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Scrittura

Victor Gischler

Prosa a tavoletta e centrifuga di generi

Alla scoperta dello scrittore amato da Joe Lansdale e Don Winslow.

Ritratto di Victor GischlerCapita che in una classica domenica senza scopo – una di quelle senza partite su cui scommettere, insomma – passeggi immerso nei tuoi pensieri ed entri in una libreria quasi per inerzia. Una volta dentro, ti trascini tra i reparti e leggi distrattamente i titoli, poi ti fermi perché un libro ti colpisce: Anche i poeti uccidono. Lo prendi in mano e noti che è pubblicato da Meridiano Zero, piccola casa editrice che si dedica alla scoperta di autori di genere inediti in Italia. La copertina col tizio nerboruto che ti punta contro la pistola ti riporta immediatamente al fumetto in un mix di weird, pulp e hard-boiled. Lo giri, e in quarta di copertina trovi le immancabili blurp di raccomandazione. Ce ne sono due: una è di Joe Lansdale, l’altra del Washington Post. Sull’opaca copertina, Joe scrive: “L’ho divorato in un giorno, non riuscivo a staccarmene”. Commento lusinghiero anche dal giornale che ha messo in mutande Nixon: “Una delirante storia di gangster e poeti, semplicemente splendido”. Provi a sfogliarlo e noti subito una scrittura secca, un ritmo vorticoso e una schiera di personaggi strampalati sullo stile di Elmore Leonard. Decidi di acquistarlo, e una volta a casa ti lasci prendere dall’ironia acida, dalle situazioni paradossali, dalla rutilante azione e da qualche velata critica al mondo degli scrittori che condividi pure. Google ti dà infine una mano a scoprire di più su quell’autore che si chiama Victor Gischler.  Scopri che è classe ’69, che è stato professore di scrittura creativa, e che il suo romanzo d’esordio La gabbia delle scimmie (2001) è stato candidato all’ “Edgard Awards”, un premio notevole per la letteratura noir/mistery.

Tutto questo accadeva quattro, forse cinque anni fa. Nel frattempo Victor è arrivato nelle librerie italiane con altri quattro romanzi: il darkettone fantascientifico Black City, l’hard-boiled Sinfonia di piombo, finalista dell’ “Anthony Award”, Salutami Satana, in collaborazione con l’amico Neil Anthony Smith, e il noir Notte di sangue a coyote crossing. Ha scritto anche sceneggiature per i fumetti Marvel: The Punisher, Deadpool, Wolverine e la serie degli X-men La maledizione dei mutanti. In Italia è stato invitato dagli attenti segugi post noir dello Sugarpulp Festival di Altinate insieme all’amico Lansdale e altri autori di genere come Tim Willocks, Massimo Carlotto, Jan Wallentin. Va detto anche che tra i suoi amici ed estimatori figura quel Don Winslow che adesso sta spopolando, e chissà che non capiti alla fine anche a lui. Intanto, per pubblicare il seguito di Black City (Vampire a go go è il titolo originale), Victor è stato costretto a inventarsi un’altra diavoleria. Siccome il suo editore non ne voleva sapere, ha pensato di ricorrere al finanziamento tramite crowdfunding sul sito Kickstarter: soldi in cambio di una parte nel romanzo. L’obiettivo era raggiungere 3000 dollari, ci è riuscito portandosene a casa 5396. Funzionava così: con un’offerta da 5 dollari si aveva diritto a una copia gratuita dell’ebook; con 10 dollari a una copia cartacea e alla citazione nei ringraziamenti; con 25 dollari, contenuti extra; a 100 dollari si diventava un personaggio minore del romanzo e a 200 un cameo in uno dei prossimi fumetti Marvel. Sopra i 250 dollari si otteneva un ruolo importante e a 500 si diventava protagonisti. Per chi voleva esagerare poi, c’era anche l’opzione 2500 dollari per fare una grigliata con lui, ma l’offerta era solo per i residenti; a  chi era  disposto a versarne addirittura 5000, Victor offriva aereo, vitto, alloggio… e qualche bevuta (a leggere il suo twitter non disdegna affatto).

Insomma, un bel personaggio, Gischler. Dovevo intervistarlo. L’ho fatto cercando di scoprire un po’ di più su di lui e su come vive la sua scrittura.

Marco Romandini (MR): Ciao Victor, parlami un po’ di te, di come passi le tue giornate.

Victor Gischler (VG): Beh, vediamo… sono un uomo sposato, mia moglie è una professoressa universitaria e ho un bambino di otto anni. La mia vita quotidiana è spesso intensa. Facendo lo scrittore a tempo pieno, cerco di svegliarmi al mattino e iniziare a scrivere, ma devo fare anche i conti con le giornate molto meno flessibili di mia moglie. Così, se devo fare commissioni o portare mio figlio dal dottore, finisce che mi metto a scrivere solo di notte quando gli altri dormono. Ah, dimenticavo, devo anche cucinare.

MR: E quando finalmente sei lì, che succede? Accendi il computer, ti fai una bella tazza di caffè e poi? Riempi quella pagina bianca con un’idea in testa o scrivi di getto?

VG: Dipende dal giorno. Alcuni giorni funzionano meglio di altri. Se sono particolarmente ispirato, vado di getto sentendo la storia e riempiendo un bel po’ di fogli. Se c’è un punto delicato nell’intreccio, invece, ho  bisogno di rallentare e scrivere solo poche pagine al giorno. A volte poi sto così tanto tempo seduto sempre allo stesso tavolo, che sento il bisogno di prendere il mio computer e andarmene a scrivere in qualche altro posto, spesso in un bar. È come se avvertissi di aver consumato tutta la creatività di quel luogo e dovessi cambiarlo per farmi venire idee nuove.

Copertina Vampire-a-go-goMR: E funziona, direi. Fantasia non ne manca mai nelle tue storie. Sparatorie, poeti assassini, ragazze killer, apocalissi…come diavolo ti vengono in mente?

VG: È difficile da dire. Non credo che capiti sempre nello stesso modo. È come vagabondare inciampando qua e là fino a quando si ha la sensazione di aver messo il piede nel posto giusto. In quel momento capisco che è la strada della mia storia. A volte poi può capitare di avere false partenze e dover buttare uno o due capitoli e ricominciare. Lo so che è un procedimento un po’ incasinato e sono sicuro che ci sia un modo migliore, ma io non lo conosco.

MR: C’è chi pensa che un libro debba far riflettere e giudica la letteratura di pura evasione quasi di un livello inferiore. In alcuni romanzi, tu lasci trasparire qualche critica verso la società, ma in genere preferisci puntare più al divertimento, all’azione pura. Che ne pensi al riguardo? Tra l’altro hai scritto romanzi noir, di fantascienza, pulp… quale categoria senti più tua?

VG: Per quanto riguarda l’impegno nella narrativa,  credo che la vita sia troppo breve per cercare anche di essere importanti. Se i miei libri sono considerati di un genere inferiore, pazienza… m’interessa di più cosa ne pensa il lettore. Non ho un genere preciso, credo che ciò che scrivo dipenda molto dall’umore. E poi amo soprattutto mescolare diverse cose. Per esempio mi piace moltissimo Blade Runner perché è un insieme di fantascienza e noir. Insomma, mi viene un’idea e cerco di seguirla senza preoccuparmi troppo del resto.

MR: E come la segui? Parti dal conflitto dei personaggi o hai già in mente una trama e un ambiente in cui farli muovere?

VG: Ho sempre tutto in mente. A volte il personaggio è la cosa più importante, altre volte la storia. Di solito lavorano insieme, però quando vedo che non succede mi tocca riscrivere daccapo.

MR: Per superare il problema che fai? Lasci entrare l’uomo con la pistola di Chandler?

VG: Beh, un uomo con la pistola funziona sempre. Anche una donna. Oppure una donna senza vestiti e con una pistola. Chandler suggeriva di mettere dentro qualcosa di sensazionale e inaspettato… credo che sia proprio quello che il lettore vuole, no? Bisogna chiedersi: “Che cosa potrebbe succedere ora d’interessante?”. Però raramente mi capita di essere del tutto bloccato. Posso essere stanco o non dell’umore giusto, ma credo che sia diverso dall’essere bloccato.

Ritratto Joe Lansdale

MR:  Joe Lansdale e Don Winslow ti adorano e le loro recensioni su di te sono sempre entusiaste. Com’è il tuo rapporto con Joe, al quale sei accostato spesso? Avete in programma di scrivere qualcosa assieme?

VG: No, non abbiamo progetti del genere… che diamine, lui è un genio, non ha bisogno di me. Però è una persona molto generosa e lo ringrazio per tutte le cose belle che scrive sul mio conto. Mi fa piacere incontrarlo quando siamo invitati allo stesso festival, com’è successo anche in Italia. Nutro un grande rispetto per lui.

MR: Joe dice che si sente molto attaccato ai suoi personaggi, tanto che poi Hap e Leonard sono diventati i protagonisti di una saga. Provi la stessa cosa per i tuoi? Ne rivedremo qualcuno?

VG: No, cerco di non attaccarmi troppo perché voglio che il lettore senta in ogni momento che se il personaggio è in pericolo può veramente morire. Non tutti i protagonisti delle mie storie, infatti, sopravvivono nei miei libri. A volte passo tanto tempo su un personaggio proprio perché poi si possa provare un senso di malessere quando nel libro non ce la fa.

MR: Oltre a scrivere romanzi ti occupi anche di sceneggiature per la Marvel. Che cosa cambia nella costruzione di una storia? In quale delle due attività ti senti più a tuo agio?

VG: Beh, ormai mi sento in confidenza con entrambe, ma per scrivere fumetti devi avere molto più controllo. In un romanzo puoi scrivere quanto vuoi, un fumetto classico è di ventidue pagine. Niente di più e niente di meno. Così devi essere molto concentrato quando componi la storia perché deve essere perfetta per quegli spazi da riempire.

MR: A proposito di altri mezzi espressivi, pensi che in futuro varrà la pena di sfruttare le possibilità d’interazione offerte ad esempio dagli ebook o credi che un libro debba restare un libro? Non mi sembra che chi abbia provato a fare un cross-media abbia poi avuto molto successo.

VG: Guarda, non saprei. Io sono una persona molto semplice e credo che se una cosa funziona non ci sia neanche il bisogno di ripararla. Non sconsiglierei mai però di provarci, esperimenti bisogna sempre farne.

Copertina Black CityMR: Libri, fumetti, e ora anche cinema. Hai scritto la sceneggiatura di Pulp Boy, basata su un tuo romanzo. Raccontami qualcosa di questa esperienza.

VG: La mia breve esperienza a Hollywood mi fa capire che quello è un posto frustrante. Ho scritto la sceneggiatura di Pulp Boy insieme al mio amico Anthony Neil Smith e poco tempo dopo abbiamo ricevuto una mail dal produttore che ci ha detto che potevamo stare tranquilli perché avrebbe trovato i finanziamenti. Due settimane dopo invece l’hanno accantonato. Quando si tratta di film, ogni progetto è un castello di carte.

MR: Meglio ributtarsi sui libri. A proposito, hai un suggerimento per gli aspiranti scrittori?

VG: Posso darne uno che credo basilare. Quando pensi di aver finito, non hai mai finito. Rivedi tutto quanto. Una volta. Due. Tre. Ritocca, ritocca, ritocca.

MR: Come ultima domanda, ti chiedo invece alcune buone ragioni per non scrivere.

VG: Semplice. Se pensi di volerlo fare per cambiare il mondo, diventa un dottore o uno scienziato piuttosto. Non uno scrittore. Tutti gli scrittori che pensano di avere qualcosa d’importante da dire dovrebbero fermarsi e ripensarci. Credete che il vostro romanzo possa curare il cancro? Sfamare i poveri? Fermare la guerra? Sì, veramente?

MR: È tutto Victor, grazie. Aspetta però… ti ho fatto 13 domande, non è che sei superstizioso?

VG: No. Sì. Forse. NON LO SO!

MR: Ok, tranquillo. Questa era la quattordicesima, non preoccuparti.

VG:

Victor Gischler vive a Baton Rouge, in Louisiana.
È autore di sette romanzi tradotti in dodici lingue, è stato a lungo professore di Scrittura creativa presso la Rogers State University, in Oklahoma, ed è sceneggiatore Marvel per fumetti come The Punisher, Wolverine, Deadpool e la nuova serie degli X–Men che ha venduto solo nella prima settimana più di 100.000 copie.
Il suo romanzo La gabbia delle scimmie, che è stato nominato come miglior esordio agli Edgar Award, sta per diventare un film a Hollywood.

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