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Skinny Puppy, il ritorno della bambola assassina

Skinny Puppy, HandoverAll’inizio degli anni ’80, quando la scena industrial sembrava già trovarsi in una fase di stallo dovuta ai rallentamenti di act storici come Throbbing Gristle e Cabaret Voltaire e al cambiamento dei gusti di un audience che cominciava a massificarsi sempre più, un manipolo di giovani incursori canadesi irrompeva sulla scena dalle fredde lande della British Columbia, con un mix di industrial, metal, darkwave che ebbe, all’epoca, il grande merito di dare nuova linfa ad un genere che correva il serio rischio di contorcersi su se stesso. Tanto per sottolineare l’importanza degli Skinny Puppy, basta dire che senza di loro i più famosi Nine Inch Nails non sarebbero probabilmente stati gli stessi, visto che Trent Reznor cita la band canadese come una delle maggiori influenze. Il cuore pulsante degli Skinny Puppy è sempre stato costituito da Nivek Ogre (al secolo Kevin Ogilvie) e Kevin Crompton alias Cevin Key. Il primo cantante e frontman di grande carisma e personalità, sempre attento all’aspetto visivo delle sue performance basate su travestimenti spettrali e orrorifici, tesi a scioccare l’ascoltatore, mettendo così in pratica le lezioni di shock tactics di un maestro come Genesis P-Orridge. Il secondo abile compositore e strumentista, che con i suoi progetti solisti, tipo i Download, ha probabilmente dato vita a quella branca della musica elettronica chiamata IDM (Intelligent Digital Music o Intelligent Dance Music a seconda degli autori) che tanto sta prendendo piede adesso. Oltre a loro, vanno citati almeno altri due membri, ovvero Bill Leeb, che ha lasciato presto la band per fondare gli altrettanto fondamentali Front Line Assembly, e Dwayne Goettel grande compositore morto per overdose nel 1995, evento questo che bloccò per molti anni la carriera della band. Non era purtroppo difficile immaginare che prima o poi una morte legata al consumo di stupefacenti potesse essere legata alla storia della band, visto i continui riferimenti alle droghe presenti nei testi visionari di Ogre, sia per lo stile di vita di quest’ultimo, dedito al massiccio consumo di tali sostanze, quasi a voler sperimentare su di sé l’ansia di autodistruzione che è spesso centro dell’opera di numerosi artisti di area industrial.

Skinny Puppy, HandoverLa discografia degli Skinny Puppy è caratterizzata da continui cambiamenti di stile, che hanno come denominatore comune la volontà di spiazzare e sperimentare. A partire dal primo full lenght Bites i nostri hanno messo in chiaro la loro voglia di uscire dagli schemi affacciandosi al mondo industrial con un approccio dance piuttosto inusuale all’epoca. Il periodo di maggior ispirazione è stato raggiunto con Dwayne Goettel, quando album come VIVIsectVI e Rabies (prodotto da Al Jourgensen dei Ministry) hanno delineato il tipico stile degli Skinny Puppy, ovvero un mix di dark, industrial, metal e dance caratterizzato dalla voce inquietante e magnetica di Nivek Ogre e dalle sua liriche visionarie ma fortemente legate all’attualità con oscuri riferimenti alle storture della società di fine ventesimo secolo. Il punto di svolta in negativo nella storia della band, è stato sicuramente la morte di Dwayne Goettel. I due membri superstiti, evidentemente sconvolti da questo evento, decisero di momentaneamente di mettere la parola fine alla storia degli Skinny Puppy per dedicarsi a progetti solisti più o meno riusciti e a varie collaborazioni. Solo nel 2004 con The Greater Wrong Of The Right e tre anni dopo con Mithmaker, il monicker della bambola scheletrica tornò a far bella mostra di sé sugli scaffali dei negozi. Tuttavia in entrambi i casi, si trattava di dischi volenterosi ma caratterizzati da diverse lacune compositive. È quindi con curiosità e un po’ di timore che mi sono avvicinato al nuovo lavoro Handover.

Una premessa: se ascoltiamo questo nuovo album con nelle orecchie i suoni dei vari Bites e Rabies, allora Handover finisce nel cestino. Se invece lo ascoltiamo cercando di capire la direzione intrapresa dal gruppo, anzi dal duo visto che sono rimasti Ogre e Key, allora Handover qualche spunto interessante lo regala. Partiamo dall’iniziale Ovirt che sembra uscita da un videogame di inizio anni ‘80, con le sue sonorità che rimandano alle musichine di vecchi pc, con un ritornello semplice sostenute da ritmiche invece complesse. È una specie di introduzione a quanto avverrà dopo con Cullorblind, un synth pop malato ed esplosivo che però paga qualcosa a livello melodico, anche se la qualità dell’interpretazione di Ogre raggiunge livelli molto elevati. La formula synth pop rimane anche in altri episodi del disco, come in Vyrisus, tradizionale industrial pop melodico mid tempo di buona efficacia, ma abbastanza canonico e senza particolari guizzi, che ricorda certe cose degli Young Gods (Skinflower). Proseguendo nell’ascolto si trovano anche pezzi più meditativi e dilatati. È il caso di Wavy in cui nel finale fa capolino una chitarra acustica probabilmente campionata, e Point che finisce anch’essa con un sample acustico e orchestrale ma che, nel suo incedere macchinoso, risulta confusa. C’è poi la parte più sperimentale della loro musica che affiora ogni tanto. Brownstone è una filastrocca recitata in maniera volutamente scomposta e sgradevole con una serie di rumori assortiti che coprono la parte vocale, con un risultato tuttavia deludente. I momenti migliori dell’intera raccolta si vivono con Ashas e Gambatte. La prima inizia come una marcetta malefica, con la voce che segue ritmicamente l’andamento singhiozzante del pezzo. L’arrangiamento è, a tratti, quasi dark ambient ma l’atmosfera complessiva del brano è straniante, stordente grazie al sapiente uso di campionamenti opportunamente riverberati. In Gambatte invece, è la performance vocale di Ogre che nobilita il pezzo. Questo brano riprende le atmosfere da videogame anni ’80 di Ovirt, arricchendole di una vocalità che si dipana fra l’ironico e il visionario, fra il giocoso e l’apocalittico, nutrendosi di questi contrasti. La mano di Cevin Key si vede nei brani più potenti e ritmati, come nella classicissima Village, in stile violento e malato sulla scia delle cose che tanto hanno influenzato gente come Nine Inch Nails, in Iktums, pezzo tipicamente industrial, con ritmica martellante, arrangiamenti rumoristi, linea vocale fredda e robotica che si apre ad un finale sottolineato da una ritmica più complessa, un omaggio alla IDM di cui si diceva ad inizio articolo. Ed è proprio l’IDM a livello embrionale, che sorregge la conclusiva Noisex, pezzo solcato da venature drum n bass, efficaci effetti vocali e campionamenti di Theremin che creano un atmosfera quasi sci-fi, una visione di mondi alieni che chiude l’album in modo onirico e visionario.

Skinny Puppy, HandoverGli aspetti positivi di Handover sono diversi. Innanzitutto una produzione ipercurata e particolarmente ben fatta, che conferma una volta di più la perizia tecnica del duo Ogre & Key. Poi i testi, sempre potenti e visionari che prendono di mira la globalizzazione (Village ad esempio potrebbe riferirsi proprio al villaggio globale), i mercati e le miserie di oggigiorno. In ultimo, ma non per importanza, la voglia di sperimentare. È sorprendente infatti che, a distanza di quasi trenta anni dal debutto, gli Skinny Puppy continuino comunque a cercare nuove vie di espressione, indipendentemente dai risultati ottenuti. Una volta era la dance, poi il metal, poi il dark… adesso l’IDM, l’elettronica minimale e le sonorità più atmosferiche… l’importante è spiazzare, sembra essere questo il motto e l’intento della band canadese.

Accanto agli aspetti positivi ci sono ovviamente anche quelli negativi. In realtà è uno solo, ma dal peso specifico piuttosto grosso: la carenza di ispirazione. Questa cosa si era già palesata quattro anni fa con il precedente Mythmaker e, purtroppo, si conferma anche ora. Ammettendo per buone le cose dette prima, è proprio la scintilla dell’ispirazione che manca. I brani, pur con la loro perfezione formale e le loro ottime intenzioni e potenzialità, non arrivano diritti al cuore di chi ascolta ma si fermano prima, a volte stanchi e già sentiti, altre volte quasi incompleti, abbozzi di cose che potevano essere ma che non sono. Sembra quasi che i due protagonisti lascino tutta la loro verve compositiva per i progetti paralleli riservando a Skinny Puppy le briciole. Chissà, forse è una forma inconscia di punizione per un progetto che ha gli portato via per sempre un caro amico. Al di là di queste considerazioni Freudiane, ritengo tuttavia che Handover non sia un disco fatto per ottemperare a qualche obbligo discografico (vedi il lasso di tempo intercorso dal precedente) né che da questa reunion i due guadagnino vagonate di dollari. Quindi penso che mi ritroverò a far girare Handover sul mio lettore cd, cercando di trovare spunti piacevoli dall’ascolto delle tracce e facendo finta di trovarmi di fronte ad una band rinnovata, ad un ritrovo di vecchi amici che decidono di rimettersi in gioco dopo trenta anni di avventure. Buon ascolto.

Tracklist

Skinny Puppy, Handover

1, “Ovirt”
2. “Cullorblind”
3. “Wavy”
4. “Ashas”
5. “Gambatte”
6. “Icktums”
7. “Point”
8. “Brownstone”
9. “Vyrisus”
10. “Village”
11. “Noisex”

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