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Scrittura

La storia dei caroselli Stock 84 (V)

Famoso nel mondo:  il brandy tra regionalismo e richiami internazionali

Nel 1965 la pubblicità Stock avviava una nuova esperienza. A Lina Volonghi, un’ icona ormai consolidata, fu affiancato Raimondo Vianello, che allora godeva di una marcata visibilità televisiva.

Raimondo Vianello

La proposta dei testimonial si configurava, in certo modo, nel senso di una soluzione “ibrida”, poiché la nuova coppia richiamava da una parte il mondo del teatro classico, dall’altra un talento capace di esprimersi al meglio entro la cornice dello sketch televisivo.  La risultante fu tuttavia un impasto efficace, poiché ancora una volta l’attrice seppe muoversi con grande disinvoltura entro il registro proprio degli inserti comici proposti da Carosello. Sul terreno dei messaggi – di cui si dirà più oltre – assistiamo ad un deciso spostamento di accento. Emerge ora in primo piano il tema del brandy internazionale, che aveva già fatto capolino nella serie precedente. Ma è difficile collocare questo sviluppo (1965-1967) sulla scia della serie Tra moglie e marito. Sia sul piano delle strutture compositive che su quello della tonalità complessiva ci si trova di fronte ad una serie di esiti che prendono francamente le distanze dal modello tradizionale ed inaugurano una stagione diversa che, soprattutto nel segmento terminale – La sai l’ultima? (1967) –, anticipa la formula segnata dalla presenza della coppia Vianello-Mondaini.

Attraverso una torsione evolutiva relativamente accelerata vengono smobilitati i residui teatrali condizionanti le soluzioni collocate a cavallo fra gli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, e si introduce in progressione una mobilità e un dinamismo visivo proprio dei moduli televisivi. All’interno di questa spinta permangono in forma contratta alcuni passaggi che hanno fatto la storia dei caroselli Stock (il Signore sì che se ne intende!, il topos del bar, il tema della fama mondiale), ma questi sedimenti sono oramai ricomposti nel senso della “miscelazione” rapida. Per avvicinare in dettaglio questo insieme di scatti in avanti è forse utile muovere da una rapida descrizione delle strutture compositive. All’interno dei caroselli che inaugurano la serie (primi cicli del 1965) si avverte ancora il peso di alcune rigidità: la sequenza è ancora ordinata in una presentazione, nel “pezzo”, e in uno snodo finale in cui emerge la tendenza a “miscelare” la tradizionale scenetta del bar (in cui compare ancora il solito avventore dai gusti ordinari) con la presentazione esplicita del prodotto. Da qui la riproposizione di una serie di  schemi che non si discostano molto dal modello tradizionale, ma sicuramente rompono la rigidità dei modelli precedenti.

Nel primo schema si assiste banalmente ad un’ inversione fra A1 e A2 vale a dire quella che era la “cerniera” viene a coincidere con il segmento terminale. Nel secondo la tendenza verso un codino “miscelato” appare molto più spinta:

Famoso nel mondo (1965)

A (7 sec.)

B (1 min. e 53 sec.)

A2 (15 sec.)

A1 (10 sec.)

pezzo comico

visibilità del prodotto

scena del bar

Famoso nel mondo (1965)

A (7 sec.)

B (1 min. e 53 sec.)

A2

(7 sec.)

A1

(7 sec.)

A2

(5 sec.)

A1

(5 sec.)

I briganti mattacchioni sono i protagonisti di questo carosello del Parmigiano Reggiano

Nel primo ciclo del 1966, nel quale la Volonghi interpreta un’intervistatrice tedesca, vennero introdotte una serie di innovazioni. Da una parte si decise di sopprimere alcuni momenti topici, dall’altra si introdussero nuovi sviluppi inventivi legati allo slogan tradizionale del Signore sì che se ne intende. Contestualmente furono re-inventate le composizioni del codino propriamente pubblicitario (gli sfondi sui quali sono collocate le bottiglie del brandy). La sensazione è che si volesse tingere il messaggio complessivo con una tonalità più fresca e diretta: furono attenuati gli elementi che connotavano il prodotto in senso elitario (si rimuovono gli sfondi barocchi: le ceramiche di pregio, le specchiere lucenti, i candelabri) e lo stesso slogan identificativo fu declinato in modo diverso. Il motivo tradizionale dell’intenditore assume una valenza molto più leggera e spiritosa, al punto che la scenetta tipica della cerniera (la mortificazione dell’avventore ordinario) venne rimossa. Se lo slogan aveva accumulato una capacità identificativa che non poteva essere dispersa, bisognava in qualche modo liberarlo dal “peso” della tradizione e persino contraddirlo: Io non me ne intendo ma Stock 84 mi piace! (è un’ appellazione diretta che viene da un giovane volto femminile). Tornava in sostanza, ma rivolto a un’Italia ormai diversa, l’insistenza sul brandy come oggetto di consumo largo e popolare (Il brandy di chi se ne intende… e che piace a tutti!).

Sul piano formale si tornava all’involucro di partenza, ma bisogna tenere presente che in A1 il contesto scenografico adombra situazioni diverse (salotto domestico, ristorantino, bottiglieria), e lo slogan viene compresso con una curiosa invenzione. Mentre nel segmento terminale, che risulta fortemente frammentato, trovano posto in alternanza tre appellazioni e le sequenze pubblicitarie in senso stretto. Si nota il tentativo di costruire la parte terminale utilizzando un dinamismo televisivo sempre più marcato, ma considerato nel suo insieme il modello conserva soprattutto nel passaggio B – A1 quella legnosità che caratterizzava i caroselli di prima maniera, nei quali come si è visto la legatura formale avveniva tramite la componente verbale o sonora.

Famoso nel mondo (1966)

A (7 sec.)

B (1 min. e 44 sec.)

A1 (5 sec.)

A2 (17 sec.)

Famoso nel mondo (1966)

A (7 sec.)

B (1 min. e 44 sec.)

A1

T1

A2

T1

T

A2

(Per T si intende appellazione dei testomonial principali, la coppia Vianello – Volonghi, per T1 si intende appellazione di testimonial secondario)

Peppino De Filippo veste i panni di Peppino cuoco sopraffino

L’impegno dei due attori diede vita ad una serie ordinata in tre “situazioni” comiche: il duetto turista straniera – “tipo” autoctono (Famoso nel mondo),  intervistatrice tedesca – personaggi bizzarri (Famoso nel mondo) e la sezione dedicata alle barzellette che viene tuttavia proposta in un duplice registro (Famoso nel mondo – La sai l’ultima? Stock presenta La sai l’ultima?). Mentre, come si è visto, i primi due “capitoli” evidenziano una certa movimentazione rispetto alle soluzioni usuali, nel segno di un apprezzabile rinnovamento d’impronta televisiva: una spinta modernizzante che ad ogni modo lasciava intatta l’identità propria del “pezzo”, nei secondi si affaccia un modello compositivo più duttile che aspira di fatto a introdurre elementi di unitarietà. Sono gli esordi di una nuova formula nella quale lo spettacolino di contenuto propriamente comico verrà proposto all’interno di un collante destinato a presentare gli attori con i loro stessi panni, nella dimensione di una “cornice” di sapore quotidiano in cui gli spunti di comicità risultano ovviamente più attenuati e convenzionali. L’operazione è già leggibile nella serie che vede la coppia interpretare un vecchio colonnello e una turista straniera impegnati in un’ improbabile gara di humour. Nonostante la persistenza di una situazione assolutamente fittizia si percepisce lo scarto fra la barzelletta raccontata e quella sceneggiata; è di fatto quest’ ultima l’autentico cuore comico del carosello. Quando i due attori rappresenteranno semplicemente sé stessi (Stock presenta La sai l’ultima?) la nuova formula sarà vicina al suo esito finale: che di fatto disarticola lo spettacolino in due elementi distinti ma integrati, una cornice strutturata in due momenti contenente il pezzo comico:

Stock presenta La sai l’ultima (1967)

A (4 sec.)

C (50 sec.)

B (38 sec.)

C (11 sec.)

A2

T

T1

A2

Nel lungo percorso dei caroselli che vedono riproposta la coppia “coniugale” Mondaini-Vianello si farà riferimento, salvo qualche intermezzo, a questo sviluppo.

Come si è accennato, nel 1965 il tema della fama mondiale del brandy venne declinato in senso comico giocando sul battibecco fra una turista straniera (tedesca, francese, americana) ed alcuni tipi regionali: il cliché, variamente modulato, è quello dell’italiano simpaticamente imbroglione e sfaticato alla ricerca di un guadagno facile. Naturalmente l’effetto comico faceva anche leva sulla capacità di Vianello di imitare le parlate dialettali, da qui l’insistenza verso alcuni contesti molto caratterizzati: Venezia, Firenze, Bologna, Napoli, Roma, Bari, la Sicilia. Il confronto si conclude generalmente con l’elencazione delle rispettive glorie nazionali. Da una parte si insiste su alcuni luoghi comuni (i monumenti,  la letteratura, la scienza, il valore militare):

A Parigi c’avrete er cervello ma noi a Roma c’avemo er core e c’avemo pure er cupolone… ma cosa centra? Noi abbiamo la tour Eiffel… e noi abbiamo l’arco de Tito… e noi abbiamo l’arco du trionfo… Lei offende l’arte… si ricordi che l’Italia è la culla dell’arte noi abbiamo il duomo di Pisa, e noi in America abbiamo statua libertà… e noi abbiamo Colosseo… e noi abbiamo grattacieli… Ricordare che noi abbiamo gente moltissimo intelligente… anca noi… noi gavemo Petrarca sommo poeta… e noi abbiamo Wolfang Ghoete… noi gavemo Vincenzo Monti… e noi abbiamo Federico Shiller… Lei non è un vero scienziato si ricordi che noi abbiamo Keplero… e noi abbiamo Torricelli… e noi abbiamo Hertz… Si ricordi che noi abbiamo Barletta con Ettore Fieramosca… e noi in Francia abbiamo Condé, generale di cavalleria… e noi abbiamo Leonardo Da Vinci campione del genio… e noi Napoleone comandante di tutte le forze armate!…

Dall’altra le contrapposizioni chiamano in causa una koiné di matrice popolare (le glorie calcistiche, la cultura culinaria, la moda, il mondo delle canzonette):

… E noi abbiamo il Bologna football club che tremare il mondo fa! E noi abbiamo Borussia che è quasi campione d’Europa! Però gli spaghetti ve piase… eh? In Germania non li gavè… noi abbiamo moltissimo cibo squisito… abbiamo pernici del Reno e fagiani di Westfalia… e noi gavemo pasta e fasoi e polenta coi usei… e noi abbiamo cinquanta qualità di salcicce  famose in tutta Europa… Si ricordi che le manichen più famose del mondo sono quelle italiane… e noi in Francia abbiamo i sarti più famosi del mondo! E noi abbiamo le sfilate di moda di Palazzo Pitti… e noi le sfilate di moda di Luois Lapé… Ma io a jà cantà… Napule è sempre Napule… si nun canto moro… noi abbiamo avuto Caruso… e noi Zara Aleander… E noi Sergio Bruni… e noi Caterina Valente che è famosa in tutt’ Europa…

Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi

Ma va detto che anche le sceneggiature aprono a situazioni gustose:

Bitte, perfavore, questa sala pittore Guido Rena?… No questa è la sala di Dotti detto il Dotto… come avere detto? Ho detto Dotti detto il Dotto… cosa essere questo Tottotitotototo… Gli ho detto che questa gli è la sala del pittore fiorentino Guidotto Dotti detto il Dotto… Dottore? Macchè dottore… detto il Dotto… cioè sapiente istruito… e mica fosse andato a scuola sa? No jera autodidatta… autodidatta? Guidotto Dotti detto il Dotto jera autodidatta… Come? Guidotto Dotti detto il Dotto jera autodidatta! Se loro avere bisogno di qualche spiegazione sui quadri… E voi chi essere? Ah… io guido! Ah bene! Sentiamo spiegazione signor Guido! E chi glié il signor Guido? Voi detto essere Guido! Macchè a capito… io guido… guido per la sala… sono un cicerone autorizzato… ma che parlo… tedesco? Voi parlare tedesco? Visto che nun ci si capisce dicevo appunto… o che parlo tedesco? Se voi parlare tedesco noi capisce benissimo… sarà meglio dare un occhiata ai quadri… questo ritratto del 1452 sarebbe Lorenzo de Medici detto lo zio della patria perché era fratello di Cosimo il padre della patria… Interessante… com’è vestito  gonfaloniere? Ma no da banchiere non vede la borsa il giubbotto di cammello… No cammello in 1952, cammello prima volta in Francoforte in 1764… E invece lei piglia una cantonata perché questo gli è cammello…. Non essere cammello … creda a ma gli è cammello… Guidotto Dotti detto il Dotto gli era un grande pittore!

E quando Vianello ascrive il brandy alle glorie italiane (E noi… e noi abbiamo Stock 84!), la Volonghi colloca finalmente la bottiglie nell’orizzonte internazionale (Anche noi lo abbiamo… Stock 84 è in tutto il mondo!). Le ultime battute – una passerella linguistica – aprono quindi ai contenuti pubblicitari del codino. Lo stesso espediente vale per la serie successiva – le interviste – che contiene alcune invenzioni particolarmente incisive, come ad esempio la parodia dell’attricetta veneta ignorante:

Ci troviamo nell’appartamento di una giovane attrice dello schermo che vogliamo intervistare per voi… Buonasera signorina… lei legge? Non ancora ma scrivo sa? E che cosa scrive un romanzo? No, per adesso solo la mia firma… Ehm.. quale regista preferisce? Ah… tutti quelli che preferiscono me… Noi sappiamo che sta girando un film… Quale parte? Parte prima… nella seconda non ci sono… No, guardi, signorina… la macchina è da questa parte… una parte comica o drammatica? Non capisco guardi… Dico è una parte da piangere o da ridere? Oh da ridere… da morir da ridere… E’ un grottesco? No, grotte non c’è ne… avviene tutto in pianura… Ah io non so più che cosa domandare… è un cartofen… un sacco di patate… insomma io non so più che cosa chiedere! Gli faccia una domanda culturale… è di moda… Scusi signorina che cosa pensare lei di Alessandro Manzoni? Oh… io non penso niente siamo soltanto amici tra noi non è successo niente… ma già voi giornalisti appena vedete un’attrice che esce con qualcuno subito glielo appiccicate come fidanzato… Ma cosa dice? Tutti sanno che Alessandro Manzoni… Ma cosa sanno? Cosa possono dire? C’è stato solo un flirt e basta… Io devo pensare alla mia carriera sa? Mica posso pensare al matrimonio… anzi colgo l’occasione per smentire tutte queste voci pettegole  tra me e questo signore che non so neanche come si chiama!

Febo Conti, conduttore dal ‘61 al ‘72 della trasmissione per ragazzi “Chissà chi lo sa?”

Insieme al tema portante del brandy di fama mondiale, sembrano affiorare, all’interno di quella tonalità più leggera di cui si è detto, una serie di richiami alla realtà giovanile; si tratta di accenni e di suggestioni laterali che tuttavia segnalano l’avvicinarsi di un clima attento ai fermenti delle generazioni più giovani. Questa apertura si sostanzia innanzitutto in una serie di presenze secondarie – il volto femminile che si propone con lo slogan Io non me ne intendo ma Stock 84 mi piace! nel 1965, la giovane figlia della turista straniera, il gruppo degli  ospiti che attornia i due testimonial nelle cornici –, ma trova anche sviluppi più espliciti. In un carosello del 1967 la dimensione giovanile irrompe attraverso una scena di ballo moderno. Ma saranno gli stessi testimonial di primo piano, ancora nel 1967, a richiamare in forma quasi emblematica l’importanza della componente giovanile: che soddisfazione danno questi giovani…  sì davvero… e non bisogna farli aspettare. Sui volti giovanili compare qualche barba, mentre le gonne si accorciano e nella piccola “corte” ospitata nel salotto s’ intravedono persino le minorenni.
È una spinta consapevole tesa a  rappresentare in qualche modo il mondo giovanile nella versione di una “comunità” identificabile sotto il profilo dei segnali esterni (il ballo, la gonna corta, la barba, i modi spontanei e disinvolti). In realtà, negli anni successivi, quest’ immagine verrà quasi del tutto abbandonata in favore di una rappresentazione diversa, nella quale, venuta meno la dimensione corale dei giovanissimi, subentreranno i tratti del trentenne di successo dai gusti raffinati.

Enzo BiagiCarosello ha educato i nostri figli, è stato, dal lontano 1957, un appuntamento e una pausa nell’angoscia quotidiana. Mostrava un mondo che non esiste, un italiano fantastico, straordinario: alcolizzato e sempre alla ricerca di aperitivi o di qualcosa che lo digestimolasse; puzzone, perennemente bisognoso di deodoranti e detersivi, sempre più bianchi; incapace di distinguere fra la lana vergine e quell’altra, carica di esperienze; divoratore di formaggini e scatolette, e chi sa quali dolori se non ci fossero stati certi confetti, che, proprio all’ora di cena, venivano a ricordare come, su questa terra, tutto passa in fretta.

Enzo Biagi, “Corriere della Sera”, 22/07/1976

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