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Musica

Ivan Cattaneo: il difetto di essere creativi

Avete mai pensato ad Ivan Cattaneo versione faraone? Se volete pensarci meglio andate a teatro a vedere “Joseph e la strabiliante tunica dei sogni in technicolor”: l’enfant terrible della musica italiana è tornato, e stavolta fa l’attore.
È con grande piacere che salutiamo il ritorno sulle scene di un autentico outsider italiano, un personaggio coraggioso ed intelligente che ha forse più dato che ricevuto, aprendo per primo con audacia alcune porte che sembravano invalicabili.
Quasi cinquant’anni (invisibili!), bergamasco di nascita e milanese d’adozione, una inesauribile vena artistica da profondere a piene mani, Ivan Cattaneo ha conosciuto il grande successo popolare soprattutto attraverso una fortunata trilogia di dischi-revival.

Era il 1981 quando uscì un gioiello chiamato “2060 Italian Graffiati”, irriverente e geniale rilettura di molti classici targati Anni Sessanta, da “Una zebra a pois” al “Ballo del mattone”, da “Sei diventata nera” a “Ragazzo di Strada”.
I grandi interpreti di quell’epoca (Mina, Rita Pavone, Edoardo Vianello)venivano omaggiati da Cattaneo in modo nuovo ed “originale”, i loro brani quasi divenendo “altri” brani. Nelle interviste dell’epoca Ivan con il solito spirito caustico affermava di aver sempre preferito Rita Pavone ai Beatles, da lui considerati “troppo esotici”.
L’operazione “post-nostalgia” (concepita gomito a gomito con un produttore sensibile ed attento quale è Roberto Colombo), proseguì poi nel 1983 con “Bandiera Gialla” ed infine nel 1986 con il sottovalutato “Vietato ai minori”.
Tutto bene e tutto così semplice, quindi? Niente affatto, perché la storia artistica ed umana di Cattaneo parte da molto più lontano, dalle iniziali esperienze londinesi come grafico, dai primi contatti con il mondo musicale anglosassone, quando riuscì ad avere rapporti di collaborazione persino con il Gay Liberation Front. Tornato in Italia, Ivan prende a muoversi in tutti i campi a lui congeniali.

La scena è quella ingarbugliata ma vitale della Milano nella seconda metà degli Anni Settanta: anni incandescenti da un punto di vista sociale e politico, come sappiamo, ma pure gli anni dei primi fermenti punk e new-wave, e della nascita delle radio private (1975), quando Eugenio Finardi chiosava: “Una radio libera, ma libera veramente”…

Nell’epoca dei concerti al Parco Lambro e dei Festival di Re Nudo, Ivan prova a scavarsi una propria nicchia con un repertorio audace e variegato , nonché fortemente sperimentale.
Dichiaratamente omosessuale, dotato di uno sbalorditivo controllo dei mezzi vocali e di una altrettanto sbalorditiva sagacia verbale, Ivan viene incoraggiato dal discografico Nanni Ricordi, che lo recluta per una sua etichetta indipendente, la “Ultima Spiaggia”, ove confluivano i talenti meno legati ad un discorso commerciale.

Il primo album, “UOAEI” (1975), rivelò subito le costanti di una fisionomia artistica nuova e beffarda: vocalizzi in libertà, testi-collage dove interagiscono Porfirio Rubirosa e James Dean, Tristan Tzara e Marylin Monroe, Che Guevara e i padri del futurismo e del dadaismo.
Il colpo di grazia lo determina la geometria verbale (oseremmo definirlo “bric à brac linguistico”) di cui il fantasioso bergamasco si ergeva a paladino: una vorticosa girandola di giochi linguistici, citazioni e sberleffi, ironie al vetriolo condite con un gusto ribelle, alieno dalla cultura italica del “spaghetti e mandolino” e del “cuore fa rima con amore”.

I lavori successivi, come “Primo, secondo e frutta Ivan compreso” (1977) e “SuperIvan” (1979), non fanno che confermare lo spirito anarcoide di un grande artista, un uomo-bambino infantilmente innamorato di tutte le forme dell’espressione artistica. Era difficile, se non impossibile, in quel periodo, proporre un discorso multimediale così strettamente legato alla diversità (sia personale che artistica) senza aspettarsi prese di posizione e bastoni tra le ruote.

Il travestitismo, la metamorfosi, l’uscita volontaria dalle corsie del consueto, rappresentavano pericolosissime linee di condotta in un’Italia che di canali televisivi ne aveva ancora soltanto due, ed entrambi “di stato”.
Non a caso la prima apparizione in tv di Cattaneo avvenne nel corso di un programma scandaloso e controcorrente come “L’Altra Domenica”, all’interno di un dissacrante siparietto condotto da un giovanissimo Roberto Benigni (“Televacca”): era chiaro che né Pippo Baudo né Corrado Mantoni l’avrebbero invitato nei loro salotti.
Con il suo ciuffo punk, l’ambiguità non certo sorniona alla Renato Zero, ed un repertorio comunque spigoloso che strizzava l’occhio ad artisti quali David Bowie o Gary Glitter, Ivan si autoproclamava artista di rottura, al pari di altri cani sciolti come Alberto Fortis, Ivan Graziani, Fausto Rossi , Rino Gaetano.
Altrettanto travagliate furono le prime apparizioni “live”, sia nelle discoteche alla moda di Milano, Firenze e Roma, sia negli spazi aperti, frequenti in un periodo nel quale si proclamava la necessità dei “concerti gratis”.
Il clima ostentatamente “di apertura” strillato da certi ambienti democratici si dimostrò inesistente: Cattaneo venne fischiato sia da destra che da sinistra, a volte pesantemente insultato, solo perché non si capiva che “animale da palcoscenico” fosse.
Di contro, va anche detto che quasi subito Ivan si creò un suo manipolo di coloratissimi ed irriducibili discepoli, che in breve divennero uno “zoccolo duro” e poi un vero e proprio fan club.

Le sue prime, divertenti canzoni (“L’elefante capovolto”, “La segretaria ha colpito ancora”, “Darling”, “Boys and boys”) costruite secondo una tecnica linguistica che si apparenta all’ideologia del “collage”, sembravano privilegiare il disimpegno.

In realtà, esisteva già in nuce una poetica ben precisa, che prendeva di mira la società dei consumi ed i suoi eccessi, gli inglesismi ad ogni piè sospinto anche dove non servirebbe, l’assurdità di un mondo sociale che ingigantisce tutto.
Roberto D’Agostino (testimone dei primi passi professionali di Cattaneo , ai tempi collaboratore di alcune riviste rock “barricadere” quali “Rockstar”, “Popster”, “Mucchio Selvaggio”), lo definì mirabilmente un “Alberto Arbasino del rock”, cioè un fustigatore dei costumi attraverso la sottile arma dell’ironia.

Attentissimo alla veste grafica dei suoi lavori, Ivan si affidò spesso ad un maestro dell’immagine quale Mario Convertino, prematuramente scomparso.

Non a caso, oggi i primi dischi di Cattaneo hanno raggiunto quotazioni vertiginose sul mercato del collezionismo vinilico, anche per la preziosità e il fascino di certe scelte iconografiche. Non succede spesso che un artista conservi “da autore” lo spirito entusiasta e onnivoro del “fruitore”: con Ivan è sempre successo, dai tempi in cui si proclamava fans di Julie Driscoll fino a quando riuscì a coinvolgere per un proprio album la Premiata Forneria Marconi (o PFM che dir si voglia). Poco più avanti ci fu il caso di una canzone come “Polisex”, in cui tanti alternativi si riconobbero, e che divenne una sorta di manifesto programmatico.

Carlo Massarini capì questo talento molto prima di tanti altri, e gli permise di gestirsi un proprio spazio all’interno del programma “Mister Fantasy”, che ospitava artisti in odore di postmoderno come i Matia Bazar ed i Krisma.

La scia del successo lo porto poi persino al grande varietà estivo del sabato sera (“Sotto le stelle”), mentre fattiva ed interessante fu la collaborazione con Red Ronnie per il programma “Bandiera Gialla” (1983), dove si proponeva anche come intervistatore, provando a dire la sua sui tanto descritti Anni Sessanta.

Abbiamo sfiorato l’argomento pittura non a caso, visto il delitto di lesa maestà che si commetterebbe additando Ivan Cattaneo quale “cantante”: artista multimediale a tutto tondo quando ancora questo termine non esisteva, Cattaneo ancora giovanissimo fu l’inventore di un’arte cognitiva che coinvolge tutti e cinque i sensi, la celeberrima TUVOG ART che è al centro anche degli odierni progetti artistici: la duplice personalità del musicista di Pianico lo ha infatti sempre portato a considerare la realtà più comune, da easy listening diciamo, usando un termine radiofonico, riservando poi per i palati più fini il Cattaneo delle mostre d’arte (ha firmato numerose retrospettive personali e ad altrettante ha presenziato, interessandosi anche da studioso alle nuove possibilità dell’arte multimediale).

L’autore di canzoni scacciapensieri quali “Quando tramonta il sol” o “Toro torero” si è infine sempre distinto per una sincera vera poetica al di fuori dei canoni, ancora più apprezzabile in una personalità salace come la sua.

Penso, in particolare, a piccole grandi scintille melodiche come “Baci e lacrime”, “Extramore”, “Odio e amore”, funzionali anche come serenate minimaliste, stavolta sì, di qualità straordinariamente “nostrana”.

La produzione discografica di Ivan si interrompe nel 1992 con “Il cuore è nudo e i pesci cantano”, un lavoro bello ed incompreso dove il Cattaneo “tradizionale” idealmente stringe la mano a quello più avanguardistico. Generoso ai limiti della ridondanza, forse anche stanco di essere continuamente e pervicacemente etichettato come l’alfiere del retrò, Ivan suggella il proprio canto del cigno con venti canzoni brevi e fulminanti come ai vecchi tempi.

Il Cuore è Nudo... e i Pesci Cantano!Essendo passata tanta acqua sotto i ponti, c’è ora nel suo cuore e nella sua mente uno smalto di filosofia orientale in più, e nel singolo apripista “Atomi” declama: “Ti chiedi mai perché stai vivendo?”
Si sentiva la sua mancanza, e non è mera retorica, perché tanta sensibilità artistica male è stata ripagata dal meccanismo mostruoso e stritolante della discografia italiana (e non), ormai sempre più appannaggio delle multinazionali.

Ero a Senigallia in vacanza nel 1982, ragazzino davvero, e in famiglia qualcuno mi regalò “Ivan il terribile”: quattordici tracce stavolta senza ombra di revival, un continuo gioco di allusioni e citazioni, un paio di episodi da cabaret proibito (“Italian slip” e “Idolo biondo”), frequenti riferimenti al mondo del cinema, un pizzico di poesia ed una sonora gomitata nello stomaco ai burocrati delle case discografiche italiane (“Bassa quota”).
Qualcuno avvezzo da miopia congenita continuava a parlarmene come dell’inventore dello scandaloso look di Anna Oxa a Sanremo 1978, ma io sapevo che sotto la scorza delle apparenze c’era molto di più.
In poco tempo, anche grazie allo straordinario apparato iconografico che correlava l’album sopracitato, entrai nel mondo e nella filosofia di un funambolo delle scene innamorato dei delfini, degli estremi, dell’amore in tutte le sue forme.
Altri commensali mi parvero a lui affini, quindi degni di stare alla sua tavola: Alberto Camerini, i Krisma, i Matia Bazar dei tempi di “Vacanze Romane” ed “Aristocratica”.
Umanamente parlando, Ivan mi è sempre piaciuto per l’estrema coerenza delle sue scelte, per il coraggio sincero, per il bel rapporto con il suo pubblico in un microcosmo di artisti che artisti lo sono solo sulla carta o nelle speranze di qualche loro discografico.

Adesso, ed è giustissimo rilevarlo, questo ritorno sulle scene teatrali (dopo alcune esperienze giovanili al fianco di maestri del teatro di ricerca quali Memè Perlini e Carmelo Bene).
Nel coloratissimo e frenetico musical della fucina Webber-Rice, Cattaneo è uno spassoso faraone a tempo di rock: un cameo di pochi minuti, che non ha mancato di emozionare il pubblico e di suscitare calorosi applausi.

Vale un capitolo a parte, nella storia di Ivan, il controverso e sofferto rapporto con il milieu discografico, cui pure già accennammo.
Più o meno dopo il successo, inaspettato a quei livelli (mezzo milione di copie vendute nel giro di tre mesi) di “2060 Italian Graffiati”, Cattaneo inizia a sentirsi usato, stritolato quasi dal meccanismo del music business.

Insistono per spremerlo come un “limone del recupero Anni Sessanta”, ed anche un bellissimo lavoro inedito quale “Ivan il terribile” viene accettato con scetticismo dai discografici, solo perché “nuovo” e non legato alle “rotonde sul mare”.
La crisi esistenziale è datata 1983, proprio quando Cattaneo è impegnato a Rimini per lo spettacolo di Italia 1 “Bandiera Gialla”, e l’importante impresario Bibi Ballandi lo recluta come direttore artistico del rinato, medesimo locale.
Cattaneo, a suo stesso dire “animale sociale” per eccellenza, amante delle occasioni mondane e delle belle feste con tanta gente con la quale interagire, rimane chiuso in camera quasi tutto il tempo, ad assorbire le filosofie orientali del maestro Osho Rajneesh.

 Questo cammino di spiritualità, questa ricerca di sensibilità e di purezza, sono già palesi segnali che l’artista sta “cedendo”, talmente poco incline al ruolo di rockstar da rifiutarne presto le assurde istanze.
Il culmine di questa crisi si verifica nel 1986, quando vede rifiutato un suo nuovo album di inediti, costruito con la consueta dedizione assieme al vecchio compagno d’avventure di sempre, Roberto Colombo.

Costretto a ripiegare sul terzo capitolo “revival” (“Vietato ai minori”); Ivan annuncia ai suoi discografici la volontà di firmare una liberatoria che lo sganci da qualsivoglia vincolo contrattuale, anche a costo di pagare una penale.

Una scelta dolorosa ma indispensabile, su cui Ivan non è mai più tornato indietro (l’album del 1992 è infatti un lavoro in buona parte autogestito).

Nonostante un singolo uscito nel 1995 (“Love is love”), l’attività discografica di Ivan Cattaneo è tuttora ferma, mentre sempre più spazio egli ha dedicato all’approfondimento della multimedialità, filtrata naturalmente attraverso la sua sensibilità tutta particolare.

100 Gioconde HaikuIl progetto più importante, a questo riguardo, vede la luce nel 1989, quando Ivan firma la sua prima grande mostra, “100 Gioconde Haiku”, dal forte significato sia pittorico che simbolico: cento grandi tele 100 per 120 con tecnica mista (occhi e bocche appiccicati sopra), accompagnata anche da due installazioni su pedana rotante.
Tutte e cento le opere pittoriche vengono proiettate sopra una montagna bianca girevole, che suscita una sensazione di vento.
In questo poetico e luminoso progetto vi è tutta la filosofia esistenziale di Cattaneo, che ansioso di farsi capire nel 1999 dichiara: “I miei quadri appartengono ad una nuova corrente artistica che si chiamerà Planet I, e che non mi dilungo qui a spiegare perché sarà una sorpresa.
Avrei potuto chiamarla anche Life Art o Total Art… rappresenta l’intenzione, il sogno, il desiderio di poter fare della propria vita una stupenda opera d’arte”.
Il progetto “100 Gioconde Haiku” gira l’Italia delle gallerie d’arte e piomba persino ad Avignone, dove viene particolarmente apprezzata la capacità di Ivan di giocare con le forme ed i colori, calando tutta la propria liricità in una cornice surreale ed immaginifica.
Più recenti sono le mostre di quadri ed un work in progress iniziato nel 1994 che dovrebbe finalmente sfociare anche in un nuovo lavoro discografico.Altrettanto degne di rilievo sono le nuove avventure multimediali di Ivan, spesso e volentieri “percorsi incrociati” che stanno a metà tra la riproposizione del vecchio repertorio cantautorale e l’attività teatrale, scenica nel senso più ampio.
Appartiene a questa volontà artistica “Archeologie Moderne”, una sorta di spettacolo musicale ed extramusicale che riassume quarant’anni di vita culturale, passando dagli Anni Sessanta alle nuove interpretazioni sonore Post- Duemila.
Lo spettacolo, ospitato al “Village” di Roma, ottiene un successo pressochè unanime,ed è considerato una sorta di “gemello pop” dell’altro evento multimediale che Cattaneo sta portando in giro per l’Italia, “Se dico seduco?”,che ha avuto una trionfale “prima” al “Locale” di Roma ed adesso è itinerante attraverso le gallerie d’arte e le chiese.
A proposito di luoghi “sacri” o comunque non precipuamente deputati agli eventi artistici, vale la pena di ricordare anche il Recital- Laboratorio tenuto da Cattaneo a Milano (Chiesa di Santa Eufemia) dove la frattura morale vissuta dall’artista nei confronti della musica di mera imposizione commerciale è più che evidente: la serata inizia difatti con una “Kyrie Eley Song”, scintilla sintomatica di un percorso umano né occidentale né orientale, ma ageografico e neofita.
La considerazione a posteriori è questa: se esistono (e con buon successo) artisti come i Subsonica, i BluVertigo ed altri che sicuramente arriveranno, il merito è anche di precursori coraggiosi quali Ivan Cattaneo, che hanno segnato il cammino per le generazioni future, spendendosi con non comune disponibilità.
Qualcuno collegherà ancora il nome di Ivan al look di Anna Oxa durante Sanremo 1978 (ebbene sì, fu lui a inventarsi quei guanti forati che fecero versare fiumi d’inchiostro ai giornali senza fantasia), io preferisco riportare le illuminanti righe di un ignoto cronista, che sul retro di copertina di un’antologia dedicata a Cattaneo, ne delinea con “mirabile dictu” la fisionomia: “Nella sua proposta musical-cibernetica Cattaneo non ha argomenti prefissati, ama investigare con gioia ed irriverenza tra le pieghe della vita.
Ma è in generale tutto ciò che viene considerato “super” ad essere il suo bersaglio preferito: il super-machismo, il super-attivismo…
Per questo motivo si può tranquillamente affermare che tra suoni sintetizzati e parole scomposte il nucleo di Cattaneo è di un grande romanticismo (naturalmente al passo con i tempi): l’aspirazione finale è quella di arrivare al nocciolo dei sentimenti e dell’Essere Umano.

Ecco allora che su tutte le canzoni spicca “Polisex”: dichiarazione d’amore totale, un sassofono scatenato, un’atmosfera da notte d’amore vissuta in un grattacielo di cristallo…”
Rivedendolo a teatro, completamente a suo agio nei variopinti panni del Faraone, ho riflettuto sulla statura di un artista come Ivan Cattaneo: in un mondo quasi ormai completamente lobotomizzato e bombardato da un cumulo di immagini sul Niente, è bene ringraziare chi artista lo è davvero, sopra e sotto il palcoscenico… Bentornato Ivan, gli immuni dallo Stupidario Catodico sono tutti con te!

Il materiale iconografico dell’articolo è contenuto nel sito http://www.ivancattaneo.it è protetto da copyright. Per un eventuale utilizzo, anche parziale, delle immagini o dei testi, è necessaria la preventiva autorizzazione

Nato a Pianico (Bergamo) nel 1953, Ivan Cattaneo è conosciuto dal grande pubblico essenzialmente per una vincente trilogia di dischi dedicati al revival Anni Sessanta: “2060 Italian Graffiati (1981), “Bandiera Gialla”(1983) e “Vietato ai minori (1986). L’intelligenza di questa operazione “recupero” ed alcune fortunate apparizioni televisive contribuirono a lanciarlo come un personaggio trasgressivo e di talento, esperto di multimedialità e di contaminazioni video -sonore.
Grafico, pittore ed artista nel senso più ampio della parola, Cattaneo debuttò nel 1975 con un lavoro (“Uoaei”), di cui si parlò molto nell’ambiente italiano per il suo forte carattere sperimentale.
Seguirono “Primo, secondo e frutta Ivan compreso”(1977) e “SuperIvan”(1979), più accessibili e linguisticamente innovativi, nonché gustosamente dissacranti .
Bisogna però aspettare il 1980 e l’uscita dell’album “Urlo” per la notorietà vera. Quell’album conteneva una canzone, “Polisex”, che divenne una sorta di manifesto programmatico del suo autore in primis, e poi di tutta una generazione di alternativi.
Dopo la fase artistica dedicata agli Anni Sessanta (una sorta di sbalorditiva rilettura new- wave di classici apparentemente intoccabili come “Saint – Tropez Twist” o “Abbronzatissima”), Cattaneo tornò al repertorio originale con “Ivan il terribile”(1982).
Dopo un singolare apparentamento alla “dance” ed alla canzone commerciale tout court (“Quando tramonta il sol”,1984 e ” Dancing number”, 1985) ; Cattaneo entra in rotta di collisione con l’industria discografica e consegna alle stampe solo nel 1992 quello che rimane il suo ultimo album, “Il cuore è nudo e i pesci cantano” (venti canzoni che ripropongono le atmosfere degli esordi).
Mentre prosegue la sua inedita carriera come attore (“Joseph e la strabiliante tunica dei sogni”) Ivan Cattaneo non dimentica la sua proficua attività di performer “postmoderno”, attraverso spettacoli autogestiti che uniscono istanze artistiche diverse.
Ivan Cattaneo, inventore di una vera e propria filosofia cognitiva (la TUVOG ART), vive e lavora tra Milano e Bergamo.


Leggi l’intervista di Riccardo Visintin a Ivan Cattaneo

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