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Fumetto

So long Magico Vento

Copertina di Andrea Venturi del numero 1 - Fort Ghost - Luglio 1997Fu nel luglio del 1997 che un nuovo fumetto targato Bonelli si affacciò nelle edicole italiane. Si trattava di Magico Vento, una serie che lo stesso Sergio Bonelli presentava in seconda di copertina del primo numero come appartenente a un nuovo genere, definito “western horror”. L’autore era Gianfranco Manfredi, il poliedrico cantautore, scrittore e sceneggiatore marchigiano. La novità, in effetti, fu notevole così come la sfida: un genere, il western, che molti definivano (e tuttora definiscono) ormai morto, veniva riproposto in una nuova veste. Lo si sposava con “le cupe e inquietanti atmosfere dell’horror”, parola di Sergio Bonelli. Personalmente l’idea non mi esaltò: non ero, e non lo sono nemmeno ora, un patito di horror, mentre da sempre sono affascinato dalle storie ambientate nella Frontiera americana del XIX secolo. Temevo che si volesse sfruttare l’enorme successo commerciale di Dylan Dog per contaminare generi che erano del tutto estranei al personaggio ideato da Tiziano Sclavi: si lanciava una nuova serie western, creando in realtà un ibrido che avrebbe scontentato tutti. Più di tredici anni dopo, a serie conclusa, dopo 130 numeri regolari e uno speciale, non posso fare altro che ricredermi.

Le avventure del soldato Ned Ellis, diventato lo sciamano bianco di una tribù dei Lakota, hanno rappresentato un unicum nella storia della casa editrice milanese e del fumetto italiano. Nessuna serie western italiana, infatti, ha saputo far incontrare con una simile intelligenza il mondo poetico e soprannaturale, rappresentato dalle tradizioni dei nativi americani, con quello epico ma tragico della Storia del West. Manfredi, infatti, dà il meglio di sé nell’intrecciare le vicende private del protagonista con gli eventi storici di quel periodo. Magico Vento viene coinvolto nei fatali accadimenti che condizionarono inesorabilmente la vita del popolo rosso, vivendoli da protagonista. Allo stesso tempo i suoi poteri di sciamano sono l’espediente che consente a Manfredi di introdurre una lunga serie di avventure legata alle leggende indiane, alcune delle quali con una forte componente soprannaturale.

Copertina di Corrado Mastantuono del numero 92 – La carica dei bisonti - Febbraio 2005Accanto a questi due filoni narrativi che caratterizzano la serie si inserisce quello horror, che però potremo definire più precisamente come gotico. Qui si scioglie l’ambiguità iniziale della presentazione di Sergio Bonelli: l’horror in realtà assume le vesti proprie delle storie lovecraftiane ambientate nel New England e si sposa bene con gli altri due registri . Non c’è discontinuità, perché Manfredi riesce sempre ad alternare tra loro in modo armonioso cicli appartenenti a filoni diversi. Magari l’unico appunto che si può avanzare all’editore è che non meritava quel risalto, visto che il discorso sulla vita e sulle tradizioni indiane è ben più importante e affascinante. Tanto più che nella serie compaiono almeno altri due temi degni di nota.

Il primo è quello legato al mondo dei servizi segreti e della politica di Washington. In questo ambiente, così poco familiare per uno sciamano dei Sioux, la scena viene condivisa con un personaggio che rappresenta ben più di un semplice comprimario. Mi riferisco a Poe, il giornalista acuto e pieno di passione civile, che diventa indispensabile per Magico Vento quando si deve muovere negli ambienti cittadini dell’Est, dove dominano i rapporti politici e i sotterfugi spionistici e massonici. Poe è abile nell’organizzare campagne di stampa e nell’aiutare l’ex soldato Ned Ellis a smascherare intrighi politici che nascondono sempre interessi economici. È questo l’altro registro narrativo cui accennavo sopra e che vede come protagonista, fra gli altri, il nemico storico Hogan, ricco affarista senza scrupoli di Chicago. Le logiche economiche alla base delle vicende storiche sono sempre evidenziate da Manfredi attraverso una narrazione che non diventa mai didattica, ma che sa fondere parole e immagini in un intreccio che riesce quasi sempre a catturare l’attenzione del lettore. E questo vale per tutto ciò che racconta.

Copertina di Corrado Mastantuono del numero 99 - Morto il 25 giugno - Settembre 2005Certo, come già scritto, il meglio qui è rappresentato da quel sapiente mix tra mondo delle tradizioni indiane e vicende storiche. Per quanto concerne queste ultime, Manfredi ha avuto il coraggio di far vivere a Magico Vento e Poe un evento storico che ormai è diventato un classico rappresentato innumerevoli volte in film, libri e fumetti: la battaglia del Little Big Horn che fa da sfondo alla storia del Generale Custer. Manfredi ha accettato la sfida di affrontare quindi un mostro sacro, topos narrativo con cui si sono misurati, con alterna fortuna, gran parte degli scrittori o sceneggiatori del genere western. Come non farsi catturare dal fascino di questa battaglia così epica, senza però correre il rischio di banalizzarla? Manfredi la tratta presentando un intero ciclo di storie che girano attorno, prima e dopo, al Little Big Horn. Ne esce una saga che costituisce senza dubbio il punto più alto della serie. Mi spingo oltre: nella vasta produzione bonelliana, che da più di venticinque anni fa parte della mia cultura fumettistica, il ciclo delle guerre indiane di Magico Vento credo sia uno dei migliori in assoluto. Questo perché Manfredi espone tutto il contesto storico, politico, militare ed economico che fa da background alle avventure.

I personaggi storici, da una parte e dall’altra, sono stati presentati già in molti numeri precedenti rispetto a quello decisivo della battaglia. Magico Vento e Poe incontrano Custer più volte nel corso della serie, offrendo un volto poco noto e più sfaccettato del carattere e della vita del generale. D’altra parte Manfredi, in diverse avventure, fa condividere a Cavallo Pazzo, Toro Seduto e Magico Vento vita, abitudini e ideali. Pur essendo scontato l’esito della battaglia, il lettore rimane incollato alla pagina, perché l’autore sa conferire umanità e dignità a tutti gli attori in campo, che siano protagonisti dal nome celebre o figure di secondo piano. Curando la descrizione anche di personaggi comprimari, Manfredi sembra dirci che la Storia si realizza attraverso le azioni concrete di tante persone, alcune (poche) note, altre (la maggior parte) sconosciute, ma ognuna dotata di proprie idee e proprio modo d’essere.

Gianfranco ManfrediMagico Vento mi mancherà per tutti i motivi esposti fin qui. Ma la conclusione è stata giusta, decisa saggiamente da Manfredi diverso tempo addietro, probabilmente già in fase di progetto della collana. Il rischio sarebbe stato quello di trascinare stancamente le avventure del protagonista. Invece possiamo tranquillamente affermare che tutti i percorsi narrativi, nel loro intreccio reciproco, hanno avuto uno svolgimento chiaro e una conclusione coerente, senza forzature di sorta. Magico Vento, senza incongruenze nella sua storia personale all’interno della serie, è cambiato in seguito alle vicende che ha vissuto, ha fatto delle scelte di campo chiare, con conseguenze anche gravi e pesanti per la sua vita.

Curare personalmente soggetto e sceneggiatura di quasi tutti i numeri ha comportato di sicuro un grande sforzo per Manfredi, ma il risultato è stato la creazione di una ben precisa identità di stile e contenuti, che hanno mantenuto, a dispetto della cadenza prima mensile e poi bimestrale della serie, uno standard qualitativo molto elevato. Ottimi disegnatori, come Milazzo, Frisenda, Ortiz, la coppia Barbati-Ramella (colonna portante della collana), Mastantuono, Parlov, Venturi, per citarne solo alcuni, hanno supportato graficamente le storie in modo eccellente. La richiesta dello sceneggiatore era quella di essere, da un lato precisi nella rappresentazione degli ambienti, spesso molto dettagliati e particolari, dall’altro di saper esprimere con efficacia sentimenti ed emozioni, che tanto peso hanno nelle vicende dei protagonisti.

Il risultato finale è una collana di 131 numeri che merita di essere collocata accanto alle migliori di tutti i tempi fra quelle sfornate dalla casa editrice di Sergio Bonelli. Ken Parker non è più solo là in alto.

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  2. […] molto di più in Europa (oltre agli italiani Tex, Ken Parker, Storia del West, Il Piccolo Ranger, Magico Vento, penso ai franco-belgi Blueberry e Comanche) piuttosto che nella sua patria, gli Stati […]

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