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Cinema

Jalmari Helander

Rare Exports: a Christmas tale

Incontriamo Jalmari Helander in pausa pranzo, in un ristorante poco distante dalla Piazza Grande, dove il suo film verrà proiettato fra poche ore. Il nostro angelo custode, nonché addetta stampa per il film, Frauke Greiner, ci accompagna e chiacchiera con noi mentre il regista finisce il pasto dei giusti. Ci sediamo con lui in un angolo del locale e, con il sottofondo sonoro di libagioni ancora in corso, proviamo a scalfire la sua proverbiale scorza finnica di riservatezza. Sfortuna vuole che, oltre al rumore di piatti e bicchieri, anche il volume della nostra telecamera all’inizio della registrazione abbia fatto i capricci, privando per sempre chi fra i nostri lettori guarderà anche il video dell’ascolto delle prime domande fatte.
Per fortuna, giornalisti d’assalto quali siamo, la vecchia penna non l’abbiamo cestinata.

Beatrice Biggio (BB): Abbiamo il piacere di intervistare Jalmari Helander, regista di Rare Exports, il suo primo lungometraggio, che in questa edizione del Festival del Cinema di Locarno verrà proiettato in Piazza Grande. Abbiamo visto il film in proiezione stampa, ed è stata un’esperienza incredibile. Non è il solito film di Natale, diciamo.

Jalmari Helander (JH): Direi di no, non secondo i criteri soliti. Ma in qualche modo è comunque un film sul Natale. Si basa sulla figura di Babbo Natale secondo la tradizione finlandese, che non è sicuramente quella stereotipata dell’immagine che la pubblicità della Coca Cola ci ha abituati a vedere in tutto il mondo. Io lo odio, quel Babbo Natale lì, è l’esatto contrario di quello originale che tutti i bambini finlandesi conoscono. Babbo Natale è un cattivo ragazzo, nella nostra tradizione, è il mostro spaventoso che punisce i bambini, non l’icona pubblicitaria, il nonnetto di rosso vestito, con la barba bianca che porta i regali a tutti i bimbi del mondo. È difficilissimo contrastare quest’idea ormai sdoganata dal marketing globale, ma nel film ci abbiamo provato. Oltre ad aver raccontato, spero, una bella storia avventurosa. Il nostro è un film d’azione, dopo tutto.

BB: Effettivamente, non si tratta di un film per bambini. Ti sei ispirato in qualche modo al Labirinto del fauno di Guillermo Del Toro? Qual è stata l’idea originaria, lo spunto iniziale?

Jalmari Helander | foto di Giulio DoniniJH: Sì, Del Toro è stato una delle ispirazioni, direi, decisamente. Mi piace il modo in cui usa l’atmosfera fiabesca per andare a fondo, a pescare nelle paure che attanagliano tutti. Ma l’idea è quella di un incontro fra quest’atmosfera e quella soprannaturale, quella di un film come Signs, per esempio. E, naturalmente, c’è anche la mia passione per i film d’azione. Trovo difficile, però, dare una definizione schematica, perché c’è anche qualcosa d’altro. Io sono affascinato dall’immaginazione dei bambini: a volte è quasi impossibile per noi adulti capire quanto possano essere spaventose alcune delle idee che frullano loro in testa. E quanto al tempo stesso rivoluzionarie, quando possono esprimerle liberamente e metterle in atto.

BB: Molti hanno definito il tuo film come un riuscitissimo prodotto di genere. Per me non si tratta tanto di una pellicola di genere, quanto di una fantastica storia sull’infanzia, sui sogni, le speranze, l’immaginazione dei bambini, e degli adulti che riescono a trattenere qualcosa dell’infanzia. Pensi che sia questa la cifra vincente del film, mostrare quanto nei bambini la capacità d’immaginazione sia molto maggiore che negli adulti?

JH: Si tratta proprio di questo. A me piacciono le idee dei bambini, il loro modo di fare le cose. Mi piace anche pensare che in chiunque di noi possa celarsi un eroe, mentre gli altri pensano esattamente l’opposto.

BB: Ho anche notato che non ci sono donne in questo film e che non ti soffermi tanto sulla storia della madre di questo bambino. Nel film non si dedica troppo tempo a chiedersi che cosa le sia successo o
che cosa significhi per lui vivere solo col papà. A me questo è piaciuto, hai accennato alla cosa con tocco leggero e la storia perciò non corre il rischio di virare a racconto di una tragedia familiare, lasciando spazio al mondo dell’immaginazione e alla vitalità, alla personalità del bambino. Trovo che sia questo, a rendere la storia universale. Avevi già in mente tutto dall’inizio, o le cose si sono evolute mentre giravi?

JH: Sembra che tu abbia capito davvero quello che ho cercato di fare. In effetti, la madre c’era, fino ad un certo punto, nello script. Ma poi ho capito che sarebbe stato troppo difficile raccontare questa storia se ci fosse stata una madre, perché allora il padre di Pietari avrebbe dovuto stare a spiegarle troppe cose… Vedi, per gli uomini ci sono cose che non si potrebbero mai fare se ci fossero delle donne in giro, specialmente in situazioni “strane” come quella del film…

 

Onni Tommila | foto di Giulio DoniniBB: È stato difficile lavorare con il piccolo Onni Tommila, che interpreta il personaggio principale del film, Pietari? Suo padre nel film lo è anche nella vita: è dopo aver scelto lui che hai capito che il bambino era adatto per la parte, oppure lo hai scelto dopo aver fatto dei provini anche ad altri piccoli attori?

JH: No, per fortuna non ho dovuto fare nessun provino. Onni è mio nipote e Jorma Tommila, suo padre, è sposato con mia sorella. Quindi per me è stata una decisione facile, dato che Jorma interpreta il padre del bambino, ed è sicuramente più semplice lavorare con un bambino che si conosce così bene. Lui si fidava di me, in fondo sono sempre suo zio, per cui è stato davvero facile, anche se i giorni di ripresa erano veramente lunghissimi. Ho avuto molte difficoltà con lui esclusivamente per questo motivo. Continuavo a promettergli: “Domani gireremo soltanto per sei ore”. E, naturalmente, non ho mai mantenuto la promessa!

BB: Puoi parlarci della distribuzione del film? Mi sembra che abbia delle grosse possibilità di essere distribuito in maniera capillare. Avevi in mente quest’obiettivo, mentre giravi, stai mettendo in atto un qualche tipo di strategia a questo fine?

JH: Decisamente no. Sto cercando di tenermi fuori da tutta questa frenesia di compravendita, perché lo trovo veramente frustrante… Spero che il film abbia successo, ovviamente, anche se so che ci sono dei dubbi sulla distribuzione, soprattutto perché non si sa bene quale sia il target di pubblico. Potrebbe essere un film per bambini, ma forse non lo è affatto… Io non lo so, ho solo cercato di fare un buon film, al meglio delle mie possibilità: questo era il mio obiettivo.

BB: Stai seguendo altri progetti al momento? Stai scrivendo qualcosa, hai idee per un nuovo film?

JH: Sì, sto scrivendo la prima stesura del mio nuovo film, spero di concluderla per la fine dell’anno. Stavolta, girerò tutto il film in inglese. Sarà un film d’azione, molto diverso da questo.

BB: Be’, dopo aver visto in azione un piccolo Bruce Willis, speriamo in qualcosa di ancora più coinvolgente! Più di un milione di persone hanno visto i tuoi corti su Internet, quelli che hai girato prima del
lungometraggio, che è basato in gran parte proprio sulle storie che racconti nei corti. E da quei corti è anche partita una campagna di merchandising che ha avuto parecchio successo. Anche il logo che avete
creato è davvero geniale. Chi c’è dietro tutto questo?

JH: Il logo l’ha disegnato mio fratello, che è anche la persona che si occupa di tutto quello che riguarda il web. Abbiamo curato molto l’aspetto della diffusione in rete, anche se ultimamente ci siamo impigriti… Ma ci impegneremo a mettere online una buona copertura di tutta l’esperienza qui al Festival e della proiezione di questa sera in Piazza…

BB: In Piazza Grande. Un’ultima domanda: mi piacerebbe sapere che spettatore sei, quali film ti piace vedere, quali sono i film della tua vita, per così dire?

JH: Mi piacciono sempre molto i film che mi fanno vedere qualcosa che non succede nella vita reale. Un buon film è qualcosa di… mi verrebbe da dire di soprannaturale, perché il soprannaturale mi affascina da sempre. Mi piacciono tantissimo i film di Steven Spielberg. Alcuni dei primi lavori di Shyamalan, come Unbreakable, Signs… e mi piacciono moltissimo i film d’azione.

BB: Grazie davvero di averci concesso il tuo tempo, auguriamo al tuo film tutto il successo che merita!

Jalmari Helander | foto di Giulio Donini

Rare Exports ha ricevuto nel 2010 a Locarno il Premio speciale Variety Piazza Grande. Il premio viene assegnato ad uno dei film della sezione non competitiva Piazza Grande da una giuria composta dai critici della Bibbia dell’entertainment americano presenti a Locarno. Variety intende con il premio dare riconoscimento al film che riunisce in sé ottime qualità artistiche e notevole potenziale di distribuzione nelle sale, ed ha lo scopo di incrementare la diffusione internazionale del film premiato, grazie ai contatti e all’influenza di cui Variety gode nell’ambito dell’industria cinematografica.

RARE EXPORTS: A CHRISTMAS TALE

Regia: Jalmari Helander – Finlandia/Francia – 2010 – 78 min.

Con: Per Christian Ellefsen, Tommi Korpela, Jorma Tommila

Sinossi

Durante la settimana precedente il Natale, il piccolo e vivace Pietari scopre la verità su Babbo Natale. La leggenda racconta che il vecchio mattacchione è più malvagio che buono. Oltre a lui, anche un gruppo di scienziati americani è alla ricerca di qualcosa nella tranquilla cittadina rurale nel nord della Finlandia dove Pietari vive. Si scoprirà che il mistero di Natale meglio conservato si trova proprio lì, sepolto a 500 metri di profondità. I protagonisti scateneranno una serie di eventi imprevedibili. Dopodiché, il Natale non sarà mai più la stessa cosa.

Biografia

Jalmari Helander è nato ad Helsinki nel 1976. Inizia la sua carriera come regista di spot pubblicitari e video musicali. I suoi cortometraggi Rare Exports Inc. (2003) e Rare Exports Inc. – Safety Instructions (2005) sono diventati fenomeni di culto in Internet. Rare Exports: A Christmas Tale (2010) è il suo primo lungometraggio.

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