda, Sean era il disegnatore perfetto. Siamo ancora ottimi amici (abbiamo da poco concluso un ciclo di storie per “Spider-Man”, chiamato “Webspinners”). Non ho mai pensato a un altro artista per Hellblazer… forse, mi sarebbe piaciuto fare un numero con Dave McKean.

LB: Per avvicinarti alla Famiglia Reale di Attilan hai letto qualche vecchia storia degli Inumani?

PJ: Sì, ma… mi dispiace, per la maggior parte erano piuttosto brutte. Le vecchie storie di Lee e Kirby erano affascinanti, ma trovo che le altre interpretazioni dei personaggi non dicano niente.

LB: Quale membro della Famiglia Reale pensi di aver sviluppato di più come personaggio? Potrebbe forse essere Maximus, un mix fra la fredda, ma lucida pazzia di Hannibal “the cannibal” Lecter e l’insanità mistica e spietata di M. Brando in “Apocalypse Now”?

PJ: Sì… credo anch’io che Maximum sia quello maggiormente sviluppato: è così semplice da scrivere; quasi mi dispiace per lui. Tuttavia, il mio personaggio preferito è Triton, che ha avuto molto spazio nel n°9, il mio numero migliore: Triton è il buon statista anziano degli Inumani.

LB: Esiste una ragione storica o personale che ha portato alla scelta di mercenari portoghesi come orda d’invasori? È solo una pura e sfortunata coincidenza che un’altra isola (Timor, un tempo colonia portoghese) sia ora tristemente conosciuta per un assedio reale?

PJ: Erano portoghesi perché si pensa che l’isola di Atlantide si trovi vicino alle Azorre, al largo delle coste portoghesi.

LB: Tra le righe, ci dai un’immagine non proprio buona, ma temo non molto distante dalla realtà, delle Nazioni Unite. Cosa ne pensi della posizione assunta dall’ONU durante le ultime crisi (Jugoslavia e Timor)? Io vivo a cinque minuti dal confine con la Slovenia e ogni notte sentivo il rombo degli F-16 che andavano a bombardare Belgrado: non è stata una gran bella esperienza.

(PJ): Penso che l’ONU debba essere molto più risoluta nelle questioni che riguardano i conflitti. I paesi membri devono imparare ad andare d’accordo e ad agire congiuntamente, altrimenti assisteremo ad altri Kosovo. In particolare, credo che la Russia e gli Stati Uniti debbano imparare a cooperare. Non invidio la tua esperienza… è triste pensare che il rumore che senti è il suono delle persone che stanno per morire.

LB: Ma Lockjaw è un cane o è un uomo? Ovvero, odi di più l’Arsenal o la continuity?

PJ: È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane. È un cane.

PJ: Se ci fosse ancora qualche dubbio… Lockjaw è un cane. E, a proposito… io odio il Brighton. Ma la continuity gli è seconda di molto poco!

LB: Sei il padre della nuova Vedova Nera o l’hai creata nella stanza rossa della Event Comics?

PJ: Ritengo che Devin Grayson sia la creatrice della nuova Vedova… l’ho chiamata per chiederle dei consigli sul personaggio. Utilizzarla è stata un’idea di Joe Quesada.

LB: Quando hai proposto per la prima volta la trama degli Inumani ai tuoi editor, senza che fosse prevista una scazzottata o una battaglia tremenda fino al n°5, qual è stata la loro reazione?

PJ: Hanno detto: “Ehi! Ma perché nessuno tira un cazzotto fino al n°5?”. E se lo sono chiesto anche i lettori quando uscirono gli albi. Ma poi cambiarono idea, non appena si accorsero che avevamo un progetto.

LB: Suggerisci qualche modello particolare a Jae Lee nella scelte grafiche ? Secondo me, Lee è un genio e una artista incredibile. Ti piaceva il suo “Hellshock”?

PJ: È Jae a occuparsi di tutto… io mi limito solo a dargli alcuni consigli. Hai ragione: Jae è un artista incredibile. “Hellshock” era una delle mie serie preferite. Spero che un giorno ritorni sui suoi passi e torni a disegnarla.

LB: Ho letto che l’annual di Spawn, nelle intenzioni di MacFarlane, doveva essere ciò che “Arkham asylum” era stato per Batman, ma la storia di Morrison è un po’ più complicata, un racconto di rinascita, un rito mistico di passaggio (il tarocco della luna, i pesci, l’uccisione del drago ecc.). La tua sceneggiatura è invece uno spietato incubo urbano: non c’è redenzione, non c’è via d’uscita. Nessun demone o divinità, nessun giudizio, semplicemente le nostre colpe a rappresentare il nostro personale “inferno terrestre”. Ho visto giusto? Erano queste le tue intenzioni? Il rosso e il nero si dissolvono in un infinito purgatorio grigio (forse è un po’ troppo poetico, ma sai, sono un semplice tifoso del Milan…)?

PJ: La definizione che dai è perfetta. In realtà, non esiste né bianco né nero, non esiste un modo preciso di osservare l’universo con accuratezza: è tutta una serie di grigi. Nella storia, il rosso doveva rappresentare la vita, il paradiso e il dinamismo, mentre il nero doveva significare la morte, l’inferno e il nulla. Spawn, vestito di rosso e di nero, rappresenta il punto d’equilibrio tra le due cose.

LB: Non credi che Wood sia stato eccezionale alle matite di questo annual? Veramente impressionante: secondo me ha colto perfettamente lo spirito della storia. Quale fu la sua prima reazione dopo aver dato un’occhiata allo script? Pensi di lavorare ancora con lui?

PJ: Ash ha fatto un magnifico lavoro… ha molto talento. Penso che fosse eccitato, come me d’altronde, per aver avuto l’opportunità di disegnare l’albo. Avremmo dovuto collaborare in un altro albo per MacFarlane, ma non è stato raggiunto un accordo. Forse, un giorno torneremo a lavorare assieme…

LB: Nella nuova serie “Spawn: The Undead”, che verrà pubblicata in Italia quest’autunno, ritroveremo lo stesso carattere, più maturo, dell’annual?

PJ: Sì… sono però storie forse un po’ più moderate e non così spaventose. Le storie sono racconti che durano un solo numero e che girano intorno anche ad altri personaggi, non solo a Spawn.

LB: Che progetti hai per il futuro?

PJ: Be’, con il n°12 della serie, inizierò a scrivere i testi de “The Incredible Hulk” per la Marvel, e Ron Garney si occuperà dei disegni. Inoltre, sto per iniziare a lavorare al nuovo progetto sui Cavalieri Marvel con Jae Lee (il progetto segreto) e sto scrivendo una mini di due numeri illustrata da Phil Winslade che verrà pubblicata presto.

(traduzione a cura di Andrea Leitenberger)

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