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Arte

Magritte, l’apparire e l’apparenza

Palazzo Reale apre i battenti al maestro dei Surrealisti, con Magritte. Il mistero della natura, una mostra dedicata all’attenzione che il pittore belga riserva al tema.

Dipinto di Magritte

Si tratta di un percorso che non indaga però la natura intesa prettamente come ambiente paesaggistico che ci circonda, quanto piuttosto la natura delle cose, intesa come essenza ad esse propria, che ci appare solo quando il loro senso viene messo in gioco da una pratica, ad esempio quella artistica, che interroga il regime della visione.

Dice infatti Magritte che “la potenza del mistero si manifesta evocando il mistero degli esseri che ci sembrano familiari”. Lo straniante non è dunque qualcosa che ci colpisce quando piombiamo nella totale irrealtà di una situazione, bensì quando essa ci attende, cresce con noi e riesuma regimi di senso altrimenti incompatibili. La figura di una pipa diventa straniante perché sappiamo che essa è una pipa, lo vediamo coi nostri occhi, eppure vediamo anche una scritta che ci dice il contrario (Ceci n’est pas un pipe).

Un paesaggio diventa misterioso quando esso non è immerso nella notte più cupa, ma quando riesce ad assorbire due modi diversi, ed è al contempo sia notte che giorno (L’impero delle luci), quando resta sospeso tra due abissi di senso, facendone coesistere i reciproci significati di solito in contrapposizione. O è giorno, o è notte, o è sasso, o è nuvola (La battaglia delle Argonne).

Non a caso le peggiori tragedie si consumano nella famiglie più raccolte e quelle più raccapriccianti nelle cerchie affettive più ristrette. La madre di Magritte fu per l’appunto trovata annegata suicida, con la testa avvolta nella camicia da notte. Magritte dovette imparare a convivere con il mistero, trascinandolo fuori dalle mura domestiche. Per farlo, serviva un artificio artistico intelligente e sconvolgente.

Ceci n'est pas une pipe di Magritte

Immaginare il possibile che ancora non esiste, ma che aspira all’essere, è infatti cosa tanto ambita quanto complessa. Ma è il punto di arrivo al quale logicamente tendono tutte le arti, dal teatro, alla letteratura, alla pittura, ed il talento di un artista si misura appunto dalla sua capacità di creare universi al contempo irreali e di smisurato valore. Ma è complesso, perché non basta la fantasia, né l’immaginazione: per prima cosa per vedere cose che non ci sono bisogna essere in grado di non vedere quello che già esiste.

Così la maschera neutra, inventata da Jacques Lecoq, esprime lo straniante in teatro proprio perché riesce ad eliminare il soggetto stesso, ovvero, cancellando il volto, cancella la possibilità di un corpo di passare da oggetto a soggetto, e viceversa (cfr. Francesco Marsciani, Il volto neutralizzato). Le nostre dinamiche nel reale prendono piede a partire da questo andirivieni che noi stessi proviamo quando il nostro sguardo sul mondo ci viene rimbalzato addosso da un altro sguardo, vivace e curioso (cfr. Sartre, l’Essere ed il Nulla) , che entra con noi in una relazione dinamica.

La maschera neutralizza questa dinamicità, questa action-reaction, al fine di evidenziare un puro essere, un esistere senza tempo e senza memoria del puro gesto. L’arte di Magritte si pone ad un livello diverso: essa crea sempre perturbante, e vuole arrivare a definire la purezza del gesto, ma non tramite una negazione delle relazioni che lo instaurano, quanto tramite una loro impensabile co-presenza. E così noi notiamo la pesantezza del sasso quando esso viene fatto volteggiare nell’aria accanto ad una nuvola. La purezza della qualità emerge dalla negazione di un contrasto.

La magia nera di MagritteLe forme terminano nei loro contenuti (La magia nera, 1945), gli inglobanti negli inglobati, le figure negli sfondi, realizzando un reale in cui vige solo il principio di continuità e metamorfosi, nel quale il quotidiano si scoperchia e, come un vaso di Pandora, rimanda alla nostra visione tutto l’assurdo che tace inerme in esso e che lo determina. “Il mistero è la banalità che accomuna tutte le cose”. Per questo anche una mela può mettersi una maschera, come avesse qualcosa da nasconderci (Ricordo di un viaggio, 1961). Tutto si gioca nell’apertura di un abisso tra l’apparire e l’apparenza, in cui il quotidiano perde banalità per dipingersi di mistero e magia.

La mostra inizia a sorpresa con i primi dipinti futuristi dell’artista, quando il mondo artistico era travolto dall’arrivo delle nuove tecnologie. Poi Magritte aderì al movimento surrealista, fondato nel 1924 da André Breton e che non voleva essere tanto una celebrazione della velocità (futurismo) né un abbattimento delle regole artistiche radicate nei secoli (dadaismo) quanto piuttosto un “automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente che in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale” (Breton, Manifesto Surrealista).

Se è vero quello che ci spiega Danto, ovvero che la filosofia può nascere solo quando le società in cui sorge cominciano a sviluppare un certo concetto di reale (in riferimento all’antica Grecia e all’India), non possiamo certo stupirci dei notevoli risvolti che il surrealismo portò nella cultura contemporanea, dal momento che esso si impegnava a dimostrare come un’immagine sia una cosa in sé, indipendentemente dall’esistenza della cosa che essa rappresenta. Esattamente come la maschera neutra del teatro, esso immetteva nelle logiche della cultura il principio cardine dell’evento, dello straniamento e della contingenza, di fronte ai quali nessun pensatore contemporaneo e futuro poteva più tirarsi indietro.

L impero delle luci di Magritte

Palazzo Reale di Milano, dal 22 novembre 2008 al 29 marzo 2009, ospita la mostra Magritte. Il mistero della natura, curata da Michel Draguet e Claudia Beltramo Ceppi e dedicata al grande artista belga in occasione del 110° anniversario della sua nascita.
Esposti centodieci dipinti a olio, gouaches e sculture, che ripercorrono la vicenda artistica del maestro del Surrealismo e il suo approccio al tema della natura.


Bibliografia:
Danto Arthur, La Trasfigurazione del banale. Una filosofia dell’arte, Laterza 2008
Marsciani Francesco, Il volto neutralizzato, saggio scaricabile dal sito di Marsciani.
Foucault Michel, Questo non è una pipa, SE 1988
Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla, Il Saggiatore 2008

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