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Musica

Have boss, will travel (IV)

Wrecking Ball Tour 2012 - Colonia, 27 maggio

“Un giorno mi dovete spiegare cosa vi spinge a vedere cinque date dello stesso tour. E anche quali persone normali fanno due giorni di vacanza in Belgio per andare a vedere un concerto a Colonia”

Bruce SpringsteenQuando mi sento porre quesiti come questo, resto sistematicamente allibita: io non vedo proprio cosa ci sia di strano; piuttosto, mi logoro perché ragioni personali, con le quali non tedierò i nostri piccoli lettori, mi impediscono di assistere a più di quattro concerti di Bruce Springsteen, quest’anno.

Con imperdonabile ritardo sull’inizio del leg europeo del tour di Wrecking Ball, dunque, la vostra intrepida bruceografa e il suo inseparabile marito sono partiti per il concerto di Colonia, tenutosi il 27 maggio.
Questa volta siamo solo lui e io a compiere il viaggio, perché la maggior parte dei nostri amici e conoscenti è già in zona, per assistere alla serata di Francoforte del 25.
Noi siamo stati tracotanti e, al momento di acquistare i biglietti, quando ancora la febbre da tour non era troppo alta, abbiamo avuto la presunzione di poter rinunciare al concerto nella città di Goethe e concederci – a parità di spese in giorni di ferie, pernottamenti e voli – un fine settimana lungo in Belgio, tanto per non fare quelli che vanno a vedere Springsteen nei posti più belli del mondo e conservano il ricordo del solo muro dello stadio.

Alle cinque e dieci del mattino del giorno della partenza mi ricordo in extremis di staccare La Richiesta dalla porta del bagno alla quale è inchiodata, sparpagliando uno sfracello di puntine da disegno sul pavimento dell’ingresso, delle quali mi dimenticherò al nostro ritorno e calpestando le quali provocherò orrendi graffi sul parquet. È tardi, dobbiamo andare da Bruce e il parquet dell’ingresso è l’ultimo dei miei problemi.
Alle cinque e venti, una domanda fa sprofondare l’abitacolo dell’auto nel silenzio sordo che segue le esplosioni: “Amore, perché non abbiamo preso i biglietti per Francoforte?”.
Già, perché?
Per risparmiare, certo, ma non è un buon motivo; perché volevamo vedere qualche bel posto prima di sequestrarci in coda, ma lo stesso non è un buon motivo; perché ci saremmo massacrati di stanchezza a fare tutta quella strada, ed è un buon motivo, ma non ci ha mai fermato; perché non si può fare e avere sempre tutto, ma avremmo potuto rinunciare a qualcos’altro.
La verità è che abbiamo sbagliato o – come dice mia madre, con malcelato disprezzo – ci siamo imborghesiti. Abbiamo voluto fare la vacanza comoda, ridurre gli spostamenti, tenerci dei soldi per pagare l’IMU e abbiamo creduto che un concerto ci sarebbe bastato. Ora, che abbiamo visto le scalette delle serate precedenti e cominciamo a farci un’idea di quello a cui stiamo rinunciando, viaggiamo alla volta di Treviso meno felici di quello che dovremmo essere.

Subito, però, il rammarico per l’errore commesso lascia il posto all’angoscia: un incidente all’altezza di Portogruaro ha causato la chiusura dell’autostrada, e rischiamo di non arrivare in tempo all’aeroporto. Il fan di Springsteen è cieco, ma non è stupido, perciò, di fronte ad un incidente che si presume tanto grave da causare l’interruzione del traffico, si rende conto che il suo problema di voli, alberghi e concerti è poca cosa, ma questo non gli impedisce di vivere nella tensione il viaggio fino al Canova.
In barba al proposito di risparmiare sul parcheggio, lasciando l’auto nel posteggio più distante, ci fermiamo con una manovra degna di un film di John Landis nel buco più vicino all’ingresso delle partenze e corriamo al controllo sicurezza come se fossimo inseguiti dagli zombie.

Dieci minuti dopo siamo al gate, con una buona mezz’ora d’anticipo sull’apertura dell’imbarco e l’impressione di essere due miracolati. Prendiamo un’aspirina, invoco l’anestesista e puntuali decolliamo su un paesaggio da cartolina. Siccome ho una paura nera dell’aereo, cerco di convincermi che il volo sia una bella esperienza ammirando il paesaggio, che si apprezza eccezionalmente grazie alla quota curiosamente bassa alla quale viaggiamo.
Non sarà un po’ troppo bassa?
Se scendiamo ancora un po’ ci restano i panni stesi delle massaie svizzere impigliati nelle ali, ma non ci voglio pensare e mi concentro sulla raffinatezza dei ricami sulle lenzuola.

Il Belgio è un paese ventoso.
Non è ventoso in modo stupefacente per una coppia che vive a Trieste, ma è sufficientemente ventoso da procurarmi una nuova ciocca di capelli bianchi al momento dell’atterraggio.
Ancora sotto choc, bacio la terra appena scesa dalla scaletta e penso che Bruce è proprio un eroe se si sottopone quasi quotidianamente al pericolo e alla tortura psicologica del volo per noi suoi fan, per evangelizzare ogni angolo del pianeta e permetterci di ricevere dappertutto la sua parola. Sfangarsi migliaia di chilometri per ascoltarlo è niente rispetto a quello che lui fa per noi!

La dura vita del Boss

Trascorriamo i due giorni precedenti il concerto come una coppia di innocui turisti, vistando le incantevoli città di Brugge, Gent e Anversa, palesando la nostra italianità assaggiando tutte le birre che ci capitano a tiro e ingozzandoci di patate fritte come se non ci fosse un domani.

Il domani, invece, finalmente arriva.
Domenica 27 maggio, alle nove del mattino, c’è un sole pallido su Colonia, così ci attrezziamo di felpe e mantelle per la pioggia.
Alle undici prendiamo il nostro numero nella coda: quattrocentosedici e quattrocentodiciassette.

La mia vita non ha più senso, mando un paio di messaggi con i quali lascio i miei pochi averi in eredità e aspetto rassegnata la fine della mia esistenza. 
Un sole spavaldo si fa largo fra le nuvole. 

Poco dopo scopriamo che c’è pure una coda apocrifa ad un altro cancello: venti persone scarse che, armate di sdraio e sudoku, attendono già in fila, senza numero. Quando verranno aperti i cancelli, entreranno prima di noi. Sul momento, non è certo un problema: si tratta davvero di pochissimi individui che, a giudicare, dai resti del loro accampamento, sono qui da parecchio tempo e hanno senz’altro diritto ad entrare prima di me. Noi, però, non ci fidiamo della fila apocrifa: concettualmente ci pare scorretta e per giunta non c’è alcuna garanzia che i cancelli vengano aperti contemporaneamente. Non ultimo, la coda ufficiale è all’ombra.

All’appello delle due veniamo suddivisi in gruppi di cinquanta persone e disposti in file parallele ordinate per numero. Il piano è farci entrare nella coda transennata antistante il cancello di ingresso nel preciso ordine nel quale siamo arrivati, a scaglioni di cinquanta spettatori per volta. Mentre prendo parte alla rappresentazione della vigna umana sotto il più caldo sole che la Westfalia ricordi, vedo allungarsi la coda apocrifa e prevedo guai.
Peccato, perché fin qui il sistema stava funzionando alla grande, e saremmo potuti passare alla Storia come la più alta espressione di civiltà dopo l’Atene di Pericle.

Intanto, il soundcheck promette più che bene: Bruce prova E-Street shuffle e Spirit in the night. Più tardi, quando le eseguirà durante il concerto, le commenterà dicendo che sono brani molto vecchi, risalenti a quando noi nel pubblico eravamo bambini, scatenando le proteste di uomini maturi, che ci tengono a mostrarsi fan delle prima ora, e delle donne nate dopo la pubblicazione di Born to Run, che non ci stanno a passare per tardone.
Bruce accenna anche Born in the U.S.A. e No Surrender, che, non essendo delle vere e proprie rarità, entusiasmano meno il pubblico in attesa.

Il sole scalda sempre più e ci procura una bella abbronzatura da ciclisti, ma nessuno, men che meno noi, è minimamente scoraggiato. Dopo alcune ore, durante le quali apprendo dall’oroscopo del Bild, a brandelli sull’asfalto, che è la settimana giusta per concedermi una vacanza e, da un’altra pagina abbandonata poco più in là, che l’erede dei conti di Faber-Castell (quelli delle matite) ha sposato la figlia di un magnate dell’industria turco. Poi, il correttore di bozze che è in me inorridisce alla grafia “nix” per ” nichts” e mi lancio in strepitosa catilinaria contro questo immondo giornalaccio, quando finalmente la coda si muove.
Tutto fila eccezionalmente liscio e varchiamo i cancelli rispettando grossomodo l’ordine di arrivo, senza correre, riuscendo anche a scegliere dove disporci con relativa calma.

Fila tutto talmente bene che quasi quasi mi dispiace che la coda in Italia non sarà organizzata allo stesso modo. Nel frattempo, infatti, ho capito qualcosa di più sulla dinamica della lotteria, che è diversa da quanto supposto in precedenza.
A quanto ho capito ora, verranno distribuiti tagliandi numerati fino all’esaurimento della capacità del pit, ciascun possessore di tagliando verrà dotato di braccialetto per entrare e uscire dal pit e fra essi si sorteggerà il numero a partire dal quale si entrerà nello stadio. Il che significa che tutti coloro che hanno diritto ad accedere al pit hanno effettivamente le stesse possibilità di entrare per primi. Non mi pare un metodo particolarmente equo, ma comprendo l’esigenza di scoraggiare le lunghe file notturne e di scongiurare disordini, e riconosco che questo sistema potrebbe rivelarsi efficace in tal senso. Obiettiva come nessuno, mi riservo di gridare al miracolo o denunciare il sopruso a seconda della posizione che mi toccherà.

Qui a Colonia, intanto, optiamo per la pedana laterale destra, presso la quale è ancora disponibile la seconda fila.

Sebbene, visto dal di fuori, appaia come una bolgia infernale (e talvolta anche vissuto dal di dentro non se ne discosti molto), il pit non è poi un luogo così caotico e disordinato.

Per coloro che si sono persi le puntate precedenti, sia detto che il pit è quella sezione di parterre – troppo piccola per chi ne è escluso, troppo grande per chi vi ha accesso – separata dal resto dell’area, situata sotto il palco; l’unica – essendo il resto del prato diviso da una transenna metallica – nella quale c’è una minima speranza di interagire con Bruce e da dove si gode maggiormente della partecipazione al concerto. Il fan punta al pit, fuori dal pit si è spettatori qualsiasi.
Regna all’interno di esso un saldo equilibrio dinamico, dato da forze contrapposte, ma equivalenti, grazie alle quali, per quanto strano possa apparire, non è inconsueto mantenere la posizione in cui ci si colloca inizialmente.
Chi occupa le file dietro, infatti, cerca di penetrare in avanti; gli spettatori delle file davanti, ovviamente, sono fermamente decisi a non cedere il posto e ne ostruiscono l’avanzata. Qua e là, incauti movimenti laterali “a biliardino”, volti a non farsi superare lateralmente, scoprono qualche passaggio e permettono ad alcuni di insinuarsi, ma in linea di massima l’assetto complessivo non ne risente. In questo modo, nonostante l’altissimo dispendio di energie da parte dei fan che sono riusciti ad accedervi – impegnati contemporaneamente in attacco, difesa ed elaborazione di strategie controffensive –, ci si ritrova praticamente immobili.

Per le prime due ore, circa, riusciamo addirittura a stare seduti; non dico “comodi”, ma seduti, il che, anche se adesso ci sta facendo le chiappe quadrate, in futuro ci tornerà utile.
Quello dietro di noi fuma come una ciminiera, ma siamo all’aperto e non posso certo lamentarmi, anche perché è visibilmente intendo a disperdere il fumo il prima possibile. Del resto, siamo poco distanti dalla transenna e non manca molto all’inizio del concerto, non posso biasimarlo se è nervoso; però, potrebbe offrire!

Davanti a noi ci sono tre coppie che non hanno pace: si sono conosciuti in coda, hanno socializzato, si scambiano biglietti da visita e si fanno foto.
Mentre questi squinternati godono tranquillamente della nostra stupida onestà, scambiandosi di posto con leggerezza mai vista, noi siamo impegnati in una partita a scacchi con tutto il resto del pubblico, che tenta di passarci dappertutto e ci tormenta di appoggini.
L’appoggino è quella pratica, per la quale io darei cinque anni di galera, in cui “quello dietro” si appoggia comodamente su “quello davanti”, il quale, disturbato dal contatto o non disposto a sorreggere il peso, si sposta e si riassesta sempre un po’ più in là, perdendo, di fatto, la posizione, che viene gradatamente occupata dal disonesto alle sue spalle. Un giorno mi porterò un tubo di Gentalin e mi farò spalmare in mezzo al pit lamentando ad alta voce di fastidiose pustole infettive, e allora vedremo se mi faranno ancora gli appoggini.

In tutto questo trambusto, i nostri eroi si sono dimenticati La Richiesta in albergo.
Per coloro che sono troppo pigri per risalire a cosa sia La Richiesta, sia detto che è un segno con il quale il fan mira a convincere Bruce ad eseguire il brano desiderato. In genere è un semplice cartello di cartone con la scritta a pennarello, ma non mancano immagini più articolate, dipinti, collage, bandiere, pupazzi e dispositivi luminosi. A Vienna, nel 2009, aveva funzionato benissimo la t-shirt di una ragazza, che ottenne quella che è tutt’ora l’unica esecuzione europea di Jersey Girl (togliendosela).

Tento di far arrivare la mia richiesta a Bruce via Twitter, sperando che il curatore del suo account ufficiale si prenda la briga di riferire. Come si evince dalla scaletta della serata, non se l’è presa, ma io non demordo e intendo ripresentare la medesima richiesta ai concerti a venire. Certo, se mi portassi dietro il cartello sarebbe più facile, ma non disdegno la collaborazione di voi, nostri Piccoli Lettori[1].

Il concerto è stato – come facilmente prevedibile – strepitoso. “Wünderschön! Unglaublich!”, come ho detto la mattina successiva all’albergatore, che non si capacitava del fatto che arrivassimo dall’Italia per vedere Springsteen, ma che poi ha riconosciuto che anche una coppia di ospiti francesi erano lì per la la medesima ragione.

Bruce Springsteen a Colonia

Oltre alle perle del soundcheck, Bruce apporta diverse modifiche alla scaletta e ci “regala” (se di regalo si può parlare con tutti gli sforzi che ci costa!) altri brani amatissimi, come The ties that bind, Atlantic City e American Land. Più di quel che “ha fatto” ricorderò la bellezza di questo concerto per quello che “non ha fatto”: per la prima volta, a mia memoria, dopo dieci anni, ha tolto dalla scaletta Lonesome Day, ci ha risparmiato Badlands – classicone più che apprezzabile, per il quale, però, i tedeschi hanno una passione smodata e in corrispondenza della cui esecuzione ho sempre preso un fracco di legnate – e non ha suonato Rocky Ground, brano tratto dall’ultimo disco che stava resistendo in scaletta da un po’ e che, a sentire i commenti di coloro che avevano assistito agli spettacoli precedenti, ha un’ottima resa dal vivo, ma che a me ancora non va giù. Al loro posto, brani suonati comunque di frequente, ma maggiormente di mio gusto, come She’s the one, The River e Night.
Bruce pesca a piene mani anche da Born in the U.S.A, di cui suona quattro brani, ivi inclusa la title-track, che proprio mi distrugge. Mi distrugge non nel senso che non ne posso più di sentirla suonare, a scapito di canzoni più belle che comincio a temere di non sentire mai dal vivo, ma nel senso più stretto e materiale dell’espressione, perché durante l’esecuzione una delle casse ha iniziato a vibrare in maniera molesta procurandomi mal d’orecchie e la sgradevole sensazione di riverbero nella cassa toracica.

Per fortuna, poi, ha fatto Born to run.
Io, a volte, penso che Born to run sia la canzone più bella del mondo. Di solito penso che sia Thunder Road (grande assente della serata), ma se penso al respiro di Born to run, davvero non riesco a capire come non sia la canzone preferita del mondo intero. Quando Bruce suona Born to run passa tutto. Sul serio: è terapeutica. Passa il mal di schiena, passa il mal d’orecchie, passa la sete, passano le pene d’amore, passano le preoccupazioni economiche, passano i timori per il futuro; per i cinque minuti in cui si assite a Born to run dal vivo, la promessa di felicità e d’amore della canzone appare possibile: è speranza ed energia alla portata di ognuno.

La magia di Springsteen, probabilmente, risiede proprio in questo: nella possibilità di vivere, come al cinema, emozioni vicarie, che la vita quotidiana altrimenti ci negherebbe, in maniera per giunta non pericolosa. Assistere a un concerto significa vivere le emozioni trasmesse dalle sue storie – la maggior parte delle sue canzoni sono altamente narrative – in maniera amplificata, “ricevendo” il messaggio anche attraverso il canale visivo, al quale si è notoriamente più inclini a “credere”. Non più, dunque, una storia incisa su un disco, ma un vero un narratore che la riporta e la trasmette, facendola rivivere ogni sera, aumentandone la croyance.
Da qui, ritengo, l’impulso, di chi sta nelle prime file, di toccare l’artista. Non tanto per lo sciocco trofeo di “aver dato la mano a Bruce” (cosa della quale, comunque, non smetterò mai di vantarmi), bensì per arricchire l’esperienza attraverso un nuovo senso, al fine di aumentarne l’impressione di realtà, di legittimare, attraverso la corporeità, la propria fede nella “diegesi”, negando alla storia cantata lo statuto di illusione proprio attraverso la constatazione della materialità del narratore.
Arrivare a toccare Bruce significa, dunque, completare l’esperienza, tornare a casa con l’animo sereno di chi ha fatto del suo meglio per vivere l’evento, trarne il massimo e non avere “occasioni perse” da rimproverarsi.
E poi, diamine, è bono da morì, non è che se si ferma e ci dà un bacino ci tiriamo indietro.

Già, perché, chi più chi meno, abbiamo tutti– uomini, donne, omosessuali, giovani, anziani, bambini e badanti– una cotta adolescenziale per questo attempato tappetto che suda l’equivalente di una piscina olimpionica ogni sera, e faremmo di tutto per farci notare da lui.
Springsteen è, dal punto di vista psicologico ed emotivo, una presenza reale nella vita dei suoi fan. Come la fine di una relazione è dolorosa perché è insopportabile l’idea di non far più parte della vita di una persona che, invece, a livello sentimentale fa ancora parte della nostra, così è forte nello springsteeniano il desiderio di essere riconosciuto da Bruce, di manifestare la propria esistenza e irrompere per un istante in quella del proprio “amato” e sentirsi– al colmo dell’illusione– per un folle, fugace momento ricambiato.

Me lo consumano!

Dunque ora mi scuserete: tra pochi giorni Bruce viene a prendermi e devo proprio andare a prepararmi.

Note:

[1] Il brano che desidero chiedere è sempre Zero and blind Terry. Lancio, dunque, un appello ai nostri lettori, specie a coloro che non sono fan di Springsteen o che lo sono, ma non hanno altre preferenze: per favore, twittate e fate twittare fino allo sfinimento il testo:

@springsteen play “Zero and blind Terry” in Trieste, PLEASE #BruceTRS

Sentite com’è bella:

L’immagine del Greatest Hits del giovane Bruce di schiena è stata presa da qui

La foto di Bruce in spiaggia è stata presa da qui

Le foto del concerto di Colonia (così come l’immagine di sommario) sono state fatte da me, mi spiace che siano mosse, ma… vorrei vedere voi!

Commenti

16 commenti a “Have boss, will travel (IV)”

  1. …non potrò supportare la tua campagna per Zero And Blind Terry, io parteggio per la mai eseguita “Iceman”…
    La lotteria invece, nonostante le imprecise-precisazioni (news varie..ed eventuali), temo assumerà i contorni di una farsa grandguignolesca: non è (ad oggi, 6 giugno) dato sapere il reale svolgimento dell’operazione che, a seconda delle fonti, pare mutare significativamente.
    Per essere chiaro nella non chiarezza riporto due link diversi per i quali altrettanto diversa sarà la regolamentazione dell’accesso al pit:
    per Barley Arts l’intera area pit sarà riempita tramite sorteggio di un numero IMPRECISATO di persone. Per tutti coloro a cui il fato avrà voltato le spalle rimarrà l’ingresso generico al prato, ma preclusa la possibilità di accedere al pit. (http://www.barleyarts.com/News/1/5/7927/bruce-una-lottery-160-per-accedere-al-pit-fronte-palco)- Articolo del 4 maggio –
    per ilSussidiario.net l’accesso al pit sarà garantito a 1500 persone (che verranno prima dotate di tagliando e poi, a seguito del sorteggio, di braccialetto), mentre rimarrà la possibilità ad altri (non sorteggiati) di entrare nell’area sottopalco fino ad esaurimento della capienza della stessa, (capienza variabile da location a location) con il solito sistema del (presumo) “chi prima arriva meglio alloggia”. Una sorta di sistema ibrido privo di qualsiasi ragionevolezza. Il guaio è che la fonte è più recente della precedente, ovvero datata 24 maggio (http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2012/5/24/BRUCE-SPRINGSTEEN-Concerti-italiani-la-lotteria-per-accedere-al-pit-le-informazioni/283622/).
    Non oso reperire altre informazioni da chissà dove per non accrescere il panico da concerto outpit (passami il termine).

    Se fossi a parte di comunicati ufficiali o se, in seguito alla prima milanese, potessi testimoniare la realtà ti pregherei di far(me)lo sapere.
    Augurandoti che Zero and Blind Terry segua a ruota Iceman prometto solennemente che non disturberò più con le mie (mi auguro del tutto infondate) paranoie.

    Di Cristiano | 6 Giugno 2012, 20:06
  2. Ciao mio Unico Lettore,
    grazie per le precisazioni, in effetti le dinamiche mi sono a tutt’oggi poco chiare, anche perché non brillo per sagacia e quando si tratta di Bruce perdo anche il minimo di sangue freddo che potrei manifestare in altre circostanze.

    Non andrò né a Milano né a Firenze (dilettante, dirai tu), ma ho sguinzagliato dei fidi scagnozzi dai quali confido di trarre preziose informazioni.
    Al momento (21:15 del 6 giugno) ci sono 120 persone in coda a Milano; il prossimo appello sarà alle cinque del mattino. Immagino sia la coda per prendere i tagliandi numerati: pleonastico anzichenò.

    Se scoprirò qualcosa di rilevante lo scriverò nei commenti a questo articolo.
    Grazie per la partecipazione e complimenti per i gusti sofisticati (The Iceman… che raffinatezza!).
    A presto!

    Di Lorenza Pravato | 6 Giugno 2012, 20:17
  3. Ecco…
    perchè 120 persone in fila a Milano?
    Amanti del pic-nic? Sorteggio abortito? Persone ignare della lotteria? Amanti del birdwatching notturno? Bah…
    Non sarai nè a Milano nè a Firenze?!??!?! E io che credevo di aver trovato una f(an)onte attendibile! Ho il sesto senso di un blocco di tufo.
    A questo punto puoi sostenere Iceman anche tu…tanto che ti cambia..
    Comunque sia attendo aggiornamenti per i quali ti ringrazio anticipatamente.
    A presto, (se il terremoto non farà brutti scherzi)
    Cristiano

    Di Cristiano | 6 Giugno 2012, 20:32
  4. Ultime news danno 236 persone. Il grosso arriverà nelle prossime ore.

    The Iceman l’ascolterei volentieri anche io, anche se come prima scelta per Trieste metterei My Hometown, Santa Ana ma soprattutto Hearts of Stone.

    Di Tsitalia | 7 Giugno 2012, 06:26
  5. Ciao Blocco di Tufo,
    la ragione della pre-coda è, al momento, oscura anche a me, poiché se tutti fossero arrivati dodici ore dopo l’orario in cui realmente sono arrivati, prenderebbero ugualmente il braccialetto e riposerebbero di più; suppongo che ciascuno ne sia consapevole, ma tema che gli altri 235 gli freghino il posto e si senta costretto dagli eventi a bivaccare a San Siro.

    C’è poi, secondo me, una componente ludica. So di gente che ci va col camper e ha “appuntamento” con fan-camperisti conosciuti a Berlino. Vuoi mettere, tornare in ufficio e raccontare l’impresa di aver assediato il Meazza?

    Sono molto curiosa di capire come si svolgerà effettivamente la lotteria, e tra poche ore finalmente lo sapremo.

    @tsitalia Santa Ana sarebbe un’epica alternativa a Zero and blind Terry, ma se al posto di una delle due ci fa My Hometown, come minimo ti pesto un piede. Attento a cosa chiedi!

    Di Lorenza Pravato | 7 Giugno 2012, 06:51
  6. (lettori portano lettori)
    Ciao fan(ta)fan,
    alle ore 7 circa c’erano circa 600 persone sul piazzale di S. Siro che in poche decine di minuti sono più che raddoppiate..Alle 8 è avvenuta la distribuzione dei bracciali che altro non ha fatto che perpetuare l’ordine cronologico di arrivo delle stesse ai “blocchi di partenza”. Dunque l’utilità della lotteria attiene all’ineffabilità. Al limite può sollevare i nottambuli (o i camperisti) da qualche ora di fila (dalle 8, ottenuto il bracciale, alle 12.30, ora del sorteggio per stabilire l’ordine di ingresso di chi il bracciale ce l’ha…e dunque è comunque sicuro di entrare). Il numero di ingressi garantiti è di 1500 e non esaurisce la capienza del pit di S. Siro (e di nessuna venue italiana). Altri aggiornamenti seguiranno (ma non dovevi essere tu ad aggiornare me..?).
    La componente ludica, temo, appartenga solo ai “cervelloni” di Barley Arts, in vece di una più civile e meno sofisticata autoregolamentazione dei fan stessi (che da qualche anno ha preso piede anche in Italia).
    Stante il nulla (cioè tutto ciò) Barley Arts continua a disinformare con news di scarsa rilevanza.
    Infine, passando in rassegna la setlist, non ci saranno Iceman, Zero And Blind Terry, Santa Ana e My Hometown. Possiamo ricomporci e ripassare chessò…Jack Of All Trade (nuova notevole nenia).
    Buon pranzo finta-fanta-fan e nuovo lettore (che raddoppia il seguito della predetta),
    C.

    Di Cristiano | 7 Giugno 2012, 11:29
  7. Ciao Lettori (accidenti, posso usare il plurale!).
    In effetti la mia informazione è un po’ latitante, ma ho recentemente saputo che a Milano è stato estratto il numero 929.
    Ci sono 928 persone scontente, e sembra che la situazione sia vivace.
    A mio parere, poiché era risaputo che il sistema del sorteggio sarebbe stato applicato, non c’è ragione di lamentarsi; tuttavia, si confermano i nostri sospetti: la lotteria non è una soluzione, specie perché – di fatto – non c’è un problema da risolvere.
    I fan arrivano, si numerano, accedono secondo l’ordine di arrivo. Tutt’al più sarebbe stato apprezzabile, da parte dell’organizzazione, uno sforzo a far rispettare tale ordine, come è stato proprio a Colonia.
    Non sono una fintafan!
    So tutte le parole di “Paradise by the C”, ad esempio. 😉

    Di Lorenza Pravato | 7 Giugno 2012, 13:18
  8. (ancora uno e ci scappa il tresette..)
    Se il numero sorteggiato è il 929 NON ci sono 928 persone scontente, poichè tanto entreranno comunque nel pit. Significa solo che l’accesso allo stesso seguirà quest’ordine: il primo ad entrare sarà appunto il 929, poi il 930, 931 e via dicendo, fino al numero 1500 e poi dal numero 1 al 928. Il sorteggio serve solo a questo, perchè, ripeto, i 1500 possessori del bracciale entreranno comunque nel pit. Semplicemente in “fatal successione”. Almeno questo sembra ormai evincersi dalle notizie e dai fatti. Andrò corroborando quanto scritto con le info dei miei infiltrati nel corso della giornata/serata.
    In ogni caso non ricordo tanto caos dal concerto U2 a Roma del 2005, quando per la totale assenza di organizzazione (Roma brilla per incompetenza) si sfiorò la tragedia con polizia in assetto antisommossa e cariche della folla incandescente (in senso letterale e metaforico) ai cancelli.
    Mi trovo peraltro a domandarmi perchè stiamo qui a lambiccarci; tu non andrai al concerto, TSITALIA è un prezzolato che hai corrotto solo per avere un pubblico e l’unico che alla fine si farà la notte di fronte ai cancelli sono io. In fondo è proprio questa la magia del concerto (del Boss e pochissimi altri): creare un ponte tra pianeti lontanissimi. Una matematica in divenire (fan autoreferenziata senza fissa dimora ai concerti), una cometa a pagamento che prega per Santa Ana e l’uomo di ghiaccio che mai troverà spazio in una scaletta. Tant’è.
    Meglio di una seduta di addominali in palestra per sfogare la tensione pre-concerto.
    Saluti acqua di Colonia, a più tardi

    Di Cristiano | 7 Giugno 2012, 14:03
  9. Milano, stamattina.
    Ai primi 1500, 1500 braccialetti (ore 8 circa).

    Sorteggiato il numero 929 per l’ordine d’ingresso al pit (ore 12.30 circa).
    Dentro tutti i 1500 (ore 14 circa).

    Poi altri 1000 braccialetti per altri 1000 fortunati(?)(in esubero, secondi solo ai primi 1500). Entrati anch’essi nel pit.

    Nel frattempo, dall’ingresso generico Prato, cominciavano ad avanzare gli “altri”. Taluno, emancipandosi in modo fraudolento dalla condizione di “altro”, si è fatto largo fino a giungere al pit. Che ora tracima. E ora gli altri sono gli uni. Stipati(ssimi).

    Accadde questo.

    Adesso il silenzio (vedi John Cage) della fremente attesa, ovunque.

    Barley Arts (-to complicate easy things) è associata alla Fabbrica di Cioccolato di Willy Wonka.Ne sono certo. Ma troppi sono i fatati tagliandi argentati (o dorati, non ricordo con esattezza).
    La farsa è servita.

    “Once they tried to steal my heart, beat it right outta my head
    But baby they didn’t know that I was born dead
    I am the iceman, fightin’ for the right to live”.

    Ci rido su, attento solo a non disturbare Acqua di Colonia che canta Paradise By The C. (ispirandosi a John Cage).

    Trieste adieu.
    C.

    Di Cristiano | 7 Giugno 2012, 17:34
  10. Ciao!
    Ho avuto le medesime notizie… forse abbiamo lo stesso informatore.
    Queste notizie mi confermano che ho fatto bene a rinunciare a Milano. Già l’ultima volta che ero stata a San Siro avevo avuto modo di constatare che l’organizzazione non era impeccabile: pit mezzo vuoto, security con in mano mazzi di braccialetti non distribuiti e ragazza incazzata nera che minaccia di “dire a tutti” che le hanno chiesto cinquanta euro per farla entrare nel pit. Vero o no che fosse, m’è passata la voglia di andare a San Siro.
    Ovviamente dico così perché sono le otto. Poi suona, fa qualcosa di pazzesco e io mi mangio le mani per non esserci stata.

    Di Lorenza Pravato | 7 Giugno 2012, 18:47
  11. Salito sul palco alle 20.35 circa.
    Qualcosa di pazzesco, tipo Jungleland..sacrificata in questo tour..never say never

    Di Cristiano | 7 Giugno 2012, 19:48
  12. Stavo per dire “Per adesso scaletta standard”.
    E poi ha fatto Candy.
    Addio, mondo crudele.

    Di Lorenza Pravato | 7 Giugno 2012, 20:39
  13. We Take Care Of Our Own
    Wrecking Ball
    Badlands
    Death to My Hometown
    My City of Ruins
    Spirit in the Night
    The E Street Shuffle
    Jack of All Trades
    Candy’s Room
    Darkness on the Edge of Town
    Johnny 99
    Out in the Street
    No Surrender
    Working on the Highway
    Shackled and Drawn
    Waitin’ on a Sunny Day
    The Promised Land
    The Promise
    (Piano Solo)
    The River
    The Rising
    Radio Nowhere
    We Are Alive
    Land of Hope and Dreams
    Encore:
    Rocky Ground
    Born in the U.S.A.
    Born to Run
    Cadillac Ranch
    Hungry Heart
    Bobby Jean
    Dancing in the Dark
    Tenth Avenue Freeze-Out
    Encore 2:
    Glory Days
    Twist and Shout
    (The Isley Brothers cover)

    Se lo standard sono 33 brani ( seppur con qualche colpevole defezione) beh…LODE ALLO STANDARD!
    E mi sia concezzo uno…STRACAZZO!

    Di Cristiano | 7 Giugno 2012, 23:25
  14. Un ultimo saluto,
    in nottata (ore 3) partirò alla volta di Firenze dove giungerò alle 5 circa..poi che Dio mi assista. Al mio ritorno voi sarete già in fila per Trieste (immaginando che almeno lì andiate). Dunque buon concerto a voi e che indelebili siano i ricordi.
    Tante emozioni!
    Pura vida,
    Cristiano

    Di Cristiano | 9 Giugno 2012, 18:40
  15. Ciao Larry,
    mi sono imbattuto per caso su questo articolo cercando alcune cose relative a Bruce e altri artisti americani venuti recentemente in Italia.
    Complimenti. L’ho letto tutto. Molto esaustivo ed anche divertente.
    CIAO CIAO…. BUON TOUR 🙂

    Di Mauro D.G. | 29 Giugno 2012, 07:53

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