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Fumetto

Eric Canete

Dalle Filippine con furore

Lorenzo Bertuzzi (LB): Puoi presentarti ai nostri lettori che non hanno ancora avuto modo di conoscerti? (nome, età, altezza, peso, ruolo)

Eric Canete (EC): Mi chiamo Eric Canete. Compio 26 anni quest’anno e sono alto 1.65 circa. Il peso varia a seconda di quanto mi dedico al cibo. Sai, sono un appassionato della buona tavola.

LB: Quali sono state le tue principali influenze nel campo dei fumetti? (ho dato un’occhiata al tuo sito ed è bello vedere che c’è ancora qualcuno che non è stato risucchiato dallo stile manga… Nowlan è grandioso, di Mignola si può solo dire bene, ma sono veramente contento che ci sia qualcuno che citi Paul Smith).

EC: La risposta a questa domanda è chiaramente visibile nel mio sito… per quanto riguarda l’influenza di Paul Smith, ho sempre ritenuto i suoi disegni molto diretti, con un senso e molto semplici da leggere. Paul è capace di utilizzare i chiaroscuri veramente bene, in modo da non distrarre il lettore dalla forma e dalla funzione complessive di ogni singola vignetta. Posso proprio dire che quest’uomo (insieme ad altri due o tre i cui insegnamenti sono stati molto importanti) ha stravolto la mia visione dei fumetti e della successione delle vignette all’interno di una storia.

LB: Quando guardo i tuoi disegni (soprattutto in Mr. Majestic), mi sembra di riconoscere nel tuo stile l’arte di Walter Simonson o, meglio, le impostazioni grafiche che lui utilizzava nel periodo in cui si dedicava alle matite di Thor. Cosa mi puoi dire al riguardo? E cosa ne pensi del suo ultimo Orion?

EC: Credo che il Thor di Simonson sia stato il miglior arco di storie che io abbia mai letto. Attenzione però, io ho solo 26 anni e il personaggio è in giro da molto più tempo, quindi presumo che gli appassionati di vecchia data abbiano opinioni differenti. Ma, per quel che mi riguarda, io adoravo i disegni di Simonson su Thor. Non posso però dire di essermi ispirato ai suoi albi nel periodo in cui cercavo di raggiungere un mio stile personale, e dunque mentre stavo studiando per diventare illustratore. Mi ripeto:in gran parte, le influenze che ho elencato nel mio sito sono le più forti che ho subito nel corso della mia vita da disegnatore. Non mi pare di aver comprato niente di Simonson ultimamente. Ho sentito dire che era uscito Orion, ma non ho mai trovato abbastanza stimoli per comprarlo.

LB: Cosa conosci della produzione fumettistica europea? Hai mai visto qualcosa di Sergio Toppi?

EC: Non conosco quasi per niente la produzione europea. Mi dispiace, ma non ho mai sentito parlare neanche dei lavori di Toppi, né di lui del resto. L’unico artista che ho conosciuto, nel corso della realizzazione della serie animata Men in Black, è Miguel Prado: è un illustratore eccellente che sta dettando delle tendenze nell’attuale mercato americano.

LB: Che differenza c’è tra la lavorazione di un fumetto e la lavorazione di una serie animata? Puoi raccontarci qualcosa delle tue esperienze nel campo dell’animazione?

EC: L’animazione richiede più disciplina, nel senso che bisogna assicurarsi che ogni fotogramma funzioni al meglio. Nei fumetti, a volte (molto spesso, in effetti) si può ‘imbrogliare’, tralasciando qualcosa che nella serie animata risulterebbe piuttosto goffo. Il mondo dei fumetti è pieno di persone le cui capacità di raccontare delle storie sono se va bene penose, se va male addirittura inesistenti. Nel disegno a fumetti, alcune angolazioni sono intollerabili, ma di recente vengono usate a non finire, secondo le ultime mode. E ciò vuol dire preoccuparsi per prima cosa di disegnare immagini di forte impatto visivo e preoccuparsi di come il personaggio si muove da A a B. Nel campo dell’animazione tali scelte non vengono tollerate, perché si deve essere capaci di raccontare una storia coerente o altrimenti il programma non funziona.

Nel corso della mia carriera ho lavorato a molte serie animate, dagli X-Men a Phantom 2040 a Aeon Flux. Ultimamente, ho partecipato alla realizzazione di Men in Black: the series, Godzilla e Starship Troopers.

LB: “Aeon flux… chiunque abbia un cervello e abbia visto la serie può solo dire di apprezzarla”: io andavo matto per Aeon Flux… questo vuol dire che posso dire a mia madre che posso anche non laurearmi? A parte gli scherzi, mi piaceva veramente molto quello stile incredibile, e anche quella strana atmosfera nichilistica. Quali sono stati secondo te i motivi che hanno portato questa serie al successo?

EC: Prima di tutto, ritengo che il successo di Aeon Flux sia dovuto al nocciolo duro dei fan, catturati dal cartone animato grazie al suo approccio visivo innovativo e alle tecniche d’animazione sperimentali. Non ci si mette molto a individuare i punti vincenti del programma: visivamente intrigante e sceneggiatura che fa pensare. Alla base di tutto sta però il folle genio di Mr. Peter Chung, che ammirerò sempre e al quale sarò per sempre grato.

LB: I pochi esempi di fumetti provenienti da Hong Kong mi sembrano alquanto orientati verso lo stile manga. Com’è la situazione nelle Filippine?

EC: Non posso darti una risposta molto ferrata in proposito, dato che è parecchio tempo che non vedo niente di quelle parti. Ciò che ho visto è stato prodotto da illustratori come Whilce Portacio e Leinil Francis Yu, che hanno affermato il proprio stile personale negli USA, ma non posso proprio dire che le loro opere siano una fedele rappresentazione visiva dell’arte del mio paese.

LB: Se dovessi dare un giudizio, tenendo presente artisti come te o Portacio, direi che non sei molto influenzato dallo stile giapponese, come invece Jim Lee e la sua legione di cloni…

EC: Mi riempie d’orgoglio poterlo pensare anch’io. Apprezzo molto il lavoro dei disegnatori che hai menzionato, e sono consapevole del fatto che hanno raggiunto il successo grazie al loro particolare stile artistico. Ma sarebbe da ottusi ritenere che il loro tipo di stile, o anche lo stile manga che sembra essere così popolare di questi tempi, sia l’unico che può vendere nel mercato dei fumetti.

LB: Qual è il tuo metodo di lavoro? Quante ore al giorno lavori? Preferisci ripassare tu stesso a china le matite o ti affidi a un inchiostratore scelto?

EC: Di solito mi alzo alle 10 e mezza e faccio le mie cose fino a mezzogiorno circa. Quindi sono pronto per iniziare a lavorare e, a seconda di quanto sia noioso il lavoro, sto sveglio fino alle 2-3 di mattina. Ma non è che lavori proprio sempre durante queste ore, faccio anche delle pause per distrarmi un po’: mangio qualcosa ed esco per vedere se nella videoteca vicino casa ci sono delle novità. A proposito, posso sinceramente consigliare a tutti, ma proprio tutti gli aspiranti disegnatori di essere piuttosto disciplinati, dato che durante il giorno ci sono abbastanza distrazioni che ti possono far diventare troppo poco produttivo. Fidatevi, ne so qualcosa.

LB: Le illustrazioni per la Verotik rivelano forse una tua passione per il metal? Cosa ci puoi dire della tua esperienza con la casa editrice di Danzig? Lo hai incontrato? Che tipo di musica credi possa accompagnare la lettura dei tuoi albi?

EC: Non sono assolutamente un appassionato di metal. Voglio che la gente sappia che collaborai con la Verotik solo per denaro. Uno dei progetti sui quali stavo lavorando arrivò al termine e la Verotik mi offrì una somma di denaro notevole per lavorare con loro. Accettai perché pensavo che la loro offerta mi avrebbe sistemato economicamente fino a che non avessi trovato qualcosa di differente. Mi vedevo con Danzig quasi mensilmente (se non settimanalmente). Oltre al fatto che sembra veramente entusiasta di ogni progetto in cui è coinvolto, non ho nient’altro di positivo da dire su di lui. E piuttosto che dirne male, preferisco non dire nulla.

Per quanto riguarda il genere di musica che potrebbe accompagnare i miei disegni, non sono sicuro che ne esista uno in particolare… penso vada bene qualunque cosa si integri con le tavole facendoti vivere certe emozioni. Non voglio restringere visivamente il mio lavoro disegnando qualcosa di ‘futuristico’ o ‘tecnologico’ sempre e comunque. Mi piace molto disegnare cose che la gente non si aspetta da me. Ma spesso le persone non sanno vedere oltre ciò che ho fatto in passato e ritengono automaticamente che io non sia l’illustratore adatto per quel dato progetto. Questo tipo di opinioni è assolutamente tragico. Spero proprio che la maggior parte degli individui che sono all’interno dell’industria del fumetto siano capaci di vedere oltre il loro consueto campo visivo.

LB: Perché hai scelto il nome Oblagon come alter ego? è un tributo al lavoro di Syd Mead, l’uomo che creò l’acronimo di Oblagon (‘Orbital Biolab LAGrange Operations Node’) e che fu capace di creare le scenografie della gran parte dei film di fantascienza degli ultimi vent’anni?

EC: Assolutamente sì! All’inizio della mia carriera di illustratore di sfondi per le serie di animazione mi ispiravo solo ed esclusivamente a Oblagon, il libro di Syd Mead. Ma anche adesso, continuo a riferirmi costantemente a qualunque cosa abbia fatto nella sua carriera. è un designer ottimo e molto rispettato (caratteristica che spero di avere un giorno).

LB: Che genere di film, o che film in particolare, ti ha influenzato di più nel corso della tua carriera?

EC: Sono un grande fan dello stile cinematografico di David Fincher e cerco di inserire quanti più suoi fotogrammi possibili nelle mie vignette. I film di Michael Mann, poi, hanno un realismo notevole che desidererei riuscire a trasferire nel bianco e nero. A ogni modo, credo che questo sia un compito per i coloristi, e spero proprio di trovare al più presto il perfetto team di coloristi. Almeno prima che esca il mio prossimo progetto.

LB: C’è un personaggio che vorresti disegnare? Perché?

EC: Ci sono molti personaggi di cui mi piacerebbe occuparmi… troppi, effettivamente, per poterli menzionare tutti. I miei obiettivi attuali sono Batman e Devil, vorrei arrivare a loro nel prossimo futuro. In questo momento, sto riunendo un portfolio da inviare agli editor per riuscire a ottenere le matite in albi che ci guadagnerebbero molto se mi consentissero di illustrarli.

LB: Mi ha molto colpito il modo in cui hai vissuto la fine del tuo Mr. Majestic. Quanto ti è costato, come artista, lasciare dopo soli tre numeri una serie a cui mi sembra tenessi molto? E quanto ti ha insegnato questa esperienza come persona?

EC: Come illustratore, mi sarebbe piaciuto continuare a lavorare su Mr. Majestic fino a quando me l’avessero lasciato fare. Ma, sfortunatamente, nel mercato odierno, le vendite non esaltanti sono il fattore che determina l’uscita di scena di una serie. Credo che Mr. Majestic fosse una causa persa già prima del mio arrivo, a causa dei suoi sei numeri precedenti: erano sicuri che la combinazione Joe Casey-Ed McGuinness bastasse a tenere alte le vendite per meriti acquisiti; ma, se certamente c’era questo potenziale, si commise l’errore di non capire che la pubblicità e la copertura sui giornali locali avrebbero aumentato esponenzialmente le vendite finali. Arrivai nel gruppo di Mr. Majestic ben consapevole delle difficoltà esistenti, ma deciso e concentrato sul lavoro che dovevo svolgere. Più precisamente, volevo assicurarmi che i fan della testata capissero che aver perso un ottimo illustratore come McGuinness non era un danno irreparabile, poiché, grazie alla mia entrata in squadra, era stata proposta loro una prospettiva differente sulla storia. Il responso al mio lavoro fu in gran parte favorevole, e alla fine, già sapendo che la chiusura della serie era inevitabile, mi concentrai sul fatto di poterne uscire bene.

Per quanto concerne gli insegnamenti che ho tratto da questa vicenda, ho capito di aver chiuso con la serie lasciandomi alle spalle il mio miglior lavoro di sempre. La collaborazione con la Wildstorm, e quella più personale con i due scrittori delle storie, è stata per me un’esperienza fenomenale, che mi porterò dietro per tutto il resto della mia carriera professionale.

LB: Secondo me il tuo stile è molto peculiare, e solo questo basterebbe, in una scena fumettistica colma di cloni dell’artista del momento. Ho letto che l’hai definito ‘cubismo’… hai mai dovuto subire delle pressioni da parte di qualche editore per cambiare il tuo stile in modo da adeguarlo alle esigenze dello stile supereroistico mainstream?

EC: A dir la verità, non ho mai descritto personalmente il mio stile come ‘cubismo’. Mi è capitato di leggere questa definizione in un messaggio di un fan e io semplicemente non l’ho contraddetto. Ma se sai cosa è stato veramente il ‘cubismo’, allora sai anche che non rientro in quel movimento. Penso che quella descrizione venne utilizzata dal mio fan semplicemente perché aveva bisogno di identificare e categorizzare il mio lavoro. È una cosa alquanto tragica parlare come se si fosse istruiti in un dato campo ed effettivamente non esserlo.

Molti editor mi hanno detto che avrei raggiunto il successo molto prima, se solo avessi cooperato con il sistema in voga in quel determinato momento:seguire l’esempio del disegnatore più hot del momento. Mi rifiutai e ancora adesso devo lottare con le persone che non comprendono il pieno potenziale del mio lavoro e i modi in cui può venire applicato ai progetti per i quali si cerca un illustratore. Di nuovo, un’altra tragedia.

LB: Sembri molto interessato ai computer e alla Rete. In che misura pensi che le nuove tecnologie influenzeranno il tuo lavoro in futuro? Cosa ne pensi dei vari cyberfumetti che spuntano ogni giorno in Rete (mi è capitato di vederne un esempio veramente ottimo sul sito della DHP, di Gerard Jones)?

EC: La cosa più importante che ho capito ultimamente è che solo perché hai un sito web e/o pubblichi i tuoi disegni in Rete non vuol dire che tu sia un bravo disegnatore. Internet è piena di lavori mediocri e io so che lì fuori, da qualche parte, ci sono molti disegnatori di talento. La mia teoria è che questi illustratori molto talentuosi non abbiano un accesso alla Rete… o semplicemente non credano a questo tipo di pubblicità. Ancora, attenzione, sono solo le mie opinioni, perché non penso che la regola possa essere applicata a chiunque, indistintamente.

LB: A cosa stai lavorando attualmente? Quali sono i tuoi progetti futuri?

EC: Sto ultimando un fill-in di Action Comics per la DC. E nel frattempo provo a lavorare a delle storie autoprodotte: sto stampando dei materiali di mia creazione, testando il mercato alle convention locali della California del Sud. Sono anche sul punto di finalizzare un altro progetto con la Wildstorm, ma preferirei non parlarne a fondo fino a quando non inizierò effettivamente a lavorarci.

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