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Palcoscenico

Il coraggio della danza contemporanea

Danza Contemporanea. Istruzioni per un uso pubblico - MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna 4 ottobre 2013

La danza è disciplina, lavoro, insegnamento, comunicazione. Con essa risparmiamo parole che magari altri non capirebbero e stabiliamo un linguaggio universale, familiare a tutti. Ci dà piacere, ci rende liberi e ci conforta dall’ impossibilità che noi umani abbiamo di volare come gli uccelli, ci fa avvicinare al cielo, al sacro, all’infinito.

Julio Bocca

 

Marzia Migliora per la Nona Giornata del Contemporaneo, "Aqua micans", 2013 (part.) / Ph.Turiana Ferrara

Danza Contemporanea – istruzioni per uso pubblico: questo il titolo della tavola rotonda che s’inserisce nelle iniziative per la Giornata del Contemporano indetta da AMACI. L’incontro al MAMbo è stato voluto e organizzato da Franca Ferrari, danzatrice, coreografa e direttrice del Centro Internazionale di Movimento e Danza (CIMD) di Milano, e da Roberta Zerbini, danzatrice e fondatrice della compagnia Ekodanza, nonché direttrice del Selenecentrostudi di Bologna. Ricca la partecipazione di danzatori (tra questi Monica Rimondi, Tery Weikel, Martina La Ragione), così come di registi, coreografi, musicisti, fotografi, disponibili a condividere la propria esperienza umana e professionale nel campo dell’arte, per metterla al servizio di una riflessione collettiva. Franca Ferrari ha aperto il dibattito ponendo l’attenzione su alcune parole chiave: dialogo, processo, linguaggio, condivisione.

Che cos’è l’arte? che cosa vuol dire essere un artista contemporaneo? La questione, complessa se non altro perché legata ad una visione fortemente soggettiva, sembra però trovare una comune risonanza nel termine vibrazione. La vibrazione è, infatti, la condizione necessaria al fatto artistico, evoca quella tensione intrinseca che tiene in vita l’opera nel tempo, ma contiene anche quella facoltà di trasmissione, di interscambio che stabilisce il territorio di incontro tra l’autore e il suo pubblico.
Essere artista vuol dire, quindi, prima di tutto identificare, salvaguardare e difendere questa tensione primigenia, unica ed eccezionale. Eppure oggi questo non basta: è necessario che l’artista si riconosca anche in un proprio linguaggio, in un pensiero, che si collochi in un solco preciso; dentro uno scenario di offerte variegate e spesso indifferenziate, l’artista contemporaneo è necessariamente chiamato a definire che cosa vuole mostrare e qual è l’oggetto della sua ricerca. Una questione solo apparentemente semplice, perché nel decidere che cosa dire (o non dire) l’artista crea la qualità del suo risultato, un risultato che secondo Franca Ferrari dovrebbe ispirarsi alle categorie indicate da Calvino nelle Lezioni americane: esattezza, visibilità, molteplicità, consistenza. In questo modo, l’opera d’arte potrà avere una sua dignità: fintanto che farà intravedere il processo, ma non lo spiegherà del tutto, fintanto che porrà un’interrogazione, ma non suggerirà la risposta e fintanto che emozionerà per il solo fatto di essere – prima e sopra di tutto – un autentico racconto di consapevolezza.
Saper fare arte non è sufficiente: bisogna, appunto, trasmetterla, farla arrivare.

Danza al MAMboIl dibattito prosegue, poi, su un punto centrale, ovvero la difficoltà ad avvicinare il pubblico all’arte contemporanea e alla danza in particolare.
Perché la danza fatica così tanto a farsi frequentare? Le ragioni di questa reticenza coinvolgono più argomentazioni: sebbene abbia sempre interessato un audience di cultura medio-alta, lo scarso interesse per quest’arte non può essere attribuito solo alla limitazione ab origine del target di riferimento. Più probabilmente, in questi tempi oscuri e confusi (basti pensare ai condizionamenti della crisi politica e socio-culturale), la fruizione dell’arte non riesce ad entrare nella quotidianità delle persone: il lavoro, i ritmi frenetici delle città, gli oneri familiari hanno allontanato il pubblico dall’esperienza artistica che richiede, oltre che un contesto accogliente, un suo tempo di fruizione e comprensione, una disponibilità dell’animo, un impegno.
C’è senz’altro, però, anche una responsabilità degli addetti ai lavori: la danza è forse una delle discipline artistiche che ha più resistito ai dogmi della tradizione classica; refrattaria alle contaminazioni delle altre arti visive, quest’arte – specialmente in Italia – non è riuscita ad allinearsi ai tempi e ai luoghi della contemporaneità; inoltre, una certa tendenza alla costituzione di “ghetti” ha provocato un allontanamento fisiologico da parte del grande pubblico.

Sul tema del luoghi della danza e per la danza il confronto prosegue. Come arte suprema del movimento (e in qualche modo della vita stessa), la danza dovrebbe saper uscire dal perimetro che la tradizione le ha imposto, abbandonare i luoghi canonici, sfidare gli stereotipi, mostrarsi – anche provocatoriamente – in ambienti inediti.
È, infatti, necessario trovare delle modalità comunicative nuove, capaci di sorprendere il pubblico, richiamarlo a sé e coinvolgerlo, perché l’arte contemporanea ha anche il compito storico della negazione della regola per poter proseguire nel suo cammino di conoscenza e autoaffermazione. Ma questa sorta di “ritardo”, che secondo la direttrice del CIMD si può superare solo con un salto evolutivo, riguarda anche il problema, non irrilevante, della comunicazione. Anche qui, forse, non si è stati sufficientemente al passo: oltre a sfruttare tutti i canali tecnologici a disposizione (diffusione video, social network) quest’arte deve studiare nuove strategie di affezione del pubblico, facilitando il contatto con gli artisti e rieducando le persone a fruire di questa forma espressiva.
In riferimento a questo, una voce dal pubblico ricorda i dati drammatici dei fondi alla cultura: una mentalità e una politica ottusa e arretrata sottrae da troppo tempo le risorse necessarie a tenere in vita il circuito dell’arte che, invece, potrebbe rappresentare – ben amministrato – una risorsa economica sulla quale reinvestire. Da qui si aprirebbe un capitolo troppo grande.
Resta poi il grande tema della formazione. L’autorità delle Accademie non è mai stata messa in discussione, per questo motivo forse alcune “scuole” hanno perso il contatto con le nuove esigenze del presente, con i cambiamenti avvenuti, chiudendosi in nicchie autocentrate e poco inclini al dialogo, non solo nazionale ma anche europeo.

Danza contemporaneaIn chiusura di dibattito la domanda che ci si pone è: come uscire dall’impasse? La proposta radicale, ma non troppo provocatoria, sembra essere quella di dare alla danza un nuovo nome (da questa idea è partito forse il nuovo progetto, curato dalla videoartista Simona da Pozzo, del Dizionario-Ferrari), di dare il via alla rivoluzione culturale passando per una rivoluzione terminologica, liberando l’arte di Tersicore dalle briglie del passato.
La danza deve riallacciarsi al presente, costituirsi come “bottega artigiana” fuori dalle istituzioni, mettersi in relazione continua con l’esterno, uscire dagli spazi tradizionali, rifondarsi continuamente sulla base di una ricerca ostinata e instancabile.
Non è forse stata sempre questa la caratteristica principale dell’artista? quel coraggio emotivo e intellettuale che spinge ad abbracciare il nuovo senza riserve e a lasciar andare quello che non appartiene più al tempo presente? E sulla scia di questa nuova spinta, semplice e allo stesso tempo innovativa – la danza come un insieme di nuovi incontri possibili – si è inserita la performance finale dal nome “Sorgente” creata ad hoc per la giornata del Contemporaneo da D.ARTE factory, che ha trovato spazio proprio nella scalinata centrale del Museo.

Le danzatrici hanno dato vita ad un’opera performativa che ha chiamato a raccolta un pubblico via via sempre più vasto; un nugolo di bambini è entrato nello spazio scenico sedendo sui gradini accanto alle performer. Ecco la vibrazione di cui si diceva all’inizio, come una sorta di “chiamata” in grado di muovere e unire alla stessa altezza chi l’arte la fa, e chi, guardandola, ne coglie il senso profondo. Un dato di partenza importante: la danza, nonostante tutto, è ancora viva.

Il copyright della foto 1 è il seguente: Marzia Migliora per la Nona Giornata del Contemporaneo, Aqua micans, 2013 (part.) / Ph.Turiana Ferrara.

Le foto del presente articolo sono state realizzate da Simona Da Pozzo.

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