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Scrittura

Moncef Ghachem

Dalle sponde del mare bianco

La coscienza del popolo mediterraneo

Immagine articolo Fucine Mute

Christian Sinicco / Ambra Zorat (CA): Dalle sponde del mare bianco è il titolo del libro che hai pubblicato in Italia nel 2003. Quale consapevolezza “chiara”, “pura”, può aiutare i popoli che abitano le sponde di questo mare?

Moncef Ghachem (MG): Il termine “puro” mi dà fastidio. È noto che la purezza, da un punto di vista ideologico, porta direttamente al campo di prigionia, di concentramento. Purezza etnica, religiosa, politica! Ma lei lo intende come sinonimo di chiarezza, non è vero? Chiarezza della coscienza del popolo mediterraneo? Perché questo popolo esiste che esso sia del nord o del sud… Ma le acque del Mediterraneo, la sua memoria, il suo essere lì, il suo amore, le sue parole sono tuttavia chiare? Fino a dove, fino a quando, il regno del gasolio, della plastica, del rendimento industriale ed economico, fino a quando l’esclusione e la chiusura delle frontiere? L’incontro e la mescolanza sotto tutte le forme che racchiudono a mio avviso la speranza fondamentale in un Mediterraneo futuro (ma anche presente), come bacino di pace e di tolleranza… Certo le arti in generale, e la poesia in particolare, danno un contributo essenziale in questo campo della coscienza collettiva vivace ed attiva. Della sponda di cui sono l’autore e che Mesogea ha pubblicato s’iscrive nella prospettiva dello scambio poetico e musicale, come lo dimostra anche il lavoro del gruppo Dounia composto, come sa, da alcuni amici siciliani di Catania che hanno creato dei brani musicali a partire da alcune mie poesie.  

CA: Ritieni che uno sviluppo sostenibile sia possibile? Quali azioni e progetti bisognerebbe intraprendere per realizzare questo sviluppo?

MG: Considerando i rapporti tra le due rive, così come si presentano oggi, è necessario moltiplicare per dieci gli sforzi per migliorare le condizioni di vita dei paesi poveri. Smettere di derubarli, di saccheggiare le loro ricchezze minerarie, agrarie o altro… Portare loro un aiuto efficace, là dove si trovano, riconoscere il loro diritto di esistere, comprendere e non respingere o uccidere i clandestini! A Catania, Palermo, Messina, Napoli, Mantova come a Roma, Schio e Trieste, dove assieme ai Dounia abbiamo portato il nostro spettacolo Della sponda ho potuto incontrare delle persone formidabili, preoccupate di fare sempre meglio e di certo aperte. Per questo direi che il vostro paese, l’Italia, porta la fiaccola di quello che lei definisce “sviluppo sostenibile”, e allora che perseveri e continui così! 

CA: Come vorresti che la Tunisia evolvesse nel futuro? In una delle tue poesie parli delle persone che partono a studiare all’estero, spesso non tornano nei loro villaggi e non riportano nel paese di origine le conoscenze che hanno acquisito e che sarebbero peraltro piuttosto utili. Ci sono dei cambiamenti in questo senso?

Immagine articolo Fucine MuteMG: In quanto italiani conoscete meglio di altri il problema dell’immigrazione economica, culturale, politica. La fuga dei cervelli, sotto alcuni cieli, è purtroppo comune, l’emigrazione di mano d’opera anche. Il Mediterraneo ha spesso vissuto sotto il flusso e il riflusso di alcuni dei suoi popoli. Si lasciavano (e si lasciano ancora oggi) i villaggi in cerca di una terra più clemente… A metà del ventesimo secolo, nel mio porto natale, a Mahdia, vivevano dei lavoratori siciliani ed italiani del Sud, in modo particolare pescatori. Oggi a Mazara del Vallo vive buona parte della mia famiglia di Mahdia, dei pescatori per lo più. È un andare e venire incessante! Da questo punto di vista, vorrei che il mio paese restasse accogliente e ospitale, aperto all’altro e tollerante come, attraverso le varie epoche, è stato. È evidente che rivendico l’autonomia, l’indipendenza. Sono un cantore della libertà. Non molto tempo fa (il protettorato francese si è stabilito in Tunisia dal 1881 al 1956) siamo stati colonizzabili e siamo stati colonizzati (come altri paesi vicini). Oggi siamo una nazione indipendente. Bisogna saper conservare e difendere questa indipendenza! Lo si deve fare! Dalla fine degli anni Cinquanta, le nostre strutture socio-economiche hanno fatto dei progressi. Il sistema d’istruzione pubblica, l’assistenza sanitaria pubblica, le ricerche scientifiche hanno fatto dei passi in avanti. La condizione della donna, anche questa, è migliorata… ma il cammino spesso non è facile!
Rispetto ad altri paesi della regione siamo avanti in molti settori. Esiste un cinema tunisino, una scuola pittorica tunisina, una letteratura e una poesia tunisine verso le quali una parte dell’Italia si mostra sensibile.

CA: Cosa pensi degli avvenimenti che hanno sconvolto le periferie francesi?

MG: L’Impero francese è ormai andato in briciole, è stato fatto a brandelli. Che cosa gli resta dell’Indocina, dell’Africa del Nord, dell’Africa Pre-sahariana, del Medio Oriente, della Siria? Ma il popolo francese è grande, per storia e cultura. Sa reagire come popolo umanista e accorto. I partigiani negli scuri anni Quaranta hanno combattuto il fascismo, il nazismo! Il contributo della poesia della resistenza francese è considerevole per la poesia della resistenza araba, soprattutto algerina… Una parte della Francia sciovinista e nazionalista vive solo per escludere l’altro, quello che prima aveva colonizzato. Durante i decenni, gli immigrati arabi hanno cercato di farsi amare dai Francesi, praticando la loro lingua, vivendo nella loro cultura. Ma una parte della Francia non li ha amati, e non li ama. Adesso questi “strani stranieri” non vogliono più essere amati dalla Francia e hanno iniziato a combattere contro quella parte della Francia, si fanno ad esempio chiamare “Gli Indigeni della Repubblica” e li capisco. Basta esclusione, emarginazione, basta razzismo! Le periferie di Parigi sono andate in fiamme. Centinaia di veicoli sono stati bruciati. Perché? Chi sono quelli che hanno guidato la rivolta? Chi c’è dietro? Con quali interessi? Tante domande restano aperte, i media stessi non hanno saputo rispondere. Se si tratta di esplosioni spontanee, quali sono le loro origini?

Immagine articolo Fucine Mute

CA: In quanto poeta impieghi delle immagini potenti, comunichi delle emozioni forti. Come fai a trasmettere quest’energia nella scrittura? A quali procedimenti letterari e stilistici ricorri?

MG: Come fa il sole ad alzarsi, il mare per rimescolarsi, la pianta per essere vera, l’albero per dare frutti, l’amore per unirsi, l’estate per tornare e il desiderio per vivere? Le parole vive sono il giardino abbondante e generoso del mio respiro… Ma nella mia memoria porto anche il deserto. Tutto questo vive in me, io vivo di tutta questa vita, essere poetico, ovvero libero, tutto intero nell’amore…

CA: La poesia araba affonda le proprie radici nell’oralità e si fonde nel canto. Hai lavorato con i Dounia e da questa collaborazione è nato il progetto con la casa editrice Mesogea. Puoi parlarcene?

MG: Borges dice della poesia che è una ricerca infinita della musica. Il ritmo costituisce, in effetti, la vitalità di una poesia. Arabi o africani, ci lasciamo trascinare nel ritmo. L’oralità della nostra poesia è così profonda, vitale. Provengo da questo retaggio, da questo patrimonio poetico….Per cuore, immaginazione e storia, la Sicilia ci è vicina, la Sicilia, la grande isola, per non dire tutta l’Italia. E la Sicilia di Ibn-Hamdîs continua a vivere nel gruppo dei Dounia, porta una musica dall’ampio respiro, che unisce il canto di tutto il Mediterraneo, restituendo al Mediterraneo la sua universalità… Il mio incontro con questo gruppo innovatore ed autentico è stato magico!  

CA: Quali sono i poeti, anche giovani, del tuo paese e del mondo arabo più in generale, che consiglieresti di leggere? Hanno anche loro l’oralità nel sangue? Oralità che è anche un modo di donarsi completamente agli altri?

Immagine articolo Fucine MuteMG: Provo molta tenerezza per il poeta iracheno Sayyâb, ha rinnovato e riformato totalmente la poesia di oggi. Leggete il suo Canto della pioggia. Un popolo che lotta è un popolo di poesia, e l’Iraq combatte. Tra i miei amici iracheni viventi (Sayyâb è scomparso precocemente nel 1963), Saidi Youssef e Hatîf Janabi che abita a Varsavia e Abdelkabar Janab che è a Parigi. Tutti scrivono o hanno scritto in una lingua superba, lingua di luce e di vita! Anche Adonis è un poeta che ammiro e leggo. Ho assistito ad un suo recital a Catania al centro culturale Zo nel 2002, poi anche a Tunisi. E a proposito della stessa Tunisia citerò Ouled Ahmed, un poeta più giovane di me (ma la poesia ha poi un’età?), è luminoso e organico, come direbbe Gramsci.  

CA: In Tunisia il presidente Ben Ali è al potere dal 1987 ed è stato costantemente rieletto con il 95 % dei voti (e delle volte anche con il 99,6%). È  difficile essere un poeta e un intellettuale in Tunisia? Bisogna accettare dei compromessi?

MG: Questa ottava domanda non è importante. Quindi preferisco non rispondere… Diciamo che talvolta vivere è difficile aldilà di ogni contesto sociale, oltre ogni struttura. Allora utilizzare il compromesso per salvare la vita, non lo so, la vita (e quindi la poesia) è più importante di tutto questo.

Immagine articolo Fucine Mute

Dalle sponde del mare bianco

Impazzito

Un canto alla vita
A chi ha posseduto il mio cuore
A chi ho sempre desiderato
A chi per Lui ho vissuto
A chi la mia vita ho dato
A chi la mia anima ho sacrificato
A chi ogni ora vorrei incontrare
Chi è la mia alba e il mio tramonto
La mia terra e il mio cielo
Con il mio amore tutto questo proteggo
Lui è il mio occhio e la mia lacrima
La mia ferita e la mia medicina
La mia debolezza e la mia forza
Il suo amore ha lasciato il segno
Non potrei mai scordare
Non potrei mai stare un giorno senza vedere

lasciarsi prendere, impazzire gioire
sperare, dal canto

traduzione dall’arabo dei Dounia

Immagine articolo Fucine Mute

Scrivo

Scrivo con la tirannia delle miserie
scrivo con le mie processioni di poeta errante
scrivo con i maggesi arsi della terra
scrivo e la collera gronda nel cuore mio trasparente

scrivo con cento miliardi di proiettili da lanciare
nel cervello delle menzogne le gambe dei ladri
la cerchia dei pettegoli la borsa dei guerrieri
il calcolo degli imbecilli sulla scala delle grandezze

con la vergogna con le oscenità dell’odio
con gli sfregi muti dei tipi di cloaca,
con le bastonate la battuta la fifa con le ciurme le catene
nei greggi scuri degli asini castrati d’Africa

scrivo con le orde numide sulle strade calde
con la violenza del sangue fedele dei figli e dei padri
con i cuori fertili dei beduini e i loro giacigli fecondi
amaro esodo rurale dei fratelli amare erranze

scrivo con il fellah dalla fronte d’urlo
sotto lo scudo a mezzogiorno dove muggisce il secco
lungo i cocenti hamadas le sue speranze mobili
la sua preghiera la sua bestemmia la sua fatica la sua carcassa

scrivo con le braccia tatuate dei vecchi pescatori
le sciabiche le ancore i remi i palamiti
casse di pesci padroni-bocche vuote-predatori
i naufraghi i tormenti i baratri le sventure

con la fame la noncuranza col furore
con la fiamma il pietrame l’albero
con la gentaglia gli stracci il sudore
con i canti trafitti di sangue il mewall la sciabola

scrivo con la tirannia delle miserie
scrivo con le mie processioni di poeta errante
scrivo con i maggesi arsi della terra
scrivo e la collera gronda nel cuore mio trasparente

Scrivo con le manette piantate alla laringe
con luridi ingordi in singhiozzi per le strade
con nascoste da vicoli neri venditrici di sesso
coi mendicanti del mio quartiere marci lamenti

col pericolo la minaccia l’audacia la sofferenza
i bungalow le bidonville i bulldozers e gli errori
le astuzie i sarcasmi le tenebre le assenze
le abitudini i garbugli la tristezza e la paura

scrivo con l’atleta lo scalzo l’infermo
l’itterizia la tubercolosi il tifoide il tifo
infortunati mal amati indesiderabili infami
infermiere sorridenti a loro dico grazie a nome di tutti

con i lustrascarpe sguardi gialli disoccupati babbuce consumate
quelli che dormono nel freddo quelli che vagano per le stazioni
i senza tetto senza speranza senza amici
il sangue caldo il sangue grigio il sangue-strada

con la memoria e la carne dei torturati
elettrizzati carbonizzati sepolti vivi martiri
sbarre guanti di carnefici rantoli di stracci castrati
con la memoria con l’amore con l’ira

con la concessione le teppaglie i delitti le scorte
col timore con i rifiuti con la gleba
la febbre e la follia il fulmine la fusione
gli scandali i massacri
i tempi-sciacalli i tempi-granchio

scrivo con la tirannia delle miserie
scrivo con le mie processioni di poeta errante
scrivo con i maggesi arsi della terra
scrivo e la collera gronda nel cuore mio trasparente

scrivo con le mie amate mie vedove mie meretrici
quelle che spogliavo quelle che mi vestivano di luci
quelle che piansero quelle che mi portarono
con l’alba nella loro stanza per abbracciarci e tenerci stretti

con i desideri nostri i nostri morsi i nostri strappi
tutta la canzone delle tenerezze nei volti nostri
con i nostri ritorni folgoranti le nostre dure erranze
le nostre insonnie i nostri silenzi nostre gioie nostre burrasche

col vento che strappa dalla carne il mare il fragore
con febbrili smanie alle corolle di carezze
con strette che supplicano il cuore assoluto del calore
con le nudità smisurate delle povere ricchezze nostre

con i gesti stralunati le languide tempeste
i muri del piacere le porte delle spossatezze
i giuramenti le aurorali seti le bestie celesti
il delirio astrale il sonno il risveglio il vuoto

con le vili città le fosse macabre le gobbe
gli ostacoli i diluvi le cataratte
le frontiere gli inferni le capanne i buchi le scorie
la noia la perdita il tohu-bohu i colpi di testa

con le scosse i chiodi le galle gli snervamenti
il baccanale i tam-tam i beccheggi gli escrementi
i bisogni i rimorsi gli sbagli i licenziamenti
i mali latenti d’ascoltarsi consumarsi

Scrivo con la tirannia delle miserie
scrivo con le mie processioni di poeta errante
scrivo con i maggesi arsi della terra
scrivo e la collera gronda nel cuore mio trasparente

con la lotta le bombe le raffiche gli esplosivi
l’oro il petrolio il sahara i traffici
la finzione, il kidnapping le rese le razzie
la crudeltà la sterilità i narcotici

scrivo con gli esteti i cosmonauti, le bestialità le glorie
con i mostri — scheletri — da — vomitare — delle savane — dei — Biafra
con i miei fratelli fedayin in agguato nel buio
tutti i miei morti sconosciuti il massacro e la mafia

con i bambini seviziati e le angosce delle donne
con i mitomani i genocidi i senzapatria
io scrivo e il linguaggio si commuove e s’infiamma la roccia
e la luce sventra gli aridi deserti

scrivo con te amatissimo sangue mio mio cuore voce mia
mia dolce madre patria Tunisia offerta mia
io non sono che tuo io posso straziarmi per te
Tunisia mia cara mia calda amante Tunisia

paese mio dei più poveri dei soli delle spiagge
terra mia disseminata di coraggi di grida di vittorie
di oliveti di palmeti la mia faccia di deggaz di mago
di fatiche di lampi di furori di crateri

o madre che io mi addormenti che io in te mi stenda
che il mio corpo di palme porpore ti copra o santa
mia gioia mio giogo mia forza mia giovinezza fede mia
stringimi madre mia tienimi lontano dal labirinto

scrivo con la tirannia delle miserie
scrivo con le mie processioni di poeta errante
scrivo con i maggesi arsi della terra
scrivo e la collera gronda nel cuore mio trasparente

traduzione dal francese di Caterina Pastura

Dal sito della casa editrice Mesogea la presentazione del progetto editoriale:


“Mediterraneo, anzi i Mediterranei, mare e mito a un tempo, ponte e frattura, città sacre e inferni di crudeltà, saranno lo spazio del nostro viaggio editoriale per conoscere e dar voce alle molteplici identità di un mosaico di culture, di storie, di saperi spesso reciprocamente ignorati o rimossi.
Le scritture dei popoli dell’area mediterranea sono la materia di cui è composto il tessuto che vogliamo tendere tra le terre, di cui vogliamo avvolgerci.


Saggi e romanzi, inchieste e poesie, immagini e cronache.
Non le risposte che gli esperti guardando dalla riva Nord danno sul paesaggio problematico delle altre rive, ma la riflessione di ciascuna cultura su se stessa, i suoi dubbi, le sue domande, l’accoglienza orizzontale dei diversi punti di vista, della composita morfologia del Mediterraneo contemporaneo.


L’agilità dei testi si accompagnerà all’attenzione e alla cura scientifica ed editoriale; l’irrinunciabile necessità dell’aggiornamento alla proposta del classico; gli autori noti a quelli ancora mai tradotti nella nostra lingua, le parole alle immagini, i versi e le storie alle analisi e alle ricerche sociologiche, storiche, economiche, artistiche.


Due collane – La grande e La piccola – proporranno i volumi di Mesogea nella semplice riconoscibilità della sola differenza di formato. Autori, generi, stili diversi, così accostati, disegneranno nel nostro catalogo, sui banchi delle librerie, tra le mani dei lettori quella geografia della ricerca che ci spinge a prendere il mare e indugiare tra le terre…
La grande: libri che trattengono lo sguardo e l’attenzione su pagine ampie di scritture o di illustrazioni da leggere distesamente, da sottolineare e annotare. Libri di una biblioteca sempre aperta al desiderio di tempo del lettore.
La piccola: libri sempre sottomano, che accompagnano i vagabondaggi dei lettori; discreti ‘colpi di fulmine’ con la poesia, il racconto, il saggio breve. Veloci da finire e facili da ricominciare.”


Si ringrazia Mesogea e Gem Srl per la gentile concessione dei testi di Moncef Ghachem e dei file musicali della performance del poeta con il gruppo Dounia.

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