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Cinema

SF TS Bye Bye

Sul bollettino ciclostilato del CUC triestino (Centro Universitario Cinematografico) dell’estate 1964, Lucio D’Ambrosi — in un preveggente pamphlet che consiglierei ai redattori del presente volume di riprodurre esteso, se riescono a ripescarlo — aveva radiografato esattamente l’insanabile contraddizione genetica del Festival Internazionale del Film di Fantascienza che era atterrato a San Giusto l’estate precedente. In una landa sonnambulica tra le più culturalmente e economicamente depresse, i padroni del vapore (tto) avevano voluto proiettare un bagliore di chissà quale avvenire spaziale, tanto illusorio quanto inafferrabile, lontanissimo.

Lo so, i ricordi giovanili risultano sempre rosei malgrado tutto, come dimostrano per fare solo due esempi le memorie di Chen Kaige, ex guardia rossa durante l’era più spietata della rivoluzione culturale, o quella di Roberto Rossellini, ex propagandista per l’esercito mussoliniano in agonia. Non potevo quindi rendermi conto da studente beato, aggrappato ogni sera agli spalti del Castello dal ’63 in poi, di “ciò che stava dietro”. Perlomeno fintanto che nei primi anni ’70 non iniziai a collaborare assieme alla Cappella Underground ad eventi collaterali del Festival di Fantascienza.

Si trattava eccome di un’operazione politica di facciata, pilotata da quell’indomita cricca che frenava e censurava ogni evoluzione al Teatro Stabile, al Verdi, al C.C.A., al Comune, alla RAI, alla Provincia, ovunque.

Base Luna chiama Terra di N. Juran

Quel secondo cosiddetto “decennio” di decadenza” del Festival notavo che veniva via via pianificato a mo’ d’auto-strangolamento, onde sfociare nell’eutanasia ampiamente preannunciata in occasione degli ipocriti “festeggiamenti” per il ventennale.

Dal 1981 mi è capitato di organizzare assieme a un gruppetto di amici le Giornate del Cinema Muto — guarda caso un’altra manifestazione quasi ventennale che da due lustri viene sottomessa a Pordenone a un analogo, insostenibile strangolamento. Ditemi voi cos’è: il Fato o gli Oligarchi?

Colgo quindi quest’occasione per suggerire ai giovani triestini che sperano di rilanciare le sorti del defunto Festival di non cader almeno loro nella trappola d’affidarsi anima e corpo agli enti pubblici, i cui reggitori si concentrano da millenni sul proprio tornaconto e non su quello della plebe, tanto meno della “cultura”, figuriamoci poi della “fantascienza”!

Il presente testo proviene dal quaderno, edito da La Cappella Underground, a cura di Massimiliano Spanu, pubblicato in occasione della manifestazione “Science+Fiction. Festival della Fantascienza di Trieste” grazie al contributo della Cineteca Regionale Friuli Venezia Giulia.

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