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Arte

Maria Campitelli

Gruppo 78 e “Shock & Show”

Maria Campitelli è la curatrice della mostra “Shock&Show”, organizzata dallo storico gruppo 78.

Martina Palaskov Begov (MPB): Parliamo della mostra… Perché “Shock & Show?”, qual è la filosofia che accompagna questa manifestazione?

Cyber-iconic man di Jake & Dinos ChapmanMaria Campitelli (MC): Dunque, “Shock & Show” è un titolo che ho voluto io, scelto da me, in base a una tendenza che esiste in arte contemporanea e che si chiama “shocking art”. Questa tendenza sussiste nel mondo dagli anni Novanta; si è affermata anzitutto in Inghilterra con personaggi come Damien Hirst e i fratelli Chapman, Questi artisti hanno puntato sull’arte estrema, sull’espressività estrema; una corrente tutta pervasa da un’ossessione di morte e abbondantemente imbevuta di cinismo, che si è compiaciuta di cose orrorifiche appunto, noir, con molto sangue, distruzione e violenza. Questo gusto si è sparso un po’ dovunque e naturalmente gli artisti mutano, l’Arte cambia continuamente e, da queste premesse degli anni Novanta, gli artisti si sono poi anche espressi in maniera diversa, creando altre modalità espressive. Io ho voluto fare questa mostra prima di tutto perché, a Trieste in particolare, non è mai giunta questa tendenza, o forse solo sporadicamente, attraverso qualche sforzo soprattutto sostenuto dalla Galleria LipanjePuntin. Quindi innanzitutto una voglia di fare informazione, di rendere pubblica questa forma artistica che pochi conoscono. E poi anche, nelle mie peregrinazioni, che spesso e volentieri faccio nel mondo per documentarmi su cosa succede mondo artistico oggi, ho sperimentato che l’arte continua ad esprimersi in questa maniera, e che ci sono soprattutto delle gallerie, sia in Italia sia all’estero che cercano proprio artisti che puntano sulla stupefazione; stupire in qualche modo lo spettatore con tematiche estreme. Il mio intento è stato quello di informare di questa modalità espressiva tenendo conto anche di come ci si esprimeva negli anni Ottanta attraverso qualche esempio famoso come appunto i fratelli Chapman, che sono orgogliosa di essere riuscita a portare, per la prima volta a Trieste, con un pezzo molto inquietante; oppure la Orlan, che opera in un campo completamente diverso, quello della “body art”, dell’arte carnale da lei creata che è altrettanto scioccante e coinvolgente pur partendo da presupposti diversi, quelli di un’umanità modificata che va oltre i miti della natura oramai proiettata verso l’applicazione delle invenzioni tecnologiche, della ingegneria genetica, della bionica e della scienza. La nostra umanità in futuro potrebbe essere diversa, modificarsi, e lei infatti anticipa questa eventualità sottoponendosi a dolorosi, anzi non dolorosi poiché si tratta sotto anestesia, ma scioccanti interventi chirurgici attraverso i quali lei modifica il proprio corpo, il proprio viso e così via.

Migros collaage di Elke Krystufek

Partendo quindi da questi artisti già molto noti e affermati che hanno operato negli anni Novanta, sono scesa poi nel considerare artisti più giovani tra cui la Elke Krystufek, una giovane ragazza viennese, la quale discende un po’ dal ‘Wiener Naturismus’ degli anni Sessanta; un’arte che, attraverso foto, pittura, collage e performance, sconvolge e focalizza l’analisi su un’identità sessuale molto controversa, cercata con ossessiva esasperazione. L’artista arriva a degli effetti visivi, delle proposte visive estremamente forti. La mostra raccoglie ben ventotto artisti provenienti da tutto il mondo, dall’America, persino dalla Cina; mi riferisco a Zhang Huang, artista esposto alla galleria Lipanjepuntin. Una gamma, quindi, estremamente varia di possibilità, di intuizioni, di invenzioni. Ho cercato di svolgere un percorso su questa tematica dell’ossessione, delle espressioni forti. Dobbiamo comunque tenere presente che parimenti accade in altri campi artistici, come nel cinema, nello spettacolo, nello sport (basti pensare agli sport estremi, che vanno tanto di moda). C’è infatti questa volontà da parte dell’umanità di andare oltre le proprie possibilità, oltre le righe in maniera anomala. Sembra infatti che quello che noi consideriamo “normale” non interessi più a nessuno. Probabilmente ciò è dovuto ai tempi in cui viviamo, alla violenza che ci circonda. Vediamo questa escalation continua alla ricerca di sensazioni estreme. Questo un po’ il senso della mostra.

MPB: Mi riferisco a quello che lei disse, introducendo la mostra il 5 luglio al teatro sloveno: lei aveva fatto riferimento allo shock come metodo per carpire più pubblico possibile, per interessare più gente possibile all’arte contemporanea e alla mostra in particolare. Ovvero, cercare di rendere l’arte contemporanea meno di “nicchia” e proprio con lo shock cercare di attirare il maggior numero di persone…

Madonna Bianca n.10 studio particolareggiato sul drappeggio e il barocco — OrlanMC: C’è indubbiamente anche questo fattore da prendere in considerazione. Si può incuriosire di più e quindi attirare persone che normalmente non seguono l’arte contemporanea. Il mio scopo, e quello del Gruppo 78 che presiedo, al di là di qualsiasi mostra è  di informare sulla “contemporaneità”, sull’arte contemporanea. Quindi cerco di trovare metodi alternativi verso cui la gente si accosti per conoscere l’arte contemporanea. Scegliamo spesso anche luoghi alternativi dove far svolgere le nostre iniziative; non luoghi deputati. In passato abbiamo scelto degli spazi che solitamente non vengono adibiti per manifestazioni o mostre di questo tipo come l’area di ricerca di Padriciano, l’Acquario, il museo Ferroviario, il museo di Storia Naturale. Luoghi che appunto non accolgono normalmente l’arte. Volevamo che l’utenza normale di quei luoghi curiosamente si ritrovasse di fronte, a contatto, con questa espressione. Al momento l’esibizione può suscitare curiosità, dubbi, perplessità, ma in seguito, dopo la visita guidata (io insisto sempre nel fare un’esauriente visita guidata), attraverso una spiegazione, attraverso un appianamento di possibili ed eventuali problemi che propone l’arte, uno vi si accosta e alla fine ne rimanga entusiasta. Quindi lo shock può servire anche a questo, sicuramente. Ma ripeto, per me, si è trattato di una possibilità di raccontare il mondo in un modo particolare come, del resto, si usa fare in altri paesi, in molti luoghi. Quindi come documentazione fondamentalmente, oltre che possibilità di ulteriore e maggiore coinvolgimento.

La santa croce di Goran Bertok e Dean Verzel, manifesto della mostraMPB: Anche la mostra di cui noi stiamo parlando, “Shock&Show”, ha una peculiarità, ovvero quella di svolgersi in molti luoghi contemporaneamente. Il cinque luglio è stato il teatro di un’inaugurazione itinerante della mostra. Come crede che il pubblico, suppongo infatti che lei sia stata presente, abbia accolto questa novità di “seguire” l’inaugurazione della mostra attraverso tutta la città?

MC: Io chiaramente ho seguito tutto dalle quattro del pomeriggio alle quattro di notte (ride)… e devo dire che si è trattato di un evento meraviglioso, tutti erano entusiasti. È stato, infatti, un percorrere, un vivere la città. La gente era già numerosa (voi ci siete stati quindi potrete confermare) al teatro sloveno e man mano la folla si ingrossava cammin facendo. Già al Planetario si stava strettini, da Lipanjepuntin poi, credo si possa parlare di apice della serata, del clou; infatti si è addirittura fermato il traffico. Per finire in grandezza (ci saranno state più di quattrocento persone) il teatro Miela ha ospitato la performance di Scerri: un successo. Molta gente ha infatti interpretato la manifestazione come una piacevole e nuova passeggiata attraverso la città per incontrarsi in questi luoghi dove esplodeva l’arte. Abbiamo sicuramente pensato a questa alternativa per proporre una cosa nuova, ma, le dirò di più, tutto questo è stato fatto anche per far si che l’arte si propaghi contemporaneamente da più parti. Noi infatti spingiamo per un pieno coinvolgimento delle gallerie private nell’iniziativa, oltre che di enti pubblici o associazioni e teatri come possono essere appunto il Miela o il teatro Sloveno, in modo che ci sia una sinergia, un coagulo di forze. Noi vorremmo che quest’arte contemporanea, la quale ha difficoltà ad affermarsi, poiché rimane sempre un fenomeno elitario e privilegiato, per un pubblico ristretto, possa espandersi e possa soprattutto raccogliere consensi e forze che operino in questo campo.

MPB: Una domanda sul Gruppo 78, nato appunto nel 1978. Ci parli un po’ di come è nata l’associazione, che tipo di esperienze ha avuto il Gruppo in passato e del perché di questo amore per l’arte contemporanea poco conosciuta o quasi disprezzata a Trieste, una città forse troppo senile…

In senso orario i manifesti di Naturanaturans(1996), Realfiction (1997), Transformation (1998), Work in progress (1999)MC: Il Gruppo 78 si chiama così perché, come ha detto lei, nasce nel 1978. Sono più di vent’anni oramai che opera a Trieste, ma non solo. È nato in una situazione particolare, precisamente quando il museo Revoltella di Trieste è rimasto chiuso per un periodo. Quello strumento, attraverso cui l’arte moderna e contemporanea può e deve propagarsi, era inefficiente. C’è stato all’epoca, un gruppo di persone, oltre a me anche altri intellettuali e artisti, che ha ritenuto opportuno fare qualcosa affinché questa situazione si potesse modificare, affinché queste porte famose del Revoltella si aprissero nuovamente. Speravamo soprattutto che accadesse qualcosa, che si desse risalto e importanza all’arte contemporanea con l’aiuto delle pubbliche istituzioni. Siamo andati di qua e di là, dai vari assessori, vice presidenti eccetera. La cosa non ha funzionato. C’è stato un rimbalzo continuo di responsabilità, la colpa sembrava non essere di nessuno se il museo era chiuso… Comunque sia, a prescindere da questo, vista l’inutilità dei nostri sforzi, abbiamo incominciato noi stessi a darci da fare, con pochissime forze. Da questo punto di vista abbiamo sempre difettato di grossi mezzi. Anche quest’ultima mostra “Shock & Show”, pur mostrandosi molto appariscente e ricca di sfumature, ha avuto un sostegno limitatissimo. Sembra fatta con chissà quali mezzi, invece è stata realizzata con mezzi ridottissimi.

Abbiamo, dunque incominciato ad operare lavorando sul territorio. Del gruppo, allora come oggi, fanno parte artisti locali. E anzi, ci tengo a dire una cosa; il Gruppo si rinnova continuamente. Le persone che si sono riunite assieme a me alla fine degli anni Settanta per formare questa nuova situazione culturale triestina, salvo Piccolo Sillani, l’artista, che è ancora dentro il gruppo, tutti gli altri sono scomparsi. Man mano sono stati rimpiazzati da nuove forze, da nuovi artisti, da nuove personalità. Oggi, il gruppo è formato da artisti più giovani e forse più conosciuti a livello locale e non soltanto locale, come Paolo Ravalico Scerri, come la Lorena Matic, che, quando ci sono le occasioni, partecipano direttamente alla mostra che allestiamo. E altri come Ciro Gallo, come la Tergo, meno noti forse ma desiderosi di affermarsi, di capire come funzionano le cose qui a Trieste e di vedere quali possibilità ci sono di operare sul territorio. Abbiamo poi lavorato in maniera sempre più dilatata, lavorando a livello nazionale e poi anche, dal ’96 (abbiamo fatto qualcosa anche prima specialmente collaborando con la Slovenia, con l’Austria), abbiamo impostato un’attività di tipo internazionale. Infatti prima il Gruppo si chiamava semplicemente Gruppo 78, ora prende il nome di ‘Gruppo 78 — International Contemporary Art’. Puntiamo a far si che arrivino delle nuove e vivaci forze a Trieste e vorremmo possibilmente esportare le nostre.

Sequenza psichedelica di  Lorena MaticDal ’96, inoltre, abbiamo impostato quel ciclo di manifestazioni e mostre che abbiamo chiamato ‘Natura Naturans’ di cui ‘Shock & Show’ è il capitolo finale. Il titolo della prima mostra allestita di questo ciclo prendeva appunto il nome di ‘Natura Naturans’, incentrata sulla natura che si trasforma. Poi abbiamo deciso di tenere il nome anche per indicare le edizioni successive, pur affrontando tematiche diverse. Dal ’96 abbiamo improntato di proposito l’internazionalità chiamando prima di tutto artisti limitrofi: sloveni croati e austriaci. Oggi, non abbiamo limiti ed arriviamo fino negli Stati Uniti, Giappone, Cina.

MPB: Per quanto riguarda il futuro, che ci dice dei prossimi progetti che organizzerà il Gruppo?

MC: Be’, un progetto è già in atto. Si attuerà a metà settembre. La tematica è completamente diversa da quella proposta alla mostra “Shock & Show”; è incentrata sul rapporto Arte e Moda. Il titolo è “Other Fashion”, l’altra moda. La mostra si svolgerà a Gorizia, in collaborazione con MittelModa, una struttura che esiste già da dieci anni e che in occasione del decennale vuole aprirsi ad altre manifestazioni. Ricordo che già l’anno scorso abbiamo affrontato questa tematica con la mostra “Garden Fashion”, allestita nella sala della villa Revoltella; uno spazio delizioso. MittelModa, probabilmente ha saputo di questo nostro progetto, ed ecco che ci ha proposto di allestire un’altra mostra sulla Moda. Questo per quanto riguarda l’immediato. Per quanto riguarda il futuro prossimo, speriamo di riuscire a contattare artisti locali ma anche esteri per organizzare delle “personali” che di solito svolgiamo al Miela. Tuttavia, viste le difficoltà che il Teatro deve affrontare, non credo che lo spazio sarà disponibile, e non so esattamente che cosa faremo. Un grosso problema che noi abbiamo e che abbiamo sempre avuto è quello di un’assenza della nostra sede. Abbiamo sempre cercato questo spazio, ma purtroppo non abbiamo i mezzi per mantenere una sede. Abbiamo chiesto luoghi e spazi agli enti pubblici ma non siamo ancora riusciti ad avere risposte esaurienti, benché il fatto di non avere una sede ci stimola molto a creare nuove situazioni, ad inventare soluzioni diverse, come è accaduto quest’anno, con il famoso circuito delle gallerie coinvolte nella mostra. Ogni anno quindi, dobbiamo cercare disperatamente un luogo dove poter esibire mostre della dimensione di ‘Shock & Show’ che raccolgano ventotto artisti con grandi installazioni; al teatro Sloveno, per esempio, abbiamo avuto due installazioni, quindi, per far capire, bisogna appunto cercare dei posti adatti. Altrimenti dobbiamo ridurci a fare cosette da parete, stampe, cose che non fanno assolutamente parte del nostro stile. Infatti il Gruppo 78 cerca sempre di proporre iniziative nuove, per far conoscere e informare la gente dell’arte contemporanea; “nuovo” non per una smania di cambiamento, ma per informare, fin dove possibile, su ciò che accade oggi nel mondo per quanto riguarda l’arte contemporanea.

MPB: Un’ultima domanda, un po’ particolare forse. Che cosa direbbe lei a quelle persone, soprattutto a quei triestini, che (ricordo quando alla Lipanjepuntin si allestiva Longo o Corbin, sono intervenuti i vigili per “vigilare” le “oscenità” della mostra… patetico!) guardano all’arte contemporanea dicendo “cosa xe sta roba, per mi non xe Arte”, cosa direbbe appunto per invogliarli ad andare a vedere invece una mostra di arte contemporanea, per convincerli, appunto che si tratta di materia interessante, invece, e degna di nota?

Sophie di Marcella Bettineschi,  il nudo criticato della mostra Garden Fashion (2001)MC: Di togliersi possibilmente le cortine da davanti agli occhi. Anche per quanto riguarda ‘Shock & Show’ è comparsa una lettere sulle segnalazioni del nostro giornale locale, che esprimeva un certo dissenso nei confronti della mostra, anche se in modo non troppo maleducato, a cui non ha fatto seguito nulla. Che cosa dire a questi personaggi? Devo ammettere che si tratta di una caratteristica da un lato italiana, poiché c’è carenza di informazione, di cultura per quanto riguarda la contemporaneità, cosa che non capita, per fortuna, all’estero; dall’altro la peculiarità è anche triestina. Non è una novità quella di sapere che Trieste è una città senile, lo affermano le statistiche. Inoltre i triestini sono pieni di pregiudizi, è la cultura ristretta che innesca questa prevenzione nei confronti degli artisti. Mancanza di apertura mentale, infine, mancanza d’informazione su quello che accade oggi nell’Arte, ma anche in tutti gli altri campi, come la musica e il cinema. A questi signori io direi: “Cercate di venire, di vedere le mostre e soprattutto di ascoltare e di ascoltare bene quando qualcuno cerca di spiegare di che cosa tratta la materia artistica”. Mai chiusura… Noi siamo per l’apertura. Sperando che questi signori, compresi in una determinata fascia d’età, assistano alle mostre. Ricordo che persino l’anno scorso, in occasione della mostra “Garden Fashion” che mi sembrava la mostra più casta del mondo, qualcuno ha avuto da ridire su un nudo, una foto, come se la nostra televisione non mostrasse nulla che riguardi il nostro corpo spoglio. Chissà perché poi quella roba lì viene accettata. Se invece la stessa modella si ripresenta nuda in una galleria d’arte o in una mostra, allora gridano allo scandalo. Trovo che sia una caratteristica tipicamente locale. È una questione di chiusura mentale, ribadisco.

Nato nel ‘78 dagli interessi comuni di un gruppo di artisti ed intellettuali il GRUPPO 78 ha come obiettivo principale la promozione dell’arte contemporanea.
Ha lavorato su due versanti: quello della promozione di eventi d’arte (soprattutto mostre di giovani artisti) che è il fondamentale, e quello della promozione di una spettacolarità sperimentale, della performance, dell’espressione corporea, e della sua educazione tramite seminari.
Nel primo ambito il Gruppo 78 ha individuato e promosso nuovi artisti del territorio, oggi affermati, taluni sostenuti da gallerie di prestigio, realizzando innumerevoli mostre, in collaborazione con gli Enti locali o con privati. Dal 1986 al 1997 ha condotto il progetto “Minimi intenti” con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Muggia (adiacente a Trieste) portando in loco forze espressive nazionali ed internazionali, e favorendo gli scambi con i paesi limitrofi (specie Slovenia e Austria). Ha realizzato, tra l’altro, “Nero materico” (‘87), “Galaxia” (‘87), “Concertato femminile” (‘87), “London passim” (‘88), l’operazione “Arte Debole” (‘88/89), “The postdialectical Index” (‘91) con artisti italiani ed americani, “Achtung auf den Zug”, con 35 artisti italiani (‘95), “Immaginario altro” (‘96). Nello stesso ‘96 inizia il ciclo internazionale di “Natura Naturans, la prima volta con 81 artisti di 10 paesi diversi, poi seguono “Realfiction’, “Transformation”, “Work in progress” (che coincide col ventennale del Gruppo e vede la realizzazione di una grande mostra celebrativa dell’evento e relativo catalogo col regesto dell’intera attività). Tutte le mostre sono corredate di cataloghi internazionali.
Sul versante della nuova spettacolarità sono da ricordare gli eventi di “Teatro-danza”, la versione danzata in prima assoluta dell’Arlecchino di Stockhausen, lo straordinario spettacolo multimediale “Painting the music and dance” (‘92) con l’artista americana Jean Edelstein.
Fonte:
www.gruppo78.it

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