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Cinema

Prigionieri dell’oceano (Lifeboat) di Alfred Hitchcock

Prigionieri dell’oceano (Lifeboat) di Alfred Hitchcock

Rassegna stampa dell’epoca a confronto

Lifeboat (locandina)Prigionieri dell’oceano (1944) è uno di quei film la cui notorietà, per quanto scarsa, è dovuta per lo più alle critiche che suscitò all’epoca per la scelta peculiare di rappresentare, sfruttando la metafora della scialuppa in cui ogni occupante è per forza di cose costretto a confrontarsi con gli altri, la drammatica situazione che il mondo stava affrontando in quel periodo con la Seconda Guerra Mondiale in corso. Poiché nel contesto del film a farla da padrone è proprio l’ufficiale nazista, che mentre gli altri sono in preda alla confusione prende in mano la situazione e cerca di sottometterli ai suoi scopi e di portarli in una direzione ben precisa, gli attacchi della stampa riguardanti la volontà del regista inglese di rappresentare una superiorità intellettiva dei nazisti fioccarono da ogni direzione. La conseguenza fu che l’attenzione andò a focalizzarsi più sugli “intenti nascosti” di Hitchcock che sul modo in cui era stato costruito e concepito il film, dando per scontato che volesse fare propaganda e dimostrare l’incapacità americana di gestire la situazione bellica.
Lo stesso Hitchcock, nell’intervista rilasciata a François Truffaut e pubblicata nel volume Il cinema secondo Hitchcock, dichiarò che Prigionieri dell’oceano era sì un microcosmo della guerra ma rappresentava anche una scommessa tecnica, in quanto la macchina da presa non esce mai dalla scialuppa, il battello non viene mai ripreso dall’esterno, non c’è una sola nota di musica e il tutto è dominato dal personaggio di Tallulah Bankhead[1].

Gli articoli qui sotto riportati nella mia traduzione, risalenti appunto al 1944, sono un esempio delle reazioni della stampa alla proiezione del film. Non tutte sono negative, ma molte si concentrano innanzitutto sul messaggio che vi leggono tra le righe, e solo poi sull’eventuale struttura dell’opera. È un peccato perché un film di questo tipo, che attualmente non viene mai citato tra i massimi capolavori di Alfred Hitchcock né tantomeno gli vengono dedicati studi approfonditi, avrebbe meritato un’analisi che andasse oltre la superficie e valutasse anche le difficoltà di realizzazione e l’originalità della rappresentazione.

Harrison’s Reports (Lifeboat, New York City, 15 gennaio 1944, autore sconosciuto)
Ottimo film! Anche se un po’ deprimente per la sua rappresentazione della sofferenza umana. Questo dramma racconta la storia coinvolgente di sei uomini e tre donne, ognuno con un background diverso, che sopravvivono al siluramento di una nave e vengono gettati alla deriva in una scialuppa di salvataggio per lunghi e complicati giorni. La storia coniuga questioni di cuore, romanticismo, omicidio e mistero e affronta la graduale disintegrazione dei sopravvissuti sotto la pressione di difficoltà estreme e conflitti personali. Si tratta di un film insolito in quanto, per tutti i suoi novantasei minuti di durata, tutta l’azione si svolge all’interno della scialuppa di salvataggio; eppure mantiene vivo l’interesse, perché la costruzione della trama è abile, la recitazione di altissimo livello e la regia di Alfred Hitchcock è così esperta da mantenere alto il coinvolgimento dall’inizio alla fine.

Lifeboat (un fotogramma)Amarillo Globe (Un film che potrebbe incentivare la morale tedesca, Texas, 31 gennaio 1944, autrice Dorothy Thompson):
Dalla torre d’avorio di una rubrica di critica, Bosley Crowther, che recensisce film per il New York Times, sta conducendo una guerra che merita il sostegno di ogni scrittore impegnato negli affari pubblici. Crowther non scrive in qualità di critico, ma di patriota. In due articoli finora pubblicati, ha sottolineato che un film, recentemente presentato a Broadway e presto sugli schermi dell’intera nazione, semplicemente non deve continuare a essere diffuso senza fondamentali cambiamenti. Si dà il caso che il film, dal punto di vista della regia e dell’intrattenimento, sia brillante. Critici meno perspicaci di Crowther lo hanno elogiato. Ha le carte in regola per diventare un grande successo. Eppure, come io e molti altri abbiamo fatto notare al produttore, si tratta di un film che, tradotto in tedesco e con sole piccole modifiche, potrebbe essere presentato a Berlino come incentivatore morale per la guerra nazista. Mi riferisco a Lifebat [sic].
Lifeboat, distribuito dalla Twentieth Century-Fox, è il frutto dell’operato di tre nomi molto stimati: il regista inglese Alfred Hitchcock, il produttore Kenneth MacGowan e il famoso autore americano John Steinbeck. Credo sia giunto il momento che il signor Steinbeck dica al pubblico che questo film distorce completamente la sua sceneggiatura – che ho letto.
Mi risulta che l’idea originaria fosse di Alfred Hitchcock: un film la cui intera azione doveva svolgersi su una scialuppa di salvataggio, sulla quale personaggi tipici del mondo democratico dovevano restare bloccati con un nazista tedesco, quando un mercantile americano veniva silurato e il sottomarino tedesco affondato. Quello che doveva emergere, quindi, era un quadro di comportamento rappresentativo. […]
Nel film di Broadway, il nazista è un superuomo. In effetti, è l’unica persona sulla scialuppa a possedere intelligenza, abilità o uno scopo. Il suo scopo è, come uno dei nove, fare gli altri suoi prigionieri e portarli tutti sulla sua nave di rifornimento, dove lui, comandante di sottomarini, potrà riunirsi alla sua marina e affondare altre navi americane.
Nel frattempo, lui – e non l’infermiera americana – esegue un brillante intervento chirurgico su uno dei membri dell’equipaggio americano. Ci riesce, grazie a un’intelligenza e a una volontà superiori. Piuttosto che correre il rischio di morire, tutti si adeguano ai suoi piani. Mentre lui rema, passano il tempo giocando d’azzardo, amoreggiando e preoccupandosi solo dei loro interessi personali.
Quando alla fine lo uccidono compiendo un omicidio isterico di quelli che mai si erano visti in un film, non è perché ha vinto la sua guerra e si è preso gioco di tutti, anzi, il gruppo lo ha persino accompagnato con il flauto mentre intonava canzoni tedesche sentimentali. No, lo uccidono quando scoprono che solo lui ha acqua e vitamine, che si è rifiutato di dare a uno dei loro membri che sta morendo di sete. Dopo di che vengono salvati, per pura fortuna, e, incontrando un secondo tedesco, lo disarmano e gli chiedono, come battuta finale: “Cosa farete con questa gente?”.
La morale sembra essere che l’unica cosa che si può fare con i nazisti è ucciderli – non perché siano malvagi, ma perché non si può competere con la loro efficienza, risolutezza e abilità – per poi continuare a condurre una vita vuota e confortevole.

San Antonio Register (Lifeboat di Alfred Hitchcock, San Antonio (Texas), 25 febbraio 1944, autore C.A. Moore. Il quotidiano è rivolto alla comunità nera):
Di primo acchito, sembra che il film di Alfred Hitchcock sia un eccellente opera di propaganda dell’Asse e dà l’impressione che il capitano tedesco sia l’unico in grado di mantenere il suo equilibrio mentale durante una crisi. In seguito, si scopre che la ragione di ciò è il suo avere accuratamente occultato cibo, vitamine, e anche acqua, che gli altri membri della scialuppa non hanno a disposizione. Attraverso una più attenta analisi del film si intuisce che questi personaggi rappresentano un genere di persone che esistono, e che speriamo essere una minoranza.
Abbiamo preso nota di alcune battute dei dialoghi. In un’occasione, il capitano tedesco dice agli occupanti della scialuppa che per sopravvivere bisogna avere un piano, il che ci ricorda quella democrazia, il tipo che crediamo sia stata intesa dagli autori della Costituzione degli Stati Uniti. Se tale democrazia vuole sopravvivere, ed essere resa accessibile a tutti i cittadini di questo Paese, indipendentemente dalla razza, dal credo o dal colore, dobbiamo non solo pianificare ma anche mettere i piani in atto.
Per quanto riguarda il ruolo di Canada Lee nel film, rappresenta il classico negro indubbiamente vittima della repressione economica, un problema con cui noi tutti abbiamo familiarità. […]
Lifeboat non è un contributo importante per come lo vediamo noi, ma è un’interessante opera drammatica che rende consapevoli delle cose che stiamo affrontando e di quelle che dobbiamo affrontare.

Lifeboat (un fotogramma)

The Times (Lifeboat: il nuovo film di Alfred Hitchcock, Londra, 16 marzo 1944, autore sconosciuto):
Quando questo film è stato proiettato in America è stato criticato perché il vero eroe della scialuppa che si allontana da una nave mercantile affondata e bombardata da un U-Boat è il capitano dell’U-Boat, che a sua volta viene mandato a fondo.
Certamente ci sono momenti in cui sembra che i rappresentanti delle democrazie, dall’espansiva Connie (Tallulah Bankhead) fino all’imbranato Kovac (John Hodiak), vengano mostrati nell’ombra della loro debolezza prebellica affinché la luce possa battere più ferocemente sulle qualità da superuomo del capitano tedesco (Walter Slezak). È lui che, per una sorta di diritto naturale, alla fine prende il comando e continua a remare, cantare e dominare anche quando i nostri sono a terra e rotolano sul fondo della scialuppa. Alfred Hitchcock, però, gioca d’astuzia, perché si scopre che il capitano si mantiene in forze e in spirito bevendo acqua che ha occultato, assumendo vitamine e impostando la rotta con una bussola nascosta; in breve, deve la sua supremazia alla frode e alla menzogna, e Hitchcock, per compensare l’apparente contrarietà del suo approccio, alla fine sprona il suo equipaggio a buttarlo in mare, e dà loro la sua incondizionata benedizione per la loro azione tardiva.
Sebbene il regista non riesca del tutto a porre rimedio al suo resoconto propagandistico con l’atto finale di violenza, il film in sé, considerato nei termini astratti del cinema, è un’opera di maestria emozionante e professionale. Di tanto in tanto la sua scialuppa di salvataggio rotola maldestramente nella calma equatoriale, ma per la maggior parte del tempo si muove spedita e ognuno dei membri della compagnia ha una storia interessante da raccontare e un contributo preciso da dare al progetto. La raffinatezza della signorina Bankhead maschera e al tempo stesso svela un coraggio da dura. Mary Anderson è semplice e toccante nei panni di un’infermiera coinvolta in una storia d’amore infelice, e William Bendix offre un’altra delle sue esperte interpretazioni nei panni di un duro pervaso da una vena sentimentale.

Lifeboat (un fotogramma)

Gloucestershire Echo (Accusa anti-statunitense smentita, Gloucester, 16 marzo 1944, autore sconosciuto):
“Alfred Hitchcock, il regista inglese appena giunto dall’Inghilterra, è intervenuto riguardo alla controversia sollevata negli Stati Uniti dal suo film Lifeboat”, afferma un comunicato che ci arriva da New York.
“Non si trattava di mostrare gli americani, presi singolarmente, come dei deboli”, ha dichiarato agli intervistatori, “si tratta di persone che non sanno navigare in lotta contro un marinaio esperto e capace”.
“Alcuni qui hanno sostenuto che ho volutamente mostrato gli americani sotto una luce sgradevole. È un’affermazione così assurdamente falsa da risultare fastidiosa. Se gli americani mi stessero antipatici, difficilmente avrei tradito la mia antipatia in modo così poco discreto.
La tematica dell’immagine di un nazista spietato ed efficiente in lotta contro i compagni di viaggio disuniti potrebbe essere interpretata da alcuni come un avvertimento. Il film si sarebbe anche potuto intitolare Non lasciate che accada di nuovo”.

Qui è possibile vedere il trailer del film:

Note:
[1]
Cfr. François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Traduzione di Giuseppe Ferrari e Francesco Pititto, Nuova Pratiche Editrice, Milano 1997, pp. 129-130.

Prigionieri dell’oceano (Lifeboat)
Anno: 1944
Paese di produzione: Stati Uniti d’America
Durata: 96 minuti
Regia: Alfred Hitchcock
Soggetto: John Steinbeck
Produttore: Kenneth Macgowan
Cast: Walter Slezak, John Hodiak, Tallulah Bankhead, Henry Hull, William Bendix, Heather Angel, Mary Anderson, Canada Lee, Hume Cronyn.

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