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Cinema

Venezia è sempre Venezia

   

Unica nella sua bellezza e nella sua disordinata e intramontabile struttura, Venezia è sempre Venezia: i canali, le chiese, la storia, il mare e i battelli. Ma Venezia è sempre Venezia anche e soprattutto per gli appassionati di cinema, i critici ed i giovani aspiranti registi che si recano ogni anno al Lido per respirare quell’aria unica che il festival internazionale del cinema regala.
Venezia è sempre Venezia ancora in un terzo modo, perché chi si reca al Lido per seguire la manifestazione integralmente e in ogni suo ambito vive ogni giorno lo stesso giorno per dieci giorni, così la città e le giornate si ripetono come cloni, sempre uguali, scandite dal ritmo febbrile imposto dalla Biennale. Frenesia, spostamenti, film persi e conferenze stampe guadagnate, incontri e discussioni sulle pellicole in concorso, serate a caccia di svago e sveglie all’alba per la prima proiezione delle otto, Venezia è sempre Venezia e se fosse così tutto l’anno bisognerebbe viverci.

Immagine articolo Fucine Mute

Nel breve videodiario che ho realizzato ho cercato di riassumere in pochi minuti lo spirito della manifestazione, ripercorrendo una giornata lavorativo tipo attraverso le sue varie fasi. Non è stato facile selezionare le immagini; visionando il girato, infatti, mi sono accorto del ripetersi spesso delle stesse inquadrature e degli stessi luoghi: il palazzo del cinema, la passerella davanti alla sala grande, il Palagalileo e l’area Backstage. Questo è accaduto perché la mia videocamera seguiva la mia ritualità e filmava la vita che facevo, da una sala all’altra passando per la folla senza quasi soffermarsi a riflettere sul ritmo incessante degli impegni. Per questa ragione ho preferito non dare un taglio d’insieme al filmato, rendendolo invece un diario soggettivo: la cronaca di una giornata nella baraonda veneziana. È stato curioso ed interessante notare come secondo i diversi orari il clima e il panorama dei luoghi mutavano: da un’alba semi desertica davanti all’ingresso dell’Area Alice si passa a mezzogiorno ad un caos ordinato nei pressi della sala stampa, fino ad arrivare alla notte silenziosa vissuta sempre solo da sporadici gruppi di ragazzi in cerca di star da fotografare.
Per onorare la Biennale mi sono permesso di introdurre il filmato con Zarathustra e un lungo movimento di macchina che abbraccia il maestoso leone da sempre simbolo della manifestazione; perché chi ama il cinema, quando si trova davanti al palazzo del cinema, ogni anno rivive la stessa sensazione, come se si muovesse tutto al rallentatore, come se ci si trovasse davanti al panorama naturale più bello del mondo, e anche se di plastica il leone per tutti luccica d’oro brillante.
Mi sarebbe piaciuto inserire le impressioni dei tanti ragazzi accorsi alla mostra, per sfatare il mito “che i giovani pensano che il cinema sia nato con Tarantino”, ma l’atmosfera che si respira camminando tra la gente è come un gas inebriante che crea una nube così uniforme d’euforia, amore per il cinema e passione che muta le parole in musica, trasformando tutto in un perfetto quadro astratto.

L’apertura dei cancelli del palazzo del cinema è rigorosamente prevista per le otto, davanti ad una gradinata ancora per pochi minuti in silenzio, assonnati dopo 4-5 ore di riposo, ci si siede sotto il sole caldo, si beve un caffé ricontrollando il programma della giornata, segnando ipotetici piani alternativi nel caso di impegni improvvisi ed inderogabili. Ci si gode ad occhi chiusi il silenzio ed il calore prima di mettersi in coda per la prima proiezione: Garrell, Clooney, Kitano, Ghasemi… un sospiro di piacere e dritti in sala.
Dopo la prima proiezione che inaugura nel migliore dei modi la giornata, quasi un regalo che ci si fa prima di tuffarsi nel lavoro vero e proprio, si affronta la prima brutta realtà del festival: i controlli. Imperscrutabili metal detector supervisionati da imperscrutabili guardie non ti danno scampo tutto il giorno. Ogni volta che si vuole entrare nella zona riservata agli accrediti bisogna farsi perquisire lo zaino. La sicurezza non è di per sé un problema, ma se dopo dieci giorni e otto controlli al giorno, per ottanta volte si deve rispondere che nella fodera non c’è un bazooka ma solo il cavalletto la battuta perde un po’di mordente e i nervi scricchiolano.

Immagine articolo Fucine Mute

Verso le dieci e mezza del mattino la scelta è tra seguire un altro film, magari in una sezione collaterale come la settimana della critica o volare in sala stampa, sperando in una coda non chilometrica per scrivere la prima recensione della giornata. Si passa poi dalla sala conferenze per ritirare i fogli informativi sugli arrivi della giornata, sugli orari delle conferenze e il giornale di ciak che aggiorna sul gossip notturno. Si scende ancora di due piani e si va in casellario a ritirare i press book e gli inviti per le manifestazioni quotidiane. Le ore all’interno del palazzo si susseguono con le conferenze stampa, gli incontri di lavoro nelle aree industry e qualche visita rapida ad una mostra fotografica allestita in una delle zone eventi del palazzo. Verso le quattro si abbandona la luce artificiale e l’aria condizionata per riabbracciare la luce del sole (nel video ho mostrato questa scena proprio nel modo in cui l’ho vissuta io, rinunciando ad una inquadratura stabile abbandonandomi ad un piano sequenza liberatorio). Il pomeriggio non dà però tregua ed impone subito una corsa per raggiungere la coda davanti ad un’altra sala per un’altra anteprima: Burton, Chéreau, Turturro… un altro sospiro e dritti in sala.

Il momento migliore di tutta la giornata però si vive uscito dalla proiezione pomeridiana, dove tutto il pubblico, dalla critica nobile italiana fino ai meno esperti si trovano fuori dal Palagalileo a commentare la pellicola appena vista in attesa di risedersi in sala per la prima visione serale. Il sole quasi tramonta e la scalinata davanti all’ingresso principale ora è una bolgia. Strepitoso, mediocre, brava, pessimo, sopravvalutato, inconsistente… giudizi su attori, regista, fotografia e Muller si alzano dalla massa. Tu ti fai una tua opinione e la disserti con i tuoi amici esattamente come stanno facendo Canova e Della Casa davanti a te. La magia di Venezia è questo: confronto, critica e scambio.

La giornata lavorativa finisce alle undici di sera, dopo una media 3/4 film, conferenze e tentate interviste. L’euforia giornaliera naturalmente non esaurisce le forze ed è d’obbligo una cena a base di discussioni cinematografiche e un primo accenno di relax. Prima di alzare bandiera bianca l’occasione impone ancora un tentativo di entrare ad un party vip, dove se si ha fortuna si può vedere Abel Ferrara sfidare un toro meccanico.
Alle tre di notte le gambe incominciano a cedere e con le residue forze si barcolla fino a casa con un pensiero fisso in testa Venezia è sempre Venezia.

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