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Scrittura

La storia dei caroselli Stock 84 (VI)

Una coppia televisiva per un brandy classico (1968 – 1973)

Con il 1968 si ritornava alla formula del duetto coniugale, ma la comparsa di Sandra Mondaini a fianco del marito segnava inevitabilmente il registro comico di elementi e sviluppi fortemente caratterizzati. Raimondo Vianello esordisce nel ruolo di ufficiale americano nella rivista satirica Cantachiaro n. 2 di Garinei e Giovannini.  La sua comicità composta e garbata gli regala subito notorietà. Lavora accanto a Wanda Osiris, a Carlo D’Apporto, a Gino Bramieri e a Ugo Tognazzi con il quale conduce il celebre programma del 1954 (Un Due Tre). Il sodalizio artistico con Sandra Mondaini risale al 1961. Da allora la coppia ha partecipato a diversi varietà fra cui Studio Uno (1961), Sai che ti dico? (1972), Tante scuse (1974), Di nuovo tante scuse (1975) e ad alcune commedie (Noi siamo due evasi, 1959; Caccia al marito, 1960; Ferragosto in bikini, 1961; Le motorizzate, 1963).

Raimondo Vianello e Sandra Mondaini

Sandra Mondaini viene chiamata a recitare dall’umorista Marcello Marchesi. Nel 1955 transita nella compagnia di Erminio Macario con il quale recita in una serie di riviste di Amendola e Maccari (L’uomo si conquista la domenica, 1955-1956; E tu biondina, 1956-1957; Non sparate alla cicogna, 1957-1958). Dal 1953 entra in Rai dove si afferma nel varietà musicale Canzonissima del 1961-1962.

Accanto all’esperienza Stock la coppia ha collaborato anche per altre marche all’interno della rubrica.

Lo stesso requisito del “doppio” – partner nella vita e nell’immagine televisiva – introduceva risonanze e motivi comici assolutamente originali. Si trattava inoltre, di personaggi ormai pienamente inseriti nell’universo televisivo, anche nella versione della coppia comica. I loro caroselli proponevano perciò un modulo ormai noto e collaudato al pubblico del piccolo schermo. Restavano, rispetto alla tradizione fondata con la serie Tra moglie e marito, alcuni aspetti di continuità: l’ironia garbata, il tratto signorile, i modi borghesi. Ancora una volta il brandy si legava ad un contesto rassicurante, ma qui più che uno sfondo familiare, si imponevano i giochi di una dialettica coniugale leggerissima e ricca di ammiccamenti auto-ironici. All’interno di un’atmosfera sospesa tra realtà e spettacolo (e perciò densa di riferimenti auto-referenziali) il messaggio pubblicitario assume dunque una coloritura del tutto inedita.  Qui il “pezzo” comico, decisamente dirottato sul modello dello sketch televisivo si arricchisce di soluzioni scenografiche (sfondi, riprese in esterno, costumi, cura dei dettagli) che non hanno precedenti nella campagna pubblicitaria della Stock. In questo senso è verosimile ipotizzare un sensibile aumento dei costi di produzione relativamente all’allestimento dei set. Si entrava in ogni modo in una stagione francamente televisiva abbandonando sia i volti del teatro che quei residui “teatrali” che avevano caratterizzato le serie precedenti.

Sandra MondainiNel 1968 il “pezzo” colloca i due coniugi su uno sfondo per così dire “generico”. Alcuni episodi richiamano i piccoli contenziosi di coppia inseriti in una quotidianità coniugale nella quale alla Mondaini spetta il ruolo della moglie bizzarra e imprevedibile mentre Vianello si limita ad assecondare rassegnato le irragionevoli iniziative della consorte. A preparare l’esito comico sono dunque le curiose ed irrazionali richieste della Mondaini: in un episodio Sandra si ostina a voler parcheggiare l’automobile nel salotto ma finisce per  sfondare la credenza; in un altro episodio, a Vianello, che rivendica il diritto di gustarsi una partita di calcio alla televisione, viene imposto il pagamento del biglietto. Ma non mancano i riferimenti auto-referenziali: Vianello conduce la moglie ad una serata di gala dimenticando l’invito; sicuro di non incontrare difficoltà in quanto noto personaggio dello spettacolo, riceve invece un netto diniego. Sarà alla fine la popolarità di Sandra a risolvere il problema. In panne a causa di un guasto meccanico i due si fanno riconoscere da un camionista di passaggio nella speranza di ottenere soccorso. Questi, li abbandona proprio perché detesta i due comici. Fermato da un vigile urbano Vianello cerca di tacitare la moglie di cui teme gli interventi provocatori e tenta di evitare la multa certo di essere riconosciuto. Sarà l’ostinato silenzio di Sandra ad irritare finalmente il vigile e a rendere inevitabile la sanzione.  La frase – cerniera che lega il segmento finale al  “pezzo” richiama i termini del contenzioso riproponendo ancora una volta il ruolo “pacificatorio” del prodotto: Stai ancora pensando alla credenza?.. No… sto pensando di ordinare due Stock 84.

Nella serie del 1969-1970 si rafforzano i segni di autoreferenzialità.  La scenetta è imperniata  su di una serie di imprevisti occorsi a Vianello durante le riprese di alcuni film che aveva la coppia per protagonista. I contenuti rimandano esplicitamente ad alcuni contesti di genere modulati in senso parodistico (il western, la gangster – story, il film in costume), o fanno riferimento ad una improbabile trasposizione cinematografica di opere “classiche” (Otello, Odissea). Qui la frase – cerniera gioca sistematicamente sul tema dell’incidente sul set: Si consoli Vianello una giornata non ha sapore senza qualche imprevisto… come una serata non ha sapore senza il classico brandy Stock.

L’anno successivo il “pezzo” viene offerto come un film in miniatura con tanto di titolo sovra-impresso:  Stock presenta: Il terrore di Londra con Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Si insiste su alcuni personaggi che hanno realmente ispirato il cinema (La Mummia, Calamity Jane, David Crockett).

David Crockett

Con la serie Paese che vai (1972) gli sviluppi comici vengono proiettati sullo sfondo di diversi contesti “internazionali”. L’espediente – il lavoro all’estero dei due comici – permette di rilanciare il clichè dell’imprevisto richiamando ancora una volta la fama del prodotto nel mondo: Paese che vai Stock sempre lo trovi. Era in realtà una variatio sul tema (Famoso nel mondo) del prestigio del marchio sui mercati esteri.

Nel 1973 (Gli Antenati) lo spunto comico poggia su un’altra invenzione: i due comici illustrano una curiosa “galleria di famiglia” nella quale si avvicendano nonni, bisnonni e prozii. I “pezzi” giocano sulla bizzarria dei personaggi e sugli sviluppi surreali delle situazioni: l’antenato è un nuotatore intento a superare il record di apnea subacquea. Dopo gli entusiasmi iniziali l’atmosfera si fa dimessa poiché lo sportivo tarda a riemergere. L’impresa si trasforma in una sorta di rito funebre. Qui l’antenato è un avvocato chiamato a difendere una cliente multata per sosta vietata.  L’intervento di difesa è cosi maldestro che alla malcapitata verrà imposta la pena capitale.

Riguardo alle strategie di “vestizione” del prodotto va innanzitutto segnalata la cesura netta del 1969, anno in cui si affacciano una serie di richiami inediti che condizioneranno peraltro anche il modulo compositivo dei caroselli che seguiranno. La formula del 1968 conservava ancora, nella struttura e nel contenuto degli slogan (Il Signore sì che se ne intende, Io non me ne intendo ma Stock 84 mi piace!), l’armamentario tradizionale, arrivando persino a riproporre il passaggio “storico” della scena del bar in una versione d’ambiente raffinata ed elegante. Qui inoltre trovavano posto alcuni inserti informativi (le tecniche di invecchiamento, e la gamma diversificate delle offerte) che erano già comparsi nel 1966. Nel disegno compositivo si ritornava alla sequenza presentazione – spettacolo – cerniera – pubblicità:

Chi se ne intende (1968)

A (6 sec.)

B (1min. e 38 sec.)

A1 (13 sec.)

A2 (20 sec.)

 

motivo a tema

 

 

All’interno di questa congerie di strutture tradizionali, incominciava a farsi largo limitatamente ai codini natalizi, il tema della “classicità” con l’introduzione, in forma ancora contratta, del motivo musicale tratto dall’opera di Čajkovskij. La collocazione era mirata e ancora del tutto laterale, ma lo spunto innovativo verrà dilatato, per diventare l’icona forte di tutto le serie dislocate tra il ‘69-‘73. Il 1969 segna dunque uno scarto radicale e la costruzione dell’immagine punta ora esplicitamente su una serie di suggestioni che vanno ad integrarsi reciprocamente: l’atmosfera introdotta dal motivo musicale si riverbera sugli slogan, sulle frasi di raccordo, sugli sfondi. Il nuovo profilo insiste sulle categorie della tradizione, del prestigio, della distinzione, raccordate nel tessuto connettivo della “classicità”.  L’immagine del brandy si lega alla robustezza di una tradizione intorno alla quale convergono valori inossidabili che da una parte sembrano richiamare la sfera della bellezza e dell’arte e dall’altra accennano ad una cultura del vivere – una sorta di edonismo raffinato – fondata sulla ricercatezza dei gusti e delle consuetudini: Un tema classico. Un immagine classica. Il classico brandy Stock per il gusto delle cose migliori. Una immagine inconfondibile (1969); Un tema classico. Un immagine classica. Il classico brandy Stock per il gusto delle cose migliori. Morbido sulle labbra come una parola d’amore (1970); Un tema classico una immagine classica. Allora Stock. Un amico generoso che da più calore ad ogni nostro momento. Allora Stock. Quando amiamo sottolineare i nostri momenti più belli. Allora Stock 84 (1971); Quando vivere è saper vivere. Quando vivere significa cogliere il significato più autentico di ogni nostro momento. Quando significa esprimere sé stessi attraverso una scelta personale. Allora vivere diventa saper vivere. Stock è una scelta precisa che riflette il tuo saper vivere. Stock 84 o Royale Stock. E vivere diventa saper vivere (1972 – 1973). Tradizione significa prestigio. Stock ha il prestigio della tradizione” (1973).

Jakob Ludwig Felix Mendelssohn BartholdyCome si è detto la chiave di volta erano le note del compositore russo. Si tratta dell’ Op. n. 85 per violino e orchestra di Čajkovskij. La scelta di affidarsi ai grandi maestri del repertorio classico è stata praticata largamente sin dall’inizio in Carosello. Nel suo repertorio Giusti ricorda con qualche nota ironica una densa serie di singolari accoppiamenti: “Ho udito la pubblicità a un tipo di materasso aprirsi ogni volta e chiudersi con la marcia nuziale di Mendelssohn”, “ Ho udito la pubblicità a un frigorifero accompagnata ogni volta dal principio alla fine, da un certo brano della sinfonia di Beethoven”, “Ho udito una penna a sfera lodata per settimane al suono della Danza delle ore di Ponchielli”, “Ho udito una fabbrica di biscotti usare ogni volta quasi per intero Sogno d’amore di Liszt, o  di Shumann: una fabbrica di amaretti usare un certo notturno di Chopin”, “Ho udito per non so che altra pubblicità la Barcarola dei Racconti di Hoffmann”.

Questa tendenza al saccheggio del repertorio classico sembra abbastanza naturale. Probabilmente questa inclinazione era fisiologica nei messaggi pubblicitari, ordinariamente inclini, come sostiene Julien, a “capitalizzare, miniaturizzandole, le forme musicali legate alla tradizione”.

Il tema – che occupa esattamente gli spazi un tempo occupati dal jingle – viene tuttavia proposto in una forma arrangiata ad hoc che modifica l’originale nelle ultime battute in modo da dare al finale una tonalità più trionfale e magniloquente. D’altra parte la manipolazione delle partiture riguardo agli aspetti timbrici e ritmici era prassi consolidata fra gli operatori pubblicitari, e ciò nel segno di un “modernismo”  orientato a piegare i contenuti delle opere originali alle esigenze della propaganda. A questo proposito Aldo Grasso ricorda, ad esempio, che  “si può trattare di musica del repertorio classico in versione originale (Il mattino di Peer Gynt di Grieg per Olio Sasso) o riarrangiata (Romanza n. 2 per violino e orchestra in fa maggiore Op. 50 di Beethoven per Vecchia Romagna Etichetta nera) o sovrapposta a un testo pubblicitario cantato (Habanera dalla Carmen di Bizet per Aiax)” .

II tema, che durò fino al 1975, aderiva strettamente, come si è detto, alla cornice nella quale si voleva collocare il prodotto.  Lo stesso slogan Un tema classico. Un’ immagine classica – stabiliva un ponte esplicito fra la “classicità” del prodotto e il sottofondo musicale che lo pubblicizzava. Qui “classico” richiamava da un lato l’idea di una tradizione che garantiva di per sé al prodotto le qualità della forza, della solidità e della affidabilità, dall’altro un mondo connotato in senso elitario e raffinato capace di rinviare a un’ atmosfera segnata dalla distinzione dalla mondanità e dalla convivialità. Il messaggio veniva inoltre rafforzato dall’immagine dell’orchestra. Si voleva collocare il consumo del brandy nella cornice delle ritualità collettive del teatro, dell’opera, del concerto. Il consumatore del brandy richiamava insomma l’immagine di un borghesia colta capace di assaporare i luoghi in cui si celebra l’estetica dell’ascolto.

All’interno di quest’ immagine in cui abbondano gli accenni ad un contesto sociologico esplicitamente elitario – Per chi vuole distinguersi con un dono d’alta classe (mentre fra i doni ad estrazione compaiono le crociere, le ville, le barche a vela) –, vanno inoltre  stemperandosi gli ammiccamenti alla realtà giovanile che avevano caratterizzato la campagna del 1966-1967.  Qui l’immagine della gioventù è relegata nei codini estivi nei quali si consiglia di valorizzare il gelato con una dose di brandy (Versa Stock sul tuo gelato perché la tua estate abbia più sole, più vivacità, più fragranza. Versa Stock. Perché la tua estate abbia più sole, più amici, più allegria. Gusto d’estate. Gusto di Stock). I testimonial anonimi più ricorrenti portano i segni dello slittamento della società italiana fra gli ultimi anni Sessanta e i primi anni Settanta (nei capelli di taglio più lungo, nella foggia degli abiti, negli atteggiamenti), ma di solito nella versione “normalizzata” di un trentenne di successo che si concede un momento di edonismo tra il gioco degli scacchi e l’aroma del brandy. In altre parole il portato trasgressivo del ’68 – nei suoi segni esteriori – sembra proiettato all’interno di una dimensione elitaria e quasi aristocratica. Anche l’immagine della donna sembra modificarsi sul filo di questi spostamenti: la capigliatura cotonata cede il passo a tagli più ariosi, il trucco si fa più sobrio, le scollature diventano più profonde, la collana di perle viene sostituita dai collarini di raso nero, le movenze si fanno più morbide e disinvolte. Il cambio di costumi è visibilissimo: la varietà, il colore, il movimento dissolvono definitivamente le atmosfere uniformi e composte che circolavano nel decennio precedente.

Silvio Berlusconi in Carosello Stock 84

Sul versante delle strutture compositive non si avvertono invece scarti di rilievo. Va tuttavia segnalata una orchestrazione più complessa del segmento pubblicitario (ci riferiamo qui specificatamente alle scene del codino in cui non compaiono i testimonial principali). La presenza di testimonial anonimi, di sfondi e di altri riferimenti visivi iniziano a comporre un quadro che per certi aspetti avvicina la forma dello spot moderno. In altre parole pur conservando gli elementi tipici dell’architettura tradizionale (pezzo, cerniere, cornici, pubblicità) e i soliti espedienti per fluidificare i passaggi da un’ unità all’altra i registi sembrano voler sperimentare, anche attraverso soluzioni di montaggio più mobili, le possibilità interne della parte propriamente pubblicitaria. Questo sviluppo della parte finale nel senso dello spot moderno (nel quale, all’insegna di una sola intuizione estetico-narrativa coabitano di norma  il momento informativo, la visibilità del prodotto, e la sua proiezione ideologica) cominciò a devitalizzare la funzione del “pezzo” e a spostare l’attenzione dello spettatore sulla forza evocativa dei codini.

Enzo BiagiCarosello ha educato i nostri figli, è stato, dal lontano 1957, un appuntamento e una pausa nell’angoscia quotidiana. Mostrava un mondo che non esiste, un italiano fantastico, straordinario: alcolizzato e sempre alla ricerca di aperitivi o di qualcosa che lo digestimolasse; puzzone, perennemente bisognoso di deodoranti e detersivi, sempre più bianchi; incapace di distinguere fra la lana vergine e quell’altra, carica di esperienze; divoratore di formaggini e scatolette, e chi sa quali dolori se non ci fossero stati certi confetti, che, proprio all’ora di cena, venivano a ricordare come, su questa terra, tutto passa in fretta.

Enzo Biagi, “Corriere della Sera”, 22/07/1976

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