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Scrittura

Filadelfo Giuliano

Ritorno in Sicilia

Il manoscritto lo aspettava in una libreria antiquaria di Malà Strana. Almeno era questo che Angelo credeva. A Praga si sarebbe fermato solamente pochi giorni. Il tempo indispensabile per concludere l’affare. Toccò istintivamente la tasca interna della giacca. Là c’era il denaro che doveva consegnare a coloro che avevano il manoscritto. Due giorni al massimo e poi di nuovo in Sicilia. Gli sembrava tutto facile.

Copertina del libro Ritorno in Sicilia di Filadelfo GiulianoFiladelfo Giuliano è l’autore di Ritorno in Sicilia recentemente edito da Azimut. Il romanzo, un noir malinconico, è ambientato quasi completamente a Praga. Ma non la Praga magica del Golem, né quella fumosa di Kafka, e nemmeno quella opprimente del regime filo-sovietico di Kundera. È la Praga cinica e arrivista di oggi, che cerca di conquistarsi un posto al sole della moderna società del libero mercato. Ricchezza facile, quindi, a scapito di nobili ideali e fardelli morali. Il protagonista, Angelo, ha vissuto in questa città gli anni della sua gioventù nel periodo del crollo del mondo comunista. Lì ha conosciuto l’amore e l’amicizia. Oggi, a distanza di dieci anni, torna in quelle strade sperando inconsciamente di ritrovare qualcosa di quel periodo d’oro della sua esistenza. Troverà però solo macerie e il nodo in gola di ricordi amari e struggenti. Il pretesto per questo ritorno è l’acquisto di un fantomatico manoscritto in ceco di Franz Kafka. Angelo viene avvicinato su internet da una giovane praghese, Pavlina, che gli garantisce il testo in cambio di una cospicua somma di denaro. Nella capitale però il protagonista non troverà nessun manoscritto bensì un mare di ricordi che forse avrebbe fatto meglio a tenere sepolti. Ci scapperà anche il morto e Angelo sarà costretto a fuggire per salvare la bella Pavlina e per scampare alla stretta micidiale delle ombre del passato. Il ritorno in Sicilia, sua terra natia, sarà l’inizio di una nuova stagione della sua vita.

Simone Piazzesi SP): Come sei arrivato alla scrittura e, in secondo luogo, alla pubblicazione?

Filadelfo Giuliano (FG): Ho cominciato a scrivere presto. Ai tempi del ginnasio scrivevo poesie che poi regolarmente strappavo. La poesia mi ha sempre interessato e non ho mai smesso di scrivere versi. Alla prosa sono arrivato tardi. Come tanti ho mandato i miei manoscritti a diversi editori finché non ho trovato chi mi ha dato fiducia. Prima di Azimut avevo già pubblicato dei racconti e un volume di versi.

SP: Tu fai un mestiere “particolare”, insegni nelle scuole medie. Che rapporto vedi fra il tuo lavoro e lo scrivere?

FG: Poiché sono un docente di lettere, insegnare a scrivere è uno dei pilastri del mio lavoro, farlo poi con ragazzi molto giovani è ancora più impegnativo. Nella scrittura riverso la serietà con cui cerco di far capire ai miei studenti che la lingua è una delle chiavi che aprono nuove frontiere all’intelletto.

SP: Dal punto di vista stilistico la tua cifra dominante è la paratassi. Anzi, dato che nel 90% dei casi c’è un punto ogni due righe, direi un’iper-paratassi. A cosa si deve questo stile estremamente essenziale?

FG: Mi piace la definizione di iper-paratassi. Questo stile essenziale e incalzante lo devo al noir francese e in particolare a scrittori come Jan-Claude Izzo e Leo Malet. Il noir è anche azione e la paratassi dà alla frase ritmo e velocità. Se vuoi, c’è anche qualche influenza di Hemingway.

Filadelfo GiulianoSP: Il protagonista assoluto di Ritorno in Sicilia è Angelo, intorno a cui ruota quasi sempre l’attenzione del narratore. Si ha quasi l’impressione, leggendo, di stare ascoltando le memorie del protagonista. Poi però a volte entrano in scena altri personaggi e ci “accorgiamo” che il libro è scritto in terza persona. Come mai non hai scelto di narrarlo in prima persona?

FG: Ho scelto la terza persona per avere una certa libertà narrativa. La prima persona avrebbe potuto far nascere l’equivoco che ci fosse una stretta relazione tra personaggio e autore. Certo, qualcosa di autobiografico nel libro c’è, però tutti i personaggi, protagonista compreso, hanno una loro autonomia letteraria.

SP: Nonostante il titolo, il libro è un omaggio a Praga. Fin dalle prime pagine veniamo catapultati nelle sue strade, piazze, osterie descritte nei minimi dettagli. Da dove ti viene la conoscenza e l’amore per questa città così diversa dalla tua Sicilia?

FG: Come diceva il grande boemista Angelomaria Ripellino, Praga e la Sicilia sono unite dal filo del barocco, quindi qualcosa in comune queste due terre ce l’hanno. è stato proprio un libro di Ripellino, Praga magica a farmi innamorare di questa città, di cui ho voluto imparare la lingua. Quest’altrove è penetrato tanto nella mia vita che, quando ne sono lontano, ne sogno i tetti e porto in bocca il profumo della sua birra.

SP: Oltre a Praga, l’altro tema dominante del libro è il rapporto, malinconico e disilluso, tra passato e presente. Un rapporto che riguarda i vecchi amici, la Storia, e la città di Praga. Pensi davvero, dunque, che ricordare faccia male (come dicono a volte i personaggi del libro)?

FG: Non è detto che ricordare faccia male. La memoria, come ci ha insegnato Leopardi, può avere anche un ruolo positivo. Colui che è lontano da qualcosa che ama e che ricorda, si comporta come se il tempo si fosse fermato al momento della sua partenza. Al ritorno nella sua “Itaca” pensa che ritrovi cose e persone come le ha lasciate. è in questo caso che la memoria fa male.

SP: Un personaggio del libro, Serafini, è un intellettuale italiano accusato di aver fatto la spia negli anni del regime comunista. Casualmente la stessa accusa che recentemente è stata mossa ad un celebre ceco: Milan Kundera. Che ne pensi?

FG: Personalmente penso che Kundera sia estraneo a tutta questa faccenda. Ma anche se fosse “colpevole”, tutto questo toglierebbe qualcosa alla grandezza dello scrittore? Non dimentichiamo che stiamo parlando di fatti accaduti più di cinquant’anni fa. All’epoca Kundera era giovane e comunista, una persona completamente diversa dal Kundera odierno. I praghesi ce l’hanno con Kundera perché non scrive più in lingua ceca. Anche in Repubblica ceca comunque tanti sono convinti che lo scrittore non fosse una spia del regime.

Praga

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