// stai leggendo...

Fumetto

L’identità di Batman (III)

Chi è Robin

Immagine articolo Fucine MuteIl personaggio di Robin è uno dei più complessi all’interno della Saga batmaniana, non tanto per la sua psicologia, quanto per il difficile ruolo che egli svolge a fianco del Cavaliere Oscuro. Poiché il costume di Robin è stato indossato da ben tre persone, così come quello di Batman (che a causa delle vicende della Saga è appartenuto a Jean Paul Valley, alias Azrael, e a Dick Grayson, alias Nightwing), è necessario in primis ricostruirne la storia.

Il primo Robin è un ragazzino di tredici anni, si chiama Dick Grayson ed è figlio dei Flying Graysons, una coppia di trapezisti da circo. Fa la sua prima apparizione nel numero 38 di Detective Comics, dell’Aprile 1940. La copertina lo annuncia come “The Boy Wonder”, Il Ragazzo Meraviglia; il suo simbolo sarà la R, la stessa di Robin Hood, delle cui nobili intenzioni si fa portatore.
La sua vicenda è simile a quella di Bruce Wayne: davanti ai suoi occhi (e a quelli del miliardario, che casualmente si trovava al circo proprio quel giorno), i genitori vengono uccisi durante un loro numero acrobatico. Bruce Wayne capisce immediatamente chi è il mandante dell’assassinio: un boss malavitoso che controlla la polizia. Per proteggere Robin, che ha scoperto a sua volta l’identità dei killer, decide di portarlo a villa Wayne. Qui, probabilmente mosso da un profondo senso di identificazione, Batman rivela al giovane Grayson la propria vicenda personale; Dick gli chiede subito di prenderlo con sé, e i due stringono un’alleanza che durerà tutta la vita. Nei sei mesi seguenti, Bruce allena Robin, la cui prima impresa consisterà proprio nell’affiancare Batman per assicurare alla giustizia l’assassino dei propri genitori.
Per anni Robin rimane un ragazzino scherzoso, un po’ avventato ma coscienzioso, che affronta i cattivi accompagnando ogni pugno con terribili battute — fortunatamente passate di moda. Il suo costume è decisamene appariscente, per non dire ridicolo, con il corpetto rosso e la mantellina gialla, le scarpette da Robin Hood e una mascherina che a malapena può coprirne le occhiaie: Robin è un tipico frutto del fumetto anni ’40.
Come tale, era sempre stato un ragazzino fondamentalmente innocente ed entusiasta, ma questo carattere positivo e genuino mal si adattava al fumetto degli anni ’80 e ’90. Per comprenderne la ragione è necessario analizzare i mutamenti avvenuti nel mondo dei fumetti durante gli anni ’70.

Si è detto in un precedente articolo che i comics sono un prodotto commerciale, e che rispecchiano i problemi della società che li produce. Negli anni ’70 gli Stati Uniti attraversavano un periodo difficile della loro storia, forse il meno glorioso: ancora impantanati in Vietnam, nel pieno di una crisi petrolifera, scossi dal femminismo e dal nuovo rock, angosciati da un aumento della criminalità che appariva inarrestabile e non arginabile, spaventati dalla possibilità di una guerra atomica. I fumetti non potevano restare indifferenti a questa atmosfera oppressiva: dovevano in qualche modo interpretarla, magari proporre delle critiche, almeno far sì che i propri personaggi non sembrassero degli eroi immancabilmente invincibili in un mondo in cui ogni sicurezza sembrava franare.
Nel 1973 accadde l’impensabile: il Goblin uccise Gwen Stacy, la fidanzata dell’Uomo Ragno. L’evento, criticatissimo, fu rivoluzionario. Non solo un supereroe con superpoteri era stato sconfitto solennemente e nella dimensione più intima; non solo i fumetti avevano perso definitivamente la loro ingenuità; soprattutto, era stata introdotta la morte in un comic — la morte di un personaggio positivo. Fino ad allora solo i cattivi avevano potuto morire (si è visto come già nel primo episodio di Batman quest’ultimo avesse eliminato fisicamente l’avversario), mentre i buoni, in un modo o nell’altro, se la cavavano sempre. La morte di Gwen Stacy era doppiamente grave: era morto un buono ed era morto un innocente. L’evento più ingiusto, più incomprensibile, più frustrante che possa accadere a un essere umano aveva colpito un essere superumano. Da quel momento nessuna testata supereroistica avrebbe potuto evitare di tenerne conto.

Immagine articolo Fucine Mute

Spiderman è un personaggio della Marvel, casa da sempre attenta alle innovazioni. Il colosso rivale, la DC, avrebbe impiegato qualche anno per cogliere il cambiamento e comprendere appieno che le figure dei supereroi apparivano irreali e parossistiche in un mondo corrotto, teso e sconvolto dall’emersione del problema ecologico. I supereroi, insomma, pur con i loro superpoteri, dovevano diventare più reali, più concreti, più vicini alla gente. Dalla fine degli anni ’80 e per tutti gli anni ’90 le varie case produttrici di comics saranno impegnate in un’opera di rinnovamento o di vera e propria innovazione.
Il restyling di Batman, come ho già avuto modo di ricordare, fu affidato a Frank Miller (che applicò la stessa cura di estremo realismo anche a Daredevil, con ottimi risultati), che produsse “Anno Uno”. L’albo spinse a una rivisitazione di tutta la saga batmaniana, e presto se ne avvertirono gli influssi nella serie regolare. Le disgraziate avventure vissute da Robin furono però anteriori al 1988, anno di pubblicazione di “Year One”, e in questo senso si può dire che la testata batmaniana abbia cominciato il prorpio cammino di modernizzazione proprio attraverso il personaggio del Ragazzo Meraviglia.

Il primo Robin, infatti, deve scontare un pesante rito di iniziazione all’età adulta: Due Facce lo picchia in modo devastante. Il secondo Robin subisce un destino peggiore: viene ucciso dal Joker.
L’introduzione della morte nei fumetti, infatti, e l’evoluzione in senso realistico delle avventure resero possibile la rottura di un tabù: quello dell’invulnerabilità degli eroi. Se essi potevano essere feriti profondamente nell’animo (come l’Uomo Ragno, o il Superman di “Crisi nelle terre infinite”) e nella psiche (come Daredevil o Hulk), se la loro azione poteva rivelarsi drammatica nelle proprie conseguenze (come per gli X-Men, o per lo steso Batman, che non riesce a proteggere Dick Grayson), allora anche la loro fisicità poteva essere intaccata. A Batman sarebbe accaduto solo qualche anno più tardi, durante la Saga, quando Bane gli spezza la spina dorsale e lo rende paraplegico. Batman non era sacrificabile, senza di lui semplicemente la serie sarebbe terminata… ma Robin sì.
Attraverso il personaggio di Robin la serie regolare si volge definitivamente alla modernità, avvicinandosi ai problemi comuni della gente, ai drammi ordinari dell’esistenza quotidiana.

Immagine articolo Fucine MuteL’ultima avventura di Dick Grayson nei panni di Robin lo vede scontrarsi contro Due Facce. La situazione è impossibile: Dick non riesce a evitare la morte di un ostaggio, mette seriamente in pericolo la vita dello stesso Batman e viene picchiato in modo violentissimo da Due Facce sotto lo sguardo del Cavaliere Oscuro imprigionato. L’evento lo costringe a misurarsi con se stesso, a maturare. Quando successivamente il Joker lo ferisce quasi a morte, Batman decide che avere un partner è troppo pericoloso e lo dispensa dal suo ruolo. Da questa crisi nasce in Dick la consapevolezza di essere pronto per continuare da solo il proprio operato di giustiziere. Nightwing nasce in un’avventura dei Giovani Titani, cui Dick prende parte dopo essere improvvisamente cresciuto di trenta centimetri e una ventina di chili di muscoli. Nightwing risulta un eroe complessato dalla consapevolezza di non possedere né la stessa forza né lo stesso carisma di Batman, ma deciso a farsi valere. Nel 1996 conquisterà la propria serie regolare, che in Italia non avrà fortuna.

Dopo un periodo di attività in solitario, Batman incontra un teppistello senza casa e senza origini. Scaltro e audace, Batman decide di fare di lui il secondo Robin. Il ragazzo, però, si rivela presto incontenibile: inebriato dalle sue nuove capacità marziali, sprezzante del pericolo fino alla più pericolosa avventatezza, ferocemente vendicativo e incurante dell’autorità, probabilmente era quanto di più simile a un adolescente sia mai apparso nella rosa dei supereroi. In questo senso, sebbene fosse profondamente antipatico, spocchioso e irritabile (come la maggior parte dei ragazzi della sua età), rappresentava anche un esperimento in chiave iperrealistica non disdegnabile da parte della DC.
Il pubblico, tuttavia, non gradiva questa figura di rottura con i canoni tradizionali: quando la DC, attraverso un sondaggio telefonico, chiese ai suoi lettori se volevano che morisse in seguito alle ferite ricevute dal Joker, il risultato fu il pollice verso.
Bruce Wayne rimane profondamente scioccato dalla morte del suo pupillo e niente riuscirà mai a impedirgli di sentirsene responsabile. Per qualche tempo continuerà a immergersi nella notte da solo, ma poi le esigenze narrative gli affiancheranno un nuovo compagno.

La pubblicazione di “Year One” crea alcuni problemi nella continuity. Nella ricostruzione che viene proposta riguardo alla nascita di Robin, si fa capire che Batman lo prende con sé quando già indossava il manto da due anni. Tuttavia in Batman “Year Three”, miniserie pubblicata nel 1989, Dick Grayson si è già trasformato in Nightwing, e Jason Todd è già stato ucciso. Di fatto il terzo anno di attività di Batman è combattuto in solitario: le avventure che riguardano i precedenti Robin sembrano appartenere a un passato classico che, sebbene non possa essere materialmente cancellato, viene negato simbolicamente. In questo modo si apre lo spazio per un nuovo Robin, in assoluto più attuale e più tecnologico: Tim Drake.

A differenza dei suoi predecessori, Tim non è un raggazzo da salvare: è un comune adolescente, con una ragazza, Arianna, che lo fa diventare matto, una famiglia, la scuola e una passione sfegatata per Batman e Robin. Sarà proprio il suo intuito a permettergli di stabilire una connessione tra Bruce Wayne e Batman, tra Dick Grayson e Robin. Tim si conquista il titolo aiutando Batman e Nightwing in una situazione disperata e superando la diffidenza di Bruce. Il suo costume viene modificato e riceve un bastone come arma di combattimento. Si sposta su una macchina sportiva tutta rossa, ma non si monta mai la testa, nemmeno nelle situazioni più difficili. Durante la Saga, mostra molta più saggezza di Batman, sia perché gli ricorda che non può lottare fino allo sfinimento, sia perché contesta il lascito del costume da pipistrello a Jean Paul Valley. Si rivela sempre un giovane responsabile e avveduto, conscio dei propri limiti e assolutamente orientato al lavoro di squadra: il partner ideale.

La successione dei vari Robin dimostra inconfutabilmente un fatto importante: la maschera ha una vita propria. Non importa chi si nasconda dietro di essa, non è rilevante chi indossi il costume: è il costume stesso, in quanto simbolo, in quanto icona, a fare l’eroe. Ogni azione, ogni parola, ogni gesto saranno attribuiti al costume, non alla persona che lo indossa — a Robin, non a Dick, o Jason, o Tim. Non a caso il Joker si infuria quando vede un nuovo Robin: gli sembra impossibile, credeva di averlo ucciso. Non coglie il fatto che si può trattare di un’altra persona: il simbolo è più forte di chi lo incarna.

Perché un Robin

Immagine articolo Fucine MuteÈ possibile spiegare la necessità di un Robin secondo due punti di vista: uno interno al fumetto, uno esterno.
Seguendo il punto di vista interno, e analizzando dunque la psicologia dei personaggi, bisogna partire dalla considerazione che Bruce Wayne è un uomo profondamente solo e completamente avulso dalla normalità. Vive di notte, ha per famiglia un maggiordomo, fa a botte tutti i giorni ed è praticamente incapace di curare la propria sfera privata. Tutta la sua esistenza è assorbita da Batman: i suoi pensieri, le sue energie, il suo tempo. Risulta allora chiaro che egli ha due bisogni: un bisogno di compagnia e un bisogno di normalità. Può soddisfare entrambi costruendosi una famiglia: forse non ha la possibilità di tenere stretta a sé una donna, ma può educare un figlio.
Poco importa che la sua educazione consista basicamente in un addestramento: possiamo immaginare che, in quanto padre adottivo, si comporti anche come tale. Robin rappresenta allora un compagno d’avventure per Batman, e una famiglia per Bruce Wayne.
Fra l’altro è interessante menzionare come questo rapporto sia stato il bersaglio per critiche infondate. Negli anni ’50 lo psichiatra Fredric Wertham, con il suo saggio Seduction of the Innocent, riesca a portare l’atmosfera provocata dall’inizio della Guerra Fredda e dal maccartismo nel mondo dei fumetti. Egli sostenne infatti che i comic-book celassero un aspetto indubbiamente antieducativo, spingendo i giovani all’imitazione di comportamenti turpi e scellerati. Secondo la sua visione, per esempio, Batman e Robin dovevano avere una relazione omosessuale.
Le case editrici dell’epoca dovettero trovare il modo di rassicurare un’opinione pubblica ingenua e incapace di una propria capacità valutativa. Nacque così il Comics Code Authority, un comitato di censura istituito dagli stessi produttori di fumetti, che avrebbe avuto grande influenza su tutta la produzione a venire.

Seguendo il punto di vista esterno, è necessario fare riferimento alle esigenze commerciali della DC. Un fumetto come Batman, anche se sono portato a credere che abbia un pubblico adulto vastissimo, si rivolge ai ragazzi, che dovrebbero avere modo di identificarsi nei loro eroi. Batman, tuttavia, è un personaggio troppo scuro, drammatico e complesso per essere preso a modello da un adolescente, che probabilmente non lo capisce a fondo e ne coglie solo l’aspetto avventuroso e sprezzante il pericolo. Ecco dunque che si rende necessaria l’introduzione di un eroe giovane, in cui gli adolescenti possano ritrovarsi.
In questo senso Tim Drake è perfetto per i ragazzi della nostra epoca. Tra un’impresa notturna e l’altra, deve fare i compiti, deve trovare il tempo di stare con la ragazza e deve mentire ai genitori riguardo alle ore che passa fuori casa: i suoi problemi sono quelli di un tipico adolescente.

Commenti

Non ci sono ancora commenti

Lascia un commento

Fucine Mute newsletter

Resta aggiornato! Inserisci la tua e-mail:


Leggi la rubrica: Viator in fabula

Articoli recenti

Pen Lettori Trieste: Punto di fuga di Mikhail Shishkin

Pen Lettori Trieste: Punto di fuga di...

Doc nelle tue mani 3: che il flashback sia con voi (fino allo sfinimento)

Doc nelle tue mani 3: che il...

Trieste Film Festival 2024

Trieste Film Festival 2024

Lascia che la carne istruisca la mente: Intervista a Anne Rice (II)

Lascia che la carne istruisca la mente:...

Lascia che la carne istruisca la mente: Intervista a Anne Rice (I)

Lascia che la carne istruisca la mente:...

Nel castello di Giorgio Pressburger al Teatro Stabile Sloveno di Trieste

Nel castello di Giorgio Pressburger al Teatro...

Lucca Comics & Games 2023: Incontro con Pera Toons

Lucca Comics & Games 2023: Incontro con...

Lucca (meno) Comics & (più) Games 2023:...

Lucca Comics & Games: Intervista a Davide Barzi

Lucca Comics & Games: Intervista a Davide...

Lucca Comics & Games 2023: Intervista a Matteo Pollone

Lucca Comics & Games 2023: Intervista a...

Il futuro (forse) del fumetto: Martin Panchaud

Il futuro (forse) del fumetto: Martin Panchaud

Femminismo all’ombra dello Shogun: Camille Monceaux

Femminismo all’ombra dello Shogun: Camille Monceaux

Lucca Comics & Games 2023: Intervista ad Andrea Plazzi

Lucca Comics & Games 2023: Intervista ad...

I quarant’anni della “scatola rossa”

I quarant’anni della “scatola rossa”

Trieste Science + Fiction Festival 2023: River

Trieste Science + Fiction Festival 2023: River

Trieste Science + Fiction Festival 2023: cortometraggi

Trieste Science + Fiction Festival 2023: cortometraggi

Il fiore del mio segreto (Almodóvar, 1995): la letteratura come seduzione

Il fiore del mio segreto (Almodóvar, 1995):...

Good Omens 2: amore e altri disastri

Good Omens 2: amore e altri disastri

The Plant: il romanzo incompiuto di Stephen King

The Plant: il romanzo incompiuto di Stephen...

The Phantom of The Opera per la prima volta in Italia

The Phantom of The Opera per la...

Pélleas e Mélisande di Claude Debussy: parodia del 1907

Pélleas e Mélisande di Claude Debussy: parodia...

Prigionieri dell’oceano (Lifeboat) di Alfred Hitchcock

Prigionieri dell’oceano (Lifeboat) di Alfred Hitchcock

Tutto il mondo è un Disco

Tutto il mondo è un Disco

Il commissario Ricciardi 2: quattro puntate di noia profonda

Il commissario Ricciardi 2: quattro puntate di...

Sanremo anche no

Sanremo anche no

Casomai un’immagine

cammello3 cornell-20 Oggetti, 2011 (particolare dell'installazione) A. Guerzoni Woman 1 Dog Eat Dog Jingler-stars 36 wendygall-06 tsu-gal-big-13 sla-gal-1 31 28 galleria15 galleria09 pm-04 pas-03 cor01 lor-2-big 05 lontano antal1 40 35 h bon_10 thole-13 kubrick-17 27_pm 21_pm th-21
Privacy Policy Cookie Policy