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Scrittura

Femminismo all’ombra dello Shogun: Camille Monceaux

Femminismo all’ombra dello Shogun: Camille Monceaux

Cronache dell'acero e del ciliegioMal comune mezzo gaudio? I manga e gli anime non hanno (parafrasando Wim Wenders) colonizzato l’inconscio dei soli italiani, ma anche i francesi con tutta la loro gloriosa tradizione letteraria, cinematografica e fumettistica ne sono rimasti avvinti.

Camille Monceaux è una scrittrice bordolese nata nel 1991, quando cioè l’invasione nipponica era una realtà consolidata. Nella sua scelta di ambientare il ciclo di romanzi Le Cronache dell’Acero e del Ciliegio nel Giappone del XVII secolo ha sicuramente influito la sua approfondita conoscenza del Giappone (suo marito è franco-giapponese e ha vissuto nel paese del Sol Levante per alcuni anni) ma è probabile che il fascino del Giappone le sia stato instillato anche dai manga e dai cartoni animati che dice di aver conosciuto quando frequentava il liceo. In Italia per giustificare il fatto che si leggono (e quindi si vendono) pochi fumetti si ricorre al luogo comune secondo cui per “capire” il linguaggio del fumetto bisogna frequentarlo sin da bambini; nei paesi francofoni è invece normale che ci si approcci a questo linguaggio anche durante l’adolescenza inoltrata o addirittura più tardi, come ha confermato anche Martin Panchaud.

A Lucca, Camille Monceaux presenta il terzo romanzo della serie, che sarà il penultimo (massimo riserbo su titolo e contenuti del prossimo), frutto di una strategia per cui l’editore di riferimento ha preferito trasformare il dittico originale in una tetralogia, privilegiando una forma più agile e diluita ma evidentemente avendone anche intuito il potenziale commerciale.

Ne L’Ombra dello Shogun avviene un drastico cambiamento: il punto di vista passa da quello maschile di Ichiro a quello femminile di Hinahime. Camille Monceaux afferma che lo stile rimane simile, però la voce è diversa: d’altro canto il tema portante della serie è l’identità e la maschera è una metafora per scrivere delle considerazioni sugli stereotipi di genere, sul ruolo imposto dalla società, su quanto l’educazione ricevuta possa cambiare la nostra personalità.

Camille Monceaux

L’ispirazione le giunge tra le altre cose da due spinte diverse: da una parte un argomento molto importante è il teatro Noh, ma dall’altra (forse forte della sua laurea magistrale in Letteratura Classica) Camille Monceaux ha anche subito la fascinazione della figura, realmente esistita, della “Maschera di Ferro”, il misterioso individuo che languiva nella Bastiglia all’epoca di Luigi XIV, la cui identità non è stata ancora chiarita e che ha fornito materiale per speculazioni più o meno romanzate.

Ma nell’incontro con la stampa Camille Monceaux affronta anche altri temi che pur partendo dalla sua opera riguardano altri argomenti: femminista e convinta contestatrice dell’essenzialismo (la teoria che definisce caratteristiche mascoline e femminee per screditare le donne), dichiara di volere portare uno sguardo nuovo nel settore della letteratura young adult: ad esempio non le piacciono le protagoniste che sono “bad ass”, cioè toste, sin dall’inizio, ma preferisce mostrare la loro maturazione e il percorso che le ha portate a diventare quello che sono. Inoltre si rammarica di quanto raramente l’amicizia femminile sia trattata nei romanzi per ragazzi e adolescenti (l’Hermione di Harry Potter non ha un corrispettivo femminile di Ron).

A proposito di sessismo, racconta un episodio spiacevole legato all’adattamento televisivo di un manga, Demon Slayer, di cui dice che almeno la versione cartacea è “meno peggio” di quella animata, che è terribile. La figlioletta di quattro anni di una coppia di amici giapponesi stava vedendo l’anime e di fronte alla rappresentazione svilente e accessoria, puro stereotipo, che veniva data delle donne la bambina ha dichiarato: «Anche io voglio avere le tette grosse!».

En passant, Camille Monceaux ricorda anche come il Giappone sia l’unico paese del G7 in cui non vengono riconosciuti i diritti delle coppie omosessuali né esista sensibilità per i temi LGBT+. Ai fan di One Piece e Dragonball importerà qualcosa?

Bonbons PamplemoussePassando di sfuggita all’argomento fumetto, dice di averne appena scritto uno: Il Segreto delle Caramelle al Pompelmo, una saga familiare al femminile (ancora nipponica) disegnata da Virginie Blancher, finora attiva solo come colorista. Il parere che dà della scena della BD (la Bande Dessinée, ovvero il fumetto franco-belga) non è affatto lusinghiero e parla del forte sessismo che serpeggia anche lì oltre a figure tossiche come quella di Bastien Vivès – in tutt’altra circostanza mi è stato riferito che Vivès si è stupito di essere stato accolto così calorosamente a Lucca mentre ad Angoulême è stato fortemente contestato tanto da impedirne di allestire una mostra.

Approfitto dell’occasione e della disponibilità dell’autrice (oltre che dell’ufficio stampa di Ippocampo Edizioni) per sottoporle alcune domande specifiche sul fumetto.

Luca Lorenzon (LL): Oltre ai manga Lei conosce i personaggi del fumetto franco-belga?

Camille Monceaux (CM): Sì, ad esempio da ragazzina leggevo Lanfeust Mag ma devo dire che anche lì c’erano dei ruoli femminili molto stereotipati ad esempio in Trolls de Troy (Camille Monceaux potrebbe fare riferimento alla serie-madre Lanfeust de Troy, dove ci sono due comprimarie, Cixi e Xi’An, che in effetti sono piuttosto stereotipate anche se poi diventeranno protagoniste a tutto tondo, nda).

LL: In effetti Arleston, lo sceneggiatore delle saghe di Troy e dei loro spin-off, ha fatto una specie di mea culpa in un intervento su CaseMate 166 in cui tra l’altro veniva anche sollevata la questione di Bastien Vivès. D’altro canto qualche numero dopo da un’intervista alla fumettista Zelba risultava che oggi in Francia un terzo dei professionisti del settore sono donne.

CM: Non saprei, a me risulta che anche l’ambiente del fumetto francese sia molto sessista. Esiste proprio un #MeToo BD ed è molto attivo. Purtroppo.

NatachaLL: Conosce le eroine classiche per ragazzi, come Yoko Ysuno o Natatcha l’hôtesse de l’air? A quell’epoca gli editori creavano programmaticamente delle protagoniste femminili che fossero belle per attirare i maschi ma anche intelligenti e in gamba per piacere alle bambine.

CM: Certo, le conosco. Si possono apprezzare i tentativi, ma Natacha era molto sessualizzata.

LL: Anche questo è vero. D’altra parte se non erro il direttore di Spirou commissionò la serie a Walthéry per avere la scusa per andare a documentarsi dalle sue bellissime vicine di casa che facevano appunto le hostess…

CM: Non lo sapevo [ride].

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