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Scrittura

Chiudendo fuori il mondo

Chiudendo fuori il mondo

UniversoIn principio c’era l’incertezza e c’è tuttora. Fin dai primi vagiti dell’universo credo ci fosse un’improvvisazione di fondo, pianeti teorici, tutto lo scibile umano smarrito nell’immaginazione cosmica. Se si osserva il posto in cui si vive dall’alto si dovrebbe notare come lo scenario appaia delineato senza lasciar poi molto al caso, colpiscono i dettagli, i particolari. Una certa logica in ciò che ci circonda, linee rette a determinare il “tutto” che poi cerchiamo di spiegare attraverso la matematica. Nel mentre un essere accorto si è cercato una sua orbita nella quale gravitare, s’è preso un bel divano comodo, pantofole e una stufa. Posto in prima fila per l’ultima rappresentazione. Chissà, chissà… sangue sulle pareti, gente che si lancia dalle finestre, alligatori che usciranno finalmente dalle fogne e detteranno legge nelle strade, la loro.

Il vicolo che Marvin percorreva per recarsi al lavoro era lo stesso dei giorni precedenti, dei mesi appena trascorsi, degli anni durante i quali il nostro era invecchiato, i suoi capelli erano meno forti e la sua peluria facciale si era fatta via via più rada. Di quest’ultimo cambiamento, in un certo modo, si sentiva sollevato; aveva iniziato a radersi fin dalla prima adolescenza e questo aveva reso la sua barba ferrigna e adesso, invece, provava un qualche piacere accarezzandosi il viso decisamente più liscio. Avanzava spedito mentre molta altra gente, alla stessa ora, ancora cercava di abbinare un paio di scarpe al vestito della giornata. Il suo passo era tipicamente cittadino, sicuro e abituato a schivare ostacoli di ogni tipo: mendicanti, commessi viaggiatori e segretarie frigide. Era impiegato in uno degli uffici del locale dipartimento di Etica dei Sistemi e Componenti Artificiali, una branca che aveva preso particolarmente piede nell’ultimo periodo. Il mondo s’interrogava su come il proprio avanzamento tecnologico ed economico stesse modificando gli equilibri umani; almeno, una parte di mondo si poneva certe domande. Non si sa come ma nel corso degli ultimi settant’anni buona parte del pianeta aveva condotto la propria esistenza come dentro ad una cabina pressurizzata; le persone consideravano il proprio stile di vita come immutabile, niente sarebbe successo e di conseguenza nessun aspetto del loro quotidiano sarebbe mai mutato. L’avanzamento in campi quali la robotica, telecomunicazioni sempre più avveniristiche… Il nuovo mantra era la parola “innovazione” e questo aveva alienato la popolazione dato che essa si ostinava a ragionare in termini umani, a considerare la propria percezione del tempo, a elaborare in base a quei termini quelli che erano i ritmi del cambiamento senza avere coscienza o non calcolando i tempi tecnologici, la capacità meccanica delle macchine; macchine semplici e via via più complesse, dal tostapane all’ultimo intricato insieme di circuiti in grado di replicare un fegato pronto per essere trapiantato. Marvin stesso si trovava in corpo un pancreas completamente artificiale, frutto di stravaganti innovazioni mediche, e quell’organo sembrava funzionare alla perfezione ed il resto del corpo lo aveva accettato rispondendo bene, nessun rigetto, niente di particolare che lasciasse presagire disturbi futuri.

Atmosfera terrestre

Negli ultimi anni, alcuni cambiamenti dell’atmosfera terrestre avevano peggiorato la qualità dell’aria, e questo risultò in un innalzamento dell’incidenza di allergie di vario genere, quando non di veri e propri casi di crisi respiratorie di qualcuno seduto alla propria scrivania dentro ad un ufficio. A tal proposito, Marvin era colui il quale sarebbe stato chiamato in causa così da potersi mettere al lavoro, cercare di sviluppare un paio di idee per ovviare ad un problema via via sempre più spinoso. Si occupava di etica robotica, particolare a cui lui teneva, e non avrebbe mai progettato qualcosa di freddo, non avrebbe tentato di assemblare un congegno utile ma privo di caratteristiche ben distinte, e soprattutto, in tempi in cui gli esseri umani interagivano maggiormente con dispositivi artificiali che non con i loro simili, non avrebbe mai creato qualcosa di muto. Quest’ultimo aspetto generò una serie di eventi a cui Marvin non aveva pensato – avendo riflettuto solo su quali fossero le implicazioni dal suo punto di vista, lui come scienziato e non tanto lui come uomo – ma parte della sua idea devastò la sua vita, e prima devastò sua moglie. Una parte di lei, forse, aveva agito con l’intento di ucciderlo, ma no, una simile considerazione non spiegava niente; lei voleva ammonirlo, ricordargli di non potersi prendere simili libertà.

Il gesto assunse connotati sinistri, e senz’altro ne aveva; allo stesso tempo nessuno sembrò chiedersi cosa ci fosse a monte, in quale modo si giunge ad una certa azione e non ad un’altra. Marvin non tentava di giustificare Laurie, non le disse di potersi considerare estranea alla colpa – sarebbe stato un trattamento da riservare ad una bambina. Essendo Laurie una donna con le spalle larghe, il minimo era considerarla responsabile delle sue azioni, trattarla cioè da adulta.

Lo stesso Marvin si rese conto di aver contribuito tanto quanto lei alla loro catastrofe privata, ed egli era ormai estraneo a qualsiasi aspetto di sé. Laurie sosteneva fosse diventato una delle macchine a cui lavorava da anni.

Lei rammentava, in principio, una persona curiosa e buona, interessata a capire come regolare i livelli di umidità nei locali chiusi, così da capire se tale mossa potesse risultare valida contro certi tipi di rinite. L’idea si rivelò azzeccata, l’aria negli interni, grazie alla sua intuizione, divenne più salubre. Ad un certo punto, ormai immerso nella propria opera, volle indagare un approccio ancor più diretto alla propria creazione, capire quanto ci fosse di suo, e quanto la cosa creata potesse evolvere nonostante il suo apporto. Volendo semplificare l’utilizzo del dispositivo di areazione, decise di equipaggiarlo di assistenza virtuale. Commise, a quel punto, il peggior errore della sua carriera: come voce dell’assistenza virtuale, recuperandola da alcune registrazioni casalinghe impresse su nastro, scelse quella di sua figlia.

Areazione

Collegò l’innesto vocale all’interno del proprio sistema di areazione, e la voce si diffuse, giorno dopo giorno, nella casa. Laurie, da subito, rimase inorridita: come poteva, lui, aver fatto una cosa simile? Eppure…

Deve esserci qualcosa di storto, al tuo interno, se prendi la peggior decisione tra le peggiori possibili. Si tratta di un azzardo, una prova di egoismo assoluto; se l’idea è buona per te, allora deve esserlo in generale. Per Laurie fu un incubo, e l’origine della sua caduta. Come si può vivere avendo nelle orecchie la voce dei morti? Perché mai la si vorrebbe sentire? La voce si perde nell’aria, in quella stessa aria che viene respirata. I sussurri di coloro i quali non ci sono più, andati per sempre, al di fuori dei vivi, se ne stanno con chi dorme in eterno.

Laurie se la portava dentro, da sempre, e alcuni segni sul corpo di Marvin affermavano ciò. Sul fianco sinistro, poco sopra il lato esterno dell’osso iliaco, era visibile una cicatrice biancastra di forma ellittica, risultato di una notte più folle di altre; Marvin vedeva ancora una parte di sé prigioniera di quel frammento temporale, intenta ad impedire a Laurie di commettere qualcosa in grado di far sprofondare la sua psiche. Tuttavia, lui non volle liquidare l’accaduto come un episodio da ricondurre ad un trambusto mentale, tentò invece di analizzare i fatti, mettendosi a spulciare a monte in cerca di spiegazioni plausibili. Laurie, da parte sua, non disse molto, ed anche le sue azioni si ridussero all’essenziale, lasciando che fossero i giorni a vivere il suo corpo e non viceversa. Da qui Marvin ebbe l’idea di corpi incapaci, seppur abituati a credere, di non vivere seguendo una qualche volontà, ma questa osservazione, lui stesso, la considerava arbitraria e priva di fondamento. Troppe volte si era domandato cosa fosse la volontà delle persone, se fosse realmente indipendente da fattori esterni e spontaneo prodotto dell’esperienza cognitiva, se esistesse o mantenesse l’entità artificiosa di un totem teorico a cui rivolgere lamenti ed intenti. C’era una spinta a muovere il Marvin uomo di scienza ed allo stesso tempo l’impulso del Marvin comune cittadino tentava di trovare una via così da esprimersi… Quale dei due voleri era più degno dell’altro? A quale forma di zelo concedere di palesarsi? Giorni, in principio, e mesi in seguito, trascorsi a studiare, documentarsi, stilando strutture di future prove pratiche. Il sonno non rappresentava più un bisogno effettivo, bensì la veglia era diventata un canto di sirene. Marvin, cerebralmente naufrago, aveva perso di vista quanto di tangibile ci fosse ancora nella sua vita, e si era smarrito nella sua mente, circondato da documenti vari, piccole lavagne invase da formule ardite. L’unico appiglio a quel poco di reale ancora visibile, era Laurie e lo stato in cui versava. Marvin era chiuso all’interno delle sue terminazioni nervose, Laurie avevo trovato rifugio nei recessi delle sue corde vocali, ovvero il suo era un mutismo assoluto, i gesti provvedevano alla comunicazione, assai rada; l’ultima sua parte di donna era penetrata in Marvin, in seguito alla coltellata; il residuo vitale della donna, forse, depositato sulla punta di una lama.

Lama

A stento si mette fine alle cose, pur essendo organismi soggetti al decadimento cellulare, esseri temporanei; eppure siamo così desiderosi di assaporare la stabilità, l’ordine; a volte ci crediamo eterni. No, qualsiasi velleità d’infinito, Marvin l’abbandonò dopo aver sentito venti centimetri di metallo trafiggergli la carne. Quasi si sentiva grato, grato a Laurie per averlo fatto. Il dolore lancinante, il sangue che esce a fiotti, come fosse un promemoria: ricorda, tu non sei divino, sei nervi e carne, tessuti ed ossa, e dopo ti mangeranno i vermi o le fiamme. Forse potrai giacere accanto ad un albero, uguale a quello dove tua moglie allattava tua figlia in un pomeriggio di novembre insolitamente caldo. Resta là, come se niente fosse accaduto dopo quel giorno, la vita seguente è forse il sogno incerto di qualcun altro. Sei ancora all’ombra di un faggio, tua figlia ancora non parla, non è mai morta, tu non hai mai percorso i corridoi di una casa di cura per far visita a tua moglie, certo che no. Non sei mai stato un bambino spaventato dalle grida dei genitori, angosciato al solo pensiero di vederli insieme. Tu non rammenti di esserti chiuso fin da piccolo nella tua mente, trovando una via di fuga nei libri di matematica, e naturalmente non sei quel ragazzo imberbe, così talentuoso da essere riuscito ad ottenere una laurea ad appena diciassette anni. Sulla base delle tue scelte, fatte in un qualche punto di un dato spazio temporale, varie versioni della tua persona hanno condotto esistenze parallele ma molto diverse tra loro. Questo continui a domandarti; ogni giorno, ogni notte continui a consultare i tuoi quaderni colmi di appunti, a consultare minuziosamente ogni singola cifra, ogni singola formula, pagina dopo pagina, la carta lievemente usurata dal costante contatto con le tue dita. Come sarà, un altro te, privo di qualsiasi nozione scientifica? Magari scapolo, incapace di sostenere un rapporto duraturo. Forse è felice, pur non sapendo bene come spiegarlo; manca di una certa capacità nell’esporre il suo lato emotivo, ma lui, forse, è felice, tu non puoi dire lo stesso. Dimmi, Marvin, tu, uomo così importante, uomo così affermato, adesso come la vedi? Come ti pare la situazione attuale? Chiunque si sentirebbe truffato, in termini umani, conscio di aver agito sempre mosso da buone intenzioni, e ti trovi una figlia sepolta a pochi chilometri da casa ed una moglie impazzita a cui vorresti dire quanto ti dispiace. Tuo malgrado, sei vivo, e saresti davvero egocentrico e scontato qualora tu decidessi di mollare la presa. Vivi nonostante la vita, rompile le uova nel paniere, pareggia i conti.

Dolore

Una storia come tante, quella di Marvin, niente di più, niente di meno, un po’ come spiare dal buco della serratura la propria vita e non quella degli altri. La propria, di vita, possiede molte sfaccettature, molte più di quante sareste disposti a riconoscere. Un evento gioioso regala qualcosa, un lutto si porta dietro una buona quantità di saggezza, e a proposito della morte ancora pare poco chiaro cosa questa comporti.

Laurie, negli ultimi mesi, sembrava star meglio, aveva ripreso a leggere, giocava a scacchi con un inserviente. Marvin le disse di tornare a casa, e lui avrebbe smantellato il sistema di areazione. Stando al parere dei medici, Laurie fu libera di andare. Davanti alla porta di casa, lui la prese in braccio, e lei, accennò un sorriso.

“Siamo già sposati” disse, e Marvin annuì, pensando di amarla ancora molto, e amarla significava accettare gli eventi più recenti; una ferita, sì, ma pur sempre la testimonianza di un legame.

La porta si chiuse dietro di loro, e per la prima volta ripensarono alla loro figlia, Zelda, in modo sereno, cercando di sentirsi vicini come lo erano stati un tempo; rubare qualche ora, chiudendo fuori il giorno.

 

Commenti

Un commento a “Chiudendo fuori il mondo”

  1. Particolare racconto, lame nell’anima e sentimenti rari.
    Complimenti a F.H.Trello e alla redazione.

    Di Jenny | 31 Agosto 2022, 14:19

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