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Musica

Wallace Records

One Man Label

ANATROFOBIA — L e c o s e n o n p a r l a n oWallace Records: una piccola casa di produzione discografica indipendente milanese; una realtà antagonista e alternativa al mondo major discografiche-MTV-pattume radiofonico; l’ennesima piccola e coraggiosa etichetta che investe tempo, denaro e impegno nella promozione e la realizzazione di dischi e concerti; serbatoio di musiche insolite, sperimentali, al margine, con una riconoscibile tendenza alle sonorità “lo-fi”, all’inserto elettronico, all’improvvisazione strumentale e rumoristica; punto d’appoggio e occasione di visibilità per musicisti che fondono e rielaborano in varie formule jazz, pop, blues e rock di varia natura.
La Wallace è stata creata ed è gestita da una sola persona, Mirko Spino, un ragazzo con l’hobby di produrre e fare girare musica indipendente, a condizione che si tratti di complessi di cui apprezza lo stile musicale e nei quali riconosca un atteggiamento di passione pura e spontanea per la loro arte.

Il catalogo di dischi Wallace è caratterizzato da una certa varietà e da miscugli di generi: si va dal rock’n’roll aggressivo e compatto, a tratti blueseggiante, dei One Dimensional Man, al delirio jazzoso e psichedelico degli Anatrofobia, dal noise sporco e dissonante degli americani Oxbow, agli ipnotici esperimenti elettronico-strumentali dei Tasaday, fino al rock (?) dei R.U.N.I, robotico, ritmato, a tratti imprevedibile (in certe parti mi ricordano i Devo). All’interno di questa variopinta scuderia è secondo me doveroso segnalare i romani Zu, creatori di un lisergico ed energico jazzcore, che hanno suonato anche in Europa e negli Stati Uniti, affiancando band del calibro dei NomeansNo e dei Fantomas.
Spesso si tratta di musica originale, che spiazza e sfugge ad ogni definizione precisa, magari non immediatamente digeribile, ma con il particolare pregio di potersi rivelare diversa ad ogni ascolto.
Ecco le risposte di Mirko Spino alle domande riguardo la sua “one man label”.

MADRIGALI MAGRI — MalacarneGiuliano Cottone (GC): Qual è la missione, l’idea che sta alla base della Wallacerecords?

Mirko Spino (MS): Oddio… Missione è un po’ troppo…

In realtà l’etichetta nasce perché mi sentivo di fare qualcosa affinché si potessero realizzare dischi e quindi diffondere musiche di cui sono sempre stato e sono un appassionato fruitore. È un po’ come una comune: qualcuno fa le musiche ed io, nel momento in cui ne ho la possibilità, faccio qualcosa di mio per aiutarli, sfruttando il fatto che sono un persona abbastanza organizzata e razionale nel lavorare. È un idea non certo innovativa e rivoluzionaria, ma nemmeno tanto diffusa, specialmente in Italia.

GC: Da quanto tempo esiste la tua etichetta? Dicci quanti dischi hai prodotto dall’inizio di questa tua attività.

MS: Esiste da metà ’99, tre anni e mezzo quindi. La “densità” di produzione è piuttosto alta fino ad oggi, una trentina di dischi ed un’altra decina in cantiere. Comunque non ho un piano di uscite da rispettare: tutt’altro, spero che arrivi presto il momento in cui la mia necessità di riposo sia superiore alla smania di lavorare su un nuovo disco che mi piace. Scherzi a parte: se un disco mi piace, il gruppo mi piace, ed ho i soldi ed il tempo per farlo, continuo a buttarmi nell’impresa esattamente come con il primo che ho fatto.

GC: Le confezioni dei “tuoi” cd sono realizzate da te: tra quelle che ho potuto vedere io, molte hanno grafiche particolari ed elaborate, oltre ad essere varie per forma e materiale. Pensi che il packaging di un prodotto discografico abbia un ruolo rilevante nell’invogliare all’acquisto e nell’influenzare l’approccio dell’ascoltatore?

ZU — IgneoMS: Spero che il packaging non sia determinante per apprezzare o disprezzare la musica contenuta: la musica si ascolta e si vive solo di orecchie, cuore e cervello, non di occhi. La confezione è determinante invece per il disco, che è un oggetto, ed in quanto tale può essere bello o brutto. Siccome io produco dischi, ci tengo che siano belli, che l’acquirente abbia il piacere di averlo in mano e di sfogliarlo ancora prima di ascoltarlo. È un discorso da feticista, che ha poco a che fare con la musica, ma molto con i dischi.

GC: Nella pagina di wallacerecords.com dedicata ai contatti si legge una serie di avvertimenti a chiunque volesse spedirti un demo, il primo dei quali è: “La Wallace non è un’etichetta di professione, non fa contratti, non fa investimenti e tutte quelle cose usuali da casa discografica”. In cosa consistono dunque la tua idea e la tua attività di produzione, anche a livello economico? Ti occupi di far stampare i cd, della burocrazia Siae, di trovare contatti per suonare e spazi per pubblicizzare dischi ed esibizioni live? Arrivi anche a farti carico delle spese di registrazione di un album?

MS: Attualmente, e forse mai, non c’è modo che dischi di musiche di confine come quelli che produco io possano avere un riscontro di pubblico tale da ripagare le spese di registrazione, stampa etc… a meno che si seguano logiche di mercato perfettamente istituzionalizzate come comprare pubblicità e spazi sui media, il che dà automaticamente diritto a belle recensioni e a interviste. Quindi servono soldi che né io né i gruppi abbiamo voglia di “gettare” in questioni così futili e poco inerenti alla musica. Pagare le spese di registrazione per me vorrebbe dire non potermi permettere di produrre più di un paio di dischi all’anno, e mi dispiacerebbe non poco.
Questo discorso i gruppi che lavorano con me lo capiscono e condividono perfettamente: se ho due lire in più è meglio metterli in una confezione più costosa, se ne ho quattro in più mi è capitato di contribuire in una piccola parte alle loro spese di registrazione.

GC: Riesci sempre a coprire le spese che affronti?

BUGO — ne vale la pena?MS: Quasi mai, solo in due casi penso di aver guadagnato qualcosa, ma si tratta proprio di noccioline. Nella gran parte dei casi perdo soldi, in alcuni casi anche molti. Ho smesso comunque di tenere i conti precisi, non mi interessa granché… finché ho soldi stampo dischi, quando li finisco mi fermo. Non vorrei comunque far sembrare che mi pianga addosso: ognuno ha i suoi hobby: i musicisti comprano chitarre, ampli, batterie e spendono soldi che difficilmente vedono inditero con i concerti: sono hobby, ed in quanto tali hanno il loro prezzo.

GC: Escludendo i gruppi su Wallace, quali sono i tuoi gusti musicali, anche a grandi linee? Dicci qualche formazione o qualche album che ha segnato in modo fondamentale il tuo percorso di ascolto musicale.

MS: Sono fondamentalmente un punkrocker. E quindi di questa cultura ne ho seguito pari pari l’evolversi (anche se in differita, per questi anagrafiche) nel postpunk e le culture derivanti (noise di scuola Amrep, rumorismo newyorkese, postrock di Chicago etc…). Il disco che mi ha smosso il culo nel comprare dischi è stato “Nevermind” dei Nirvana, quello definitivo è “At Action Park” degli Shellac, del cui chitarrista sono cultore e fan a livelli adolescenziali (compresa la fotografia in camera da letto). Negli ultimi anni mi sono dato anche ad ascolti di elettronica e sperimentazione, ma ne ho trovato giovamento sempre e solo quando vi ho trovato dentro una matrice rock.
Ti faccio un po’ di nomi (quelli più famosi…) per avere qualche coordinata: Ramones, Black Flag, Minor Treath, Husker Du, Big Black, You Fantastic, Helmet, Pan Sonic, Mouse on Mars, Bobby Conn, Mr. Quintron, Tortoise, Slint, Brise Glace, Don Caballero, Jim O’ Rourke, Sonic Youth, Kyuss, To rococo Rot, Starfuckers, Trans Am, Gogogo Airheart, June of 44, Unsane, Him, Rex, Palace, Smog (ne mancano ancora un bel po’…).

R.U.N.I. — La zuccha polmonateGC: Da cosa deriva la tua decisione di non fare distribuzione e non vendere dischi non prodotti da te, al contrario di altre realtà indipendenti, dalle etichette alle piccole e piccolissime distribuzioni?

MS: Ci ho provato per un bel po’, ma alla fine devo fare i conti con alcune contingenze: la prima è che non riesco a vendere dischi di altri, ossia che non me li chiedono in mailorder e che nei pochi banchetti che faccio non me li compra nessuno anche quando ne parlo bene. La seconda è che il “magazzino” della Wallace è casa mia, e mi trovo sempre costretto ad incastri improbabili per farci stare io dischi. La terza è che mi sono stufato di tenere conti: 20 Euro a tizio per quattro dischi, 50 Euro a Caio per  dieci dischi etc… sono proprio stanco di queste cose.

GC: In occasione di concerti di gruppi su Wallace hai l’abitudine di portare con te degli album della band che suona e altre tue produzioni da vendere sul posto? Fai, cioè, uno di quei classici banchetti di dischi che si vedono spesso ai concerti indie o hardcore?

MS: Sempre quando riesco a vedere i miei gruppi suonare dal vivo, quindi a Milano oppure nelle rare occasioni in cui mi sono fatto un giro con loro: ho un lavoro durante la settimana e questo non mi permette di seguire i loro tour in Italia o (quando capita) all’estero…

GC: Indicaci qualche etichetta, italiana o estera, di cui apprezzi particolarmente la mentalità e la musica che “spinge”.

MS: Facilissimo: la Touch & Go prima di tutto. Adoro il suo catalogo e le persone che ci stanno intorno: secondo me è la più concreta e percorribile realizzazione di una struttura fortemente “CONTRO” sia nell’estetica che nell’etica. Non mi viene in mente niente più di “sinistra” della Touch & Go, e della Dischord. Un’altra etichetta a cui mi prostro è la Skin Graft. In Italia mi è sempre piaciuto il catalogo della Free Land, di Stereosupremo e di Bar la Muerte, buona parte di quello Beware ed ultimamente ho visto muoversi bene l’inizio di Raving, Iceforeveryone e Psychotica.

GC: So della tua passione per il vinile. Motivi estetici, pratici, nostalgia? Tra i dischi usciti per la Wallace ce n’è qualcun su questo supporto?

MS: Di certo non pratici, perché il vinile non è pratica, ma (sempre feticisticamente parlando) questa è parte del suo fascino. È sicuramente anche più “bello” come oggetto. Nostalgia men che meno dato che quando ho cominciato a comprare dischi da piccolo, seppur fossero quelli di Madonna, il CD era già bello che istituzionalizzato. Semplicemente il vinile suona meglio: un buon vinile a 180 grammi (non di quelli di carta velina fatti a metà anni ottanta dalle major per spingerti ad acquistare i CD) caga in testa a qualunque compact disc. Ho realizzato due album in 12″ (Zu e One Dimensional Man) in 220 grammi. Due singoli 7″ (Tasaday e Old Time Relijun) con copertine speciali e in edizione limitata a 70 grammi, ed un 10″ picture disc in 200 copie. Il problema è che il vinile costa troppo da far stampare e non se lo compra nessuno.

GC: Farai uscire tra poco un filmato in VHS, firmato da Andrea Caccia e intitolato “18 days around Arrington De Dionyso Quartet”. Di che si tratta? È un’eccezione o c’è l’intenzione di allargare gli orizzonti dell’etichetta anche all’audiovisivo?

MS: La VHS è già uscita, è un film-documentario vero e proprio, realizzato in uno studio professionale ed un lavoro bellissimo, anche perché Andrea Caccia è un regista talentuoso e con un gran gusto. In teoria potrebbe essere un’eccezione, in verità hai indovinato: c’è la ferma intenzione di allargare l’attività della Wallace ad arti che apprezzo ma soprattutto a persone di cui apprezzo l’arte e l’attitudine nei confronti di essa. Penso di essere molto più affine a chi affronta i propri lavori i maniera assolutamente indipendente, libera e “pura” piuttosto che con musicisti ed etichette che si destreggiano nel mercato musicale con ambizioni di visibilità e successo.

ANDREA CACCIA — 18 days around Arrington De Dionyso Quartet — film By Andrea CacciaGC: Per concludere, dacci qualche anticipazione sulle prossime uscite Wallace.

MS: Sto preparando in questi giorni il prossimo album dei R.U.N.I. che non finirò mai di osannare tant’è bello, poi il nuovo di Jasminshock e di Dogon, poi un “CDart” della pittrice Maria Mesch, il Kaspar Project dei Tasaday ( vi rimando al sito per saperne di più, è una bella idea), la serie PO BOX 52, basata su musiche delle migliori band che mi hanno spedito i loro demo, un progetto di Xabier Iriondo (di A Short Apnea) con Marco Tagliola (si chiama 2partiMOLLItremolanti), Poi un mini dei Madrigali Magri e A Gorgeous Apnea (che sono a Short Apnea con Gorge Trio). Insomma… di lavoro ce n’è…

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