Dopo una seconda stagione quasi interamente incentrata sul Covid e le sue tragiche conseguenze, la serie Doc – Nelle tue mani è tornata sul piccolo schermo riportando l’attenzione sulla vita professionale e privata dei medici del Policlinico Ambrosiano. Questi nuovi episodi, appena conclusisi, hanno ottenuto un ottimo successo di pubblico dimostrando, però, che le idee già latitano.
I personaggi principali, molti dei quali presenti nelle stagioni passate, sono ormai diventati un punto fermo per lo spettatore, che ne conosce il carattere e la psicologia ed è abbastanza in grado di prevederne il comportamento. Di conseguenza, è evidente fin dall’inizio che il presunto terribile segreto relativo al passato dell’amnesico, e fin troppo bonario, Dottor Andrea Fanti, non può essere così sconvolgente ma probabilmente riguarda una scelta, più che giustificabile, da lui fatta in circostanze difficili. Se la decisione di andare sul sicuro e non osare poi tanto con la trama può ritenersi valida, un po’ più discutibile risulta il ricorso a continui flashback per svelare gradualmente il mistero allo spettatore. Un flashback ci può stare, due passi, ma un’intera puntata in flashback con tanto di attrici con le extension ai capelli per sembrare più giovani significa attingere a un pozzo ormai esaurito. La tecnica era già stata sfruttata ampiamente nella stagione due per mostrare quanto accaduto durante l’emergenza Covid, ma in quel caso poteva avere un senso – collocare nel passato un evento che purtroppo era ancora realtà e cercare di ridurre il trauma nello spettatore – qui molto meno. I continui salti temporali in alcune occasioni rendono faticoso seguire la storia e spezzano la narrazione magari in momenti in cui si sarebbe più interessati a scoprire quello che succede dopo che quello che è successo prima. Inoltre, poiché si ha la consapevolezza, fin dall’inizio, che in realtà non c’è nulla di davvero traumatico da scoprire, si perde parzialmente anche il coinvolgimento.
Altro problema: i personaggi ci sono, gli attori in grado di interpretarli pure, ma non vengono utilizzati come si potrebbe. Diversi personaggi che, nelle stagioni passate, avevano un buon ruolo di secondo piano, qui finiscono ulteriormente relegati ai margini. La presenza di Agnese (Sara Lazzaro), ad esempio, è motivata per lo più dal fatto che lei conosce la verità sul passato di Andrea (Luca Argentero) e gliela cela per non sconvolgerlo emotivamente, ma per il resto il suo ruolo è poco attivo e perfino il suo rapporto teso con il compagno e le conseguenze che la loro separazione avrà sul bambino che hanno adottato rimangono sullo sfondo. Cecilia (Alice Arcuri), introdotta nella scorsa stagione, la si vede solo di sfuggita. Damiano (Marco Rossetti) sembra inizialmente destinato ad avere una relazione stabile con Giulia (Matilde Gioli), ma dopo le prime puntate diventa anche lui un’ombra su cui l’attenzione si focalizza sporadicamente solo per parlare dei suoi pessimi rapporti con il fratello e delle sue preoccupazioni per la salute di una paziente. Riccardo (Pierpaolo Spollon), alle prese con i nuovi specializzandi, è più che altro una presenza di corridoio finché, a metà della serie, non viene riportato di nuovo in primo piano grazie alle diverse situazioni in cui si trova coinvolto che lo spingono a prendere decisioni importanti per il suo futuro. Anche Enrico (Giovanni Scifoni) e Teresa (Elisa Di Eusanio) meriterebbero più spazio, e la situazione potenzialmente pericolosa in cui si trovano coinvolti – l’amore ossessivo e malato di cui diventa oggetto Enrico – potrebbe essere sviluppata meglio e non risolta nei classici cinque minuti di tensione che non portano a nulla.
I personaggi introdotti quest’anno, in particolare i tre giovani specializzandi, sono inizialmente figure poco consistenti e facilmente inquadrabili: “la talentuosa non laureata”, “l’introversa di origini cinesi”, “lo spocchioso di buona famiglia”. Con il procedere degli episodi, per fortuna, emerge un po’ di più del loro lato psicologico e umano e di conseguenza il ruolo di mere comparse all’interno dell’ospedale viene meno. Questo li converte in personaggi a tutti gli effetti, anche se si va a scavare solo in superficie e non oltre poiché l’attenzione rimane focalizzata altrove, ovvero sulla crisi esistenziale di Andrea.
L’antagonista di questa stagione, Alberto Bramante (Diego Ribon), si limita a svolgere il suo ruolo di ricattatore a tratti minaccioso e a sentirsi male nel finale – ovviamente, perché il cattivo va sempre punito per le sue azioni – e quindi a restare anche lui sullo sfondo mentre Andrea si strugge per quel passato che non ricorda e Giulia cerca in tutti i modi di fargli preservare la salute mentale. Anche qui, la scelta finale di riunire il personaggio all’ex moglie Agnese, più che altro a causa della malattia di lei e dei sacrifici che ha compiuto per non danneggiarlo, risulta alquanto discutibile visto che per trequarti della stagione Giulia lo ha sostenuto con una costanza e un’abnegazione tali che ancora un po’ gli erigeva una statua.
Le storie si sviluppano soprattutto intorno a una struttura, ormai nota, in stile Doctor House, ovvero: persona che si sente male all’improvviso, ricovero d’urgenza e tutti attorno alla lavagna a valutare i sintomi, mentre si cerca di stabilire un’interazione con il ricoverato che porti al disvelamento della sua vita privata e della causa del suo male. Solo che in quel contesto c’era l’imprevedibilità legata al carattere del personaggio principale e alle sue reazioni. Qui, dove sotto quell’aspetto non ci sono sorprese, la cosa rischia di diventare alquanto ripetitiva. Il coinvolgimento emotivo è rappresentato dal far finire sul letto d’ospedale parenti, amici, amanti e conoscenti dei medici che vi operano, o loro stessi, e anche sotto questo punto di vista niente di nuovo. Ormai su quel letto ci sono finiti quasi tutti, e andando per esclusione lo spettatore sa già che i candidati a una possibile malattia imprevedibile non sono rimasti poi molti. Inoltre lo spirito di squadra latita un po’. Quella prima stagione in cui, nel bene e nel male, gli specializzandi collaboravano tra loro mentre Andrea cercava di ritrovare se stesso e la sua posizione nel mondo è già lontana. Adesso si respira un’atmosfera in cui prevale un maggiore individualismo, a cominciare dallo stesso Andrea, perso nei suoi problemi di memoria, e dalle nuove leve che, almeno all’inizio, non sono tanto indotte a confrontarsi. È probabile che in una quarta stagione i personaggi cambieranno un’altra volta e le idee scarseggeranno ancora di più.
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