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Arte

Arrrgh! una mostra che più mostruosa non si può

Hideki Seo, ‘Swimming in the Garment’, MA collection Antwerp Fashion Department, 2005, © photo: Etienne TordoirChe la moda non corrisponda necessariamente ad una valorizzazione del corpo e della sua morfologia non è una novità, e le passerelle ancora oggi ce lo dimostrano con proverbiale insistenza. Da questa constatazione all’organizzazione di un’esposizione sulle più improbabili creazioni di stilisti visionari il passo è breve, e lo ha fatto il collettivo greco Atopos con Arrrgh! Monstres de mode, che stazionerà alla Gaité Lyrique di Parigi fino al 7 aprile 2013.

Iniziando con un paio di tacchi da capogiro di Alexander McQueen e passando per gli immancabili veli di Martin Margiela e Yssey Miyake, fino alle sculture di Craig Green e Walter Van Beirendonck, cinquantotto stilisti presentano i loro incubi fatti di strati di pelli e tessuti, capelli e plastiche. E se la moda è spesso contestata, poiché annulla l’individualità del corpo e la singolarità delle sue forme a favore dei canoni estetici imperanti o della creazione stilistica tout court, nell’esposizione Arrrgh! Monstres de mode l’annullamento del corpo raggiunge un effetto opposto: esso riemerge nel clamore di mille identità, piuttosto che irrigidirsi in un unico stereotipo.

Ma perché Arrrgh! Monstres de mode viene proposta alla Gaité Lyrique, luogo parigino dedicato alla sperimentazione digitale e all’interazione tra arte e tecnologia? Spiegano Vassilis Zidianakis e Angelos Tsourapas, fondatori del collettivo greco Atopos e commissari dell’esposizione: “Con Arrrgh! Monstres de mode, non indaghiamo in modo specifico la cultura del digitale e del tecnologico, ma abbordiamo il digitale come “fenomeno d’epoca” che suscita determinate tendenze e che trasforma il nostro rapporto con il reale… Ciò che ci sembra importante oggi è che la figura umana tende a scomparire rimpiazzata da una maschera, e spesso sono le forme e le dimensioni del corpo stesso a modificarsi: l’umano, poco a poco, si trasforma e diviene mostro, il corpo diviene ibrido. Viviamo nell’era del digitale, abbiamo più profili su Internet e a volte scegliamo di non mostrare il nostro viso naturale, preferendo costruire noi stessi il nostro ritratto”.

 L’urbanista e filosofo Paul Virilio in Estetica della sparizione (1980) attribuiva alle nuove tecnologie la causa della smaterializzazione e della derealizzazione dell’esperienza. Virilio sosteneva, infatti, che l’immagine animata, figlia dell’arte del motore, accelera questo passaggio tramite la scomparsa del reale. Nel cinema, l’oggetto reale viene annullato dalla sua rappresentazione, e la televisione ed Internet radicalizzano tale processo; nella velocità tecnologica ormai superiore al tempo dell’uomo, oggi si traccia per il filosofo l’autodistruzione politica, sociale e forse fisica dell’uomo.

Vista dell'esposizione © photo: Panos Kokkinias

La connessione tra nuove tecnologie e dematerializzazione è precisamente il cuore dell’esposizione Arrrgh! Monstres de mode, dove a scomparire è, però, solo la più canonica forma dell’abbigliamento e della morfologia umana, come se quella che siamo soliti attribuire al corpo non fosse che una riduttiva abitudine, il risultato di continue sottrazioni di possibilità. Al suo posto compaiono abiti-mongolfiera, improbabili silhouette composte da ciocche di capelli, figure che sembrano appena uscite da un film di fantascienza. Il viso scompare o viene moltiplicato un numero indeterminato di volte, a sottolineare il concetto di identità molteplice, tanto usuale nell’era degli avatar digitali.

Stilisti riconosciuti e giovani designer richiamano, quindi, in causa i concetti di bellezza e bruttezza, ed è lo spirito dell’esposizione è ancora più chiaro se pensiamo che nell’ antica Grecia, oltre al significato che tutt’ora conserva, mostro era il termine utilizzato per indicare qualsiasi contenuto considerato strano e che necessitava di una spiegazione. Mostri non erano quindi solo delle bestie grottesche, sovrannaturali e sconcertanti, ma anche i fenomeni divini e le inspiegabili leggi che regolano l’universo ed il mondo nel quale viviamo. A tutto ciò che non poteva essere spiegato, veniva attribuito l’appellativo mostruoso.

Maison Martin Margiela, S/S 2009, © photo: Yannis Vlamos.Le creazioni esposte alla Gaité raccolgono ancora questa antica sfida: ribaltando i presupposti del sistema-moda, sembrano più corrispondere all’espressione di una fantasiosa interiorità che di una qualche bellezza esteriore. Raccolti tutti assieme, questi goffi residui da passerella compongono un’inusuale parata che sancisce, almeno per una volta, un moto ironico e onnipotente della moda, capace non solo di sedurre ed affascinare, ma anche di raccogliere nuove sfide, far riflettere e (per fortuna) sorridere.

 

 

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