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Fumetto

Druuna: capitolo 7

Dopo la consueta attesa di due anni circa tra un volume e l’altro è arrivato finalmente nella librerie italiane il settimo episodio delle avventure di Druuna, Il Pianeta dimenticato. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia dal numero 42 de L’Eternauta (dicembre 1985) in cui comparve per la prima volta con l’indimenticabile storia Morbus Gravis ed ormai gli originari intenti di sdegno sociale e di metafora della condizione umana si sono persi per strada in favore dell’accentuazione degli aspetti ben più prosaici e “carnali” della protagonista e dei corrotti e perversi mondi con cui viene a contatto. Il Pianeta dimenticato è comunque un bellissimo fumetto in cui disegni, colori, inquadrature e “recitazione” valgono ampiamente il prezzo e l’attesa ed è anche il giusto coronamento della meritevole iniziativa di Alessandro Editore di ristampare in un’ottima veste la saga integrale di Druuna (anche se manca ancora il quinto volume, Mandragora, all’appello). Eppure la rarefazione ed i molti punti oscuri della storia in sé lasciano un po’ di amaro in bocca e confermano la direzione presa dalle sceneggiature dal terzo volume in poi. Ma andiamo con ordine.

Nel 1985 Paolo Eleuteri Serpieri, affermato fumettista ed illustratore giustamente “corteggiato” dalla Francia, cede alle edizioni Dargaud e realizza appositamente una storia a fumetti, Morbus Gravis. Pare che ad ispirarlo nella stesura del soggetto e nella definizione della protagonista siano stati un incubo claustrofobico che fece una notte e la visione del film La Femme Publique (1984) di Andrzej Zulawski, con una strepitosa Valérie Kaprisky. Per esigenze editoriali il progetto originario dovette essere molto ridimensionato nella sua lunghezza e si concretizzò nella divisione della storia preventivata in due parti. Insomma: l’ispirazione era stata molto emozionale e ben poco ragionata e l’editore aveva anche imposto degli accorgimenti che sicuramente modificavano il ritmo previsto. Eppure quello che nacque fu un capolavoro assoluto.

Morbus Gravis è una storia atipica, ambientata in una desolata e decadente (anzi ormai quasi già del tutto decaduta) città senza nome che è facile immaginare come resto postatomico di una città preesistente. La sua curiosa geografia rimanda in una qualche misura alla cosmogonia dantesca: ai livelli bassi c’è l’inferno dei mutanti, uomini e donne degenerati oltre misura che costituiscono un grave pericolo per il resto della popolazione, e di sopra c’è forse il paradiso della “città alta”, un luogo migliore in cui vengono inviati i cittadini sani ed incontaminati. Ed il termine “incontaminati” si riferisce non tanto allo spirito quanto piuttosto allo stato di salute: da tempo immemorabile l’immensa megalopoli è infatti preda di una incontrollata e misteriosa malattia (appunto il “morbus gravis” del titolo) che trasforma le persone in decerebrati mutanti ossessionati dal sesso e dalla violenza. Soltanto il “siero” consente un minimo di difesa contro il contagio e, in dosi massicce, una regressione momentanea della mutazione. Ma soltanto i preti, misteriose figure incappucciate che spadroneggiano per la città, scelgono chi può meritare una simile momentanea redenzione.

Druuna è la donna di un mutante giunto quasi alla fase terminale, Schastar (Eleuteri Serpieri ha dichiarato che i nomi dei protagonisti sono ispirati alla mitologia celtica). Grazie all’aiuto del suo compagno riuscirà anche lei a raggiungere la “città alta” ma quello che le si prospetterà sarà un averno in cui i prescelti servono solo ad alimentare, con le loro carcasse, il cervello vivente che continua a mandare avanti la megalopoli, Lewis. E la scoperta di cos’è in realtà la “città” sarà ancora più angosciante. Morbus Gravis si conclude con una intensa carrellata all’indietro accompagnata dalle parole di Lewis, ma poco prima della spiegazione finale Druuna ha il tempo di pronunciare delle toccanti parole: “…gli uomini sono pazzi…come può essere che ignorino tutto questo… come topi. Siamo come topi in trappola!”.

Morbus Gravis fu una vera rivelazione non solo per gli stupendi disegni di Eleuteri Serpieri e la sua decisa apertura verso l’erotismo, ma soprattutto per la forte componente allegorica ed antiutopistica che la caratterizzava. La società è ormai regredita ad uno stadio quasi bestiale, a detenere il potere è una spietata élite che basa la sua autorità su una religione liberticida (all’inizio della storia c’è un rapidissimo accenno alla proibizione di alcuni libri), alcuni mutanti si stanno organizzando per la rivolta contro i livelli alti, i militari sono sadici aguzzini, ma la protagonista si mantiene pura ed incontaminata come un ideale. L’Eternauta di Zerboni fu senz’altro la sede migliore in cui pubblicare questo stupendo fumetto. Già altri Autori di quella gloriosa rivista si erano dimostrati molto sensibili ai drammi che affliggono l’umanità ed alle inquietanti prospettive del futuro. Ora anche Eleuteri Serpieri si univa a quella prestigiosa schiera: non tanto agli sceneggiatori come Trillo, Saccomanno o Barreiro, che già da tempo avevano manifestato la loro personalità ed il loro impegno, quanto ai disegnatori che in quegli anni e su quelle pagine erano diventati Autori completi per urlare in prima persone le loro denuncie: in particolare Manfred Sommer e Horacio Altuna.

A quel primo stupendo episodio ne seguì un secondo che avrebbe concluso la storia progettata da Eleuteri Serpieri. In Italia questa seconda parte fu sempre presentata come Morbus Gravis 2, mentre in Francia preferirono intitolarla semplicemente Druuna. Oggi Alessandro Editore ha preferito scegliere Delta come titolo, e forse la sua scelta è la migliore (anche se il nuovo nome e la copertina inedita possono trarre in inganno sul contenuto). Delta è infatti il nome del supercomputer senziente che insieme all’onnisciente ma impotente Lewis regola la vita nella città. I suoi deliri mistici lo stanno però portando alla progressiva distruzione della megalopoli che a suo parere, come tutta la materia dell’universo, merita solo l’annientamento in favore dell’antimateria, pura ed incontaminata. Alla riluttante Druuna viene affidato il compito di fermare i propositi di Delta, salvo poi scoprire che dietro il volere del computer si cela in realtà una trama ben più articolata.

La saga procede quindi come auspicato, tutti i nodi vengono sciolti alla fine, molti elementi sono chiarificati nello svolgersi della narrazione e le sottotrame costruite in precedenza trovano in Delta il loro compimento. Insomma, come sceneggiatore Eleuteri Serpieri sembra decisamente maturo e “navigato” ma ciò che si fa ammirare di più della nuova avventura non sono i testi (non proprio perfetti ma quasi) ma gli straordinari disegni. L’evoluzione del tratto e della colorazione è notevole e certe immagini sono una vera gioia per gli occhi. L’idea di alternare scene “sognate” (cioè indotte telepaticamente da Lewis) a quelle “reali” è un espediente ulteriore per mostrare l’abilità di Eleuteri Serpieri nel saper costruire un’atmosfera e la sua intelligenza nel contrapporre in maniera efficace concetti agli antipodi (tensione, inquietudine, paura contro serenità, pace, tranquillità). Pur non possedendo l’altezza lirica del primo Morbus Gravis, questo secondo episodio è comunque un ottimo fumetto in cui “tutto torna” ed è persino disegnato meglio del precedente (tanto da farci sorvolare sul ridicolo ed antiquato modo di raffigurare i robot). Sarà dal terzo volume, Creatura, che le cose, purtroppo, cambieranno.

Innanzitutto va detto che Creatura fu una delle peggiori operazioni commerciali compiute dalla Comic Art (che aveva preso le redini de L’Eternauta dal numero 60, togliendoci quella bellissima carta patinata delle storie a colori). Sulla sua carica erotica fu alzato un bel polverone, il fumetto fu censurato e ne fu fatta un’edizione integrale in volume promettendo che ogni immagine originaria sarebbe stata ripristinata, cosa che invece non fu fatta! L’operazione era di per sé squallida ma aveva anche una componente non poco ridicola e divertente: le censure di Creatura erano tutto sommato “passabili”, nel senso che probabilmente fu lo stesso Eleuteri Serpieri ad occuparsi dell’occultamento di falli e vagine, ed in effetti ad una prima occhiata non tutte le censure sembrano tali. Ma l’ironia della sorte volle che, più o meno nello stesso periodo, la Comic Art si fosse prodotta nel reinventare di sana pianta alcune immagini di un sacco di fumetti: Il quarto potere di Gimenez, Immaginaria di Altuna, Ab Irato di Abulì e Bernet su Comic Art ed altri furono soggetti a censure tanto fastidiose quanto palesi e mal fatte, ma nel loro caso queste piccole truffe furono passate quasi sotto silenzio. Su L’Eternauta fu addirittura censurato il Perramus di Sasturain e del divino Alberto Breccia e, coerentemente con l’aggettivo “divino”, mi pare giusto definire questo atto non squallido, non ridicolo né tanto meno divertente, ma semplicemente blasfemo.

Creatura rimane un fumetto piuttosto esplicito ed alcune situazioni possono essere assai disturbanti per alcuni lettori (d’altronde il loro scopo è proprio questo). Alle titubanze furbette della Comic Art italiana corrispose in Francia una censura ben più netta e Druuna passò dalla Dargaud alla Bagheera in pianta stabile (Morbus Gravis 2 era già stato censurato e poi sospeso).

Creatura inizia in modo inaspettato e con un parco personaggi interamente nuovo. Non sappiamo subito che fine abbiano fatto Druuna, Schastar, Lewis e la loro terribile città, ci vengono invece presentati i componenti di una spedizione spaziale che si trova davanti ad un immenso meteorite di cui il computer di bordo, CP1, non sa dare altra definizione che “paradosso”. Will, il capitano della spedizione, è vittima di momentanee perdite della coscienza in cui sogna di Druuna e di una bella residenza con lago attiguo ormai in rovina. Spinto da questi “sogni” (in realtà emanazioni psichiche) scenderà sul corpo celeste alla ricerca di risposte, ma insieme ai suoi compagni verrà fagocitato da quello che si scopre essere un mostruoso miscuglio di materia organica ed inorganica, vestigia dell’antica città senza nome in cui erano ambientati i primi due episodi della saga. Quello che sta succedendo in realtà è un complesso piano per cui un’entità spaziale pressochè onnipotente sta cercando di rigenerarsi attraverso un figlio da far concepire a Druuna la quale, protetta dai poteri combinati di ciò che resta di Schastar e Lewis che ormai sono fusi in un unico organismo (il semidio Scha venerato dal primitivo popolo dell’asteroide), è ignara di tutto e si sveglia da un letargo millenario per passare attraverso una serie di amplessi bestiali, umilianti e ripugnanti. L’arrivo degli astronauti sarà l’estremo tentativo di salvezza ed alla fine Druuna fuggirà da quel mostruoso incubo (quindi abbandonando apparentemente anche Schastar e Lewis) chiedendosi però inquieta se non sia veramente rimasta incinta.

Il soggetto di Creatura è senza dubbio buono ed originale, ma il suo problema è che si rivela solo alla fine, smorzando parte della suspense e riducendo la lettura quasi ad una carrellata di sogni, visioni, accoppiamenti e disquisizioni più o meno cervellotiche sul tempo e la spiritualità. Dal lato grafico, per quanto impossibile possa sembrare, Eleuteri Serpieri elabora uno stile ancora più raffinato del precedente, in cui non solo le anatomie, i tratteggi e le espressioni sono perfetti: adesso il colore ha una parte preponderante nel creare atmosfere e sensazioni e lo stesso Autore confesserà di ritornare spesso a guardare le tavole di Creatura, senz’altro le migliori di tutta la sua produzione. Ma nei testi è inevitabile notare una spiazzante involuzione ed Eleuteri Serpieri si prende alcune libertà che ad una prima lettura passano quasi inosservate ma che ad una riflessione più attenta suonano come note stonate. Se si può soprassedere sulla questione della pausa nel fluire del tempo (che in realtà genera qualche contraddizione), risulta ben difficile credere che gli umani, non terrestri, della spedizione spaziale possano avere nomi quali Williamson, Stefanson e Rainer! Inoltre l’autoritratto che si dedica Eleuteri Serpieri nel personaggio di Doc viene presentato in maniera bislacca, con un dialogo ammiccante tra protagonista ed Autore che nulla centra con la storia e che lascia un po’ perplessi: i tentativi di allentare la tensione o concedere una pausa ai suoi tormentati personaggi con sequenze più frivole o comiche erano andati a buon fine nei primi episodi, ma ora sembrano solo una zavorra ingombrante.

Creatura, che consta di 60 tavole, due in meno rispetto ai primi episodi, ha rappresentato uno spartiacque nelle avventure di Druuna, ed in buona misura ha determinato l’impostazione dell’ossatura narrativa degli episodi successivi: quaranta o cinquanta pagine di sogni, visioni e deliri simbolici ed ermetici che confluiscono nella cascata di spiegazioni delle ultime pagine. Da Carnivora in poi (quarto episodio della saga) prenderanno sempre più piede altri aspetti quali l’autonomia dei singoli episodi (quando in realtà dovrebbero sviluppare e concludere elementi delle storie precedenti), le stucchevoli considerazioni esistenziali e mistiche di alcuni personaggi, i maldestri tentativi di inserire teorie pseudoscientifiche, un onnipotente deus ex machina che salva i protagonisti al momento giusto e l’ostentata apertura della protagonista a pratiche sessuali sempre più violente e “bizarre”, che nella loro innegabile ricercatezza grafica sembrano più che altro tentativi insinceri di mettersi alla pari con un immaginario erotico in costante evoluzione.

Divenuto, giustamente, un Autore di culto, Eleuteri Serpieri può permettersi di fare di Druuna ciò che Tamburini avrebbe voluto fare di Ranxerox: il suo “diario nervoso”. Le intuizioni spesso geniali che stanno alla base degli ultimi episodi vengono sacrificate ad una sceneggiatura sempre meno fluida, sovraccarica di divagazioni allegoriche fini a se stesse (espressioni dirette e non mediate dell’immaginario, delle fobie e delle suggestioni momentanee di Eleuteri Serpieri), che culmina con una frettolosa spiegazione dell’accaduto nelle ultime tavole.

Carnivora, con cui i disegni tornano ad uno standard meno raffinato, narra della perdita d’identità dell’intero equipaggio dell’astronave a causa del suo approssimarsi al confine ultimo dell’universo: ciò che si cela “aldilà” si sta impossessando sia fisicamente che moralmente dell’equipaggio . Quanto detto poco sopra riguardo la rarefazione della trama é, purtroppo, ancora più vero. Gli aspetti più originali ed interessanti del soggetto, come ad esempio la curiosa razza biomeccanica cui appartengono Will e gli altri o il passato che viene rievocato da Doc, vengono semplicemente abbozzati mentre lo stratagemma per risolvere la situazione è affrettato ed inverosimile. La scelta di cominciare la storia da poco prima della sua conclusione crea un pathos ed un’attesa che vengono sacrificati alla fretta che ha Eleuteri Serpieri di giungere alla fine (che arriva con la cinquantottesima tavola: un ulteriore accorciamento di due pagine). Della presunta gravidanza di Druuna non si hanno più tracce se non nella confusa scena iniziale, mentre Schastar e Lewis si rifanno vivi collegati precariamente a CP1, per dare le soluzioni della storia ai personaggi quando questi non sanno più cosa fare. L’espediente con cui Druuna e Doc salvano nave ed equipaggio ha lo stesso sapore delle storie in cui il protagonista si sveglia scoprendo che “era tutto un sogno”: all’inizio può essere intrigante ma alla fine sembra un po’ un imbroglio che riporta tutte le cose al loro posto come con un colpo di bacchetta magica.

Dopo Carnivora venne Mandragora, che sembrava introdurre qualche elemento più solido nella trama. Il disegno segnava purtroppo il suo punto più basso e, oltre che piuttosto pesante, era anche affrettato: nella seconda vignetta della tavola 38 il piede dell’uomo ha solo quattro dita, ed in giro per il volume ci sono alcune evidenti sproporzioni (come nei disegni delle tavole 1 o 48). Purtroppo Mandragora (con cui Druuna passa da L’Eternauta a Blue) finisce dove avrebbe dovuto cominciare e l’idea che CP1 e Lewis possano dar vita ad un intero mondo onirico definito nei dettagli ed i cui abitanti non sanno di essere solo sogni è semplicemente delirante. Beninteso, sarebbe un delirio più che accettabile ed in un altro contesto sarebbe molto interessante. Ma per dare sfogo al meglio alla propria immaginazione Eleuteri Serpieri ha già il suo spazio sui molti volumi che vengono dedicati alla sua arte (I due Druuna X, Ossessione, Croquis, ecc.) ed in un libro a fumetti potrebbe venire incontro al lettore cercando di farsi capire meglio, di costruire una narrazione fluida e coerente, di non limitarsi a buttare sulla carta le prime idee che gli vengono in mente. Come di consueto, le tavole diminuiscono ancora ed arrivano a 56.

L’assunto di base di Mandragora (un’epidemia simile al “morbus gravis” ha colto l’equipaggio e Druuna deve collegarsi all’inconscio di CP1/Lewis per trovare un antidoto) apre la possibilità di sviluppi più articolati nella saga, ma non trova corrispondenza nel successivo Aphrodisia.

Con questo sesto capitolo delle vicende di Druuna il disegno torna quasi ai fasti di Creatura, ma con l’intromissione di Will e Doc nel mondo dei sogni di CP1 la faccenda si fa sempre più ingarbugliata e sconclusionata. La questione del virus viene risolta, en passant, dicendo che poiché era impossibile fargli fronte alcuni membri dell’equipaggio hanno abbandonato l’astronave! Ancora una volta le buone idee ci sono, ma ancora una volta vengono “bruciate” e non viene dato loro il giusto risalto. Ad esempio, Eleuteri Serpieri omaggia la sua compagna Paola, già comparsa in Mandragora ribattezzata Paula, facendone una coprotagonista. Paula (che però al termine di Carnivora si chiamava Taiahnita) sarebbe anche una figura drammatica ed emozionante: è lo struggente ricordo dell’amore di Doc e muore proprio quando prende coscienza di sé. Ma come si fa ad affezionarsi a un personaggio che compare per così poco, parla in maniera così retorica e, soprattutto, rivela la sua vera natura così di botto, senza lasciare che al lettore montino quella tensione e quell’interesse che avrebbero reso la giusta cifra del personaggio?

Aphrodisia non è, come era stato annunciato, la seconda parte di Mandragora, ma è un episodio a se stante che fa piazza pulita di molti elementi fondamentali della serie: l’astronave che aveva ospitato Druuna per tre volumi viene distrutta e con lei anche l’ossessiva presenza di CP1/Lewis/Schastar è, apparentemente, finalmente eliminata. Il numero di pagine raggiunge il minimo storico: solo 51.

Arriviamo quindi alla storia recente, a Il pianeta dimenticato. Senza voler anticipare troppo della trama (ben sapendo che comunque a chi deve intraprendere la lettura integrale di Druuna non è stato rovinato nulla: le prime storie sono ben più articolate dei riassunti di cui sopra, e le altre hanno il loro punto di forza nella suggestione delle atmosfere), va detto che purtroppo il modello si conforma allo schema suesposto per cui ad una sfilza di situazioni incomprensibili segue una vaga spiegazione, stavolta assai blanda. Eleuteri Serpieri è riuscito a creare un altro nuovo mondo in cui far vivere la sua eroina (che stavolta si dà al turpiloquio come non mai) ma la genesi di questa nuova ambientazione che vede la lotta tra macchine e organismi viventi è lasciata all’intuizione (o alla fantasia) del lettore. Eleuteri Serpieri compie ormai quello che Luigi Bernardi ebbe da contestare a Moebius: ci fa vedere brevi squarci, attimi fugaci, piccoli esempi del suo universo interiore ma questi sprazzi, per quanto spettacolari ed affascinanti, non sempre soddisfano chi ne fruisce, che sarebbe sicuramente più gratificato dal quadro completo. Il Pianeta dimenticato offre, immancabili, nuovi sviluppi alla saga (e riprende qualche personaggio importante come il buffo gnomo che era già apparso in quattro episodi senza mai rivelare il suo nome) ma a questo punto il prossimo volume potrà benissimo prendere un’altra direzione e lasciarci ancora una volta con un palmo di naso. Stavolta le tavole sono tornate ad essere 62 ma gli stupendi disegni sono solo un momentaneo palliativo al fatto che probabilmente Druuna 8 sarà il solito delirio fatto di ottime idee mal amalgamate. O forse Il pianeta dimenticato, introduzione ad un nuovo ciclo narrativo, ha veramente posto le basi per fare di Druuna una serie coerente ed articolata.

Speriamo bene.

Paolo Eleuteri Serpieri nasce a Venezia il 29 febbraio del 1944 e si trasferisce giovanissimo a Roma dove conclude gli studi artistici. Si dedica ad una pittura di continua ricerca (tra i suoi Maestri figura anche Renato Guttuso), che addirittura dal figurativo iperrealistico lo fa approdare all’astrattismo. Ha insegnato per anni al Liceo Artistico.


Nel 1974 la casa editrice Lancio, specializzata in fotoromanzi, si accinge a provare il mercato del fumetto e cerca soggettisti e disegnatori per quella rivista che l’anno successivo si chiamerà Lanciostory. Michele Mercurio, figlio dell’editore, si ricorda di un suo compagno di classe particolarmente portato per il disegno e lo contatta per proporgli di realizzare fumetti. Si trattava di Eleuteri Serpieri che, superata una prima titubanza, comincia a sfornare tavole a fumetti senza personaggi fissi. Il numero zero di Lanciostory, allegato omaggio a quattro riviste di fotoromanzi della Lancio, ospiterà il suo L’antica maledizione accanto alle opere di Zanotto e di Garcia Seijas. Proprio dal confronto con i Maestri argentini nascerà lo stimolo a migliorarsi e cadrà ogni pregiudizio residuo sulla possibilità di “narrare” per immagini con il fumetto.


Nel corso della sua permanenza sulle pagine di Lanciostory e del gemello Skorpio Eleuteri Serpieri mostra la sua forte predilezione per il western e la sua vastissima competenza nel raccontare questo genere di storie. Insieme allo sceneggiatore Raffaele Ambrosio realizza molte storie decisamente originali, che partono da punti di vista insoliti o che presentano un pessimismo di fondo che demitizza profondamente molti luoghi comuni sul Far West (Eleuteri Serpieri è comunque autore anche di storie più “agiografiche”, che celebrano i miti di quel mondo – gli verrà infatti affidato il compito di continuare su Skorpio la serie I grandi Miti del West disegnata inizialmente da Josè Ortiz).


Il suo lavoro attira l’attenzione della francese Larousse che gli commissiona una versione a fumetti della Bibbia e (nel 1980) un’Histoire du Far West su testi di Jean-Pierre Ollivier, brutta enciclopedia a fumetti sulla falsariga delle Storie (d’Italia, d’America, ecc.) di Enzo Biagi. Col boom delle riviste d’Autore in Italia Eleuteri Serpieri cerca ancora nuovi campi di sperimentazione ed una maggiore autonomia e realizza interamente da solo nel 1983 L’indiana bianca, che compare sulle pagine di Orient Express. La svolta decisiva nella sua produzione a fumetti si avrà nel 1985, quando sulle pagine de L’Eternauta presenta Morbus Gravis. Riprendendo atmosfere e suggestioni da due altre storie di passaggio (Mutante verde e La Bestia), Eleuteri Serpieri confeziona quindi la prima avventura di Druuna, eroina a cui sarà indissolubilmente legato il suo nome negli anni a venire. Già i primi episodi destano un certo scalpore e conseguenti censure più o meno in tutti i Paesi in cui vengono pubblicati. Finora la serie a fumetti di Druuna si compone di sette volumi (variamente pubblicati da Edizioni Produzioni Cartoons, Comic Art, Blue Press, Castelvecchi, Lo Scarabeo ed ora Alessandro Editore) più altri libri che raccolgono schizzi preparatori o illustrazioni create ad hoc. Il lato erotico e quello visionario hanno presto il sopravvento sugli elementi fantascientifici piuttosto rigorosi dei primi episodi e l’impegno fumettistico di Eleuteri Serpieri è interamente occupato dalla sua eroina, i cui albi sono attesi con impazienza dai molti appassionati. Dalla fine degli anni ’80 Eleuteri Serpieri è quindi entrato a far parte di quell’olimpo di Autori italiani (quali Manara, Giardino e Liberatore) osannati dai lettori francesi.


Oggi i fumetti di Eleuteri Serpieri che non siano quelli relativi a Druuna non sono facilissimi da reperire e le prime edizioni di Morbus Gravis sono comunque introvabili. Le edizioni L’Isola Trovata hanno raccolto in quattro volumi brossurati alcuni dei fumetti realizzati con Ambrosio, oltre a L’indiana bianca nella collana Gli albi di Orient Express n°5. Nel 1996 la casa editrice Macchia Nera ha reso omaggio al creatore di Druuna pubblicando quattro bei volumetti “alla Bonelli” che ripropongono molte delle sue prime storie (infatti il titolo della collana è Il West di Eleuteri Serpieri).


Recentemente Druuna è diventata la protagonista anche di un gioco interattivo per Playstation.

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  1. […] L’ho conosciuto a Lucca l’anno scorso, dov’era ospite di L’Aventure, libreria romana specializzata in pubblicazioni francesi: era presente con i due volumi de La Madone de Pellini, scritti da François Riviére (lo stesso di “Riviére & Carin” e “Riviére & Floc’h”, per intenderci). Dopo questo primo lavoro, è attualmente impegnato sulla serie Les Enfers, un ambizioso progetto scritto dal prolifico e popolarissimo sceneggiatore belga Jean Dufaux, un autore che sul mercato francofono può essere considerato secondo solo a Jean Van Hamme in quanto a successo (“$erial killer”, li chiamano). Il primo episodio di Les Enfers era stato disegnato nientemeno che da Paolo Eleuteri Serpieri ed è intuibile quante difficoltà abbia avuto la Delcourt a trovare un degno successore al padre di Druuna. […]

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