Prima del 1985 in Italia Dungeons & Dragons era conosciuto tramite le edizioni estere oppure dai racconti di amici e conoscenti che visitavano gli Stati Uniti oppure erano in contatto con militari o studenti nordamericani di stanza nel Belpaese. Quel fatidico 1985 sancì ufficialmente lo sbarco in Italia di D&D tramite la traduzione uscita per conto di Editrice Giochi.
La conferenza dedicata all’evento si intitola I quarant’anni della “scatola rossa” perché, come verrà dimostrato anche dall’esibizione di documenti inediti, i primi contatti per proporne una traduzione italiana risalgono al 1983.
A dirla tutta, più che una conferenza sembra un ritrovo tra vecchi amici, e in fondo lo è. Con la moderazione di Amos Pons, che ha ben poco da moderare perché i convenuti parlano volentieri a ruota libera, sfilano quindi le memorie di alcune delle personalità più importanti e incisive del settore ludico italiano. Alcune cose sono forse patrimonio acquisito degli appassionati italiani, che possono già conoscerle da libri e interviste, ma non mancano delle gustose sorprese.
A iniziare è Andrea Angiolino che ricorda quanto fu importante l’importazione in Italia dei wargame da parte di appassionati come Gregory Alegy che portandoli in Italia occasionalmente tornava anche con alcuni dei primi giochi di ruolo. Importatori ufficiali come Alfredo Gentili di Pisa e Giovanni Ingellis (cui è dedicata la sala in cui si svolge la conferenza) erano soliti allegare delle traduzioni dei regolamenti ai giochi in inglese e così nacquero le prime traduzioni embrionali di D&D.
Inizialmente il gioco venne accolto con una certa perplessità da parte della stampa italiana: i primi a parlarne con interesse furono i redattori della rivista Pergioco e a diffonderlo contribuì anche il Fantasy M.A.M. di Roma (cioè il nucleo fondatore di Kata Kumbas: Massimo Senzacqua, Agostino Carocci e Massimo Longo che poi avrebbe lasciato il gruppo), associazione che a sua volta si occupò di tradurre le regole di Dungeons & Dragons ma presentandole come un riassunto per evitare di incorrere in noie legali. Il 12 settembre del 1983 venne preso un primo contatto per tradurre ufficialmente la scatola rossa, che però prese poi quell’altra strada che i giocatori nostrani ben conoscono e che avrebbe portato all’uscita della versione italiana solo nel 1985.
Prende poi la parola il milanese Spartaco Albertarelli, nipote nientemeno che di Rino Albertarelli, il celebre fumettista autore tra gli altri di un indimenticato Kit Carson e, scopro in questa occasione, uno dei fondatori del Salone dei Comics di Lucca. Fu proprio questa parentela a spalancargli inaspettatamente le porte del professionismo nel settore ludico italiano grazie a una serie di fortunate coincidenze: tra i membri dell’associazione di wargamer di cui faceva parte (La Grand’Armée) c’era anche Giovanni Ingellis, appassionato di fumetti, che quando seppe della parentela eccellente lo invitò nel magazzino da cui distribuiva i prodotti importati in tutta Italia. Qui Albertarelli lo trovò impegnato a battere freneticamente a macchina per confezionare le etichette con gli indirizzi dei clienti e si offrì di aiutarlo. Ingellis inizialmente dubitò che potesse essere più veloce di lui, ma ignorava che se il nonno era fumettista il padre faceva invece l’inviato per il Corriere della Sera, quindi Spartaco Albertarelli era abituato sin da bambino a sbobinare interviste e a trascrivere articoli. Solo che per il genitore lo faceva gratis: da adesso in poi sarebbe stato pagato, anche se in “pay dollars”, ovvero in crediti per comprare i giochi che distribuiva Ingellis.
Sotto le dita di Spartaco Albertarelli passerà anche la traduzione di Dungeons & Dragons, e così finirà per diventare responsabile editoriale del settore giochi per la Editrice Giochi. Schermendosi un po’, ammette di essere anche l’autore (o comunque il responsabile) di un “gioco della Zingara” a me sconosciuto, forse legato alla trasmissione televisiva di Rai1 Luna Park.
Anche la fiorentina Mirella Vicini segue il filo aneddotico dei suoi ricordi. Si tratta della prima campionessa italiana di D&D (oltre che di Risiko!) e attualmente è proprietaria del famoso negozio specializzato Stratagemma, sotto le cui insegne organizza anche delle dimostrazioni di giochi al padiglione Carducci di Lucca Games. Fu appunto grazie ai suoi exploit al tavolo di gioco che negli anni Ottanta le venne proposto di organizzare un torneo di Risiko! e in seguito anche il primo in assoluto in Italia di Dungeons & Dragons. Inizialmente rimase spiazzata, perché ancora non conosceva il gioco di ruolo, ma il direttore della Editrice Giochi la mise in contatto con un giocatore fiorentino che la introdusse al mondo dei gdr. Fu così che cominciò a giocarci, e se alla fine quel primo torneo non lo organizzò in prima persona vi partecipò invece come concorrente: il suo gruppo, i “Real Baccelli” (un gioco di parole tutto toscano), arrivò alle finali. All’epoca il mondo del gioco di ruolo italiano non disponeva di grandi fondi, e quindi era molto più comodo ed economico spostare un’unica persona piuttosto che una squadra di sei elementi: così da Roma venne inviato il Master con cui si giocò la finalissima che vinsero proprio i Real Baccelli.
Cogliendo la palla al balzo da Albertarelli, Mirella Vicini ricorda che a lei sarebbe piaciuto fare proprio la giornalista, strada che l’altro aveva bella che spianata. Della sua esperienza di negoziante ricorda che della scatola rossa se ne vendevano all’epoca (seconda metà anni Ottanta) ben ventimila esemplari all’anno.
Chiude le danze il ligure Luca Volpino, che rievoca quanto fossero importanti in un’epoca pre-internet i club e le associazioni di giocatori: nel suo caso la Labyrinth di Genova. Nel 1991 contribuì anche all’organizzazione di quello che dai ricordi dei presenti risulta essere il quarto torneo nazionale di D&D che si svolse in Italia (e a cui partecipò anche Beniamino Sidoti) presso l’Albergo dei Poveri – il nome non deve trarre in inganno.
Provocatoriamente, Volpino non si unisce al coro di quanti affermano che la crisi del settore in Italia fosse dovuta all’arrivo di Magic: The Gathering, ma addita i quattro problemi endemici dei giochi di ruolo in Italia: i giocatori, gli editori, i negozianti e gli autori. Un intervento faceto, insomma, che contempla anche delle critiche allo stato attuale delle convention, non solo italiane, che genera qualche obiezione da parte degli altri relatori che non si risparmiano qualche frecciatina.
Come si fa tra vecchi amici, appunto.
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