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Tullio Kezich

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Nota biografica

Tullio Kezich, critico per il "Corriere della Sera" e sceneggiatore triestino, ma anche produttore, fondatore di riviste e, brevemente, attore. Da sempre ha respirato aria di cinema e di teatro. Ufficialmente, iniziò a collaborare come critico cinematografico a Radio Trieste nel 1946, ma già nel '41, appena dodicenne, scriveva in una rubrica del settimanale «Film». Con Ermanno Olmi ha creato la casa di produzione «22 dicembre», tenendo a battesimo la Lina Wertmüller de I basilischi e continuando a sfornare capisaldi del cinema italiano come San Michele aveva un gallo dei fratelli Taviani e L'età del ferro di Roberto Rossellini. Conclusa l'esperienza come produttore indipendente, ha lavorato per vent'anni alla Rai, abbandonata nel 1985, quando intenti ed esiti dell'azienda si fecero un po' troppo commerciali e il cinema d'autore non trovò più interesse adeguato nella tv di stato. Ma Kezich è anche raffinato sceneggiatore sia per il grande schermo (qualche titolo: I recuperanti e La leggenda del santo bevitore di Olmi, Venga a prendere il caffé da noi di Alberto Lattuada), sia per il teatro, dove fin dall'inizio si lega al concittadino Italo Svevo. Del resto, la sua data di nascita sancisce una sorta di passaggio di consegne: Kezich vede la luce il 17 settembre 1928, Svevo è morto appena quattro giorni prima. L'esordio da drammaturgo, nel 1964, è dunque con l'adattamento di La coscienza di Zeno, che nel 1988 riuscirà a portare anche in televisione nella celebre versione firmata da Sandro Bolchi e interpretata da Johnny Dorelli e Ottavia Piccolo.
La sua sconfinata produzione letteraria, giornalistica e drammaturgica è ben analizzata nel volume Tullio Kezich: il mestiere della scrittura, edito da Kaplan e curato da Riccardo Costantini e Federico Zecca, che raccoglie anche scritti inediti e testimonianze di celebri compagni di percorso come Francesco Rosi, Franco Giraldi, Lino Carpinteri. Tutti amici fondamentali che hanno contribuito a tessere la sua esistenza di vita e arte, al pari di quelli che non ci sono più, come Federico Fellini.

Cuori senza frontiere