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Omnia

L’Origine del mondo. Ciò in cui credo

Origine del mondo, l’arte tutta, quella di Courbet, come segnalato dall’immagine che apre FUCINE MUTE… L’immagine della home page è quadro che accese polemiche ferocissime, che venne messo al bando, costretto alla visione nascosta, dietro un drappo, per piacere e tranquillità dei perbenisti più viziosi. L’origine del mondo, il mondo all’origine: gennaio, anno zero zero, tra il 100 e il 3900, come stabilito dal counter delle FUCINE colpito dal Bug (ne ha sofferto – un po’ – FUCINE, assieme ad un satellite spia e qualcun’altro…). L’esigenza della rinascita, però, fornisce l’occasione del manifesto d’intenti, meglio dei sentimenti, del “Ciò in cui credo”. Quindi la parola va alle pagine mirabili di James G. Ballard, private del riferimento a quei personaggi politici che non sono più tali (Reagan, Thatcher, Diana d’Inghilterra, per diversi motivi), dei quali non avrebbe senso parlare ancora (o forse sì, perché le codine celebrazioni dell’ultima ora, quelle del tunisino Bettino Craxi anche da parte di chi ne disse assai male – e che ora, per falsa pietà, rivaluta – mi fanno pensare che non c’è mai limite al peggio). Comunque:

“Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, d’incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli. Credo nelle mie ossessioni, nella bellezza degli scontri d’auto, nella pace delle foreste sommerse, negli orgasmi delle spiagge deserte, nell’eleganza dei cimiteri di automobili, nel mistero dei parcheggi multipiano, nella poesia degli hotel abbandonati. Credo nelle rampe in disuso di Wake Island, che puntano verso il Pacifico della nostra immaginazione. 

(…)
Credo nella bellezza di tutte le donne, nella perfidia della loro immaginazione che mi sfiora il cuore; nell’unione dei loro corpi disillusi con le illusorie sbarre cromate dei banconi dei supermarket; nella loro calda tolleranza per le mie perversioni. Credo nella morte del domani, nell’esaurirsi del tempo, nella nostra ricerca di un tempo nuovo, nei sorrisi di cameriere di autostrada e negli occhi stanchi dei controllori di volo in aeroporti fuori stagione.
(…)
Credo nella pazzia, nella verità dell’inesplicabile, nel buon senso delle pietre, nella follia dei fiori, nel morbo conservato per la razza umana dagli astronauti di Apollo. 
Credo nel nulla.
Credo in Max Ernst, Delvaux, Dalì, Tiziano, Goya, Leonardo, Vermeer, De Chirico, Magritte, Redon, Dürer, Tanguy, Facteur Cheval, torri di Watts, Böcklin, Francis Bacon, e in tutti gli artisti invisibili rinchiusi nei manicomi del pianeta. Credo nell’impossibilità dell’esistenza, nell’umorismo delle montagne, nell’assurdità dell’elettromagnetismo, nella farsa della geometria, nella crudeltà dell’aritmetica, negli intenti omicidi della logica.
Credo nelle donne adolescenti, nel potere di corruzione della postura delle loro gambe, nella purezza dei loro corpi scompigliati, nelle tracce delle loro pudenda lasciate nei bagni di motel malandati.
Credo nei voli, nell’eleganza dell’ala e nella bellezza di ogni cosa che abbia mai volato, nella pietra lanciata da un bambino che porta via con sé la saggezza di statisti e ostetriche.
Credo nella gentilezza del bisturi, nella geometria senza limiti dello schermo cinematografico, nell’universo nascosto nei supermarket, nella solitudine del sole, nella loquacità dei pianeti, nella nostra ripetitività, nell’inesistenza dell’universo e nella noia dell’atomo. Credo nella luce emessa dai videoregistratori nelle vetrine dei grandi magazzini, nell’intuito messianico delle griglie del radiatore delle automobili esposte, nell’eleganza delle macchie d’olio sulle gondole dei 747 parcheggiati sulle piste catramate dell’aeroporto.

Credo nella non-esistenza del passato, nella morte del futuro e nelle infinite possibilità del presente.
Credo nello sconvolgimento dei sensi: in Rimbaud, William Burroughs, Huysmans, Genet, Céline, Swift, Defoe, Carrol, Coleridge, Kafka.
Credo nei progettisti delle piramidi, dell’Empire State Building, del Fürerbunker di Berlino, delle rampe di lancio di Wake Island.
(…). Credo nei prossimi cinque minuti.
Credo nella storia dei miei piedi.
Credo nell’emicrania, nella noia dei pomeriggi, nella paura dei calendari, nella perfidia degli orologi.
Credo nell’ansia, nella psicosi, nella disperazione. Credo nelle perversioni, nelle infatuazioni per alberi, principesse, primi ministri, stazioni di rifornimento in disuso (più belle del Taj Mahal), nuvole e uccelli.
Credo nella morte delle emozioni e nel trionfo dell’immaginazione.
Credo in Tokio, Benidorm. La Grande Motte, Wake Island, Eniwetok, Dealey Plaza.
Credo nell’alcolismo, nelle malattie veneree, nella febbre e nell’esaurimento.

Credo nel dolore.
Credo nella disperazione.
Credo in tutti i bambini.

Credo nelle mappe, nei diagrammi, nei codici, negli scacchi, nei puzzle, negli orari aerei, nelle segnalazioni d’aeroporto. Credo a tutti i pretesti.

Credo a tutte le ragioni.
Credo a tutte le allucinazioni.
Credo a tutta la rabbia. Credo a tutte le mitologie, ricordi, bugie, fantasie, evasioni.

Credo nel mistero e nella malinconia di una mano, nella gentilezza degli alberi, nella saggezza della luce.”

James G. Ballard
(massimilianospanu)

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