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Musica

Il nuovo album di Morgan

Ascolto di un diario estremo

MorganL’avevamo conosciuto, Marco Castoldi (Milano, 23.12.1972), come Morgan dei Bluvertigo, la band elettropop che ha presidiato con notevole visibilità la scena italiana degli anni ’90. Successi come l’album Metallo Non Metallo (1997, preceduto da Acidi e Basi, 1995), o Zero (1999), ce ne avevano fatto apprezzare la poliedricità strumentale, la teatralità del gesto di scena, l’ironia dell’approccio mediatico, la precisione nel citare o riproporre i grandi del passato, spesso limpidamente evocati, mai copiati, giustamente tributati. David Bowie, uno fra tanti.
Ne avevamo riconosciuto l’estro inconfondibile in collaborazioni di tutto rilievo, ad esempio quella con Franco Battiato in Gommalacca (1998), il quale avrebbe poi restituito “l’ospitata” cantando il verso conclusivo del suddetto album Zero: “dove sono arrivato? ”.

Quella frase sussurrata, interpretata con tono sospeso ed evocativo, chiudeva la cosiddetta “trilogia chimica”, alla quale sarebbe seguita la raccolta dei successi dei Bluvertigo (Pop Tools, 2001), che avrebbe poi posto la parola fine all’avventura di Morgan e compagni (Andy, Sergio Carnevale, Livio Magnini), passata anche per il palcoscenico sanremese con l’intrigante brano L’assenzio (2001).
E pensare che una delle cover più amate dai Bluvertigo degli esordi era proprio Prospettiva Nevsky, celebre brano di Battiato datato 1980… intrecci di discografie, di percorsi e di influenze artistiche. Qualche volta la scena musicale sa di grande famiglia, o ripresenta il rapporto maestro-discepolo.

Ci aveva poi stupito, Morgan, con il suo primo lavoro solista, Canzoni dell’appartamento, meritato vincitore del premio Tenco per il miglior album del 2003. Tra suoni anni ’50, liriche evocative, atmosfere elaborate, nostalgiche ed introspettive (Me, Le ragioni delle piogge, Crash) ed arrangiamenti coinvolgenti (Aria, Italian Violence), l’artista, ormai al singolare, ormai lui, al centro del palco, e sempre in prima persona, ormai in grado di sviscerare tutte le proprie potenzialità poetiche, si imponeva con un album che spesso, a distanza di anni, ancora si ripropone nelle mie giornate, nei miei viaggi, nella mia memoria. E ancora è capace di suggestionarmi, per quel suono mai captato, per quell’espressione mai abbastanza meditata.

Nel 2004 appariva un lavoro di cui non si parlava molto: la prima soundtrack scritta dal nostro autore, Il suono delle vanità, per il lungometraggio di Alex Infascelli, il quasi omonimo Siero delle vanità. Qui Morgan si abbandonava ad inventare atmosfere inquietanti, decisamente sperimentali, frutto della sovrapposizione tra musica creata tramite software ed architetture orchestrali, anche se sempre sintetizzate.

MorganDa ultimo, l’avevamo lasciato nella quasi fedele riproposizione di Non al denaro non all’amore né al cielo di Fabrizio De André (2005), a cimentarsi nell’ammantare di un senso ancor più gotico e fumoso le atmosfere che già l’autore originale, nel 1971, aveva intessuto attorno agli epitaffi dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. E l’esperimento gli era riuscito bene, l’opera aveva ricevuto quel tocco assolutamente bohemièn che ormai denota il personaggio, l’artista, nell’immagine di sé che mai rinuncia di proporre al suo pubblico, si tratti di una vera e propria esibizione, o di una dissacrante ed ironica intervista.
Affascinante, di quell’album, il contrasto creato dall’accostamento di uno strumento come la spinetta, clavicembalo ante litteram, prezioso inserto di musica antica, con le sonorità progressive della provocatoria Un ottico. La voce di Morgan, che acquista toni più caldi e suggestivi, ben si sposava anche con le sonorità della celeberrima ballata Il suonatore Jones, leggerezza dell’essere tradotta in musica.

Morgan ora ricompare con Da A ad A (teoria delle catastrofi), edito da Sony-Bmg, consegnato al pubblico il 29 giugno 2007. Doveva trattarsi di un disco doppio, ovvero di un doppio “a due riprese”, secondo un meccanismo, ideato dallo stesso Morgan, che univa finalità commerciali e finalità — diciamo — “premiali”.
Nella mente del creatore, che sogna la sua prossima creatura e per lei progetta il meglio, i cd avrebbero dovuto essere due: il cd “A” e il cd “A” (no, non è un errore di battitura, nda). La custodia del primo capitolo (A) avrebbe dovuto essere doppia, ma non avrebbe contenuto il secondo capitolo (A), che vi sarebbe stato aggiunto e inserito, successivamente e gratuitamente, qualora l’acquirente si fosse presentato al negozio munito della custodia e del cd primo capitolo. L’alternativa a tale paziente ma conveniente operazione sarebbe stata quella di acquistare l’intero doppio, dopo l’uscita del secondo capitolo, ma a prezzo pieno. La casa discografica, tuttavia, non accolse la sottile operazione di marketing proposta dall’autore, giudicandola fuori standard, inattuabile.
In tutta risposta, nel bel mezzo della lavorazione dell’album, per non scendere a compromessi, l’eccentrico Morgan decide di cambiare major. Ma il compromesso, forzato, lo aspettava dietro l’angolo: si era da poco conclusa la fusione tra la casa discografica dalla quale Morgan si accomiatava, a quella alla quale intendeva approdare (Sony e Bmg). Praticamente, dal punto di vista contrattuale, Morgan era andato… da A ad A.

Ma non è solo questa circostanza commerciale che può spiegare il curioso titolo dell’album. A come assurdo, come Amore Assurdo, ma anche come Asia, o come Anna-Lou (la figlia che Morgan ha avuto con Asia cinque anni fa).
Da A ad A, ovvero un viaggio che dall’inizio e finisce di nuovo al punto d’imbarco, la ciclicità di chi magari intraprende un’impresa, per poi tornare fatalmente al punto di partenza, avendo però, sperabilmente, capito qualcosa in più di se stesso, ma senza aver realmente aggiunto un mattone concreto alla propria personale edificazione.
La ciclicità della storia, con i suoi corsi e ricorsi di vichiana memoria.
E così via…

Ma Da A ad A ricorda anche il motto latino “per Aspera ad Astra”, ossia “attraverso le asperità si raggiungono gli astri”, tanto per trovarvi un cenno di ottimismo e lieto fine (“per strade secondarie e tortuose”…”).
Infine, Da A ad A è la teoria astrofisica di un matematico francese, René Thom, autore, nel 1951, della Teoria delle catastrofi (che dà il sottotitolo al lavoro di Morgan), per la quale, come già dicevano i greci, il conflitto è il padre di tutte le cose, tutto nasce da una piccola o grande catastrofe, che distrugge una stabile armonia per dare origine a qualcosa di nuovo e diverso.

Quanto sopra è acutamente sintetizzato proprio nei versi della canzone Da A ad A:

E scopro che la fine ha sempre inizio
dal luogo lampeggiante di un conflitto
nel quale il vincitore e lo sconfitto
si scambiano di norma vizio e sfizio
”.

Morgan

Non solo il titolo ci suggerisce che siamo di fronte a qualcosa di non banale, di non scontato: lo stesso Morgan, come sempre ironicamente o, magari, autocompiacendosi, ha subito rivelato il carattere di questo lavoro: “è l’album più estremo che abbia mai fatto” ha sempre ripetuto davanti a chi cercava di strappargli un commento anticipatorio.
Sicuramente è un prodotto ricercato, che va ascoltato e non sottovalutato. Sospetto che l’opera possa non finire mai di dischiudere particolari coinvolgenti e provocatori, e necessiti di numerosi ascolti per poter essere globalmente apprezzata.

Morgan sa ancora una volta distinguersi negli inserti sonori (digitali piuttosto che acustici), negli arrangiamenti orchestrali (fatti di armonia settecentesca e di contemporanee dissonanze), nelle immancabili citazioni, attraverso le quali gioca con i grandi del passato. Ora più che nei precedenti lavori, segno di un’innegabile maturazione artistica, di un’accresciuta abilità.

La prima traccia, Amore assurdo, ad esempio, è una rielaborazione musicale di otto misure del Preludio in do diesis maggiore di J.S. Bach, tratto dal secondo libro del “Clavicembalo ben temperato”. E, tanto per tornare alle presenze che segnano i percorsi artistici, il brano è stato mixato da quel Franco Battiato che ha riconosciuto allo stesso Morgan uno “stato di grazia compositivo” e che, così, per la prima volta, ha indossato i panni del fonico.

Il disco è connotato dalla presenza di stili musicali diversi, lontani tra loro, cosicché manca un vero e proprio filo conduttore musicale. D’altra parte, ricordiamoci che si tratta di un “album estremo”, dunque non proprio caratterizzato da immediatezza nell’ascolto.

Dal punto di vista del testi e contenuti, è un disco “lennoniano”, cioè autobiografico. Morgan, che non ha mai nascosto il suo essere grande fan di Mc Cartney, ci parla degli ultimi due anni della sua vita, ci consegna un diario, doloroso, dove inconfondibile protagonista è la propria storia con Asia Argento, fatta di presenze ed assenze, distacchi e nostalgie, malinconie e speranze infrante, e infine il divorzio.

Amore assurdo parla proprio di questo, e lo fa in modo esplicito, diretto, appassionato e doloroso. Un po’ imbarazzante, se si vuole, perché tutti conosciamo bene i due personaggi coinvolti, che non hanno mai smesso di interessare la cronaca mondana: come dimenticare la presenza di Asia tra il pubblico dell’Ariston durante l’esibizione sanremese dei Bluvertigo, presenza debitamente sottolineata dall’immancabile tempestiva intervista lampo, con i due innamorati mediatici che si salutavano e congratulavano vicendevolmente…
E così ci pare di entrare prepotentemente nell’intimità dell’autore, del dolore di una storia finita male, di una ferita che ancora, chiaramente, brucia… Eppure è Morgan, l’artista che si svela e si rivela, che ci apre le pagine del proprio mondo interiore.

Morgan

Asia, inoltre, compare in Liebestod, la decima traccia del disco. La canzone, scritta a quattro mani da Morgan e l’allora compagna, faceva parte di un progetto musicale (23 A.M.), rimasto fatalmente senza compimento, nonostante i due, in questo pezzo, cantino languidamente “after this no other love shall exist… ” (non ci sarà altro amore all’infuori di questo). Il pezzo, come espressamente rivelato da Morgan, è armonicamente partorito dal primo e dall’ultimo accordo dell’opera Tristano e Isotta di Wagner, ma, sempre musicalmente parlando, è molto più immediato captarvi le inconfondibili sonorità alla Pink Floyd.

Ancora a celebrare gli affetti dell’autore, ecco apparire la piccola Anna Lou, che simpaticamente e spensieratamente canticchia alcuni versi della traccia n° 8, U-Blue, pezzo che Morgan ha voluto scrivere come regalo per il suo quinto compleanno.
A discapito del testo, nel quale ha voluto rappresentare anche il momento del proprio divorzio da Asia (voleva insomma spiegare alla figlia come vanno le cose nella vita, nella convinzione che ai bambini non bisogna mentire), il pezzo appare fresco e leggero, dominato da uno stile un po’ charleston, un po’ dixieland. Come, appunto, una canzone per bambini che, però, non cela le verità del mondo degli adulti che li circonda, influenza e, inesorabilmente, li attende.

Anche Tra 5 Minuti, singolo promozionale dell’album, parla del divorzio dall’erede di casa Argento: “tra cinque minuti spero che mi dirai che fine abbiamo fatto noi… e assomiglio ai muri che trattengono i rumori, le parole che aspetto spero non mi facciano male ”. È un pezzo pop-rock, l’unico davvero immediato dell’album, con leggere sonorità discomusic ripescate dagli ultimi anni Settanta. È pulsante, discretamente incalzante, amabile senza essere scontato, misurato, scritto in collaborazione con i Lombroso, side band di Morgan in cui lo stesso suona il basso, così, come tra amici che si ritrovano ogni tanto a… giocare insieme.
La canzone è stata anche associata a un’operazione commerciale. Prima dell’uscita ufficiale dell’album, il gestore di telefonia cellulare “3” riservava ai propri clienti, su concessione della Sony-Bmg, l’ascolto in anteprima, sul proprio telefono cellulare multimediale, dell’attesissima Tra 5 Minuti. Ci pieghiamo inevitabilmente alle logiche del mercato, non senza storcere un po’ il naso, come speriamo abbia fatto l’autore.

Da un punto di vista squisitamente musicale, i pezzi più significativi, veri capolavori dell’album, sono sicuramente Amore Assurdo, Da A ad A, Demoni nella notte e la sinfonica Una Storia di Amore e di Vanità.
Di Amore assurdo resta da descrivere il carattere cadenzato, regolare, la sonorità a tratti secca, a tratti impreziosita dalle incursioni di oboe (sì, il pezzo è di Bach, e un po’ di atmosfera barocca doveva pur mettercela), alternato al violoncello, prima, e al resto degli archi poi, che conducono verso il crescendo più struggente, ove Morgan canta “nonostante il cuore infranto, da lontano, ho voglia di esser grato ”.
Amore assurdo è giustamente malinconico e si chiude con un canto soffuso, che descrive lo stato d’animo dell’autore, sostenuto solo da linee strappate di violoncello e da ritmici insieme di archi. Tuttavia, la coda, in stile musical disneyano, concede di pensare alla serenità di chi ha accettato la sua condizione.

MorganDa A ad A è un coacervo ben orchestrato, un caleidoscopio di ritmiche, sonorità e armonie, anche vocali, sapientemente mescolate, che ascendono e discendono, si sviluppano e si contorcono, pulsano e si distendono. Ripropone anche alcune sonorità proprie dei Beatles, accostate ad inserti di chitarra che risuona come eco nel deserto, o addirittura hawaiana. Sarà per la presenza di trombette e del tamburo che suona a mo’ di discreta marcetta, ma il pezzo ricorda l’indimenticabile Penny Lane o, senza voler essere blasfemi, la mitica Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
L’accostamento a quest’ultima pietra miliare del rock, datata 1967, esattamente quarant’anni prima dell’uscita di Da A ad A, è dato anche dalla somiglianza tra i metodi di lavoro utilizzati per realizzare i due dischi. Ricordiamo, infatti, che anche l’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band nasceva da una sapiente mescolanza tra musica elettronica e musica orchestrale, tra musica originata da software e musica vibrata da strumenti reali.

Similmente, la realizzazione di Da A ad A è passata attraverso due fasi: una volta composti, i pezzi sono dapprima stati suonati interamente dall’orchestra, da Morgan e da Le Sagome (il gruppo che già lo aveva accompagnato nella realizzazione di Non al denaro non all’amore né al cielo). In un secondo momento, Morgan stesso li ha sottoposti ad un lavoro di editing attraverso software specifici. Grazie a tale seconda operazione i singoli pezzi hanno acquistato quelle dinamiche, quelle atmosfere, quelle sottolineature, quelle tinte, che oggi caratterizzano le canzoni come prodotto finito.

Demoni nella notte, che ricorda le sonorità già espresse in Canzoni dell’Appartamento, racconta di una notte popolata da incubi, con le conseguenti reazioni di chi, spaventato, cerca di resistere. L’atmosfera musicale che vi si respira è a tratti inquietante: i tappeti armonici intessuti dagli archi presentano una continua tensione alla dissonanza, e il ritmo è anch’esso scandito da tempestivi accordi dissonanti. Insomma, una tensione spaventosa che giunge alla quiete solo alla fine del brano, con la ripetizione ritmica, leggera, quasi in punta di piedi, del verso “non ti preoccupare, non ci sono demoni nella notte ”, sottile citazione, almeno quanto a struttura, del finale di Ashes to Ashes di David Bowie.

Una Storia di Amore e di Vanità è la versione definitiva, totalmente arrangiata per orchestra e dall’orchestra completamente suonata, di una traccia già contenuta nella colonna sonora del film Il siero della vanità. Il pezzo è molto arioso, di crescente intensità, scandito da violini regolari che interpretano un ritmo altalenante ma rassicurante, rilassante e perciò coinvolgente. L’atmosfera è struggente, malinconica, espressione della fatalità di cui è avvolto il testo.

Il tema è quello del mito di Eco e Narciso, contenuto nel libro terzo delle Metamorfosi di Ovidio. Nel mito, Eco (di cui Morgan, nel pezzo, assume il personaggio, ribaltando i sessi dei personaggi mitologici), innamorata di Narciso, ne invoca l’aiuto dalla minaccia di Pan. Ma Narciso, giovane cacciatore superbo e incurante di alcuno che non sia se stesso, rifiuta di soccorrerla e così perisce di stenti, preda di un incantesimo voluto dagli dei, incapacitato a lasciare la visione del proprio volto riflesso in uno stagno. Così, Eco-Morgan rimane condannata a cantare in eterno il nome del suo amato, che mai verrà o tornerà.

Non escono invece dalla mediocrità canzoni come Animali familiari e La verità. Il primo brano, corrispondente alla traccia 3, sembra un gioco, un puro divertimento. Anche analizzandone i “retroscena”, sia testuali, sia strumentali, sia musicali, non lo si riesce ad apprezzare veramente. Rimane come racchiuso in un aspetto infantile, troppo giocoso, insoddisfacente.
Morgan svela che si tratta di una canzone documentario, che presenta tutte le situazioni esistenti in natura tra il maschio e la femmina di una determinata specie, in cui il maschio vive in una situazione nettamente deteriore rispetto alla femmina, subendone la prepotenza o il predominio, ma ricevendone un riscatto in una dimensione poetica, così che la sua debolezza diventa alla lunga la sua forza. È decisamente una canzone drammatica, metafora della condizione di quegli uomini che subiscono la personalità della propria donna, ma elevano tale sopportazione a un qualcosa di romantico.
Curiosi gli strumenti utilizzati: sull’onda dello spirito giocoso, Morgan ha suonato la chitarra infantile, le tastierine giocattolo Bontempi e, come percussioni, ha fatto ricorso a piccoli animaletti di legno. Chissà se si esibirà con tale strumentazione anche dal vivo…

La verità è un tango intessuto da sonorità cinematografiche che ricordano tanto i film di James Bond, soprattutto nel ritornello. Appare come una canzone un po’ pretenziosa, in cui Morgan cerca di creare ritmi, armonie ed intrecci orchestrali così complessi da raggiungere il limite della godibile ascoltabilità. È un tango impetuoso, nervoso, fortemente dissonante e, nella seconda parte, dopo il primo ritornello, un po’ “zoppicante”, senza una forma chiaramente definita. Il risultato è un pezzo musicalmente interessante, riccamente orchestrato, ma di non facile ascolto, a tratti aspro. Piacevole comunque il refrain. Il testo è in ogni caso interessante, con qualche spunto di riflessione (vi è citato un dialogo sulla verità tratto dai Colloqui di Erasmo da Rotterdam).

Ma il pezzo in assoluto di più difficile digestione è La cosa (traccia n. 9). Riesce difficile ascoltarlo. Urta. Il suono è compresso, la linea melodica ed armonica non si sviluppa, rimane involuta su se stessa, soprattutto nel ritornello, dove quella grinta (o quella disperazione: “e invece sono come tutti gli altri… ”) che forse si vuole esprimere, rimane schiacciata in un’architettura troppo angusta. Il risultato è un refrain ossessivo, mentre la sezione più melodica appare inconsistente ed incomprensibile, anche dal punto di vista del tema trattato.

Morgan

Chiude l’album (traccia n. 11) un interessante Contro me stesso, sussurrata ballata dalle atmosfere rarefatte, dominata dalla chitarra acustica e da qualche nervoso inserto di pianoforte, con la voce che decolla da lontano ed atterra in un crescendo strumentale, al limite della dissonanza. Interessanti le linee di violoncello che fanno da controcanto. La canzone termina con un intenso tappeto musicale dalle cui trame si alza la voce, a tratti il lamento, di un griot senegalese, Badara Sek (il griot è, nella tradizione africana, un poeta e cantore conservatore della tradizione popolare, nda), che conferisce sonorità coinvolgenti, evocative, emozionanti, echi di sensibilità lontane.

E non c’era modo migliore per chiudere quest’ultimo lavoro di Morgan, che di atmosfere ne regala molte; che a volte ci fa avventurare, come “per strade secondarie e tortuose ”, in frasi musicali azzardate o ci stordisce con armonie al limite dell’assurdo; ma che propone vera e schietta poesia. Poesia amara, il volto di chi per primo quella poesia l’ha vissuta.

Marco Castoldi, in arte Morgan, nasce a Milano il 23 dicembre 1972. Nello stesso anno David Bowie, pubblica The rise and fall of Ziggy Stardust (and the spiders from Mars). Non ama la scuola, studia dapprima al Vincenzo Appiani di Monza, poi al liceo classico Zucchi, poi infine all’istituto per geometri.
Studia chitarra e pianoforte; nel 1984 approda ai sintetizzatori e nel 1986 al basso elettrico che, essendo mancino, impugna al contrario.
Nel 1986 fonda con Andrea Fumagalli (Andy) i Lizard mixture. Il gruppo inizia a registrare su nastro a quattro piste The alternative choice un primo “vero” lavoro.
Lo stesso anno Marco riceve un ingaggio in una birreria di Varese, ove suonerà i pezzi degli anni Sessanta riarrangiati alla Depeche Mode, con i sintetizzatori.
Nel 1987, sotto il nome di Markooper, compone e arrangia canzoni e le racchiude in due piccoli lavori: Prototype e Dandy bird & Mr contraddiction. A 16 anni, nel 1988, perde il padre.
Sempre nel 1988 Marco (Markooper), Andrea fumagalli (Andy Smokin’ Cock) ed un comune amico, Fabiano Villa, si presentano come gli Smoking Cocks. Marco produce Adventures, un demo che si conquista l’attenzione della Polygram.
Nel 1989 arriva la proposta della major. Per Marco, ancora minorenne, sarà la madre a firmare il contratto. Il gruppo però deve cambiare nome in Golden Age, e Markooper diventa Morgan.
I tre registrano l’album Chains. Il videoclip realizzato per il singolo Secret love, in cui i tre sembrano arrampicarsi e districarsi tra alcuni quadri di Salvator Dalì, riscuote un discreto successo.
Nel 1991 i Golden Age terminano la loro avventura. Morgan scriverà un concept album dalle sonorità un po’ progressive e ne inciderà una versione inglese e una italiana: Primaluce/Firstlight.
Nel 1994 esce il primo singolo dei Bluvertigo, Iodio, presentato a Sanremo giovani. Poi è la volta dell’album Acidi & Basi e dei relativi due video clip Iodio e LSD – la sua dimensione.
Nel 1997 esce il secondo album, Metallo non Metallo, seguito da un’intensa attività live (supporting-act dei Tears for Fears). Il gruppo si aggiudica il premio degli European Music Awards come miglior band del Sud Europa.
Nel 1998 Morgan collabora con Antonella Ruggero alla realizzazione di Registrazioni moderne producendo due brani eseguiti dai Bluvertigo (Fantasia, Elettrochok); sempre per l’ex cantante dei Matia Bazar scrive la partitura d’orchestra del brano Amore lontanissimo, secondo classificato al festival di Sanremo.
Nello stesso anno Morgan propone alla Polygram il disco d’esordio dei Soerba, il cui singolo I’m Happy ottiene un enorme successo radiofonico.
Dello stesso anno è anche la collaborazione con Franco Battiato in Gommalacca, nel quale Morgan suona basso e chitarra, e la composizione per Exit, l’album di Alice, di un brano chiamato L’immagine. Con Alice, l’anno seguente, i Bluvertigo realizzeranno anche Chanson egocentrique per Personal Juke Box.
Nel 1999 inizia la preparazione del nuovo progetto dei Bluvertigo, un disco (Zero) che sarà il più complesso e avanguardistico, il capitolo finale di quella che il gruppo chiama Trilogia Chimica.
Il lavoro di Morgan sui testi in italiano interesserà Bompiani che gli propone la pubblicazione di un libro di poesie e di futuri testi di canzoni, Di(s)soluzione, che diventa un successo letterario.
Da una collaborazione estemporanea con i Subsonica nasce Discolabirinto; di questo pezzo di enorme successo è stato girato un videoclip per non udenti, il progetto “zero volume”, un esperimento del tutto innovativo.
Nel 2001 i Bluvertigo si presentano a Sanremo con la canzone L’assenzio, firmata da Morgan e Luca Urbani dei Soerba. Il gruppo si classifica all’ultimo posto. In seguito al festival esce Pop Tools, una raccolta del lavoro di dieci anni di attività dei Bluvertigo, con due inediti, L’assenzio, appunto e Comequando il cui testo è ripreso da Di(s)soluzione. Il video di L’assenzio, scritto da Morgan e Asia Argento, vince al Festival delle etichette indipendenti di Faenza il premio come miglior video-clip italiano.
Dal giugno 2000 Marco e Asia Argento sono inoltre legati da un rapporto amoroso dal quale, a Lugano, il 20 giugno del 2001, nascerà una bambina: Anna Lou Maria Rio.
Il 15 luglio 2002 i Bluvertigo aprono il concerto al loro maestro, David Bowie, per la sua unica data italiana a Lucca.
Nel 2003 Morgan pubblica Canzoni dell’appartamento. Il disco vince il premio Tenco nel 2003 come Migliore Opera Prima. Sempre nel 2003 scrive l’introduzione Benedetti poeti per l’opera di Paul Verlaine I poeti maledetti riedita da Net Poesia, a cura di Davide Rondoni.
Nel 2004 Morgan si dedica a scrivere musica per il lungometraggio Il siero della vanità di Alex Infascelli.
Nel 2005 realizza l’intero re-make dell’album Non al denaro, non all’amore, né al cielo di Fabrizio De Andrè.
Dopo la fine della stora d’amore con Asia Argento, la scrittura delle musiche per il cortometraggio Il quarto sesso di Marco Costa (2006) e la partecipazione al programma di Andrea Pezzi Il tornasole, il 29 giugno 2007 esce l’ultima Opera di Morgan, Da A ad A – Teoria delle catastrofi.

Notizie tratte dal sito ufficile di Morgan.

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