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Percorsi

Camminare in terre dimenticate (fai un salto in Ciceria)

Qualche tempo fa, mentre attraversavo a piedi i monti della Ciceria, un tizio, al quale avevo chiesto come mai non ci fosse nessuno, mi disse: «la gente d’estate preferisce l’alta montagna». Dopo aver ripreso la strada, riflettei sul significato della sua risposta. Formulai diverse ipotesi in merito all’alta montagna: fa fresco, ci si abbronza di più, i sentieri sono segnati alla perfezione, si può fare merenda con gli stambecchi, i rifugi sono sciccosi, le mucche hanno profili greci, le piscine degli hotel hanno orsi bruni gentilissimi al posto dei soliti bagnini morti di fame, si può incontrare il proprio capo e fargli da sherpa, si può a propria volta schiavizzare uno sherpa locale, si può amoreggiare senza protezioni con le marmotte, si può agevolmente intavolare una discussione con Dio o chi ne fa le veci.

Rifugio

Caro lettore, capiamoci, l’alta montagna è bella. A patto che lo siano la bassa montagna, la collina, la pianura, la periferia criminosa, la discarica tossica, il villaggio senza servizi, la costa martoriata dai villini abusivi. Ciò che distingue principalmente un cammino da un altro non è la fauna, né la flora. Ti puoi trovare in un posto splendido, incontaminato, tu e il tuo zaino da 45 litri, i tuoi fantastici bastoncini in alluminio, attorniato da abeti bianchi. Già ti vedo: seduto su un sasso a fare fotografie, centinaia di fotografie, che ritraggono fringuelli alpini, camosci, gatti selvatici. Fai mille fotografie che tra qualche giorno, una volta tornato a casa, mostrerai ai tuoi amici. Sai cosa penso? Che se qualcuno fosse lì con te, nel posto splendido e incontaminato, di fotografie ne faresti la metà. Se poi in quel posto splendido e incontaminato apparisse dal nulla un uomo, un concentrato di rughe e austerità, e ti si avvicinasse, ti rivolgesse la parola, ti invitasse a fare un tratto di sentiero insieme a lui, di fotografie ne faresti una decina al massimo (più a lui, che al paesaggio, che ne dici?).

Tu non sei un etologo. Non sei un botanico. Non sei uno speleologo. Come dice giustamente Émeric Fisset (ti consiglio di leggere L’ebbrezza del camminare. Piccolo manifesto in favore del viaggio a piedi, Ediciclo, 2012), «malgrado il tempo che deve passare all’aperto, la familiarità con gli elementi e il terreno, la simpatia per gli animali, compresi gli insetti, il che fa sì che in qualsiasi momento rallenti o allunghi il passo per non schiacciare uno scarabeo o disturbare una colonna di formiche, il camminatore non diventa necessariamente il migliore dei naturalisti, ossessionato com’è dal tragitto che ha deciso di percorrere, la distanza da colmare, infagottato nei suoi pensieri come nel suo impermeabile; in compenso, sviluppa come nessun altro la capacità di osservare e di emozionarsi». 

Rakitovec

Ciò che distingue un cammino da un altro, ciò che lo rende memorabile, è l’incontro con le persone. La vecchietta che ti chiama dal cortile per darti un bicchiere d’acqua, il contadino che ti lancia un albicocca, il bambino che ti segue con la sua bicicletta finché la mamma non si sgola per farlo tornare indietro, il muratore (quasi sicuramente straniero) che riposa all’ombra e ti fa posto sul muretto, il pensionato che fa di tutto per farti restare a cena con lui, perché è solo, perché non ha paura di te, perché può raccontarti dell’eccidio consumato nel bosco in cui entrerai domani, affinché tu possa raccontare quella storia ad altri, e così via. Queste persone le puoi incontrare ovunque, ma è più facile che tu le possa incontrare in Ciceria, piuttosto che sulle Dolomiti. Capiamoci: le Dolomiti sono stupende, ma comparate con la Ciceria sono assimilabili all’Ikea. La Ciceria, di fronte all’Ikea, assume le sembianze di una bottega in cui si trova di tutto, dal dentifricio ai jeans, gestita da una vedova novantenne, e non appena la signora tornerà a ricongiungersi con suo marito buonanima, la bottega sarà risucchiata dalla terra. 

Non ti sto dicendo che devi camminare dove non cammina nessuno. Ti sto dicendo che non devi scartare quest’idea. Puoi camminare ovunque, non solo in montagna. O non solo sul Cammino di Santiago. Non solo sulla Via Francigena. Non solo sulle piste ciclopedonali, o nelle riserve naturali. Lì tutto è già attrezzato, perché qualcuno prima di te c’è passato e continua a passare, ha pubblicato mappe, spinto le amministrazioni a mettere i percorsi in sicurezza, promosso un sistema di accoglienza. Quando cammini su un sentiero pulito, con panchine e tavoli per la merenda, con rifugi o bivacchi per la sosta, non scordarti che stai usufruendo di un regalo. Di’ grazie. Prendi però in considerazione un’altra situazione: quella che un giorno sia qualcuno a ringraziare te. 

Hrastovlje

Facciamo un esempio. La Ciceria, appunto. Un altipiano calcareo che delimita a nord la penisola istriana (la cosiddetta Istria Bianca), coinvolgendo Italia, Slovenia, Croazia, all’incirca da Dolina al Monte Učka, in linea d’aria una sessantina di km (per capirsi, se non sei pratico della zona: più o meno da Trieste ad Opatija, vicino a Rijeka), una superficie di 500 km2 con un’altitudine media tra i 700 e gli 800 metri. In queste terre resiste uno dei più piccoli gruppi linguistici europei, l’istrorumeno (l’Unesco, a proposito, parla di pericolo d’estinzione). Sono terre difficili, povere, in cui si è praticata per secoli la pastorizia e la produzione del carbone da legna, e che nella seconda guerra mondiale hanno dato rifugio a molti combattenti del Movimento di Liberazione Popolare. Oggi la pastorizia resiste, anche se con gran difficoltà, e l’agricoltura è un’attività per lo più famigliare. Le vie di comunicazione sono scarsissime, pochi i servizi, poca la gente che ci abita, per lo più anziana.

Mi dirai: perché metterci piede? Ti dirò: perché il tuo piede, quella regione, la può rimettere in piedi. Ci troverai la danza macabra di Hrastovlje, la valle dei glagoliti, grotte profondissime come quella di Rašpor, la casa in cui Slataper scrisse Il mio Carso, i tartufi di Buzet, la sorgente “Korita”, scaturita secondo la leggenda da un colpo di spada di Carlo Magno, e molto altro. Ma sono dettagli. Informazioni da guida turistica. La guida turistica va bene per le zone turistiche, e la Ciceria non lo è. Quindi guide non ne troverai (a parte una, uscita da poco, che ti consiglio caldamente: Ettore Tomasi, Ciceria e Monte Maggiore, Transalpina editrice; è scritta con cura, con amore, con precisione, e ci troverai notizie su storia, tradizioni, natura, soprattutto escursioni da fare in giornata; ah sì, gentile Ettore Tomasi: grazie), né abbondano i siti web, giusto qualche diario con foto, in alcuni forum, generalmente a firma di un ciclista domenicale.  

Asino a Podpec

In Ciceria troverai gente disposta ad aiutarti. Come ad esempio Zlata e Nedjeljko, due volontari che gestiscono – assieme ad altri – il rifugio sotto la cima dello Žbevnica, in zona Brest, subito dopo il confine tra Slovenia e Croazia. Sono persone generose, due veri ospitalieri, ricordati di loro quando partirai. O Tomislav, che all’ingresso di Račja Vas ha trasformato la sua casa in un rifugio per viandanti, e tira a campare vendendo qualche birra e qualche salsiccia, visto che i bar e le trattorie ormai hanno tirato giù le serrande. Gente semplice, che non ti chiede da dove vieni e cosa ci fai lì. Di gente così ne troverai tanta. Esiste una mappa dell’Istria per escursionisti, ma non si trova facilmente in Italia. Però c’è Google Map, Google Earth, OpenStreetMap. E poi c’è il tuo sesto senso, quello che ti permetterà di esplorare, orientarti, bussare alla porta giusta. Portati del cibo, acqua in abbondanza, se ce l’hai, una tenda. Sii paziente e flessibile. Fidati di chi incontri. Quando torni a casa, parlane, scrivine, invita gli amici ad andarci. Di regioni come la Ciceria ce ne sono molte in Europa. Sono terre dimenticate verso le quali abbiamo un debito. Non è il debito delle banche, quello è costruito su speculazioni inumane. Questo è un debito che ha l’uomo al centro, e non si salda con gli assegni. Buon cammino.