L’articolo contiene spoiler su Good Omens 2
Uscita in inglese su Amazon Prime Video il 28 luglio scorso, e composta di sei episodi di sessanta minuti ciascuno come la prima stagione disponibile dal 2019, Good Omens 2 riporta all’attenzione del pubblico due dei personaggi fantasy più divertenti degli ultimi dieci anni.
Nati negli anni Novanta dalla penna di Terry Pratchett e Neil Gaiman, entrambi specializzati in fantasy anche se di stili radicalmente diversi, l’angelo tontolone Aziraphale e il demone impulsivo Crowley all’epoca ci misero poco a conquistare il cuore dei lettori inglesi che dell’omonimo romanzo – in italiano noto anche come Buona Apocalisse a tutti – fecero un vero e proprio oggetto di culto da leggere nei luoghi più disparati[1]. L’idea di trarne un film allettava gli autori già in quel periodo[2], ma le difficoltà di ricavarne una sceneggiatura convincente per i produttori e la successiva scomparsa di Pratchett finirono per bloccare il progetto.
Portare sullo schermo un fantasy pone numerose difficoltà, ma in questo caso il problema non dipendeva tanto dalla disponibilità o meno di effetti speciali quanto dal riuscire a rendere i due personaggi i protagonisti indiscussi della storia e non solo la cornice di tutti gli eventi narrati come avviene in buona parte del romanzo. Un romanzo che oltre a un angelo e a un demone prevede anche una banda di ragazzini svegli, quattro cavalieri dell’apocalisse motorizzati, un gruppo di suore sataniste alquanto svampite, una voce di Dio che ogni tanto si intromette, un cacciatore di streghe che non ha mai visto una strega e musica dei Queen a piene mani in una serie di sottotrame che si susseguono e si intersecano.
Nel 2019 Good Omens fu un po’ una scommessa, e anche se la serie presentava qualche punto debole – il divertimento vero e proprio inizia a partire dal terzo episodio, mentre i primi due introducono il contesto e il rapporto angelo/demone ma faticano a ingranare – stuzzicò talmente l’immaginazione dei fan da spingerli a dare vita a innumerevoli fanfiction in cui la storia di Aziraphale e Crowley veniva ricreata, e integrata, praticamente all’infinito. La conseguenza è stata che Neil Gaiman quelle storie le ha lette e nella seconda stagione ha dato vita a molte delle fantasie che gli spettatori affezionati desideravano tanto prendessero forma sullo schermo: una maggiore complicità tra i due; un approfondimento della loro relazione nel corso dei secoli di cui era stata fornita solo una sintesi nell’episodio tre della prima stagione; una scena di ballo; una storia d’amore tra l’arcangelo bulletto Gabriele e la signora delle mosche Belzebù (che non andava per la maggiore tra i fan anche se più d’uno l’ha ipotizzata); un bacio (che la bravura dei due attori riesce a rendere straziante).
Considerato che la prima stagione esauriva tutto il materiale a disposizione, e si chiudeva esattamente come si chiude il romanzo, riuscire a concepire dal nulla una stagione due che non rischiasse di accartocciarsi su se stessa era un’impresa non da poco. Quello che però per altri può rivelarsi un ostacolo insormontabile – la mancanza di una base affidabile a cui fare riferimento – nel caso di Gaiman si è dimostrato un punto di forza: non essendo più ancorato al libro, ha potuto giocare ancora di più con i personaggi e le situazioni, esplorando nuovi territori, approfondendo il lato sentimentale-romantico e infilando riferimenti che vanno da Jane Austen, al Doctor Who (di cui David Tennant/Crowley è stato uno dei migliori interpreti), al cinema d’amore e strappalacrime di Richard Curtis (da notare che anche la convinzione di Crowley che gli acquazzoni favoriscano gli sbaciucchiamenti era stata suggerita in qualche fanfiction).
Veniamo ai personaggi. Già nel 2019 si intuì che in realtà quest’amicizia di seimila anni tra un angelo e un demone è una storia d’amore che più appassionata non si potrebbe – perché malgrado i battibecchi, i caratteri diametralmente opposti, il ritornello di Aziraphale che ormai è come un disco rotto apparteniamo a due fazioni diverse, questi due si amano e non c’è niente da fare. Loro sono già una coppia, vivono come se fossero una coppia, ma quando affrontano il discorso tutto va in frantumi – regolarmente e ripetutamente perché a quel punto l’angelo prende coscienza di quel rapporto intimo che già vive ma non ammette, va in crisi e si tira indietro. Fa parte della sua natura restare fermo nelle sue convinzioni, per quanto avrebbe ottimi motivi per rinnegarle, e continuare ad avere una fede incrollabile nella possibilità di cambiare le cose in meglio, esattamente come fa parte della natura di Crowley – in quanto angelo inciampato (e anche qui la fantasia giocosa di Gaiman e Pratchett ci mette lo zampino nel distinguerlo scrupolosamente dagli angeli caduti) – non fidarsi di nessuno, se non di se stesso e di Aziraphale, e respingere ogni forma di autorità e disciplina ribellandosi sia per principio che per esperienza.
Sia Aziraphale che Crowley non sono esseri umani e non hanno un sesso definito, e questo permette allo spettatore di interpretarli secondo i propri gusti personali e di identificarsi maggiormente nell’uno o nell’altro. Inoltre, sono impersonati da due grandi attori, Michael Sheen e David Tennant, che hanno superato la cinquantina e conferiscono ai personaggi un senso di normalità che si allontana completamente dai “bellocci” di saghe fantasy come Twilight. Non sono sex symbol e non sono perfetti – Aziraphale ha la pancetta perché ama il buon cibo e Crowley sarebbe capace di scolarsi una cantina intera – ma tra loro c’è una reciproca accettazione di pregi e difetti e anzi il loro amore nasce proprio da questo.
Se la prima stagione si concludeva con un’apocalisse mancata e un brindisi al Ritz, nella seconda domina l’amore, accompagnato da una buona dose di umorismo e di siparietti di Aziraphale e Crowley. C’è la storia di Gabriele e Belzebù, che per quanto improbabile è destinata al lieto fine, quella di Maggie e Nina, che forse in futuro sboccerà, e quella dell’angelo e del demone che paradossalmente sembra arrivare a una rottura definitiva. Ci sono le molteplici sfaccettature di questo sentimento impossibile da controllare che a volte induce a ferire chi non vorremmo mai allontanare, ed è incredibile come un fantasy riesca a dire molto più di quanto facciano tanti film d’amore.
La struttura risulta molto più equilibrata rispetto alla prima stagione: in ogni episodio un’esperienza vissuta da Aziraphale e Crowley nel passato si alterna con quello che stanno affrontando nel presente, e questo consente un confronto più diretto ed evita dieci minuti filati di salti nel tempo, e soprattutto che i produttori minaccino di tagliare qualche scena non comprendendone lo scopo[3]. Jon Hamm guadagna ulteriore visibilità grazie al suo amnesico Arcangelo Gabriele, che nel primo Good Omens compariva giusto quanto basta per dimostrare la sua prepotenza; Miranda Richardson passa dal ruolo della veggente fasulla Madame Tracy a quello del demone Shax per la gioia degli estimatori del trasformismo, mentre Nina Sosanya appende al chiodo la tonaca della satanista Sorella Loquace per diventare la proprietaria della caffetteria Give Me Coffee or Give Me Death (un nome, un programma).
Se il finale ha lasciato i fan delusi e affranti, apre le porte per una probabile, e necessaria, terza stagione. Nell’attesa che la fantasia di Neil Gaiman si scateni di nuovo, non resta che leggere le fanfiction ispirate a questa seconda stagione che stanno già inondando la rete.
Il trailer ufficiale italiano di Good Omens 2 è visibile qui:
Note:
[1] Nell’edizione spagnola del romanzo è lo stesso Neil Gaiman a raccontare delle numerose copie cadute inavvertitamente in vasca da bagno che si ritrovò ad autografare. Cfr. Terry Pratchett & Neil Gaiman, Buenos Presagios, Timun Mas, Barcelona 2009, p. 9.
[2] Ibidem.
[3] Cfr. Neil Gaiman, The Quite Nice and Fairly Accurate Good Omens Script Book, Headline Publishing Group, London 2019, p. 489.
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