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Scrittura

John Giorno

Thanks 4 nothing!

John Giorno è uno dei più grandi poeti performativi viventi. Nato nel 1937, esordisce nei primi anni sessanta, a cavallo fra il beat newyorchese e la pop art, rivoluzionando permanentemente il mondo della poesia.

John Giorno

Ispirato dalla poesia concreta, dalle “permutazioni” di Brion Grysin e dalle innovazioni della pop-art, introduce nelle sue opere l’elemento ritmico della parlata quotidiana, spesso aumentato dall’effetto dei loop inducendo nel pubblico una risposta che nasce dai processi mentali istintivi ed inconsci.
Fonda la Giorno Poetry Systems, fondazione sotto la cui egida nel 1968 nasce a sua volta il servizio Dial-A-Poem grazie al quale migliaia di persone telefonavano ad un centralino per poter ascoltare poesie sempre nuove. Attivissimo sulla scena newyorchese e mondiale, è “protagonista” del film Sleep di Andy Warhol. La sua costante collaborazione con l’amico William Burroughs porta all’organizzazione di molteplici incontri artistici come il Nova Convention del 1978, un tributo di tre giorni proprio a Burroughs che ha visto fra i suoi protagonisti anche Patti Smith, John Cage, Allen Ginsberg, Frank Zappa ed una esordiente Laurie Anderson, ed agli oltre 40 album di poesia performativa o sperimentale pubblicati dall’etichetta dei Giorno Poetry Systems.

Le sue performance sono esperienze intensissime sia per il pubblico che per Giorno stesso, travolgente nel suo urlare, sudare e contorcersi sul palco condividendo sensazioni universali in un flusso costante di parole che vanno dritto all’inconscio.
È proprio dopo una coinvolgente esibizione come ospite speciale alla scorsa edizione del festival AbsolutePoetry che abbiamo potuto incontrarlo e organizzare l’intervista che segue.

Robin Luis Fernandez (RLF): Vedere la tua performance è stato molto emozionante perché anche dopo lo spettacolo determinate frasi o parole che hai usato hanno continuato ad entrare e uscirmi dalla testa, come se stessero rimbalzando qua e là. Ho immaginato che le parole non fossero altro che dei virus per la mente. E questo, a sua volta, mi ha fatto pensare che la mente sia una cosa assoluta, in grado di ricevere informazioni, mentre le parole non sono che concetti svincolati dal pensiero razionale e dal linguaggio stesso.

John Giorno (JG): In realtà esistono due tipi di mente. Molti la vedono diversamente, ma sono davvero soltanto due. C’è una mente assoluta, che non ha limiti personali e non fa distinzioni fra soggetti ed è metafisica e pura, e c’è una mente relativa che si occupa delle cose che ci succedono attorno. Da questo punto di vista tutto ciò che percepiamo è come un virus! Penso però che dovremmo preoccuparci quando diventa un virus negativo, come l’utilizzo che fanno le pubblicità televisive di pensieri stupidi e mondani sfruttando il funzionamento della mente. Certe volte ne diventi anche un veicolo, come succede con la musica pop: ci capita di andare in giro con una canzone in testa e che ci venga spontaneo canticchiarla e poi ce ne rendiamo conto e diciamo ‘Ma cos’è questo?!’.

John Giorno

D’altro canto succede più o meno la stessa cosa quando sei un poeta o uno scrittore o quel tipo di persona: se sei fortunato e stai lavorando bene le tue frasi cominciano ad avere una funzione attiva di saggezza. Quando questo entra nella testa della persona che ti sta ascoltando e tu lo stai ripetendo più e più volte, come nella poesia, forse è meglio perché crea una specie di dipendenza: ti fa davvero riflettere su quella frase o su quel pezzetto di frase diventando così qualcosa di utile.

RLF: Questa capacità che hanno le parole di appiccicarsi alla mente, di trasmetterci informazioni, è usato anche nelle innovazioni che voi, insieme agli artisti pop, avete portato nei mondi dell’arte e della poesia. Utilizzavate le armi della pubblicità per presentare i vostri lavori al pubblico…

JG: Certo! Bisogna battersi usando le armi del nemico! (ride, nda)

RLF: Poiché per diffondere le tue opere utilizzavi gli stessi mezzi usati anche da questi artisti, mi chiedevo se anche i loro lavori hanno in qualche modo influito sul tuo processo creativo.

JG: Non ne sono sicuro, perché sono cambiato molto negli anni. Quelle opere sono state per me come tutte le cose che hanno una certa influenza sul proprio lavoro, bisogna dimenticarsene prima di incominciare a farne uso. Sono finito abbastanza per caso lì, a New York, in quel periodo assolutamente unico in cui questi artisti non erano molto famosi, un po’ come lo siete tu e i tuoi amici in questo momento, e hanno finito poi per essere dei grandissimi artisti.

John Giorno

Io ero giovane, quando sentivo poesia o vedevo arte, ne sentivo subito l’impatto ma mi dimenticavo anche dell’opera. Perché tutti devono andare a scuola, ma cercare di far arte con quello che ci insegnano a scuola è da arroganti. E d’altro canto tutte quelle cose le devi imparare per forza perché altrimenti sei vittima dell’ignoranza e sarai fortunato se riesci a fare qualcosa. Devi imparare e subito dopo devi per forza dimenticare ogni parola che impari! Perché quando vuoi usare queste cose, dovranno uscire in un modo diverso, dal brodo primordiale della conoscenza che viene dalla mente assoluta, non da quella razionale e mnemonica. Questo fenomeno succede con artisti ventenni o trentenni che cominciano ad avere successo ora: catturano il momento con la propria energia, e lo fanno in maniera brillante.

RLF: Il problema che abbiamo in Italia riguardo alle influenze straniere è la mancanza di un’idea chiara su che cosa stia succedendo all’estero; dal punto di vista editoriale, ad esempio, leggiamo le “novità” solo attraverso antologie vecchie una o due decine d’anni…

JG: Le antologie non riflettono mai nulla.

RLF: Esatto. Per cui mi chiedevo se esiste una qualche linea di continuità fra il lavoro che facevate voi e la generazione attuale di artisti.

JG: È fondamentalmente, ed è la stessa linea di continuità che unisce tutto ciò che succede dal punto di vista artistico negli Stati Uniti da quei tempi ad oggi. Si tratta in realtà di cinque generazioni, se consideri che c’è una nuova generazione di artisti più o meno ogni decina di anni, e ognuna ha fatto le proprie personalissime cose.

John GiornoPenso che oggigiorno sia abbastanza facile trovare qualcosa di nuovo e capire cosa ci sia in giro, ma non sarà certo da qualche stupida antologia pubblicata da una casa editrice tradizionalista. Sarà attraverso internet e attraverso il passaparola, attraverso la conoscenza di persone diverse. Già da una scena come quella di questo festival la gente vedrà i nomi di artisti di cui gli piacciono i lavori, e da lì scopriranno altri nomi di altri artisti… È così che ci si fa un’idea su ciò che sta succedendo. È qualcosa che potrebbe fare chiunque capitasse qui, anche solo per caso o per altre ragioni. L’effetto si moltiplica poi per un milione di persone, se consideri i link su internet! È qualcosa di miracoloso, una potenziale influenza per tutti, perché internet è un deposito immenso per l’arte.

RLF: Avere a disposizione un assortimento così vario e di diversi formati è anche insostituibile per chi, come me, deve tenersi informato su questo genere di lavori. Qui al festival abbiamo poeti che in Italia non sono mai stati pubblicati, ma non è un problema perché online posso trovare, oltre ai loro scritti, anche registrazioni audio e video delle loro performance che mi danno un quadro molto più completo. Dal punto di vista creativo è un’influenza enorme.

JG: Ed è qualcosa che ha profondamente cambiato il mondo. Il mondo dell’arte, almeno in Europa, ha sempre dovuto dipendere dall’importanza di un unico luogo centrale quasi ritualizzato. In un certo senso era vero che altrove non stava succedendo niente! Ormai non è più così grazie ad internet e grazie alla mentalità che ha generato nel corso degli ultimi decenni. Parigi adesso è uguale a tutte le altre città perché adesso puoi scegliere dove vuoi abitare, e non perderesti niente a vivere in un luogo molto isolato perché potresti comunque interagire con il resto del mondo. E non sarebbe neanche tanto male! (ride, nda)

RLF: A questo proposito, stavo guardando un po’ di tuoi lavori online e anche quelli di altri che hai raccolto per eventi speciali, come per esempio al Nova Convention, l’omaggio a William Burroughs del 1978 a New York. È stato molto interessante sentire le varie interpretazioni dei diversi performer; mi ha colpito in particolare il reading intensamente rispettoso verso l’opera di Burroughs reso in quell’occasione da Frank Zappa. Mi chiedevo che ricordi hai di questo evento.

JG: Sì, era il Nova Convention del 1978. Qualcuno l’ha avvicinato la sera prima, dopo un concerto, invitandolo a partecipare magari leggendo una poesia. Lui era sinceramente e profondamente onorato di essere lì! Fu una sua scelta leggere The Talking Asshole, dal Pasto Nudo, e lo fece con grande solennità. Io lo conoscevo molto poco, l’avevo conosciuto naturalmente dai miei anni in California e quel giorno mi ha colpito per la sua modestia e la sua timidezza, era così umano! Naturalmente in quei momenti non stava interpretando il “personaggio Frank Zappa”, si sentiva quasi come un fan!

RLF: Un’ultima domanda: A cosa stai lavorando al momento?

JG: Ad una poesia nuova. Hai presente la poesia che ho interpretato ieri sera? Quella è stata l’ultima che ho scritto, l’ho scritta quattro mesi fa. A dicembre compio settant’anni, per cui sto preparando una poesia chiamata Thanks 4 Nothing, ossia “grazie per nulla”. È una poesia nello stile di Just Say No To Family Values, la sensazione è simile. Sta prendendo forma davvero bene.

RLF: Hai ancora l’ispirazione per scrivere tutti i giorni?

JG: Certo!

John Giorno

Ringraziamo Roberta Sodomaco, Clara Giangaspero e Francesca Piazzi dell’Ufficio Comunicazione del Comune di Monfalcone e lo staff della Galleria Comunale d’Arte Contemporanea senza la cui disponibilità e gentilezza quest’intervista non avrebbe potuto esistere.

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