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Omnia

Six Feet Under, adattarsi sei piedi sottoterra (III)

Per quanto riguarda il lessico dei personaggi, la definizione del carattere, alle prese con una professione così particolare, è inserita in uno scenario dell’assurdo, ma dal profilo di ciascuno emergono le debolezze, le inibizioni e le speranze che rendono autentica la famiglia Fisher.

Nathaniel Fisher (Richard Jenkins): è il capofamiglia. La vigilia di Natale ha un incidente rocambolesco e fatale mentre guida il suo nuovo carro funebre verso casa, canticchiando un brano di Bing Crosby: “Sarò a casa per Natale”. Nonostante sia morto, Nathaniel continua ad essere tra i protagonisti della serie grazie ai ricordi dei suoi cari. Rivive in frequenti flashback e apparizioni surreali, trasformandosi in nume familiare  che elargisce conforto o si erge a specchio della coscienza di ogni membro della famiglia. Il lessico di Nathaniel – sia da vivo sia da “morto” – rispecchia il carattere ironico-sarcastico del personaggio e l’adattamento non deforma troppo le sue caratteristiche. Alcune sue battute:

F & F – I – 1 (“Fisher & Figli” – Atto I – Scena 1 )

Versione adattata
NATHANIEL: “Le ho prese. Vuoi una dichiarazione giurata?”

F & F – I – 1

Versione adattata
NATHANIEL: “Allungagli il latte con acqua di fogna… Vedrai che neanche se ne accorge.”

L Z L – I – 9  (“La zia Lilian”)

Versione adattata
NATHANIEL: “Oh… Non te la prendere, piccolina. Magari quell’attenzione che non hai mai avuto, ti spingerà a muovere le chiappe e combinare qualcosa di buono, nella vita. Sarebbe ora, ormai…”

David Fisher (Michael C. Hall)

Nate Fisher (Peter Krause): è il primogenito dei Fisher e, indiscutibilmente, quello la cui vita verrà più rivoluzionata dalla morte del padre. Un ragazzo che nel passato non si è mai impegnato in qualcosa di rilevante, eccetto forse  il tentativo di stare lontano dall’attività di famiglia [2]. Il suo lessico risulta nel complesso adeguato al tipo psicologico-narrativo che rappresenta; tuttavia, lo smussamento dei tratti scurrili operato in fase di adattamento incide inevitabilmente sulla resa del rapporto carattere del personaggio/lessico del personaggio. Vediamo qualche esempio:

F & F – I – 4

Versione adattata
NATE: “Bene… Mi ecciti come un toro.”


F & F – III – 4

Versione adattata
NATE: “Una favola… Sì, perché… Mio padre è morto, mia madre è una poco di buono, mio fratello vuole uccidermi e mia sorella fuma crack. Sto alla grande. Quattro giorni fa ero un tipo felice e ora non so nemmeno quel tipo chi sia. Sono un fallito, questa è la verità… Ma forse questo già lo sai.”


F L R – II – 13 (“Funerale a luci rosse”)

Versione adattata
NATE: “Se ora mi iscrivo a una setta satanica, avremo spalle coperte in tutti i settori.”

David Fisher (Michael C. Hall)

David Fisher (Michael C. Hall): è il secondogenito dei Fisher, è lo “stabile” della famiglia, dato il suo impenetrabile aplomb nella gestione della ditta. Alla morte del padre, David lavora nell’attività di famiglia da undici anni e sta cominciando a domandarsi se abbia fatto la scelta giusta. È un fervente religioso, e diviene Diacono nella Chiesa di San Bartolomeo. Gay con difficoltà di adattamento, David riesce a confessare la sua omosessualità con molto affanno e un po’ di ritardo.  Il tono e la compostezza del personaggio si riflettono bene nel linguaggio che usa. In particolare, l’attenuamento del turpiloquio non intacca il suo “parlato”, dato che gli interventi del personaggio non sconfinano mai nel triviale, neanche nei rari casi in cui la scena incoraggerebbe un comportamento sgarbato. Qualche esempio può chiarire al meglio quanto detto:

F & F – III – 2

Versione adattata
DAVID: “Ma forse è meglio. Sono sicuro che l’avresti preso e buttato nell’immondizia. Potrà anche sembrarti strano, ma vedi, c’è una ragione per tutto quello che facciamo qui… Noi forniamo alle persone un servizio sacro e importante…”

F L R – I – 5

Versione adattata
DAVID: “Ma io non voglio le tue scuse. Però non ti devi dimenticare che il nostro è un lavoro serio. Perché poi venire da te a farti le ramanzine non mi piace per niente.”

L Z L – II – 1

Versione adattata
DAVID: “Così, solo a causa di uno scherzo genetico, i gay si dovrebbero privare dell’amore romantico o fisico?”


L Z L – II – 5

Versione adattata
DAVID: “Sono stufo marcio di avere un atteggiamento passivo. Stavolta non resteremo inermi. Ribatteremo… Walter è un attaccabrighe, ma questa la pagherà.”

Gli ultimi due esempi che seguono sono utili per segnalare le osservazioni metalinguistiche con le quali David commenta criticamente le parole usate da altri personaggi:

F & F – II – 3

Versione adattata
DAVID: “Scusa, ma… Puoi evitare di usare quel linguaggio. Un po’ di rispetto.”

F & F – III – 2

Versione adattata
DAVID: “Per favore, controllati.”

Claire Fisher (Lauren Ambrose)

Claire Fisher (Lauren Ambrose): è la figlia più piccola dei Fisher, alle prese con le tipiche difficoltà e contraddizioni dell’età adolescenziale [3].  In prima battuta, il suo linguaggio sembra appropriato a un’adolescente, ma – concentrando l’analisi – si avvertono delle forzature che allontanano il “parlato” di Claire da una riproduzione realistica del gergo giovanile. Il risultato è un linguaggio che risente, sia sul piano sociolinguistico che diamesico, di un’eccessiva stilizzazione del lessico e controllo del dialogo. Degli esempi:

F & F – III – 3

Versione adattata
CLAIRE: “Basta con le idiozie…”


F & F – I – 13

Versione adattata
CLAIRE: “Ma che t’inventi, adesso? … Sei come mio padre. Risparmia il fiato. Non mi conosci, quindi non pensare neanche lontanamente di potermi dire che cosa devo fare, chiaro?”


Le due battute che seguono rappresentano dei classici esempi di dialogo con se stessi, lasciando trasparire quegli aspetti tipicamente teatrali che permeano le costruzioni dialogiche di Six Feet Under:

F & F – II – 6

Versione adattata
CLAIRE: “Voglio tornare a casa. Mi devo buttare sotto la doccia.”


F & F – II – 12

Versione adattata
CLAIRE: “Sento che sto per diventare isterica.”

Nell’esempio seguente Claire usa un’espressione (darci sui nervi) che non fa parte né del parlato giovanile né dell’italiano standard, ma probabilmente è una variante di parlato spontaneo, non connotata diafasicamente:

F L R – I – 3

Versione adattata
CLAIRE: “E dovremmo passare il resto della vita a darci sui nervi? Preferisco tenermi tutto dentro.”

Anche nei due esempi che seguono si nota l’eccessiva distanza dal parlato spontaneo di una diciassettenne; l’unico aspetto che lascia filtrare una propensione “giovanile” è forse la tendenza a iperboli di origine cinematografica o paraletteraria:

F L R – I – 17

Versione adattata
CLAIRE: “Grazie, ma preferirei guidare a fari spenti sul ciglio di un burrone.”

F L R – II – 2

Versione adattata
CLAIRE: “Ma dai, mamma, mi fai sentire come Anna Frank.”

Claire

Nel parlato di Claire si osserva, inoltre, un’eccessiva pianificazione del discorso, come negli esempi riportati di seguito:

F L R – I – 8

Versione adattata
CLAIRE: “D’accordo, vuoi sapere perché? Perché ho conosciuto un ragazzo che mi ha quasi convinto a fare sesso con lui. Sembrava che gli interessasse qualcosa di me. Poi ha raccontato a tutta la scuola che gli ho succhiato l’alluce. E quando gliel’ho rinfacciato… non gliene è fregato niente. Poi Nate ha fatto cadere i pezzi di quell’uomo e io ho preso il piede per fargliela pagare a quello stronzo. Non è stato premeditato. Non sono mica Frankenstein, non vado a rubare i pezzi dei cadaveri.”


F L R – I – 8

Versione adattata
CLAIRE: “No, non lo ho fatto. Scusa, ma io non ce la faccio a parlare con te di queste cose… E poi, mi dispiace tanto, ma… non credo che avremo mai quel toccante rapporto madre-figlia che vedi continuamente in televisione o al cinema e lo sai perché? Perché quella è finzione!”


F L R – II – 9

Versione adattata
CLAIRE: “È stato terribile… Erano come amiche per la pelle. Come le cheerleader di questo ipotetico mondo perfetto, dove basta fare aerobica per risolvere tutti i problemi e… avevano una cotta per lo stesso ragazzo. Roba da brividi. E mia madre… Mia madre invece è così demoralizzata.  Vorrei fare qualcosa per lei…”

Da notare che in quest’ultimo caso probabilmente l’espressione cheerleader potrebbe esser stata recepita, nella versione originale, come un tratto giovanile, ma in italiano suona affettata e stucchevole.

Ruth Fisher (Frances Conroy)

Ruth Fisher (Frances Conroy): è la moglie di Nathaniel senior e la madre premurosa di Nate, David e Claire. Dopo essere diventata vedova, Ruth tenta di costruirsi una nuova vita e di riconciliare i suoi sensi di colpa, scaturiti dal fatto che durante gli ultimi due anni di matrimonio ha avuto una relazione extraconiugale mai confessata. Il suo lessico ricalca magistralmente il suo carattere. Una prerogativa è il tono lamentoso, che ne rende la figura molto credibile. In particolare, si nota come le ingerenze linguistiche di carattere religioso – che potremmo definire “bibliche” – ricadano in maniera estremamente positiva nella costruzione del personaggio, delineando qualcosa di congruo con i conflitti interiori di Ruth. Il suo “parlato” sembra essere dettato da una sorta di “nevrosi controllata”, lieve ma onnipresente:

F L R – II – 8

Versione adattata
RUTH: “Nate, santi numi che sta succedendo?”


F L R – II – 8

Versione adattata
RUTH: “Ringrazia solo il cielo che tua sorella sia a scuola.”

Dagli esempi che seguono emerge in modo evidente uno sdoppiamento comunicativo che ci sembra una delle cifre espressive del personaggio: ad una frase adeguata al contesto formale della conversazione se ne associa un’altra che invece segna uno scarto (verso l’espressione sincera dei propri sentimenti, pur se in modo non sguaiato, o verso l’autocommento / autocensura):

F & F – I – 1

Versione adattata
RUTH: “Se non ci vuoi andare, dimmelo… Ci penso io. Come se non avessi nient’altro da fare.”


F & F – I – 5

Versione adattata
RUTH: “Tuo padre ha avuto un incidente. L’auto nuova è distrutta. Tuo padre se n’è andato. Lui è morto e… il mio brasato è da buttare.”


F & F – II – 17

Versione adattata
RUTH: “Non avevo mai capito quanto mi sentissi sola… O quanto tempo avevo passato senza che un uomo mi toccasse.”

L Z L – II – 11

Versione adattata
RUTH: “Sono un fascio di nervi. E tu stai bene, cara?”

Six Feet Under

A conclusione di questa terza e ultima parte, possiamo affermare che il corpus preso in esame ha rivelato la difficoltà della lingua italiana di trovare una via di mezzo tra il parlato medio e spontaneo e il parlato più sostenuto, di tono quasi letterario e artificiale.

Dal confronto tra la versione originale degli script e le versioni adattate per la trasmissione in Italia, è emersa in primo luogo la netta attenuazione del turpiloquio, assai evidente nei tre episodi analizzati, col risultato di compromettere la ri-creazione di quel contrasto tra dialogo e situazione che è fonte di humour nel testo di partenza. Un altro aspetto nel quale è emersa una spiccata differenza tra la versione originale e quella doppiata è lo smussamento dei temi forti della serie, primo fra tutti quello della morte.

Per quanto riguarda gli aspetti linguistici, le sceneggiature prese in esame hanno mostrato un’evidente pianificazione e sono apparse piuttosto lontane dall’andamento tipico del parlato, orientandosi piuttosto verso una forte teatralizzazione. La sintassi è costituita da frasi brevi, con un andamento prevalentemente paratattico [4], ma con scarso rilievo di fenomeni di sintassi marcata (significativa solo la presenza di frasi scisse [5]); nella semantica del verbo si rilevano casi di imperfetto epistemico-doxastico [6] e usi non futurali del futuro (in particolare il futuro epistemico).

Nei dialoghi sono quasi del tutto assenti alcuni elementi tipici del parlato come pause, frasi lasciate in sospeso, sovrapposizioni e correzioni tra gli interlocutori, interiezioni e pause vocalizzate. Un dato inatteso, se si considera che generalmente sono proprio le battute dialogiche della fiction ad aprirsi maggiormente ad una varietà di parlato dominato da forte condizionamento diafasico [7]. I soli tentativi di mimesi del parlato [8] sono realizzati ricorrendo a segnali discorsivi [9] e nella riproduzione di alcuni gergalismi giovanili e stereotipi desunti dalla lingua cinematografica. Più interessante, nel lessico, la elevata ricorrenza di espressioni ricercate e anche di tecnicismi.

In definitiva, sommando l’attenuazione del turpiloquio ad un uso del linguaggio troppo sostenuto, gli adattamenti in lingua italiana degli script presi in analisi ammorbidiscono eccessivamente il contrasto tra dialogo e contesto dell’enunciato, condizionando negativamente l’originale taglio sarcastico e paradossale della serie, la cui efficacia va in buona parte perduta.

Note

[1] Non rispettando uno stop, un autobus travolge ad un incrocio il carro funebre guidato da Nathaniel. Da notare la similitudine con le dinamiche che hanno portato alla morte della sorella di Alan Ball, Mary Ann.
[2]  Una volta ereditata parte dell’impresa funebre Fisher & Figli, il primo impulso di Nate è stato quello di vendere l’attività del padre alla Kroehner Service International. Tuttavia, in un secondo momento, è proprio lui a convincere il fratello David a far rimanere la Fisher & Figli un’attività indipendente gestita da entrambi.
[3]  Odia l’assurdità dell’istruzione superiore, ma teme la prospettiva di una vita lontana da quegli ambienti. Si dimena per sfuggire alla prima forma di controllo sociale (la scuola), e rifiuta l’ostentazione del perbenismo medio-borghese che contraddistingue la società americana, figlia di quel puritanesimo che ne è alle origini; tuttavia, non perde occasione per confessare le sue ansie allo psicologo dell’istituto scolastico, accogliendo, di conseguenza, l’offerta dei servizi sociali che il tanto odiato sistema le offre. Tenta di eludere la sorveglianza gratuita degli standard morali dettati dal modello di teenager americano, ma finisce per innamorarsi di un suo compagno di liceo come molte delle sue coetanee.
[4] Ipotassi / paratassi: essenzialmente i due termini sono sinonimi di subordinazione e coordinazione. Derivano dal greco hypó ‘sotto’ e pará ‘vicino’ + táxis ‘ordine’. La paratassi si ha quando due o più proposizioni si succedono in un periodo senza che sintatticamente l’una dipenda dall’altra. Al contrario si ha ipotassi quando una proposizione, detta subordinata o dipendente, è retta sintatticamente da un’altra, chiamata principale o reggente. Si confrontino i due periodi: (a) “Piove e Maria ha preso la macchina”; (b) “Maria ha preso la macchina perché piove”; (a) è un esempio di paratassi, (b) un esempio di ipotassi. L’ipotassi viene impiegata soprattutto nello scritto e nei registri più elevati, mentre la lingua parlata, specie nei registri più informali, preferisce la paratassi, spesso ottenuta anche per asindeto, cioè per semplice accostamento di due frasi: “Piove, Maria ha preso la macchina”.
[5] Frase scissa: è una proposizione introdotta dal verbo essere al quale segue il costituente spostato rispetto all’ordine normale; segue poi una pseudorelativa. La frase scissa sposta a sinistra l’elemento nuovo, mentre la pseudorelativa esprime il tema e il dato. Può essere spostato qualunque elemento della frase compreso il soggetto, e qualunque sintagma nominale, preposizionale, aggettivale, avverbiale, e verbale (sintagma: è la combinazione di due o più elementi linguistici o, al limite, anche un solo elemento, che costituisce un’unità sintattica dotata di una specifica funzione nella struttura della frase. Esempio: mio cugino Filippo [sintagma nominale] è uscito [sintagma verbale]).
[6] Imperfetto epistemico-doxastico: il parlante si riferisce non ad un evento passato ma a precedenti credenze o conoscenze. Esempio: che cosa c’era domani al cinema?
[7] Diafasia: è un parametro di variazione linguistica determinato dal mutare della situazione nella quale il parlante si trova a comunicare: il contesto, gli interlocutori, le circostanze o le finalità della comunicazione. Il termine deriva dalla composizione delle due parole greche dia, “attraverso, mediante”, e phasis, “voce”. La variazione diafasica si articola lungo un asse ideale che va dalla massima formalità (registro aulico o sostenuto) alla massima informalità (registro familiare o trascurato).
[8] Mimesi/diegesi: La mimesi è la riproduzione o imitazione della realtà, come avviene sulla scena teatrale o nei dialoghi in discorso diretto riportati nei romanzi. La diegesi è lo sviluppo narrativo, l’equivalente verbale dell’azione realizzato dal racconto dello scrittore. La distinzione risale ad Aristotele, ma è stata ripresa dagli studiosi moderni di narratologia.
[9] Segnali discorsivi: svolgono funzioni essenziali dal punto di vista discorsivo e interazionale. Basti pensare a: sai, ecco, praticamente, cioè, beh, insomma, voglio dire, eh, niente, che costellano il discorso quotidiano. Caratteristica dei segnali discorsivi è, tra l’altro, la parziale perdita di valore semantico, la polifunzionalità e la posizione relativamente libera all’interno dell’enunciato.

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