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Musica

Void of Silence

Antitesi, conflitto, contraddizione

Di recente è uscito “Human Antithesis”, l’ultimo album dei Void of Silence. Si tratta di uno dei progetti più oltranzisti e allo stesso tempo innovativi della code666. Difficilmente si trovano gruppi capaci di mettere tanta carne al fuoco senza risultare disomogenei o pretenziosi. Insieme ad Ivan Zara (chitarra e basso) ho provato ad addentrarmi nel loro mondo, specie in quella parte che a mio avviso contribuisce a dare spessore e fascino al loro terzo disco: il campionamento, usato come veicolo della “memoria” e del riferimento storico.

Immagine articolo Fucine MuteFabrizio Garau (FG): La formazione dei Void of Silence è cambiata: com’è stato per te e Riccardo collaborare con Alan?

Ivan Zara (IZ): Dopo aver finito la collaborazione con il precedente singer abbiamo avuto la necessità di sostituirlo con un cantante che non fosse un suo clone, ma che avesse un suo stile proprio. Solamente dopo aver ascoltato moltissime proposte la nostra scelta è ricaduta su Alan, che si è subito integrato alla perfezione con il nostro mood, rivelandosi poi durante le session di registrazione un ragazzo molto serio e professionale.

FG: Se dovessi elogiare “Human Antithesis”, non scriverei che è un incrocio tra, per esempio, Esoteric e Cold Meat Industry. Affermerei semplicemente che è un disco dei Void of Silence: secondo te, a che punto siete arrivati con la vostra contaminazione musicale?

IZ: “Human Antithesis” non è altro che il frutto della nostra naturale evoluzione artistica, dove da sempre il Doom più decadente è contaminato dall’Ambient industriale e viceversa, un naturale incrocio tra generi musicali apparentemente differenti, ma che rappresentano totalmente la quintessenza del Void of Silence sound. Nonostante ciò non credo che la nostra musica si possa accostare a questo o a quel genere musicale, vedo più VoS come una identità a se, un qualcosa che certamente include i generi di cui sopra, ma che incorporandoli e manipolandoli danno origine a ciò che puoi ascoltare su un nostro lavoro.

FG: Al di là del riconoscimento della personalità che hanno i Void of Silence, mi piacerebbe che mi raccontassi un po’ quali “ascolti” vi hanno colpito e ispirato quando ancora non suonavate insieme, quali — per così dire — hanno diffuso il bacillo che ha dato inizio alla contaminazione?

IZ: Prima di tutto voglio ringraziarti dei complimenti, tornando alla domanda per quanto mi riguarda posso dirti che i lavori incisi dai Pink Floyd nel periodo tra gli anni 70 e la prima metà degli anni ‘80, e da me “scoperti” durante la mia adolescenza, hanno segnato profondamente il mio modo di vedere il mondo e di concepire musica, alienazione allo stato puro.

Void of Silence

FG: A proposito di “ascolti”: ti senti vicino sul piano della sensibilità a band come Monumentum e Canaan? In che modo?

IZ: I Canaan sono una delle band preferite da Riccardo, anche se siamo molto lontani come genere e soprattutto come concetto di fondo. Loro sono più dark, più malinconici, noi sicuramente più duri e pesanti, le nostre tematiche e le nostre atmosfere sono profondamente radicate nella cultura apocalittica. I Monumentum degli esordi forse si avvicinavano a noi in qualcosa, spesso la stampa ci accosta a loro, ma al giorno d’oggi si sono allontanati e di molto da quel tipo di sonorità.

FG: Una curiosità: laddove il punk ha bisogno di due minuti per bruciare la sua rabbia, i due generi che originano la musica dei Void of Silence sembrano richiedere tempi dilatati. Perché?

IZ: La nostra musica si “nutre” di immobilità, quella che può regnare in un paesaggio post-atomico. Quando iniziamo la composizione di un brano non sappiamo mai dove esso ci possa portare, ci troviamo ad andare avanti senza seguire schemi precisi, lasciamo semplicemente che l’idea di partenza muti, si sviluppi, ed è per questo che all’interno di un nostro brano puoi trovare differenti feelings. Come potrai immaginare è difficile che tutto ciò si svolga in un breve lasso di tempo.

FG: Da dove nasce la passione per l’Istituto Luce? Sembra quasi una sorta di “archivio” dei Void of Silence. Cosa rappresenta per te il periodo che quei filmati documentano?

IZ: La fine di tutto, il suicidio del mondo, morte decadenza distruzione, conflitto, tutto ciò che passa nelle nostre menti quando concepiamo i nostri lavori, un periodo storico da cui siamo molto attratti, a tal punto di sentire l’ esigenza di creare la giusta colonna sonora a tutta quella desolazione e l’Istituto Luce è per noi una fonte immensa di ispirazione e di documenti.

Immagine articolo Fucine Mute

FG: Sentire una parte del Guglielmo Tell rossiniano (la vecchia sigla della RAI, per rimanere nel campo dell’archeologia audiovisiva) in un pezzo che ne ha il significato opposto, mi ha spiazzato e colpito. Quell’assurdo (?) annuncio, se di annuncio si tratta, in apertura di “Human Antithesis” ottiene lo stesso effetto. è possibile parlare di gioco della decontestualizzazione (à la Throbbing Gristle)?

IZ: L’annuncio è un estratto di un comunicato mandato in onda da Radio Bari nel 1943 e diretto ai partigiani, undici messaggi speciali, in codice. Indubbiamente il conflitto è una peculiarità del nostro sound, ascoltando attentamente i nostri pezzi troverai molti di questi samples, ognuno dei quali descrive un qualcosa, sensazioni, visioni mentali. Ti posso solamente assicurare che niente in Void of Silence è usato a caso. L’estratto dal Guglielmo Tell è stato fortemente voluto da Riccardo, è un ricordo d’infanzia della madre, che nella giovinezza passata nel dopo-guerra ricordava una musica che di sera si diffondeva nell’aria dalle prime televisioni esistenti. Al tempo in un palazzo c’era una televisione e a Roma si usava che chi la possedesse, ospitava tutti i coinquilini per assistere a qualcosa di magico, un portento se si pensa a quello che pochi anni prima era accaduto. Se ascolti attentamente la canzone, noterai che inizia con una porta che si chiude lasciandosi alle spalle un conflitto, per riaprirsi alla fine, dopo il Guglielmo Tell, in un clima di assoluta pace, un’atmosfera quasi primaverile. La rinascita.

FG: è inevitabile poi chiederti dell’origine del testo dell’ultima traccia. Sembra che ci sia una mano esterna, anzitutto; e poi di quel paradosso (rispetto al significato evangelico) della “lode a San Pietro”.

IZ: Si tratta de “Il rinnegamento di San Pietro”, liberamente tratto dalla novella CXVIII dei “Fiori del Male” di Charles Baudelaire e ottimamente interpretato da uno special guest d’eccezione come Atratus, singer di Tronus Abyss, nostro amico e fratello. “Nonostante il sangue che questo piacere costa (le guerre, la violenza), i cieli non ne sono ancora sazi”: questa è l’antitesi, la contraddizione.

Ivan ZaraFG: Da un lato la più ferma irreligiosità, dall’altro momenti — come la terza traccia — più spirituali. Se mi guardo indietro, penso a “In the Torture Garden” dei Death in June o a molti progetti Cold Meat Industry (Raison d’être in primis), e mi rendo conto che è qualcosa che esiste “storicamente”: descriveresti il senso “estetico” che dai a questo gioco di contrasti, sempre se di questo si tratta?

IZ: Torniamo nuovamente ad una parola chiave come conflitto, penso personalmente che nel mondo non esistano soltanto il bianco ed il nero, sarebbe troppo facile in questo modo giudicare i “buoni” e i “cattivi”. Prendi me per esempio, mi reputo una persona “normalissima”, vivo un’esistenza “normalissima”, ma tutta questa normalità si va a far fottere quando si tratta per me di realizzare musica. Il mondo è fatto anche di sfumature di grigio.

FG: Molti musicisti vicini al vostro stile affermano che la loro musica è una sorta di sfogo. “Catarsi” è la parola dotta che ogni tanto salta fuori. Per voi è così? Come staresti se ti venisse impedito di suonare?

IZ: Male, molto male te lo assicuro, non ti nego che la nostra visione del mondo ci porta a usare la musica come un contenitore, dove canalizziamo tutto il nostro “Io”, le nostre paure la nostra voglia di trovare una via d’ uscita da tutto lo schifo che ci circonda; guardati intorno, non uno spiraglio di luce, utopie e ideali sepolti sotto la sabbia del tempo, tutto sacrificato in nome del “dio” denaro , del potere religioso ed economico. “This is where the dream ends where the soul of every man and woman is broken”.

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