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Omnia

Lettera al Ministro Fornero

In memoria di Attila József e dei suoi (dei nostri) maiali

Sono nato a Budapest nel 1905. (…) Già prima dei sette anni ho lavorato, come di norma i bambini poveri di campagna: facevo il guardiano di maiali. (…) Quando avevo nove anni esplose la prima guerra mondiale, le nostre condizioni andarono sempre peggio. (…) Andai a vendere acqua nel cinema Világ. Rubai legna e carbone alla stazione ferroviaria di Ferencváros per poterci scaldare. Costruii girandole di carta per venderle ai bambini che avevano una sorte migliore della mia. Trasportai ceste e pacchi al mercato coperto. E così via. (…) Dopo essere tornato a Budapest mi detti a vendere giornali, a commerciare francobolli, e poi in banconote postali. Durante l’occupazione romena divenni venditore di pane al Caffè Emke. Nel frattempo – dopo aver portato a termine cinque classi di elementari – avevo cominciato a frequentare la scuola borghese. (…) Per una primavera e un’estate m’imbarcai sui rimorchiatori della Compagnia di navigazione marittima Atlantica. In quel periodo superai da privatista l’esame della quarta borghese. (…) L’estate insegnavo a Mezőhegyes in cambio di vitto e alloggio. Portai a termine la sesta ginnasiale con il massimo dei voti, nonostante che, per i disturbi dell’età puberale, avessi a più riprese tentato il suicidio: il fatto è che né allora né in precedenza ebbi mai accanto a me qualcuno in veste di amico consigliere. Erano già apparse le mie poesie. “Nyugat” pubblicò quelle che avevo scritto a diciassette anni. Mi consideravano un ragazzo prodigio, ma ero solo un orfano. Alla fine della sesta lasciai il ginnasio e il collegio, perché nel mio stato di abbandono mi sentivo troppo inerte: non studiavo, bastava la sola spiegazione degli insegnanti perché io sapessi la lezione, ne è testimonianza infatti anche la mia pagella con il massimo dei voti. Andai a fare il guardiano dei campi di granoturco e il bracciante nelle campagne di Kiszombor, poi lavorai come precettore. Infine però, su sollecitazione di due miei cari insegnanti, decisi di fare la maturità. (…) All’epoca ero già stato messo sotto processo per oltraggio alla Divinità in una poesia. La Suprema Corte d’Appello mi assolse. Dopo questo, per un periodo fui rappresentante di libri qui a Budapest e poi, durante l’inflazione, lavorai come impiegato della banca privata di Mauthner. (…) Più tardi la banca fallì. Decisi che sarei diventato definitivamente uno scrittore e che mi sarei procurato un impiego borghese che fosse in legame stretto con la letteratura. (…) Mangiavo alla giornata, mi pagavo l’alloggio con gli onorari che ricevevo per le mie poesie. (…) Quando avevo vent’anni mi spostai a Vienna, mi iscrissi all’università e per vivere mi misi a vendere i giornali all’ingresso del Rathauskeller e a fare le pulizie nei locali degli ospiti dell’Accademia ungherese a Vienna (dormivo in un tugurio atroce, dove non avevo nemmeno un lenzuolo). (…) Ora vivo dei miei scritti. Sono redattore di “Szép Szó”, rivista di letteratura e critica. Oltre che nella mia madrelingua, l’ungherese, leggo e scrivo in francese e in tedesco, sono in grado di tenere la corrispondenza franco-ungherese. Dattilografia perfetta. Sapevo anche stenografare: con un mese di esercizio posso riprendere. Sono pratico di tecnica tipografica, posso esprimermi con proprietà. Mi giudico onesto, ritengo di essere d’intelligenza pronta e tenace nel lavoro.

Attila JózsefEgregio Ministro Fornero, Lei sicuramente conosce Attila József, l’autore di questo testo. Questo testo si intitola Curriculum vitae, ed è stato scritto nella primavera del 1937, ovvero pochi mesi prima che il suo autore finisse schiacciato da un treno. Molto probabilmente suicidio, anche se qualche studioso parla di incidente. Attila József, come Lei sa, è uno dei più importanti poeti del ‘900. Non solo del ‘900 ungherese, perché i grandi poeti sono apolidi, vivono dentro ciascuno di noi, sono al di là dei tempi e delle latitudini. Attila József era figlio di un operaio e di una contadina. Così come Yuri Gagarin era figlio di un falegname e di una contadina. Così come Lei, se le cronache non mentono, proviene da una famiglia di operai. E forse i Suoi genitori, quand’era bambina, Le leggevano le poesie del figlio di operaio Attila József.

Egregio Ministro Fornero, sono convinto che Lei abbia pensato alla biografia di persone come Attila József o John Fante quando ha apostrofato i giovani italiani come troppo choosy (sono dovuto andare sul dizionario, il mio inglese è scolastico, cioè pessimo). Certo, paragonata a quelle precarietà, la nostra precarietà fa ridere. Ed è inutile che Le faccia l’elenco dei lavoretti che ho fatto nella mia vita, o i lavoretti fatti da altri coetanei. L’operatore telefonico da call center, il portapizze, il cassiere, non sono minimamente comparabili al guardiano di maiali, il venditore di girandole di carta o il bracciante di campagna. Loro lavoravano solo per il pane, noi il pane lo abbiamo sempre avuto.

Egregio Ministro Fornero, mi permetta un’espressione triviale (le Sue umili origini le impediranno di storcere il naso): bisogna farsi il culo. Questo mi pare di intendere che Lei volesse dire. Fatevi il culo (si ricordi le Sue umili origini) e sarete ripagati. Perché Lei crede che a ciascuno debba andare secondo il merito. Ed io invece, nonostante non vada più di moda affermarlo, continuo a pensare che a ciascuno debba andare secondo il bisogno. Non va più di moda pensarlo nemmeno a sinistra, almeno in buona parte della sedicente sinistra italiana.

Egregio Ministro, Le dirò di più: io credo che le nostre esistenze non dovrebbero essere fondate sul lavoro. Il lavoro dovrebbe essere uno degli strumenti mediante i quali l’uomo si relaziona a se stesso e agli altri. Il lavoro non può, non deve essere l’unico obiettivo delle nostre esistenze. E non impiegherò più di tre righe per convincerla. Mi dica, Ministro: quando è malata, pensa al Suo lavoro? Quando si ammala una persona a Lei vicina, pensa al Suo lavoro? Quando muore una persona a Lei vicina, pensa al Suo lavoro? Quando fa l’amore, mi dica, pensa al Suo lavoro?

Elsa Fornero

Egregio Ministro, io sono d’accordo con Lei. Sì (si ricordi le Sue umili origini), bisogna farsi il culo. Mi dica, però: per cosa? Per un mutuo? Per un’automobile? Per un tablet, un telefonino? Sa cosa credo, egregio Ministro? Che Lei, chi L’ha preceduta negli ultimi trent’anni e chi molto probabilmente Le succederà, che Voi, insomma, siete come quei professori che riprendono sempre uno studente perché studia poco, non si applica, disturba, non si integra, e sarà bocciato – “sarai bocciato, bocciato, bocciato” gli viene ripetuto quotidianamente (provi a ripeterlo nella Sua testa per un minuto, capirà il meccanismo della goccia cinese). A furia di sentirsi dire che è un caprone, ad uno, infine, spuntano le corna. E se l’unica prospettiva che ha è un muro, sbatterà le corna sul muro. Si chiama “mancanza di prospettiva”.

Egregio Ministro, chiudo, perché Lei ha poco tempo (ha poco tempo perché deve lavorare). Lei vuole che i giovani italiani facciano come Attila József, vigilando maiali, vendendo giornali, pulendo latrine? Bene. Smetta di dire loro che devono vigilare maiali, vendere giornali, pulire latrine, perché la gavetta è gavetta. Dica loro, piuttosto (si ricordi le Sue umili origini): giovani! dovete pulire il culo ai maiali, vendere agli incroci giornalacci, pulire la merda dai cessi delle stazioni, perché quei maiali saranno dati a chi ha fame, quei giornali a chi non sa leggere, quei bagni a chi non ha casa. Capisce? Prospettiva, egregio Ministro. Non oso dirLe utopia (o Utopia). Ma almeno, molto più dimessamente, prospettiva.

Originariamente pubblicato presso: http://nacciluigi.wordpress.com/
Ringraziamo l’autore per la gentile concessione.

Attila József

Attila József (Budapest, 11 aprile 1905 – Balatonszárszó, 3 dicembre 1937) è stato un poeta ungherese; è considerato uno dei più importanti poeti ungheresi del XX secolo.
Figlio di Aron Iosif, operaio di origine rumeno, e di Borbála Pőcze, contadina, nacque nel quartiere popolare di Ferencváros, a Budapest, terzogenito dopo le sorelle Eta e Jolán. Il padre abbandonò la famiglia quando lui aveva l’età di tre anni e la madre non riuscì a mantenere economicamente i figli. Attila, attraverso un’istituzione nazionale di assistenza sociale, venne affidato ad una coppia di Öcsöd per lavorare nella loro fattoria. Le condizioni di vita furono tali che Attila (ribattezzato “Pista” dai genitori affidatari) fuggì nuovamente a Budapest per tornare dalla madre.
La madre morì nel 1919, a 43 anni di età. Attila venne quindi cresciuto da Ödön Makai, suo cognato, che gli consentì di studiare in una scuola superiore. Successivamente si iscrisse all’università di Seghedino, con l’intenzione di diventare un insegnante, ma ne venne espulso per via di una poesia provocatoria che aveva scritto.
Da quel momento, cercò di mantenersi con i pochi guadagni derivanti dalla pubblicazione dei suoi scritti. Iniziò, inoltre, a dare segni di schizofrenia e andò in cura presso vari psichiatri.
Morì nel 1937 all’età di 32 anni a Balatonszárszó, dove viveva con la sorella ed il cognato, travolto da un treno di passaggio mentre si trovava sdraiato sui binari. L’ipotesi del suicidio è la più accreditata, anche se alcuni studiosi non escludono l’incidente.
Presso il luogo della sua morte è posto un cippo memoriale.

Fonte: Wikipedia – http://it.wikipedia.org/wiki/Attila_József

Elsa Fornero

Professore ordinario (dal 2000) di Economia politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Torino, insegna Macroeconomia ed Economia del risparmio, della previdenza e dei fondi pensione (in inglese). Le sue ricerche scientifiche riguardano i sistemi previdenziali, pubblici e privati, le riforme previdenziali, l’invecchiamento della popolazione, le scelte di pensionamento, il risparmio delle famiglie e le assicurazioni sulla vita.
È Coordinatore Scientifico del CeRP (Centre for Research on Pensions and Welfare Policies, Collegio Carlo Alberto).
È Honorary Fellow del Collegio Carlo Alberto, Membro del Collegio Docenti del Dottorato in Scienze Economiche dell’Università di Torino e del dottorato in Social Protection Policy presso la Maastricht Graduate School of Governance (Università di Maastricht), di cui è anche docente, membro del Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale, costituito presso il Ministero del Welfare, membro del Comitato Scientifico dell’Observatoire de l’Epargne Européenne (Parigi), membro del comitato editoriale della Rivista Italiana degli Economisti, editorialista del quotidiano economico e finanziario il Sole 24 ore.
Dal 1993 al 1998 è stata consigliere comunale al Comune di Torino, eletta con la lista “Alleanza per Torino” a sostegno del sindaco di centro-sinistra Valentino Castellani.
È stata Vice Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo (2010-2011)[2][3][4], Vice Presidente della Compagnia di San Paolo (2008-2010)[5], membro del Consiglio direttivo della Società Italiana degli Economisti (2005-2007), membro del Comitato Scientifico di Confindustria (2005-2006), membro della commissione di esperti valutatori presso la World Bank (2003-2004), con l’incarico di valutare il ruolo di assistenza svolto dalla Banca nell’attuazione delle riforme previdenziali di paesi con economie di transizione, membro della commissione di esperti della Task Force su “Portability of Pension Rights and Taxation of Pension Schemes in the EU” costituita presso il CEPS (Center for European Policy Studies), Bruxelles (2001-2003), membro della Commissione Ministeriale di esperti indipendenti per la verifica previdenziale (2001), componente del Comitato Scientifico del Mefop (2000-2003).
Nel 2001 ha ricevuto (ex aequo con Ignazio Musu) il Premio Saint Vincent per l’Economia.
Nel 2003 ha ricevuto (ex aequo con Olivia Mitchell) il Premio INA-Accademia dei Lincei per gli studi in materia assicurativa.
È moglie di Mario Deaglio, Professore Ordinario in economia dell’Università di Torino, con cui ha un figlio di nome Andrea, regista, e una figlia di nome Silvia, Professore Associato in genetica medica presso l’Università di Torino e Responsabile della ricerca alla HuGeF (Istituto di ricerca scientifica fondato dalla Compagnia di San Paolo[6] di cui era vicepresidente Elsa Fornero).

Fonte: Wikipedia – http://it.wikipedia.org/wiki/Elsa_Fornero

Commenti

17 commenti a “Lettera al Ministro Fornero”

  1. Il Ministro stesso ha dovuto precisare che quella parola “choosy” è stata estrapolata da un discorso che non poteva essere ridotto ad un solo termine che comunque, una volta tradotto, assume un significato diverso dal contesto culturale nel quale viene utilizzata. Alcuna stampa si è concentrata in modo strumentale su quella unica espressione, altra ha dato la giusta interpretazione a quel discorso e non ha creato polemiche dal nulla.
    Attribuire al Ministro idee e concetti, con l’espressione dubitativa “mi pare di intendere che lei volesse dire”, e poi criticare quelle presunte idee e quei presunti concetti sommariamente sintetizzati, procedendo con l’iperbole dell’articolo sopra, non mi sembra un grande esercizio, se non la ricerca di uno spunto per elaborare un preconcetto.

    Di Jimmi Milanese | 3 Novembre 2012, 12:13
  2. Il Ministro l’ha detto da un palco (cfr: i primi 15 secondi del video qui sotto). O soffriamo tutti di allucinazioni uditive?
    http://tg24.sky.it/tg24/politica/2012/10/22/contestazioni_elsa_fornero_polemiche_lavoro_giovani.html

    Di luigi | 3 Novembre 2012, 14:25
  3. Caro Jimmy, qui a me sa tanto che l’unico preconcetto sia quello degli “sfigati”, dei “bamboccioni”, degli “schizzignosi”, tutti aggettivi che arrivano per bocca di quei signori che hanno distrutto un’intera generazione: la nostra. Forse anche la figlia della stessa Fornero ha “preso la prima” occasione, salvo non essersi poi “guardata intorno”, una volta dentro. Solo che in quel caso è lecito presupporre che le cose siano andate in un certo modo, e non in altri.
    Ma insomma: ti metti a fare l’avvocato della professoressa Fornero? Perché non quello della generica Elsa, casalinga che manda avanti una famiglia intera, o di sua figlia, magari a sua volta laureata (e bravissima), che non trova lavoro da anni?

    Di fucine | 3 Novembre 2012, 15:43
  4. «Per favore, uscite. Se ci siete voi dovrò pensare a ogni parola». Le parole sono importanti – http://www.youtube.com/watch?v=Fcrobk3AMcA

    Di Enrico | 6 Novembre 2012, 11:02
  5. Caro Jimmy, qui a me sa tanto che l’unico preconcetto sia quello degli “sfigati”, dei “bamboccioni”, degli “schizzignosi”, tutti aggettivi che arrivano per bocca di quei signori che hanno distrutto un’intera generazione: la nostra.

    MISCHI DICHIARAZIONI DI MINISTRI DI GOVERNI DI CENTRODESTRA, CENTROSINISTRA, PRESENTI PASSATI, O GOVERNO MONTI E LI METTI TUTTI NELLO STESSO CALDERONE E A QUESTO CALDERONE COME ENTITà ATTRIBUISCI LA DISTRUZIONE DELLA NOSTRA GENERAZIONE = qualunquismo

    Forse anche la figlia della stessa Fornero ha “preso la prima” occasione, salvo non essersi poi “guardata intorno”, una volta dentro.

    COI FORSE NON CI FACCIAMO NULLA E CHE CENTRA LA FIGLIA DELLA FORNERO, ALLORA PERCHè NON PRENDERE LA NIPOTE, LA CUGINA….

    Solo che in quel caso è lecito presupporre che le cose siano andate in un certo modo, e non in altri.

    VIVI DI FORSE, PENSO E PRESUPPONGO?

    Ma insomma: ti metti a fare l’avvocato della professoressa Fornero?

    IO ARGOMENTO, NON DIFENDO.

    Perché non quello della generica Elsa, casalinga che manda avanti una famiglia intera, o di sua figlia, magari a sua volta laureata (e bravissima), che non trova lavoro da anni?

    ALLORA POTREMMO SPOSTARCI NEL MAGREB E CITARE I BAMBINI CHE MUOIONO DI FAME E A TE DIREI DI NON LAMENTARTI TROPPO = qualunquismo

    TRA LE ALTRE PAROLE, QUESTO HA DETTO LA FORNERO: “I giovani escono dalla sucola e devono trovare anche un lavoro, devono anche non essere troppo choosy…io dicevo ai miei studenti prendi la prima poi si guardi intorno”

    che poi mi posti palombella rossa…..mah…..

    Di Jimmy Milanese | 6 Novembre 2012, 14:02
  6. Caro Jimmy, forse nelle lande e nei pianori della tua bella e ricca Merano non è ancora giunta l’eco della crisi che attanaglia il nostro paese, che costringe alla fame la nostra generazione e consegna quella futura ad uno scenario senza prospettive, che non siano quelle della globalizzazione e della speculazione finanziaria. Non a caso ho citato tre aggettivi che sono stati trasversalmente pronunciati dai rappresentanti di tutte le parti politiche coinvolte nella guida del nostro paese negli ultimi anni, a riprova del fatto che è quella classe politica ad aver sbagliato (atteggiamento prima e prospettiva poi) e come sempre noi ad aver pagato per le decisioni assunte da chi un tanto pensava quando un tanto diceva (e, ripeto: “le parole sono importanti”).
    Altro che qualunquismo. Qualunquismo è “volemose tutti bene”, “tutto è giusto e tutto è parimenti sbagliato”. Qualunquismo è l’appiattimento del dialogo e del confronto proprio perché viene meno il senso della differenza tra le rispettive posizioni.
    Sai qual è un’ottima rappresentazione del termine qualunquismo? Quella che tu stesso dai di te medesimo quando sposti, con una manovra che manco Schettino, l’asse della discussione ai bambini del Magreb che muoiono di fame. Al che ogni problema diventa giustamente sciacquetta (come dire: a Taranto muoiono di cancro i cittadini a causa delle scorie prodotte dall’Ilva, ma del resto esiste la guerra in tutto quel mondo in cui, ogni minuto che Dio manda sulla terra, ne muoiono almeno altrettanti, quindi cosa vuoi che siano quelle nostre italiche morti al sapor di Italsider?).
    La figlia della Fornero c’entra eccome, così come i figli dei notabili e potenti tutti, che ci ritroviamo sempre lì al loro posto, a decidere delle sorti di un popolo intero e – tra lacrime e sangue – del nostro stesso futuro. Perché esiste la gioventù che ad esempio io incarno con le mie 15 ore di lavoro al giorno e poi anche quella rappresentante la figlianza dei soliti e mai sopiti gruppi di potere che da trent’anni almeno controllano ad esempio la nostra città (Trieste) e in essa vieppiù spadroneggiano. Trieste, ricordiamolo, in cima alle classifiche delle città con maggiore presenza, quantità e diffusione di depositi bancari, città delle Assicurazioni Generali, della presenza capillare di Istituti di credito che mettono loro effige e logo sui palazzi neoclassici che possiedono, città del benessere sterile ed elitario, proprio in quanto depositato in conti corrente, a fruttare solo gli interessi attivi di chi tali depositi detiene e delle banche che a loro volta non redistribuiscono ricchezza, figurarsi la speranza di un credito per un’azienda o di un mutuo per una famiglia.
    Li vedo anche io, ogni mattina alle sei in punto quando al Bar Moderno faccio colazione, i giovini di belle speranze che proseguono – birra alla mano – la nottata non ancora conclusa della discoteca appena chiusa. Le vedo io le giovini di bell’avvenenza che, puntuali come gli albionici soldati al cambio della guardia, ogni giorno nel tardo pomeriggio “tacchettineggiano” (voce del verbo “tacchettineggiare”, associata alle cosiddette “tacchettine”, per cui horribile visu è indossare scarpa con meno di 12 centrimetri di tacco) nei baretti tra Sant’Antonio nuovo e viale XX settembre. Li vedo io, gli uni alle altre abbracciati all’interno delle cabrio scoperchiate al sole estivo, mentre scorrazzano per viali alberati, che manco Gassman ne Il Sorpasso… E non dico che tutto ciò possa anche esser passato come giustificazione e rappresentazione del disagio giovanile lato sensu inteso, che in queste effimere forme di auto affermazione esibita trova unica, patologica manifestazione. Dico solo che oggi, a Trieste, il tacco a spillo, la birra alle sei del mattino, l’alcolico alle sei di sera, l’ammiraglia che sfreccia e la bella vita tutta, per quanto tri(e)ste… tutto questo esiste ed è appannaggio di quella gioventù che la sua tanto effimera quanto comoda SCELTA ha fatto, gioventù che non solo non rappresenta quell’altra innumerevole che alle 06.00 va al lavoro e che alle 23.00 rincasa ma che, per contro e quasi per morfogenesi, identifica lo sviluppo degenere che trae linfa da regole evolutive degeneri a loro volta. In questo caso sì che do ragione a chi ha detto “bamboccioni” riferendosi ai giovani, ma solo nei termini in cui gli errori delle generazioni che ci hanno preceduto siano stati proprio quelli di madri e padri che, complice il boom economico degli anni cinquanta e sessanta, hanno tirato su i figli nella bambagia prima, nel permissivismo mentre, e nel vizio poi.
    Esiste, tuttavia, ben altra operosa gioventù che NON ha una scelta che sia una e che quindi si sente presa allegramente (sfacciatamente) per il culo da chi – Ministro della Repubblica italiana, e peraltro non scelta dal popolo sovrano – va pubblicamente ripetendo: “guardatevi intorno e prendete la prima occasione di lavoro che vi capita, senza tergiversare e star troppo a scegliere”. Perché si dà il caso che quella “prima che vi capita” sia nella stra-grande maggioranza dei casi un lavoro da 5,00 euro lordi all’ora o comunque uno di quelli che non ti consentono ad esempio di accendere un mutuo bancario. E senza casa quale prospettiva per tirar su famiglia? Senza un lavoro minimamente dignitoso quale futuro per se stessi e per i propri figli?
    Non hai gradito il post al video di palombella rossa? E allora beccati questo, ché Moretti va sempre di moda: http://www.youtube.com/watch?v=jDdDlYjNrdo
    Tu argomenti e non difendi: e allora argomenta ancora (cosa che in vero ti riesce, a parte questa volta, alquanto bene), e magari evita di difendere l’indifendibile (tanto mi trovi qui, sempre pronto a risponderti).
    Abbraccio, e.-

    Di fucine | 7 Novembre 2012, 11:10
  7. Ti garantisco che io non difendo nessuno, perchè dovrei poi…

    Quando tu hai citato Elsa, la casalinga generica, io ho citato il Magreb, proseguendo con lo spostamento del piano di discussione, ma chiaramente il mio intento ironico non è passato. Mio limite.

    Infine, in genere condivido quasi tutte le riforme portate avanti da questo governo. Le condivido perché non sono in grado di capire i loro effetti malefici, semplicemente perché non ho ideologie che mi soffiano nelle orecchie, perché mi informo in modo approfondito???

    Di Jimmy Milanese | 7 Novembre 2012, 15:04
  8. E’ curioso: il testo di Attila József ha qualcosa di terribilmente onesto, preciso, saldo, integro, coerente.

    Sono parole di verità che mescolano sapientemente concreto e ideale, quotidianità e aspirazione, racconto e poesia. E’proprio un altro tempo. Un tempo dal quale tutti dovremo imparare forse.

    Di contro, nei commenti, trovo a tratti un linguaggio desolante, confuso, figlio di una visione opaca e del tutto fuori fuoco.

    Parole figlie dello spirito del nostro tempo, una stagione senza colore, senza prese di posizione, senza personalità, dove tentiamo di spiegarci e non ci capiamo.

    Di cosa stiamo parlando qui, veramente?

    Ci hanno rubato il presente e il futuro. Tempo che non ritornerà. Mai.
    Più.
    E siamo qui a discutere da quale contesto è stato estrapolato l’infelice e ridicolo inglesisimo della Fornero? parliamo di “ideologie che soffiano nelle orecchie”?

    Di cosa stiamo parlando?

    Non sappiamo più distinguere l’oggetto dal soggetto, non abbiamo più una frase che nasca dalla coscienza!

    Vedo visioni piccole, monche, sempre intrise di luoghi comuni. E mi dispiace vedere ovunque continuamente questa incapacità di guardare più in là, ad una visione ampia, comune, condivisa, direzionata.

    Dobbiamo ricominciare a prenderci la responsabilità di quello che diciamo e scriviamo.

    Torniamo all’umiltà, alla sobrietà, al silenzio. A un tempo di pensiero intimo. E scusate, forse non dovrei dirlo, ma parli chi ha davvero qualcosa da dire.

    Ed è ora che l’intento ironico non passi, caro Jimmy, perchè quello non ci salverà e non pagherà le pensioni di nessuno.

    E come ridere di Berlusconi, che pensiamo di liberarcene e nel frattempo il piede è sprofondato nella melma di un’altra tacca.

    M.

    Di Microclismi | 7 Novembre 2012, 18:35
  9. Vedi, caro Jimmy, non tutti hanno uno stipendio da 1.800,00 euro al mese, per 12 ore di lavoro settimanali. C’è anche gente che, non necessariamente solo in subordine all’applicazione di quelle riforme che tu generalmente condividi, si ammazza adesso, oppure delega una propria morte futura al destino che si compirà da qui a qualche anno. E nel mezzo: una lenta erosione, uno spegnersi progressivo di speranze e prospettive, la ricerca altrove della salvezza (traduzione del lemma latino “salus”) che in questo paese non si intravede. Tu non hai citato il Maghreb per il solo gusto del pascaliano divertissement (deviazione e allontanamento), ma in riferimento ai bambini che in quelle nazioni muoiono, per non parlare – dico io – dei loro padri e madri che naufragano sulle nostre patrie coste, perché a loro volta cercano altrove quello che non trovano nelle rispettive terre d’origine. Io – se permetti più appropriatamente, e restando “sul pezzo” – ho contrapposto il Ministro Fornero della “paccata di miliardi” (http://vauro.globalist.it/QFC/NEWS_17346.jpg) alla generica massaia Elsa, quella della paccata sul culo se va bene e del calcio in stesso luogo se va male.
    Comunque, sia chiaro, io non critico le riforme in sé, che si rendono sostanzialmente necessarie dopo le vacche grasse di craxiana memoria e quelle altre vacche, un po’ più magre o quantomeno sode, di più recente e berlusconiana memoria… Io critico la Fornero, e quanti come lei si sono permessi battute infelici, perché l’uso che lei ha fatto delle PAROLE (da cui il mio rimando per citazione al kitsch e cheap di Moretti, peccato anche tu non abbia colto la sottigliezza) dimostra tutta la sua spocchiosa arroganza alto-borghese, e la più totale perdita di contatto/confronto con la realtà contingente; tutte cose – me ne darai atto – che cozzano non poco con le istanze di quella gente che, ripeto: muore, perde speranza, lentamente si spegne.
    Ideologie che soffiano nelle orecchie? Tu pensi che per arrivare a fine mese la gente di cui sopra trovi conforto in Dio (che è morto) o si rivolga a Marx (idem)? Non pensi che costoro (“e anch’io non mi sento tanto bene”) pensino a loro stessi, per non far la fine dell’uno e dell’altro? Scommetti che se si ponesse anche per te il problema del fine mese allora tu a tua volta inizieresti a pensare, e a tutto meno che alla Bibbia o al Capitale? Scommetti che inizieresti ad incazzarti anche tu, come Donata (http://www.microclismi.com/2012/10/24/il-pascolo-dei-maiali/) o come la nostra Marta (http://www.microclismi.com/2012/10/23/stay-hungry-stay-choosy/)?
    Stay tuned. And tune your mind.

    Di fucine | 7 Novembre 2012, 18:56
  10. Sì, prospettive…Utopie persino…ne ho incontrati molti che mi offrivano “prospettive” in nome di un presunto contratto di lavoro mai arrivato. Lavoriamo gratis o per 400 euro al mese in nome delle “prospettive”, per diventare, “un giorno” (Utopia) sceneggiatori, giornalisti, avvocati, o semplici lavoratori strutturati. Oggi la prospettiva è in funzione dello sfruttamento, è il suo mezzo più efficace, poi se volete che torni un nano che vi dica che andrà tutto bene fate voi.

    Di Alessandro Alfieri | 7 Novembre 2012, 23:55
  11. Caro Jimmy, tu affermi:”Il Ministro stesso ha dovuto precisare che quella parola “choosy” è stata estrapolata da un discorso che non poteva essere ridotto ad un solo termine che comunque, una volta tradotto, assume un significato diverso dal contesto culturale nel quale viene utilizzata.”
    Devo ammettere, caro Jimmy, che hai pienamente ragione. Infatti, la Fornero non parlava di noi poveri Cristi, laureati con 110 e lode che cerchiamo un lavoro che ci compensi del sudore che abbiamo versato sui libri, ma si riferiva a questo:
    Se sul tuo Mac hai installato più di un browser, potresti trovare interessante Choosy, un programma per scegliere in modo semplice e rapido il browser da aprire, subito dopo aver cliccato su un link. Solo in inglese e non più gratuito ora che è uscito dalla beta.
    Choosy può risultare molto utile per i webmaster, ad esempio, che hanno bisogno di testare i loro siti su diversi browser. Oppure se in quanto utente hai ormai imparato che certi siti si visualizzano meglio su Firefox e certi altri su Safari. Insomma, Choosy è pressoché indispensabile per chiunque abbia più di un browser sul proprio Mac, poiché permette di scegliere quale aprire dopo, e non prima, aver cliccato su un link.
    Come vedi, noi giovani siamo alquanto ignoranti… ci siamo illusi che la Ministra parlasse di lavoro, invece parlava di un software. Software che peraltro ha ragione d’esistere proprio perché esistono più browser, tutti competitivi e funzionali. Questo è il senso del verbo “to choose”: libero *arbitrio*, ove SCELTA arbitrale sia data.
    Un caro saluto.

    Di Annamaria Martinolli | 8 Novembre 2012, 10:59
  12. L a malsana espressione con cui il ministro (o la ministra???) Fornero ha definito i giovani di oggi, choosy, è solo l’ultima di una serie che, se non erro, partì con i famosi bamboccioni di Padoa-Schioppiana memoria, passando dalle filippiche anti precari di Brunetta, definiti ‘l’Italia Peggiore’, agli sfigati del vice ministro Martone. Lo sberleffo nei confronti dei più deboli sembra essere quindi uno sport che accomuna questi ministrelli, ministri per incarico ricevuto e menestrelli per la loro naturale vocazione a cercar frasi a effetto per imbonire un pubblico sempre più disorientato e sfiduciato. I giovani pagano una situazione economica e sociale che ha radici lontane, nell’operato delle generazioni passate. Forse cara Fornero, se la sua generazione fosse stata meno grabby (=dall’inglese to grap, accaparrarsi), i giovani di oggi non sarebbero così choosy…

    Di Ferruccio Filippi | 8 Novembre 2012, 21:44
  13. Sembra che ci sia un gemellaggio in corso tra Fucine Mute e Microclismi. Vi invito a leggere questo post ed i relativi commenti: http://www.microclismi.com/2012/11/08/il-ministro-fornero-e-gli-orti-degli-altri/

    Per i pigri (anche se un click non si nega ad alcuno):

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    alabarda scrive:
    8 novembre 2012 alle 16:45

    La Fornero sensata? Ha fatto cose apprezzabili? Ma quali? Sicuramente sì per la carriera privata di sua figlia, utilizzando posizioni pubbliche, come una cattedra vinta – si fa per dire visto quel che si sa dei cosiddetti concorsi universitari – con concorso pubblico e incarichi in fondazioni bancarie su nomina di enti pubblici.
    Questo governo non eletto da nessuno, ma imposto dalla Merkel e dalla BCE, è composto dalla vera casta, non quella sfigata dei politici, ma quella dei professionisti, dei manager pubblici o bancari, dei professori universitari che sono stati cooptati, si cooptano tra loro e cooptano figli naturali e figli d’adozione, coperti dai giornali, dai grandi gruppi finanziari. In questi mesi hanno massacrato i senza potere sociale, ma hanno tutelato saldamente i privilegi della loro casta, per esempio le pensioni d’oro degli Amato da 30.000 euro al mese. I politici sono uno specchietto per le allodole, il vero tappo per i giovani sono i Monti, i Passera, le Fornero e compagnia. Con loro “nè merito nè democrazia”, ma solo le “aristocratiche amicizie” sono la strada per andare avanti. Che poi non rubino e non vadano a puttane – cose tutte da vedere perchè loro a differenza dei politici sono ben protetti dai media e dalle varie corporazioni – francamente non me ne frega proprio niente. A me interessa qualcuno che faccia saltare quel tappo, non che sappia fare il tappo bene.

    ####################

    Alessandro Alfieri scrive:
    8 novembre 2012 alle 20:16

    Perdonami Alabarda, ma mi sembrano slogan sconclusionati i tuoi:
    1) Non c’è legge nè buon senso che impedisca al figlio di un ministro di fare carriera, anzi è prevedibile perchè essendo nati e cresciuti in un determinato ambiente, e vivendo in una condizione di indiscutibile agiatezza, raggiungere posizioni di elite è sicuramente più facile che per altri (ciò non toglie che ci sia la possibilità della solita schifezza all’italiana, ma non possiamo escludere anche che non sia così).
    2) La storia del governo non eletto da nessuno viene tirata in ballo da coloro che purtroppo non conoscono la Costituzione Italiana, che prevede che il Presidente del Consiglio venga nominato dal Presidente della Repubblica e non eletto dal suffragio popolare, che invece elegge (o dovrebbe eleggere, ma la nostra purtroppo non è una democrazia per questa ragione) i propri rappresentanti in parlamento che poi danno la fiducia al Presidente del Consiglio. La Costituzione non la si difendere a fasi alterne, solo quando è il nano ad attaccarla.
    3) Sempre per la stessa Costituzione, le leggi non le fa il governo, o meglio, ogni DDL deve passare per il voto del parlamento. Perciò sono i parlamentari a dover votare contro i propri privilegi e le proprie nefandezze, cosa che evidentemente non accadrà mai dato che la gente che occupa le camere non la elette nessuno.
    3) L’Europa ci ha riempito di fondi per un decennio; molti di questi soldi se li sono mangiati piddusiti, ciellini, mafiosi e politici criminali, molti altri li abbiamo utilizzati per fare l’erasmus, per aprire attività commerciali, per fare ricerca o perfezionare il nostro Curriculum. Nel frattempo, mentre l’Europa faceva questo, noi puntualmente abbiamo violato l’80% delle norme europee, in merito di libertà di stampa, telecomunicazioni, condizione carceraria, quote latte ecc.ecc.ecc. E’ ovvio che se il paese è a un passo dal default, come lo era esattamente un anno fa, sei costretto a fare quello che ti dice la BCE e dovremmo anche tacere, anche perchè dopo la BCE, se le condizioni peggiorano, arriva il Fondo Monetario, e quello sì che ci farebbe veramente piangere.
    4) A me sinceramente che questi tizi non rubino interessa eccome, perchè la catastrofe attuale è stata determinata da chi ha rubato per decenni; dovremmo entrare nel merito delle leggi proposte e passate della Fornero, perchè il problema evidente che il ministro ha ben presente è che il conflitto non è affatto di classe, ma generazionale, inutile nascondercelo. E mi pare che con la riforma delle pensioni, la revisione dell’art. 18, e soprattutto la revisione della politica contrattualistica e la riduzione delle formule atipiche (nonchè la lotta decisa della finanza contro il lavoro nero), l’orientamento sia di questo genere.
    …è come se qualcuno mi avesse fatto ammalare per avermi amministrato del veleno, e me la prendo col medico che mi impone una terapia dolorosissima per non morire…

    ####################

    alabarda scrive:
    9 novembre 2012 alle 00:53

    Perdonami tu Alfieri, ma sono le tue osservazioni, sia pur in linea col pensiero mainstream somministrato dai principali media, ad essere secondo me sconclusionate:
    1) La figlia della Fornero non ha fatto carriera ora che la Fornero è ministro, ma ha avuto una cattedra nella stessa università dove sono ordinari papà e mamma Fornero e poi ha condotto progetti di ricerca in istituti di ricerca finanziati da fondazioni bancarie amministrate dalla Fornero su nomina di enti pubblici e dunque di politici. La questione non è se la figlia della Fornero sia brava o no, ci mancherebbe solo che non lo fosse, ma la questione è se gli altri bravi hanno avuto le sue stesse opportunità o se invece non ci sia stata nessuna gara e gli altri bravi siano rimasti col culo per terra senza potersi misurare solo perchè non erano figli – naturali o cooptati – di questo o di quello della casta tecno-burocratica, della quale la casta politica è solo la pagliuzza sulla quale viene centrata l’attenzione dei principali media per occultare la trave nell’occhio della classe tecno-burocratica e delle sue varie corporazioni.
    2) Visto che dai lezioni di diritto costituzionale e ti ringrazio anche se l’esame l’ho già fatto, forse saprai che la costituzione e la democrazia sono forma e sostanza. Tu dici che è stata rispettata la forma e questo io lo davo per scontato. Ci mancherebbe anche che non sia così. Io ho fatto un discorso non di forma, ma di sostanza. La nostra democrazia è stata commissariata con l’imposizione dall’esterno, senza passare per le elezioni, di un governo che garantisce certi interessi. Questo non è successo in altri paesi in crisi. Non è successo in Irlanda, in Portogallo, in Spagna e nemmeno in Grecia. In tutta Europa, in tutte le democrazie parlamentari, si vota e si fa un governo e poi si rivota, alla scadenza regolare o in anticipo. E’ l’Italia l’anomalia trasformista dei cambi di casacca senza passare per le elezioni e dei governi “tecnici” e questo non è mica il primo. In quali altri grandi democrazie parlamentari dell’occidente si disfano maggioranze in parlamento e se ne fanno di nuove senza passare dal voto? In quali altri grandi democrazie occidentali si fanno governi “tecnici”? Questa è una questione non di forma, ma di sostanza democratica ed è l’Italia l’anomalia nel panorama.
    3) Risparmami il pistolotto sulla nostra crisi causata dalla corruzione perchè è una balla. La corruzione c’era e c’è, ma è un problema morale e non economico. Nel mondo ci sono paesi asiatici e sudamericani dove la corruzione è generalizzata eppure questi paesi vanno economicamente alla grande. Allora il problema non è la corruzione, come non lo è il costo del lavoro, visto che molte aziende delocalizzano in Svizzera e in Austria dove il costo del lavoro è più alto. Il problema è che in Italia è tutto bloccato dalle corporazioni statali o protette dallo stato. Burocrazia asfissiante, dieci anni per una causa civile contro i pochi mesi degli altri paesi, classi dirigenti vecchissime e abituate a cooptare parenti e protetti invece di attivare meccanismi di selezione in base al merito,ecc., ovvero la mentalità della casta tecno-burocratica che adesso è anche direttamente al governo e con quali risultati? Il rapporto debito/PIL continua a peggiorare anche tagliando la spesa pubblica perchè non c’è crescita, ma decrescita e come può esserci crescita se tutte le energie sono bloccate dalle corporazioni? E il rischio default ha natura finanziaria e dipende dal fatto che la Bce non è prestatore di ultima istanza come la FED o la Banca d’Inghilterra e quindi abbiamo una moneta, ma non chi la garantisce, perchè alla Germania e a pochi altri lo spread conviene perchè favorisce le loro aziende e sposta i capitali da loro. Quindi non dobbiamo per niente tacere, ma al contrario dovremmo fare la voce grossa.
    4) A parte che le vicende poco chiare di membri di questo governo non mancano, solo che i giornali, per coprirle, sbattono in prima pagina i consiglieri regionali rubagalline e il bunga bunga, non è vera la comoda illusione che la catostrofe attuale è stata determinata dalle ruberie di pochi, che pur ci sono state e ci sono ma non fanno massa dal punto di vista economico. La catastrofe attuale è stata causata da un’intera generazione che è vissuta ben al di sopra delle proprie possibilità, facendo indebitare lo stato. Il problema è sì generazionale, ma è il modo di affrontarlo che è di classe, anzi di casta, colpendo i senza potere sociale e difendendo i privilegi delle corporazioni.
    …è come se qualcuno, dopo essere stato avvelenato lentamente, chiamasse l’avvelenatore per farsi curare con quello stesso veleno che l’ha fatto ammalare!
    Rispondi

    ####################

    Enrico scrive:
    9 novembre 2012 alle 08:40

    Alabarda: chapeau! Sottoscrivo tutto, senza spostare una virgola che sia una. Troppo facile, caro Alessandro, considerare l’Italia tutta come un malato monadico, quindi soggetto unico ed indivisibile. L’Italia è – ahinoi, ma anche per fortuna – costituita dagli italiani, e se si cura quindi il malato-Italia allora la medicina (latino: cura, per l’appunto) va somministrata agli italiani tutti. Purtroppo – ahinoi e per sfortuna – solo certi italiani continuano a subire l’imposizione di dosi (velenose, come giustamente scrive Alabarda) cosiddette curative, mentre certi altri ne sono esentati. Non è un caso che linearità dei tagli determini il venir meno delle coperture finanziarie per leggi – vedi ad esempio quelle sulla sanità – che, tanto proclamate da una parte come innovative e a favore della razionalizzazione ed efficienza del sistema sanitario nazionale, di fatto non vedranno mai luce, ché sarebbe come pretendere di costruire una casa senza mattoni (lo diceva molto bene ieri sera un medico a Servizio Pubblico di Michele Santoro).
    Dare soldi o toglierli, identificare chi riceve, chi no, chi non viene intaccato da qualsivoglia operazione di modifica, è SEMPRE operazione politica, intesa come espressione di un arbitrio sociale. Scelta di sostanza. Scelta di forma, per contro, è quella della demagogia di chi promette vantaggi al popolo (taglio aliquote IRPEF), salvo riprendersi un malloppo doppio (incremento IVA).
    Sia chiaro: la coperta è quella, e che la si tiri da una parte o dall’altra, sempre quella coperta rimane. Solo che a tirare – coperta che riscalda solo taluni, e le sorti del nostro stesso paese – sono persone che non dovranno rispondere ad alcun elettore, e forse manco alla loro stessa coscienza. Scrivo “forse” solo pensando alle lacrime della Fornero, che era consapevole dell’ingiustizia della sua riforma, tolgo il “forse” quando penso ai caccia bombardieri (art. 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”) per il cui acquisto e produzione nessuno, neanche i “tecnici”, ha mai tirato il indietro il suo culo. Crasso come l’intestino nei paraggi e satollo come la panza un po’ più su.

    ####################

    Hic meditandum est.

    Di fucine | 9 Novembre 2012, 09:48
  14. Be’, almeno adesso vedremo quanto anche la cara Elsa sarà choosy nel decidere se assumere, o meno, a tempo indeterminato quei 200 lavoratori cocopro dell’Isfol, istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, diretta emanazione del Ministero da ella medesima guidato.

    Di fucine | 9 Novembre 2012, 21:14

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