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Percorsi

Cronache transiberiane (III)

Da Ekaterinburg a Irkutsk

Segue da Cronache transiberiane (II)

Cronache transiberiane di Giulia Deste e Andrea HammerleIl 6 maggio lasciamo Ekaterinburg in piena notte. Il risveglio è un po’ brusco perché l’autista si presenta a casa della professoressa Ludmilla mezz’ora prima dell’appuntamento. Sono le 2.30. Prima di andare via, però, abbiamo il tempo di sederci tutti con la padrona di casa e stare in silenzio per un minuto. In Russia si usa così prima dei viaggi: pensare a ciò che si lascia e al viaggio che si sta per affrontare. Forse, vista l’ora, in quel minuto Andrea ed io non abbiamo pensato a nulla. Ci aspettavano più di 48 ore di treno per considerare cosa avevamo lasciato e cosa ci stava aspettando.

Il treno per Irkutsk si presenta alla stazione di Sverdlosk con un’ora di ritardo. Durante l’attesa ci fa compagnia Sergej che così può anche proteggerci da eventuali malintenzionati, a quell’ora numerosissimi — a parer suo — nei pressi della stazione. Tuttavia, nonostante i pericoli incombenti sulla nostra incolumità, ad un certo punto, io sono abbandonata nella sala d’aspetto a far la guardia alle valigie, in compagnia di alcuni turisti canadesi chiaramente impazienti di partire, mentre Andrea e Sergej escono a fumarsi una sigaretta e a fare discorsi da uomini. Sergej parla della vodka, delle prostitute di Ekaterinburg e del Milan nel suo traballante inglese che Andrea non conosce ma che sembra comprendere perfettamente. Affinità tra maschi.

Finalmente arriva il treno! Ma che delusione: siamo accolti malamente da un’antipatica provodnitsa dai capelli rosso fuoco che ci accompagna in uno scompartimento che qualcuno aveva appena lasciato con le sue lenzuola usate. Il treno è decisamente più squallido e sporco dello splendido Ural che ci ha portato fino a lì. La mattina dopo ci rimangiamo la promessa di rifare il viaggio lungo la transiberiana per il nostro venticinquesimo anniversario; optiamo per una crociera al Polo nord (quando al nostro ritorno abbiamo visto i prezzi il discorso non è più stato affrontato, nda).

Anche il paesaggio esterno sembra risentire dello squallore del treno — peraltro molto simile ai nostri -: è un paesaggio desolato, di betulle spoglie, di fiumi e nuvole grigi. Le solite casette di legno con la staccionata storta e gli stabilimenti industriali fanno da intermezzo alle foreste. Ma non ci annoiamo, passiamo le ore incollati al finestrino finché il sole non tramonta. Ci accorgiamo che fuori fa freddo perché nelle stazioni le persone indossano cappotti e cappelli mentre all’interno del treno c’è una temperatura costante di 21 gradi. Tra gli alberi si cominciano a intravedere macchie bianche di neve: al km 2102 da Mosca siamo ufficialmente entrati in Siberia e siamo ufficialmente entrati nella stagione invernale.

Stabilimenti industriali fotografati dalla transiberiana, cronache di Giulia Deste e Andrea Hammerle

Questo treno è pieno di turisti che hanno intrapreso il nostro stesso viaggio. Ma in prima classe, dove noi viaggiamo, l’età media è piuttosto alta e, a parte qualche sorriso, non scambiamo parole con nessuno. Nel vagone ristorante, durante il nostro primo pranzo, assistiamo a una quasi rissa tra giovani tedeschi ubriachi, sedata grazie all’intervento del cuoco panciuto mentre i tavoli vengono sveltamente riordinati dalla cameriera dai denti di oro.

La prima sera di permanenza in treno ceniamo nel vagone ristorante e ci concediamo anche della vodka russa. Tre bicchieri bastano per raggiungere lo scompartimento barcollando. Il giorno dopo, passo gran parte del tempo distesa con un po’ di nausea a pensare che non ho più il fisico di una ventenne e che mi basta eccedere un po’ con i vizi per risentirne nelle dodici ore successive. Ma a trent’anni si è già vecchi? Forse non dovrei generalizzare visto che Andrea, il giorno dopo, non accusa alcun disturbo. Però che buona la vodka russa: dopo la bellezza delle giovani donne, questo sarà il secondo motivo di lode alla Russia che Andrea mi ripeterà nel resto del viaggio.

La seconda sera, invece, compriamo del cibo dalle signore che vendono i loro piatti nelle stazioni: 4 pelmieni (ravioli ripieni di carne, nda), 2 polpette grandi, 2 frittelle ripiene di cavolo cappuccio, 2 dolci a forma di tubo per la colazione dell’indomani. Queste prelibatezze ci costano all’incirca 3 euro e ci saziano molto di più delle misere porzioni del vagone ristorante.

Al chilometro 3932 ci troviamo a metà strada tra Mosca e Pechino. È emozionante guardare sulla cartina la distanza che abbiamo già percorso fino ad ora, ad una velocità di circa 80 km orari, cercando di non perderci un solo particolare dell’ambiente esterno. Ho la sensazione di essere completamente immersa nella Russia e fisicamente lo sono, visto che mi trovo al centro del continente asiatico a circa 2500 chilometri da qualsiasi mare, in mezzo alla Siberia, regione dove d’inverno si raggiungono i 40 gradi sotto zero. Sto attraversando uno stato talmente grande, che il clima cambia completamente da nord a sud e da est ad ovest. Ma la vodka e le ragazze rimangono le stesse.

Giulia Deste mentre attraversa la Russia sulla transiberiana

Mi sento proprio tanto fortunata ad affrontare questo viaggio. Nonostante l’entusiasmo per la nostra spedizione verso l’estremo oriente, però, il secondo giorno di permanenza in treno ci sentiamo privi di forze e afflitti da una costante sonnolenza, sarà a causa del riposo forzato a cui siamo costretti ma non vediamo l’ora di arrivare a Irkutsk. Finalmente la mattina dell’8 maggio entriamo nella stazione di Irkutsk. Fuori ci sono 5 gradi, ha nevicato due giorni prima ma insieme a noi è arrivato anche il sole.

Irkutsk, dove il circo è una cosa seria e l’esercito un po’ meno

All’arrivo ad Irkutsk veniamo accolti dal freddo pungente e da una competente giovane dipendente di una locale agenzia turistica che ci carica su un furgoncino insieme ad alcuni turisti tedeschi e, con noncuranza, passa dal tedesco all’inglese per spiegarci la collocazione dei nostri alloggi. Nel tempo del tragitto abbiamo già pianificato e pagato una gita organizzata lungo la circumbaicalica, la vecchia linea ferroviaria, ormai dismessa, che costeggia a nord ovest, per un breve tratto, il lago Baikal.

Ma come è possibile che a Mosca, nella città più importante della Russia, quella con maggiore visibilità internazionale sia così difficile trovare qualcuno che parli inglese e qui, nella Siberia più remota, le lingue straniere siano così diffuse? Io, comunque, con il mio stentato inglese, mi sento più moscovita che irkutskese (se così si può dire ma non credo, nda).
Irkutsk ha quasi 600.000 abitanti, è un importante polo industriale e scientifico della Siberia, ma il centro, costituito da basse case di mattoni o di legno, la fa apparire come una tranquilla città di provincia.

Siamo ufficialmente in una città rischiosa: lo scrive la guida che le vie di Irkutsk talvolta possono essere pericolose eppure, l’unico sistema di sicurezza per entrare nell’appartamento dove alloggeremo, è la solita apertura con codice numerico: poi c’è solo la porta d’entrata che viene chiusa ad un’unica mandata.
La famiglia che ci ospita — padre, madre e figlio adolescente — ha allestito per noi nel soggiorno una brandina e un divano letto. Ci troviamo nel cuore della loro esistenza domestica: numerosi libri e fotografie di famiglia ci circondano. C’è anche la Divina Commedia scritta in cirillico accanto alle commedie di Shakespeare e ai prevedibili Dottor Živago e Il Maestro e Margherita. Grazie alla nostra ormai lunga permanenza in Russia, la scrittura cirillica non ha più segreti per noi e, prima di addormentarci, decifriamo con facilità il titolo di un romanzo pescato a caso dalla libreria.

Irkursk non offre molte attrattive: ma suggestivo è il fiume Angara che, a ridosso della diga costruita in periferia, è ancora ghiacciato. Con il tram numero 5 abbiamo raggiunto questa parte della città per vedere ormeggiata una vecchia e arrugginita rompighiaccio a vapore che — prima che fosse costruita la circumbaicalica — trasportava i viaggiatori della transiberiana da una sponda all’altra del Lago Baikal. Ora la rompighiaccio se ne sta lì abbandonata: un malinconico gigante che sparuti turisti vanno a visitare.
La periferia di Irkutsk è fatta di grandi quartieri costituiti da catapecchie di legno e attraversati da strade non asfaltate: vista la documentata pericolosità della città, chissà quante minacce nascondono. Perciò mi muovo con molta circospezione.

Irkutsk in Russia

Con meno cautela, invece, ci spostiamo lungo le centrali ulitse Dekabriskikh Sobyty e Timiryazeva, due vie dove si trovano i più belli esempi di architettura in legno. Accanto a catapecchie in rovina, infatti, si innalzano piccoli palazzi di legno abbelliti da eleganti intarsi: appena restaurati, rivivono di antico splendore.
Più attraente delle case è, pero, il rumoroso mercato centrale dove si allineano banconi di frutta, di carne, di pesce affumicato, di fette di torta. Anche qui riusciamo a mangiare a sazietà spendendo pochissimo, come i lavoratori in pausa pranzo che ci circondano.

Il secondo giorno di permanenza a Irkutsk è il 9 maggio: la Festa della Vittoria che avevamo visto allestire a Mosca. La viviamo come i cittadini del posto. Così al mattino ci riversiamo insieme a una copiosa folla nella piazza principale dove al suono marziale delle canzoni militari si svolge la sfilata di tutti i reparti dell’esercito, passati poi in rassegna da un impettito generale. Ogni tanto un vecchissimo reduce, gobbo sotto il peso delle medaglie, attraversa la piazza a braccetto della nipote per raggiungere i posti d’onore.

Parata a Irktusk

In tutte le città della Russia, in quel momento, si stanno ripetendo gli stessi eventi. E noi siamo in Russia e stiamo partecipando alla festa più importante dell’anno. Un po’ emozionati guardiamo i reparti speciali esibirsi in difficili numeri di destrezza: impavidi si gettano dalla camionetta in corsa, attraversano cerchi infuocati, con abili mosse si liberano dai nemici. Dopo aver considerato la dura preparazione fisica a cui è probabilmente sottoposto l’intero esercito russo, preparazione che lo rende così minaccioso, prestiamo maggiore attenzione alla musica che accompagna quest’ultima esibizione. Non si tratta di un canto militare non è neanche un canto russo: stentiamo a crederci quando comprendiamo che è The Final Countdown degli Europe.

Increduli e delusi dalla smentita serietà dell’esercito russo, lasciamo la piazza ma invece di fermarci a comprare delle bottiglie di birra da bere sul marciapiede come gli altri cittadini, andiamo a mangiare una pizza. La pizza in Russia è una specialità che poco ha a che fare con la nostra: è una torta di pasta sfoglia con pezzetti di pomodoro e un formaggio che non è mozzarella, più una spruzzata di foglie di aneto. Insomma non è pizza ma è buona.

Nel pomeriggio, con la gran parte dei cittadini, ci ritroviamo nel palazzetto del circo per vedere lo spettacolo messo in scena in occasione dell’importante festività. L’esibizione di pagliacci, cammelli, ippopotami, equilibristi, scimmie, prestigiatori e acrobati dura quasi tre ore. Ma sono tre ore passate a ridere o con il fiato sospeso o con tanta curiosità. Quanto erano bravi tutti, quanto ci siamo goduti il pomeriggio al circo! Il circo russo sì che è una cosa seria!

Il circo di Irkutsk in Russia

A 60 chilometri da Irkutsk c’è il lago Baikal. Lo raggiungiamo una mattina con una marshrutka, un taxi collettivo che quando è pieno compie gli stessi tragitti degli autobus ad un prezzo inferiore. Ci fermiamo a Listvianka, località turistica sulle sponde del lago. È difficile immaginarla piena di bagnanti visti il gelido vento che sferza il viso, il ghiaccio che fa capolino tra i ciottoli della spiaggia, i guanti e la sciarpa che indossiamo nonostante il sole.

Ci troviamo davanti al lago più profondo del mondo, che è anche uno dei laghi più grandi del mondo: ha una vaga forma di banana ed è lungo 600 chilometri. Ma è largo solo una sessantina di chilometri e questo ci consente di intravedere sulla sponda opposta una catena di monti innevati: sono le montagne Kamar Daban della Buriatia.
Il lago Baikal è veramente spettacolare e per Andrea è amore a prima vista.

Il giorno successivo ritorniamo sul lago in pullman per intraprendere la gita organizzata appena giunti in città. Da Listvianka, un traghetto ci porta oltre l’estuario del fiume Angara, a Port Baikal, dove saliamo su un treno che ci condurrà a scoprire suggestivi scorci di questa meravigliosa distesa d’acqua. Dividiamo il vagone con la classe di una scuola di danza locale, cioè con delle ragazzine di un’età che varia dai 10 ai 13 anni che non vedono l’ora di fare amicizia e usare il loro inglese scolastico. Ci capiamo perfettamente e ci scambiamo anche numeri telefono e indirizzi e-mail. Ci confidiamo i nostri gusti musicali e le preferenze di cibo. I loro cibi preferiti sono le patatine fritte e la pizza, cioè quella torta salata che usano fare in Russia. Dimostrano chiaramente che l’infanzia non ha nazionalità: anche se varia da paese a paese, a tutti i bambini del mondo piace la pizza. E le patatine fritte.

Mentre l’amicizia con le nostre compagne di gita si salda sempre più, il treno lento costeggia il lago Baikal; ogni tanto si ferma e possiamo scendere a guardare da vicino gli iceberg che galleggiano lungo le rive: si staccano dal centro del lago che è ancora ghiacciato. Andrea ne è estasiato. Il risultato di tale dirompente passione è una carrellata di un centinaio di foto di iceberg con tutti gli sfondi possibili: con monti innevati, con rocce a strapiombo, con pino solitario, con me, con russi pieni di vodka che fanno il bagno in quell’acqua gelida, con treno, con ballerine.

Lago Baikal in Russia

È stata una gita indimenticabile, soprattutto per Andrea. Io veramente ho sofferto un po’ il freddo. Sarà stato questo a non permettermi di condividere completamente con mio marito la sua ardente inclinazione per questa meraviglia della natura che è il Lago Baikal? Forse ero solo un po’ gelosa…

Segue con Cronache Transiberiane IV

Il 26 aprile 2008 Andrea e Giulia si sono sposati. Il 28 aprile 2008 sono partiti per il loro viaggio di nozze: un viaggio di 7000 chilometri che da Mosca li avrebbe portati a Pechino lungo le storiche linee ferroviarie transiberiana e transmongolica.

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