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Cinema

Paolo Caneppele

L’informatica per il cinema

Martina Palaskov (MP): Parlaci un po’ di Collate e in particolare dell’interessante programma ideato dall’Università di Bari che permette l’identificazione automatica dei dati sui documenti che voi raccogliete.

Paolo Caneppele (PC): Collate è un progetto sponsorizzato dalla comunità europea che ha come partner tre archivi: quello di Vienna, quello di Praga e quello di Francoforte, e ancora due ditte di software e computer: l’Università di Bari e Ipsi Damstad in Germania. Presente anche un gruppo danese che controlla la qualità di tutto il progetto. L’obiettivo è quello di rendere pubblico, attraverso Internet, tutto il materiale sulle liste di censura tedesche, cecoslovacche e austriache. Questo per dare l’opportunità a tutti; studenti, studenti di cinema, critici e studiosi in generale, di consultare le liste, che, gran parte delle volte, sono custodite gelosamente dagli archivi statali e comunali. Noi mettiamo a disposizione un fondo abbastanza esaustivo per dare un’idea di che cosa erano le liste di censura e di che cosa veniva censurato negli anni venti e trenta in questi paesi.

All’interno, come ho già accennato, c’è anche il lavoro svolto dall’Università di Bari, che intende realizzare un programma di riconoscimento automatico dei documenti che noi stiamo analizzando. Documenti scritti, per lo più. Ci stanno lavorando tanto, intensamente. Il successo di questo programma ci darebbe la possibilità di elaborare un’enorme quantità di materiale in maniera automatica o semi automatica, accorciando i tempi di ricerca e studio.

MP: Una sorta di intelligenza artificiale?

PC: L’idea è quella. A Bari ci sperano tanto e io con loro, spero tanto che abbiano successo.

MP: Parliamo un po’ del rapporto tra cinema e informatica. Che cosa ne pensi del fatto che molti giovani registi oggi riescono a girare un film molto più facilmente di una volta; i costi sono ridotti, lo staff anche… Secondo te questo fa si che ci sia più quantità e meno qualità o si può piuttosto parlare di “democratizzazione” cinematografica?

PC: Io penso che più quantità porti alla fine a più qualità. C’è più concorrenza, chi non aveva i mezzi per poter girare adesso lo può fare con un capitale abbastanza ridotto. Il limite adesso è imposto solo dalla fantasia. Secondo me si tratta di un’ottima rivoluzione; indolore, comoda, economica. Io plaudo all’idea. Personalmente io non faccio cinema, io lo studio, da storico. Ricordo però una volta che mi è capitato di lavorare ad un restauro di un film, che tra l’altro mi è stato gentilmente dato da Livio Jacob (direttore della Cineteca del Friuli e presidente delle Giornate, ndr), che nessuna cineteca voleva restaurare poiché la copia era troppo deteriorata. I costi si preventivavano enormi e nessuno voleva assumersi la responsabilità. Un mio collega ed io abbiamo tentato di recuperare la pellicola utilizzando i mezzi che oggi ci offre la moderna tecnologia; tutto è stato digitalizzato, riversato sull’hard disk. Il materiale recuperato, chiaramente, non ha la forma del film originale, ma con pochissimi soldi siamo riusciti a recuperare del materiale che sarebbe andato sicuramente distrutto o perduto. Non sono un feticista del nitrato o della pellicola in 35 mm. Da storico sostengo che l’obiettivo di chi fa il mio lavoro sia quello si salvare ciò che è salvabile e di rendere poi pubblico ciò che si è scoperto e recuperato. Il risultato è quello che conta, quindi sono contento di questa rivoluzione tecnologica.

 MP: Il rapporto cinema muto-informatica. Paradossalmente la tecnologia più avanzata ci sta dando l’opportunità di recuperare molto materiale antichissimo. Sacro e profano?

PC: Ci sono dei pro e dei contro anche in questa faccenda. Gli storici stanno affrontando un grosso dibattito sull’argomento. Si parla spesso di archivi elettronici che non vengono ancora usati, oppure del programma informatico che è anacronistico e datato. Il database di questi archivi dovrebbe essere cambiato ogni cinque anni in modo da essere letto da tutti i nuovi sistemi di programmazione. Però, ogni passaggio verso una più completa digitalizzazione inevitabilmente cancella del materiale originale e antico. Il materiale cartaceo di dà comunque la possibilità di analizzare la filigrana e l’impasto della carta per risalire ad una corretta datazione del documento. Un archivio elettronico impedisce allo storico di fare l’analisi dettagliata della fonte; aumenta anche la possibilità di imbrogliare.

MP: Non credi che con Internet l’informazione stia diventando troppo alla portata di tutti e troppo esposta a manipolazioni? L’archivio, la cineteca, hanno quindi il compito di creare un’utenza più specializzata, anche se più “tecnologica”?

PC: Secondo me, l’idea che tutto il materiale sia disponibile e usufruibile a tutti, va benissimo. Ritengo, inoltre che l’informatica costringa certi archivisti, che considerano il materiale che dispongono, come se fosse di loro proprietà; li costringa, appunto, a rendere pubblico il loro materiale. Certi archivisti pensano di essere i padroni dei documenti, quando invece l’archivista è solamente colui che custodisce questi documenti e li rende fruibili al pubblico. Internet e altri programmi informatici non fanno che moltiplicare l’offerta all’utente. Concettualmente si potrebbe affermare che è ciò che ha sempre fatto un buon archivista, per lo meno in teoria.

MP: Internet, Web magazines, Web cam, streaming sono termini moderni anzi postmoderni. Un sito culturale è spesso allestito e gestito da persone molto giovani. Che consiglio daresti a chi, come noi di Fucine, si occupa di cinema e cultura dello spettacolo in generale attraverso questo mezzo che ha rivoluzionato la nostra società?

PC: Andare avanti, indubbiamente. Fare, fare tanto. Questo chiaramente implica commettere anche tanti errori. è l’unico sistema per imparare qualcosa. Alla fine c’è un grande vantaggio: voi siete i primi, state esplorando dei mondi che non sono ancora stati conosciuti bene. Voi siete i primi che porranno i limiti, ci vuole un sacco di responsabilità. è bellissimo. Io non faccio parte di questo modo, l’uso mi dà delle grosse opportunità per il mio lavoro. Mi arrabbio molto, come gran parte degli utenti, quando le cose non funzionano come voglio io, quando ci mettono venticinque minuti per sbattermi dentro cinque foto, o quando non mettono gli indirizzi e i numeri per prendere contatto con i siti. Inoltre ci sono dei siti che sono veramente brutti; io dico… falli su un fondo bianco, che almeno siano leggibili, senza tanti orpelli e arzigogoli. Non mi piace poi chi considera Internet come la carta stampata, si tratta di due cose diverse, non si può scrivere su Internet come se si dovesse scrivere un libro. Non è la stessa cosa, non puoi permetterti di commettere questo errore. Tanta gente, anche all’Archivio dove lavoro io, mi dicono che hanno pronto il loro saggio che accompagna il documento da esporre e pretendono che venga riportato interamente su Internet; nessuno te lo leggerà mai, al massimo lo stamperanno. Alla fine Internet viene usato come un grande archivio per ricercare. Poi si… In tedesco si dice Uterland, come si dice in italiano? Ah… scaricare… si scarica.

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