Vincitore del premio del pubblico del Trieste Science + Fiction Festival 2023, River di Junta Yamaguchi si basa su un’idea ampiamente sfruttata all’interno del panorama cinematografico, il loop temporale, e la traspone all’interno della cultura giapponese di cui evoca anche le tradizioni.
Al Japanese Fujiya Inn, accogliente struttura che sorge sulle rive di un fiume poco distante da un santuario, la vita scorre tranquilla e noiosa fino al giorno in cui, all’improvviso e senza alcun motivo apparente, il tempo inizia a riavvolgersi ogni due minuti. Il disagio e lo stupore che colgono in un primo momento la giovane Mikoto, segretamente innamorata del giovane chef che sta per partire per la Francia, si estendono, pian piano, a tutti i dipendenti e agli ospiti che finiscono per dover ripetere i gesti di poco prima senza riuscire a portarli a termine – alcuni si ritrovano a mangiare continuamente riso, altri a farsi sempre il bagno senza potersi asciugare. Da bravi orientali, tuttavia, i dipendenti ci mettono poco per mettere in atto un minimo di organizzazione e lasciare da parte ogni pensiero negativo, in un’atmosfera che, pur nella sua frenesia, infonde grande serenità nello spettatore perché i personaggi dimostrano uno spirito di adattamento alle difficoltà atipico per la nostra cultura.
Se in Ricomincio da capo (1993) di Harold Ramis il personaggio principale era il solo a rivivere all’infinito la stessa giornata, qui il lasso di tempo è ridotto al minimo e in più a essere coinvolta è un’intera comunità. Il punto di forza del film, però, è proprio questo: se in un primo momento ognuno pensa esclusivamente ai problemi personali causati dal loop, con il procedere della storia il gruppo si organizza sempre meglio e cerca, di comune accordo, di sfruttare i due minuti a disposizione per trovare una soluzione o, quantomeno, per risolvere almeno in parte lo sconforto di chi dimostra una reazione fuori controllo, anche se dai risvolti inaspettatamente tragicomici – come ad esempio l’uomo che si suicida per prova e si ritrova di nuovo vivo e vegeto due minuti dopo.
Siamo molto lontani dal classico spirito occidentale, in cui generalmente il panico prende il sopravvento e quello che conta è l’individualismo. Qui, la priorità, sono gli ospiti e le loro esigenze, e i dipendenti, benché confusi, cercano di soddisfarle per quanto possibile trovando per ognuno il lato positivo della situazione – a uno scrittore in difficoltà viene ad esempio spiegato che se il tempo ricomincia ogni due minuti non dovrà più rispettare la scadenza di consegna del suo romanzo e quindi può affrontare la cosa con più calma e approfittarne per rilassarsi.
La pellicola, pur caratterizzata da quel continuo ripetersi delle scene che alla lunga poteva rischiare di annoiare lo spettatore, riesce invece a conquistarlo con un’armonia non solo dei personaggi ma anche dell’ambiente in cui si muovono. Il fiume e il santuario fanno da cornice perfetta al quotidiano scorrere della vita apparentemente interrotto dalle preghiere egoistiche formulate da ognuno dei personaggi: un desiderio d’amore, debiti da saldare, un’ispirazione che non arriva. La realtà dei fatti si rivelerà legata a qualcosa di molto più materiale.
Quella che ci viene presentata è un’umanità che non si arrende, che la prende con filosofia e ricorre all’aiuto degli altri per risolvere un problema che riguarda tutti. Un’umanità che riesce a fare in modo che quel fiume ricominci a scorrere come in precedenza solo nel momento in cui la collaborazione è piena e finalmente tutti sono disposti ad ammettere le loro difficoltà e le loro paure e ad affrontarle a testa alta.
Qui è possibile vedere il trailer:
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