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Cinema

Meng Qi

Problemi occidentali in oriente

Abbiamo incontrato Meng Qi e Ding Zhanhong, rispettivamente regista e produttore del film What a Snowy Day. Il film è un caso veramente particolare. Costato solo quattrocento milioni di lire, è nato dall’idea di quattro persone che individualmente hanno partorito questo progetto senza l’ausilio di nessuna casa di produzione. Il film è basato sul famoso romanzo cinese dell’autore Liang Xiaosheng.

Martina Palaskov Begov (MPB): Parliamo un po’ del film e di questo miracolo che avete creato…

Meng Qi (MQ): Questo film è basato su un famoso romanzo cinese. Dopo aver letto il libro abbiamo deciso di trasformarlo in film. Questo è stato il primo film che ho girato. Il romanzo parla delle generazione che è nata a ridosso della proclamazione della Repubblica Popolare Cinese, nel 1949, e quindi si parla di quella generazione di persone che hanno vissuto i fatti più importanti della storia recente della Cina; la rivoluzione culturale, l’apertura all’economia di mercato, le difficoltà affrontate negli anni immediatamente successivi all’instaurazione della repubblica. Abbiamo pensato che il libro riflettesse in modo reale i problemi di questa generazione. Noi, a differenza della generazione precedente di registi come Chen Kaige e Zhang Yimou, che hanno parlato della Cina contadina e della Cina della storia, abbiamo voluto spiegare al pubblico e speriamo anche al pubblico straniero la Cina di oggi, la Cina reale. Siamo stati molto felici quando ieri, alla fine del film, abbiamo visto che il pubblico ha applaudito, quindi crediamo che abbia apprezzato il nostro sforzo. Speriamo di aver fatto capire al pubblico di questo festival qualcosa in più della Cina che forse non conoscevano.

MPB: Mi interessa molto parlare del loro passato e del loro background. Se non vado errata, il regista è un ex soldato e il produttore un ex portiere, quindi l’amore che i due probabilmente hanno nei confronti del cinema ha fatto si che il film nascesse, vivesse e venisse visto da un pubblico internazionale, soprattutto in un paese dove fare cinema non è poi tanto facile. Come ci siete riusciti e che consiglio dareste a chi in Europa vuole procedere in maniera analoga?

MQ: Sono stato militare per molti anni, ero ausiliario. Quando ho finito il mio periodo di militare, ho aperto un ristorante che poi ho chiuso e ho aperto una società di pubblicità. Attraverso questa attività di pubblicitario ho incominciato a conoscere e ad apprezzare il cinema. La pubblicità, infatti, non mi dava spazio per essere abbastanza innovativo e creativo. Volevo inoltre girare del materiale più lungo quindi ho provato, appunto, a girare un film. Adesso lascio parlare Ding Zhanhong, mio vecchio amico d’infanzia con il quale ci siamo ritrovati per lavorare a questo progetto. Ci siamo accorti infatti di essere molto interessati al cinema e abbiamo deciso di provarci insieme…

Ding Zhanhong (DZ): La mia storia è molto simile a quella di Meng, perché anch’io ho lavorato nell’amministrazione di alberghi per diversi anni, e poi ho capito che mi interessava molto il cinema. Ho quindi abbandonato il mio impiego precedente per dedicarmi al cinema. Ho deciso di aprire un’attività di produzione pubblicitaria, però la mia idea, fin dall’inizio, è stata quella di lavorare con il cinema. Debbo riconoscere che è molto difficile inventarsi come cineasti, in Cina. Ci abbiamo messo quattro anni per poter realizzare questo sogno. Credo, infatti, che persone giovani che non hanno un background che riguardi in maniera specifica il cinema, e che non hanno affrontato degli studi specifici di cinematografia, possano incorrere in molte difficoltà. In Cina, di recente, è stata varata una legge che è entrata in vigore all’inizio di quest’anno che consente di realizzare produzioni indipendenti, ovvero a individui che non siano associati a studi di produzione e distribuzione statali. Ora, quindi, abbiamo la possibilità di realizzare i nostri progetti. Quando noi abbiamo incominciato a pensare al nostro film, nel 1998, la legge non era ancora entrata in vigore. Infatti, il nostro film è considerato tra i primi film veramente indipendenti. Noi, quindi, speriamo che il pubblico occidentale, con l’aiuto del nostro film, riesca capire qualcosa della Cina contemporanea. Speriamo che questo riesca in qualche modo a riaprire un dialogo tra le due culture, tra la Cina e il resto del mondo.

MPB: Ricordo che l’anno scorso ho avuto un interessantissimo colloquio con Peter Loehr, un produttore statunitense che da anni lavora in Cina e possiede una casa di produzione indipendente. Lui mi ha confessato che, per quanto riguarda la distribuzione, ha avuto dei grossi problemi, tanto da dover andare in giro per la Cina con la pizza del suo film sotto braccio a convincere gli esercenti a proporre la pellicola in sala. È capitata anche a voi un’esperienza analoga? Parliamo un po’ della distribuzione in Cina.

DZ: Conosciamo Peter, e conosciamo anche le sue difficoltà, tuttavia inferiori alle nostre, credo. Infatti, lui ha avuto a disposizione dei fondi più consistenti dei nostri. Noi non avevamo molti soldi per fare pubblicità al film e per promuoverne la distribuzione. Noi siamo riusciti a stampare solo due copie del film e abbiamo deciso di incominciare con la distribuzione da una grande città come Shanghai, dove all’inizio abbiamo incontrato delle grosse difficoltà, perché gli esercenti non erano molto sicuri di voler mostrare il nostro film. Noi non eravamo affatto conosciuti e i cinema di Shanghai ci hanno snobbato all’inizio. Siamo poi riusciti a convincere finalmente un gestore di un cinema convenzionato Kodak a proiettare il film. Inizialmente, poco convinto delle potenzialità del film, è stato inserito nella fascia di programmazione di mezzogiorno, che normalmente richiama il minor numero di pubblico. Dopo una settimana, però, la sala che proiettava il film si riempiva sistematicamente dell’80%. Il film è stato in seguito programmato la sera poiché ha dimostrato di avere delle potenzialità così da competere con le grosse produzioni americane. Dopo il successo inaspettato del film, e dopo un mese di proiezioni, abbiamo convinto uno fra i cinema più importanti di Shanghai a mettere la pellicola in programmazione. Il film è stato proiettato in una sala di 130 posti; per alcune proiezioni, gli addetti hanno dovuto aggiungere dei posti estemporaneamente in sala poiché appunto non sufficienti a far sedere tutti. Il successo del film, quindi, ci ha convinti a distribuire il film anche a Zheng Zhou , luogo dove è stato girato. Il nostro metodo di distribuzione è un metodo molto faticoso perché, avendo noi così poche copie a disposizione, possiamo distribuire il film solo ad una città per volta, e ricominciare ogni volta da capo. Speriamo di poter trovare qualcuno che sia interessato a distribuire il film internazionalmente. In questo modo avremmo un aiuto anche dal punto di vista economico poiché siamo ben lontani dal recuperare le spese di produzione. Siamo molto interessati a partecipare ai festival cinematografici all’estero, così da trovare un distributore interessato a proporre il film all’estero.

MPB: Credete che il Far East Film Festival di Udine abbia dato e stia tuttora dando una mano al cinema cinese per farsi conoscere internazionalmente? E inoltre quale sarà il vostro prossimo progetto?

DZ: Partecipare al Festival di Udine è una buona opportunità, anche perché si tratta di un festival specifico, che riguarda la cultura asiatica. Sappiamo che le persone che frequentano il Festival sono particolarmente interessate alla nostra cultura. Come cineasti giovani siamo molto interessati ad approfittare di questa opportunità. Per quanto riguarda il nostro prossimo progetto, noi prendiamo questa attività molto seriamente, non intendiamo produrre film per puro divertimento, anzi crediamo che fare un film sia una cosa da prendere sul serio. Quindi al momento stiamo cercando un altro racconto che tratta di argomenti che a noi interessa affrontare. Intendiamo infatti girare un film tratto da un libro, non vogliamo scriverlo noi. Al momento siamo ancora alla ricerca di un soggetto che ci interessi.

MQ: Sono particolarmente interessato alle storie che riguardano piccoli eroi, ovvero di quelle persone normali, che conducono una vita normale, ma che in qualche modo siano degli eroi. Sono alla ricerca di questi personaggi. Importante per noi è tentare di superare noi stessi, di non fossilizzarci in uno schema troppo fisso, che ci obblighi a scegliere delle storie troppo simili. Vorremmo sperimentare delle nuove tendenze ogni volta.

MPB: In bocca al lupo e speriamo di vedervi il prossimo anno a Udine.

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