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Cinema

Dietro la macchina da presa (III)

Come e perché si fa un film

IL DOPPIAGGIO.

Tutto il film (la pellicola) viene diviso in anelli, cioè in piccolissimi pezzi con tre o quattro battute al massimo. L’anello gira e quindi si rivede continuamente la stessa scena senza bisogno di toglierlo e rimetterlo nel proiettore. I doppiatori imparano il testo a memoria e recitano quindi le battute cercando di essere il più possibile in sincrono, di rispettare le intonazioni e i movimenti di labbra degli interpreti.

Quando immagine e voce vanno in sincrono si comincia a registrare. Gli anelli in cui è diviso il film di solito sono 200-250. Quando tutto il dialogo è inciso, e quindi il doppiaggio è terminato, si ha una banda sonora su cui si scrive dialogo 1, ed è il dialogo dei protagonisti di primo piano. La copia in bianco e nero servita per il doppiaggio e divisa in anelli viene ricostruita e a questo punto si procede alla registrazione del dialogo 2, che avrà anelli diversi, relativi al dialogo dei personaggi di secondo piano. Talvolta si fa anche un dialogo 3 con i brusii e le voci in lontananza; quindi ci possono essere anche 3 colonne sonore di dialogo. Quando è finito il doppiaggio si va in moviola e si fanno delle correzioni di montaggio sulla base del sonoro, perché è solo in questo momento che si capisce il ritmo definitivo del film, quando sonoro e immagine sono messi insieme.

Le moviole ora hanno spesso sei piatti che permettono di far scorrere le immagini e due colonne sonore contemporaneamente, così si può sentire, p.e., il dialogo 1 e quello 2 oppure dialogo e musica. Di solito però si lavora con la sola colonna dialogo controllando tutto il film. Le correzioni di montaggio vengono poi riportate anche sulle altre copie in bianco e nero, servite per gli effetti, i rumori e la musica, perché tutte devono essere identiche. Alla fine si controlla la copia positiva approvata — che è ancora muta — e quindi questo positivo a colori sul quale si è montato tutto il film è considerato definitivo. A questo punto è stato fatto tutto il lavoro di preparazione del sonoro e quindi il positivo a colori viene mandato allo stabilimento di sviluppo e stampa dove si procede all’estrazione del negativo. Vale a dire che i tecnici e gli impiegati dello stabilimento devono controllare la copia positiva inquadratura per inquadratura, seguendo i numeri che contrassegnano i fotogrammi, e poi prendere dalla pizza del negativo sviluppato i pezzi con i numeri corrispondenti. Quando sono sicuri che ogni pezzo di negativo è esattamente conforme a quello del positivo, tagliano il negativo sviluppato e lo mettono da parte. È un lavoro lungo e delicato perché se i tecnici sbagliano di tagliare non ci sarà più sincrono del sonoro.
Per quanto riguarda il sonoro, accanto alle colonne del doppiaggio, abbiamo quelle degli effetti: effetti 1 (quelli originali) e effetti 2 (quelli registrati dal rumorista) e effetti 3 (altri rumori particolari voluti dal regista all’ultimo momento). Quindi abbiamo 6 colonne sonore di dialogo ed effetti; in più c’è la musica, di solito, anzi, c’è musica 1, commento originale scritto apposta per il film, e musica 2, quella al di fuori del commento, per esempio quella che in una certa scena si sente da una radio; anche questa può essere composta appositamente oppure è una canzone preesistente, e in questo caso si deve comprarne i diritti. Complessivamente, allora, avremo 8 colonne sonore.
A questo punto la copia positiva muta a colori, che era stata mandata allo stabilimento di sviluppo e stampa per l’estrazione del negativo, torna in moviola. Il montatore ed i suoi collaboratori verificano i sincroni delle varie colonne sonore con la copia a colori (mentre finora tutte le lavorazioni del sonoro erano state fatte su copie in bianco e nero). Ora che abbiamo la copia a colori muta e le varie colonne sonore definitive in sincrono, si è arrivati alla fase finale della realizzazione del film, quella del mixage.

IL MIXAGE.

In uno stabilimento c’è una sala di proiezione in cui c’è la cabina di mixage. Il banco di mixage vero e proprio assomiglia a quello usato per l’incisione di dischi e può avere fino a 32 canali usabili per le varie colonne sonore. Il fonico fa partire il rullo dell’immagine a colori e contemporaneamente fa partire dialogo i e musica i perché non c’è bisogno di sentire le altre colonne per dosare il singolo volume; si procede progressivamente, fin quando è possibile. In questo modo si riducono i canali usati; supponiamo che ne rimangano sei: il fonico sente il dialogo, la musica, e i rumori contemporaneamente e, insieme al regista, decidono i livelli. Stabilito questo, si comincia a incidere. All’inizio parte un «bip», segnale che indica l’inizio della colonna sonora. Quando i vari «bip» coincidono si è in sincrono. Durante la registrazione il fonico controlla il dosaggio dei livelli, se si fanno degli errori si cancella e poi si riprende la registrazione.

Il fonico registra su un nastro magnetico non perforato (è una matrice) diviso in due bande: su una si registra tutto il dialogo e sull’altra i rumori e le musiche. La registrazione avviene su due bande separate perché quella inferiore, dove ci sono rumori e musica costituisce la colonna internazionale che, quando il film è venduto all’estero, viene acclusa alla copia positiva muta, incisa però su magnetico perforato e derivata da questa matrice incisa solo nella parte inferiore. Il dialogo, invece, manca perché il film verrà doppiato nei paesi dove il film sarà distribuito e missato poi sulla colonna internazionale.

Finito questo mixage, il nastro non perforato (la matrice) viene riversato su magnetico perforato e solo a questo punto il regista e tutti gli altri collaboratori vedono per la prima volta il film insieme. Sonoro e immagine sono però ancora separati. Si devono fare ancora gli ultimi controlli in proiezione ed è solo a questo momento che il sonoro va allo stabilimento di sviluppo e stampa, dove, dal magnetico di 1/4 di pollice di realizza un negativo di colonna ottica. Gli impulsi elettronici provenienti dal nastro magnetico incidono graficamente un negativo vergine nello spazio libero sulla destra del fotogramma. In tal modo si incide tutta la colonna sonora definitiva (che è grafica). È chiamata colonna ottica perché è visibile. Questo negativo vergine che ha raccolto il suono nella sua emulsione viene impressionato come tutti i negativi.

Il negativo sviluppato viene controllato e finalmente si prende il montaggio del negativo sviluppato della sola immagine, quello che ha avuto l’O.K. definitivo. Ora abbiamo i due negativi sviluppati dell’immagine e del suono e si può procedere alla loro unificazione. Viene usata una macchina che fa battere una luce forte sul negativo sviluppato con l’immagine mentre dietro scorre il negativo sviluppato con incisa la colonna sonora. La pellicola con l’immagine ha sul lato destro una striscia vuota, completamente trasparente affinché la luce possa passarvi oltre e possa prendere il negativo sviluppato con inciso il sonoro, che è vuoto sul lato sinistro, quello dell’immagine. Le due pellicole sviluppate «camminano» insieme e dietro ancora scorre un positivo vergine che ha posto sia per l’immagine che per il sonoro:

li raccoglie entrambi contemporaneamente di modo che, alla fine, abbiamo la copia definitiva del film, quella che sarà proiettata al cinema.
La matrice che rimane è il negativo sviluppato, da cui è possibile trarre quante copie positive vogliamo con il procedimento illustrato.
Esiste però anche il controtipo, una specie di negativo-positivo (tirato anch’esso dal negativo sviluppato) che assomiglia a quello che si usa nel Super 8. In quest’ultimo caso infatti non abbiamo un negativo e un positivo ma una stessa pellicola, quella con cui si gira, che, sviluppata, viene anche proiettata: è un negativo-positivo, un negativo che diventa positivo. Il controtipo è un positivo vero e proprio, però ha dei valori diversi, non ha la stessa compattezza e definizione d’immagine. È piuttosto vicino al negativo, è una matrice-bis, di riserva se quella originale (il negativo sviluppato) va rovinata o perduta, perché anche dal controtipo possiamo tirare quanti positivi vogliamo.

SEGUONO DEGLI ESEMPI PRATICI DI MONTAGGIO.

Il mezzo televisivo, che noi abbiamo usato nell’esercitazione, è molto diverso dal cinema.
Nel nostro caso, in studio abbiamo tre telecamere che sono collegate a un monitor per permetterci di vedere immediatamente ciò che inquadra la singola telecamera e, anche, il risultato del montaggio simultaneo. La trasmissione può andare «in diretta» oppure essere, come qui, registrata su nastro ampex.

Il montaggio è simultaneo: ciò che al cinema si gira in singole inquadrature che si succedono e che verranno poi montate in moviola, lo si fa preventivamente. Il regista, la segretaria e i tecnici hanno infatti un copione dove è stabilito tutto, il tipo di inquadratura e gli stacchi previsti per ogni azione e per ogni scena. I movimenti delle telecamere e ali obbiettivi sono quindi scelti in anticipo. Lo schema classico del montaggio quando si usano tre telecamere è questo: la telecamera al centro inquadra i personaggi (supponiamo che siano due come nel nostro caso) che sono in scena; le altre due inquadrano, invece, ognuna una sola persona. Con la prima telecamera si riprende un dato numero prestabilito di battute, con la seconda un altro e con la terza un altro ancora e così via, alternandole come vuole il regista.
Gli effetti ottenuti, immediatamente, sono molto simili a quelli del cinema i quali, però, richiedono molte prove e tempi molto più lunghi. Noi abbiamo fatto un montaggio RVM, abbiamo usato, cioè, il mezzo elettronico, con questo lavoro vi siete potuti render conto di quante manipolazioni Si possono fare in montaggio. Il nostro pezzo di girato, per esempio, ha una durata finale che è 1/5 del tempo dell’intero girato.
I grandi teorici del cinema hanno sostenuto che i fattori differenziati del cinema sono il primo piano e il montaggio e che è quest’ultimo a dare il ritmo, a cambiare, perfino, i contenuti. In moviola si può fare di tutto; ci sono film nati dal montaggio.

LA STAMPA DELLE COPIE POSITIVE.

Le copie positive vengono stampate molto velocemente in serie, di solito se ne fanno 100-150 contemporaneamente per l’uscita nazionale (il film esce contemporaneamente in più città).
Prima di procedere alla stampa delle copie, però, quando è finito il mixage, si fa una prima copia, detta copia campione, visionata e approvata da regista e produttore; solo dopo si procede alla stampa di tutte le altre.
A questo punto, del film si occupa il distributore, perché l’organizzazione industriale che sta alla base della realizzazione cinematografica funziona con una ferrea divisione del lavoro.

DIFFUSIONE INDUSTRIALE DEL FILM.

Il distributore, che aveva preso contatto con i gestori delle sale, deve eseguire ora gli impegni assunti con quei contratti; per distribuire le copie nelle singole sale delle singole città ci si avvale delle agenzie regionali.
Il costo della stampa delle copie è a carico del distributore cosi come la spesa del lancio pubblicitario (manifesti, short TV e cinema flani sui giornali, ecc.). Un altro tipo di pubblicità è fatto dal gestore del cinema (addobbo sala, luminose, ecc.).

Alla prima scocca «l’ora della verità»: il pubblico ci va o non ci va, il film incassa o non incassa. È il momento di verifica di tutte le previsioni che erano state fatte e, più in generale, del meccanismo industriale ed economico.
Alla base c’è il biglietto che lo spettatore compera. Poniamo che esso costi allo spettatore 1000 lire; su queste 1000 lire bisogna detrarre l’8% di tasse (diritti erariali) che aumentano progressivamente con l’aumento del prezzo del biglietto fino a raggiungere il 27% per gli attuali biglietti di prima visione. L’esercente, quindi, deve versare questa percentuale alla SIAE (Società Autori e Editori) che lo incassa per conto dello Stato e la versa poi al Ministero delle Finanze.

Della somma rimanente si levano ancora le spese in borderò, quelle sostenute in sala e che l’esercente inserisce nel suo borderò, che è la certificazione relativa allo spettacolo, alla singola proiezione del film. Si segnano su un registro il numero dei biglietti venduti, i diritti erariali, le spese di pubblicità, ecc.; da quanto resta si toglie ancora il 2% previsto dalla legge sul cinema per il cortometraggio che è in programmazione abbinato al film. Successivamente la legge sul cinema è stata cambiata e prevede ora un premio fisso oltre a quello percentuale.

Si detrae poi ancora l’uno per cento di piccoli diritti musicali. A questo punto l’esercente, pagate le tasse, le spese, ecc.. di un biglietto di 1000 lire, rimangono 700 lire. Il contratto tra esercente e distributore non ha regole fisse, si pattuisce il compenso di ognuno volta per volta; di solito i contratti si fanno al 50%. metà dell’incasso va all’esercente e metà al distributore (calcolato sulla cifra che rimane, fatte le detrazioni che abbiamo visto).

Nel nostro caso, andranno allora 350 lire all’esercente e 350 al distributore.
Quest’ultimo deve togliere da questo incasso prima di tutto il costo della stampa delle copie (circa un milione l’una) e le spese di pubblicità; allora. dalle 350 lire unitarie che rimangono al distributore per ogni biglietto venduto, se ne tolgono ancora 50. Il resto costituisce il cosiddetto fatturato di noleggio, cioè quello che la casa di distribuzione (o di noleggio) fattura per quel film. Quindi il fatturato è di lire 300 per ogni biglietto. A questo punto si toglie ancora il 30% di spese di distribuzione sostenute dalla ditta e rimane, alla fine, il profitto netto che il distributore si ritrova, sei mesi o un anno dopo che è stato dato il via al progetto.
Al produttore del film, che ha anticipato i soldi, andrà, Solo in questo momento, la sua parte di denaro, il 22% circa dell’incasso lordo del film. Quando un film totalizza 10 miliardi d’incasso, al produttore vanno 2 miliardi e 200 milioni. L’incasso del botteghino dal quale sono state fatte tutte le detrazioni è controllato dalla SIAE.

IL MERCATO DEL FILM.

Con sfruttamento del film s’intende il passaggio del film in tutte le visioni. fino a quattro-cinque anni fa un film incassava il 300/o del totale lordo in prima visione e il 700/0 in quelle successive. Recentemente si è avuto un’inversione di tendenza, gli industriali non puntano più sulla diffusione capillare, spingono affinché il pubblico si concentri nelle prime visioni, nelle sale centrali. Ora anche certe sale periferiche delle grandi città si trasformano da seconde e terze visioni in prime visioni: gli spettatori vogliono vedere il film appena esce, magari nel cinema sotto casa.
Accade spesso che un film, dopo un po’, sparisca dalla circolazione, anche se non ha fatto tutte le visioni. Avviene quando il film non frutta abbastanza. Il gestore vede che il film non incassa e allora non lo tiene più in programmazione. Altri esercenti, vedendo che non è andato bene, non 10 prendono più e così il film in altre città non esce nemmeno.

Per quanto riguarda i film usciti in stagioni passate, succede quasi sempre che, dopo un certo numero di anni, le copie siano tolte dalla circolazione. Il distributore fa una previsione di quante copie gli serviranno prima ancora che il film esca; se ne fa il numero strettamente necessario, poiché, come abbiamo visto, il costo di stampa è alto. Le copie allora passano da un cinema all’altro, da una città all’altra e di proiezione in proiezione si rovinano, fino a massacrarsi.
A questo punto, però, il distributore non vuole più spendere per stampare nuove copie ed ecco che tolgono dalla circolazione il film. È a questo punto che si conclude anche il ciclo del meccanismo industriale.

Il percorso del film e il mio racconto sono terminati.
(fine)

NOTE BIBLIOGRAFICHE

P. Bàchlin: Il cinema come industria (Storia economica del film), Feltrinelli, Milano 1958.

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B. Balàzs: Estetica del film, Editori Riuniti, Roma 1954.

E. Costa: Il Cinelibro, Hoepli, Milano 1963.

R. Arnheim: Film come arte, Il Saggiatore, Milano 1963.

M. Ejzenstejn: Forma e tecnica del film e lezioni di regia, Einaudi, Torino 1964.

L. Chiarini: Arte e tecnica del film, Editori Laterza, Bari 1965.

P. Uccello: Cinema, tecnica e linguaggio, Edizioni Paoline, Alba 1966.

O. P. Ghedina: Tecnica della ripresa cinematografica, Il Castello, Milano 1969.

M. Menotti: 25 lezioni per filmare meglio, Il Castello, Milano 1970.

AA. VV.: I formalisti russi nel cinema, Garzanti, Milano 1971.

E. Tritapepe: Linguaggio e tecnica cinematografica, Edizioni Paoline, Alba.

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G. Gola: Elementi di linguaggio cinematografico, Editrice La Scuola, Brescia 1979.

D. Cheshire: Cinematografare, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1981.

L. Lumbelli: La comunicazione filmica, La Nuova Italia, 1974.

AA. VV.: Attraverso il cinema (saggi di semiologia, lessico, lettura del film), Longanesi.

M. Porro, G. Turroni: Il cinema vuol dire…, Garzanti.

G. Grazzini: Le mille parole del film, Laterza.

N. Burch: Prassi del cinema, Pratiche Editrice.

Il presente articolo è tratto da:

CIN&MASSMEDIA, Storia, linguaggio e relazioni tra mezzi di comunicazione contemporanei.

Corso di storia del cinema per insegnanti.
Trieste 23 novembre 1981-31 maggio 1982.

A cura di Annamaria Percavassi e Stella Rasman

Edito da La Cappella Underground con il contributo della Provincia di Trieste (marzo 1983)

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