Il giorno lunedì 22 gennaio, alle ore 20.00, presso la sala video del Teatro Miela di Trieste, in occasione della Retrospettiva In capo al mondo Ovidio – Dracula – Eminescu. Miti del cinema e della cultura rumena, retrospettiva accolta in seno alla dodicesima edizione di Alpe Adria Film Festival, ha avuto luogo l’incontro con lo scrittore Marin Mincu, alla presenza di Stere Gulea, Mircea Saucan, Florin Mihailescu, Svetlana Mihailescu, Liana Tatos, Bujor T. Ripeanu, Alina Salcudeanu, Ales Mustar.
Il video che proponiamo ai lettori di Fucine Mute Webmagazine riprende quanto, proprio in quell’occasione, venne discusso. Abbiamo ritenuto significativo proporre su Dracula la testimonianza di Marin Mincu, storico, letterato, filologo e poeta nonché uno dei massimi esperti mondiali sulla figura notturna di questo signore del male che, nell’utilizzazione sociale, letteraria, cinematografica, teatrale, fumettistica e folcloristica, ha interpretato i grandi temi del dolore e del piacere, della vita e della morte e ha commentato sottili e profonde simbologie come la diversificazione di ceto, l’aderenza ai riti di gruppo, la gioventù o innocenza, la vecchiaia o peccato.
IL DIARIO DI DRACULA
La vera storia del personaggio che ha dato origine alla leggenda nera del vampiro.
Questo romanzo del romeno Marin Mincu rievoca la figura storica di Dracula, il “voivoda” Vlad III, sanguinario e dispotico guerriero che Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II, incoraggiò e ammirò nella speranza di farne il condottiero della lotta contro i Turchi. In un insolito affresco fra tardo-gotico e rinascimentale, sullo sfondo lo scontro fra Cristianità e Islam, Dracula in prima persona racconta le trame dinastiche di cui fu vittima e riflette sull’ambiguità del rapporto tra l’abietto e il sublime nell’azione. Imprigionato sotto il Danubio nella torre di Salomone, il principe valacco rivive i suoi più terribili misfatti, vagliando i documenti storici che hanno nutrito la sua fama sinistra, e «lo può fare, perché il Dracula di Mincu è, come lo fu veramente il “voivoda”, un uomo di cultura e un poliglotta, un umanista trascinato all’azione da un destino più subito che voluto» (C. Segre). «È un libro dunque che si può persino definire edificante, nella riscrittura della degradazione e dell’orrore di fatti reputati come veridici?» (P. Bigongiari).
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