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Omnia

Lo Stato delle Cose (Nostre)

Sul caso del “verminaio” di Messina, non commento. Faccio finta di nulla. Perché le cose sono in evoluzione, e Ottaviano Del Turco dichiara che “non sono stati sciolti tutti i nodi che l’inchiesta dell’Antimafia ha portato alla luce”. Frase assai sibillina, a dir la verità. Comunque è abbacinante, ma tutt’altro che incredibile, il fatto che agli arresti ci siano dei magistrati, il gip di Catania Marcello Gari, il pm Giovanni Lembo della stessa Direzione nazionale Antimafia, e l’ex gip Marcello Mondello. La questione, come si sa, riguarda la gestione – che definir allegra è poco – di tal Luigi Sparacio, pentito eppure estorsore, che circolava in Ferrari. Come l’uomo del cavallino, è facile supporlo, altri.

Partiamo da principio, appunto, come se nulla fosse.

Sul caso Brusca è retromarcia, almeno per un po’; poi si vedrà. Seppure già “collaboratore di giustizia”, non sarà stipendiato dallo Stato. Per il momento. Responsabile di centinaia d’omicidi – quelli accertati, certamente tra i più violenti della storia della Mafia, tra i quali quello di Giovanni Falcone e della sua scorta -, il killer rientrerebbe nel regime di protezione al quale sono ammessi i pentiti di mafia, senza poter godere d’un corrispondente trattamento economico. Almeno per il momento, così dicono.

La morale delle due storie, però, è comune. Il pentitismo è anche un affare: di tipo politico per certi paladini dell’Antimafia, pronti a far salti mortali, e anche di più, pur di far carriera; di tipo criminale, economico, strategico per i delinquenti che scelgono di “parlare”. In sintesi si potrebbe dire (perché può accadere di tutto, anche questo, con l’attuale legge sui pentiti): se le vostre mani grondano sangue, sappiate che si possono lavare con una qualche testimonianza – quanto questa sia poi credibile e conveniente per lo Stato, è cosa tutta da verificare -.

E Provenzano?

Giovannino, ad esempio, per “parlare” potrebbe incassare qualche centinaio di milioni. A ben guardare certe pensioni, certi stipendi, o compensi viene anche da dire: conviene delinquere, e possibilmente bisogna farlo di brutto (perché nel mercato del pentitismo vali se sei criminale responsabile di grandi nefandezze, che nell’organigramma mafioso è salito in alto a causa delle malefatte commesse, magari proprio perché hai sciolto nell’acido un bambino – si chiamava, nel caso specifico di Brusca, Santino Di Matteo – che come unica colpa aveva quella di portare il sangue e il nome del padre).

C’è una bella differenza col mostro di Lahore, giudicato e condannato alla pena prevista dalla legge coranica del taglione, dalla sharia. Quello ammazzava probabilmente per follia, dovuta Dio solo sa a quale violenza subita o trauma accusato; per perversione, o impulso irrefrenabile. Il nostro agiva su commissione, all’ordine di Cosa Nostra. L’acido, invece, l’usavano entrambi. Mentre il primo, probabilmente, finirà strangolato e smembrato in cento pezzi, l’altro potrebbe esser protetto e spesato dallo Stato…

Si sprecano, a commento di certe scelte ed azioni investigative, parole come “riscontri”, “indagini”, “successi”. D’accordo! A Brusca sequestrano i terreni. Va bene!
Rimango però dell’idea che Mafia sia sempre stata organizzazione capace, nella propria complessità tipica delle cose di Sicilia, di spacciarci le mezze verità con le più grosse, colpevoli menzogne. La Verità, nella testimonianza di Mafia, rimane sempre intricatissima e remota. Lo sapeva bene Falcone. Quand’è il momento, anche il boss della cupola può essere sacrificato dall’organizzazione (Riina è, credo, l’esempio più inquietante). I soldi, che sono numeri, azioni, che sono investiti in Borsa a Milano, possono essere perduti, perché se ne faranno altri. I picciotti di poco conto, quelli dei quali la famiglia pensa male e dei quali l’organizzazione vuole liberarsi, possono essere sacrificati per la credibilità del falso pentito di peso, di comodo proprio perché pentito, dal quale magari noi aspettiamo il proverbiale fico che ci caschi, ben confezionato e saporito, in bocca.

Mafia, si sa, da molto tempo baratta la propria libertà attraverso l’acquiescenza – mai nello scontro aperto – allo Stato. Sacrificando l’unghia del proprio mignolo acquista un “perdono” che è insito nello stesso regime di semilibertà e protezione; incamera la possibilità di bluffare un po’, a proprio piacimento, nel gioco del vero e del falso. Concede una sconfitta per avere, nuovamente, quella capacità che il regime carcerario sottrae: da “pentiti” si può – lo sappiamo bene, per le notizie di questi anni – continuare a delinquere, talvolta ad uccidere; si può fuggire, si può mentire, si può infangare e sparare alto, il più alto possibile, magari proprio – è il caso di Brusca – sul presidente Violante. Nel caso di Messina, sui magistrati. Si può coltivare la calunnia, che è venticello leggero. Ci si può anche sposare, o girare in Ferrari.

Insomma, si possono fare tante cose, quando si è “pentiti” di Mafia. Da stipendiati. Tutte cose che tanta gente onesta, quella che magari campava pericolosamente a due milioni al mese, non può nemmeno sognare: perché sta a pezzi, ricucita o ricomposta alla bell’e meglio, sotto un metro di terra. I poliziotti e i carabinieri delle scorte assassinate, ad esempio. I magistrati, i politici, i sindacalisti, gli insegnanti, i preti, o la gente che si ribellava al pizzo da pagare. Spesso le vittime di mafia sono venute dalla società civile, da quella dell’impegno sociale e religioso, dall’orgoglio della lotta solitaria e quotidiana, che dice no, perché si è puliti, onesti e liberi.
La sharia ha una sua logica, certamente terribile e antichissima. Anni luce separano la nostra civiltà giuridica da quella coranica ma pur sempre sappiamo quell’estremismo dietro l’angolo: si chiami pure “pena di morte”, che nei momenti più difficili della storia della Repubblica ha rappresentato una grande, oscura tentazione. Una pulsione sociale, politica e giuridica da avversare, perché nessuno tocchi Caino
La compravendita del perdono, la vendita delle indulgenze, invece, non hanno le stesse logiche genetiche di rivalsa sul colpevole. Comunque è tutta roba altrettanto vecchia; come quella del boia ha l’odore inquietante dell’istituzione secolare.
Ed è discorso che per Giovanni Brusca calza a pennello, se ci pensate.

Sull’eurocioccolata, vorrei dire una cosa: aspettiamoci ora l’olio, il miele sintetico e i loro surrogati, il vino in bustina, l’erboristeria all’efedrina, ecc.
L’eurocioccolata è questione di squisito soccorso comunitario alle Multinazionali, che poverette hanno bisogno… che hanno anche il diritto di chiamare cioccolata ciò che cioccolata non è affatto. Dei paesi produttori di cacao, in Europa, ce ne impippiamo, ‘ché loro, invece, son tutti floridi e ricchi.

Ascolto (meglio: m’immagino) due uomini, già abbronzati e vivacissimi, al caffè. Sono seduto vicino a loro, e facendo finta di nulla m’annoto qualcosa del loro dialogo fitto fitto, in triestino stretto, che riporto tale e quale, più o meno, dopo opportuna traduzione:

Signor X: “«Liberazione» intitola I Mostri, a tutta prima pagina!” (il giornale comunista fa riferimento alle scritte razziste apparse sui muri della Risiera di San Sabba, ma polemicamente anche alle forze politiche che avrebbero voluto i Savoia riammessi al suolo nazionale, e forse anche alla “città del sindaco amico di Haider”). 

Signor Y: “Tutta pubblicità per Haider. Questi sono vandali col bomberino, magari skin che prima non sapevano nemmeno chi fosse, quel là. Hanno dato loro lo slogan, quello da saluto austro-romano. Che poi, l’austriaco è diventato un fantasma – o un cavallo di Troia, non so… – del Bertinotti. Ara che Bertinotti el xè, sa!… Vede solo Haider: Haider di qua, Haider di là. Sotto il letto, come l’uomo nero. Invece di sputtanarlo, dice che il no ai Savoia era cosa necessaria, che il sì – che poi sì, no, xè come un referendum quell’uomo – all’accoglimento dei Reali in Italia sarebbe stata affermazione ‘astorica’ (pensa un po’ che parola… strana per la questione) ‘che se assunta dal Parlamento europeo sarebbe stata in contrasto con la posizione tenuta riguardo la vicenda Haider‘. Perché? Ma che vuol dire? È disperato…”.

“Divora il proprio consenso, fa indigestione di voti che con altra politica gli sarebbero spettati: polemizza, dice che il simbolo dei cossuttiani, con la falce a martello, è troppo simile al suo. I comunisti mangiano i comunisti. Bertinotti odia Cossutta. Una volta, tutti assieme, si mangiavano i bambini, almeno. Quindi, che fa: sbatte I mostri in prima pagina”. 

“Del Sindaco Illy hanno fatto un revisionista, quello che vuole cancellare la celebrazione del 25 aprile; manca poco che le scritte le abbia fatte lui. L’imprenditore del caffè… ma te par?“.

“Montanelli alla grande: hai letto l’editoriale sui Savoia, sul «Corriere».

“Indietro Savoia avanti Violante”.

“Sì, guarda che il vecchio ha ragione. A me il reuccio… no, quello era Claudio Villa nostro! Che girava sulla Ducati, ti ricordi? …”.

“Sì, adesso la figlia porta avanti la tradizione del bel canto, povera ragazza, no ga l’età…”. 

“Vittorio Emanuele, reuccio pure lui… Comunque, mi sta sui cosiddetti, con quell’aplomb snobbissimo e imbranato… Ma il suo, di figlio, l’Emanuele Filiberto, non era amico di Fazio? (Fabio, non il governatore)”.

“Se fossi stato io a sparare col fucile a quell’austriaco… si chiamava, me par… Haider anche lui: non saranno mica parenti?!”.

“No, no, Hamer… Dirk Hamer, al largo dell’isola di Cavallo, in Sardegna. Morto fucilato nel petto”.

“Sì… se ghe tiravo mi… iero ancora in canon (galera). Comunque la questione dell’esilio eterno… ‘Scolta Indro, a proposito (legge): ‘Se la Repubblica si sente minacciata persino della presenza di un Vittorio Emanuele come questo, vuol dire che dopo cinquanta e più anni ha ancora bisogno della tenda ad ossigeno’”.

“Dice anche che Violante è descamisado”.

“Sempre in gamba, Indro. Baudo, invece, che Trieste voleva diventar yugoslava”. 

“Guarda che quel me preocupa! Il Pippo nazionale! Deve esser mezzo avvelenato, da prima dell’operazione, dal toupet: te sa, se disi che penetra nella testa, attraverso il cuoio capelluto, come ai Rockets.”

“Ormai in TV i disi solo monade. «Variety» intitola: RAI e Mediaset orribili”.

“Non che a lori, gli americani, ghe vanzi…”

“Chissà se il segretissimo, quel del DNA, è figlio suo (di Pippo)?”.

“Pippo, quasi un calciatore, come Falcao, come El Pibe de oro…”.

“Grass accusa Fini e Berlusconi – e Stoiber – d’essere pericolosi come Haider.”

“Haider, Stoiber, Finier und Berlusconier. Poca roba!”.

“Poi Grass è andato a cena con Dario Fo”.

“Fo dice che ‘hanno parlato poco di letteratura e molto di come si fanno le trippe’”.

“Premi Nobel… Non bel…”.

“Fo e Grass. Foie gras

“Postmoderni Proletari di tutto il mondo, comprate «Liberazione».”

“Però ci scrive Fulvio Grimaldi, con stile e coraggio.”

Intanto: un miliardo di persone non ha l’acqua potabile, e beve fango e fogna. In Kosovo la Nato ha usato bombe all’uranio impoverito.

Saluti da Fucine Mute.

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