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Gap!

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Generazioni (di fumettisti) a confronto

Luca RaffaelliCome dichiarato anche sul sito di Lucca Comics & Games, il progetto Gap!, ideato e moderato da Luca Raffaelli, si propone come «una serie di incontri per mettere a confronto due generazioni di maestri del fumetto. Per capire come certe similitudini e certe differenze siano potute germogliare, per capire come la storia cambi il modo di sentire il fumetto e il suo linguaggio. E anche per provocare incontri inediti e sorprendenti.»

L’idea è nata l’anno scorso, quando, in occasione di un incontro, Alfredo Castelli espresse ammirazione per il lavoro di Sio dimostrando una possibilità di contatto tra autori di generazioni cronologicamente distanti, con tutto ciò che ne consegue a livello di gusti e di mezzi tramite cui ci si esprime: all’edicola in fortissima espansione degli anni Sessanta si contrappone il canale digitale di oggi.

I dieci autori passati per la Sala Robinson (nella Chiesa di S. Giovanni) sono effettivamente delle eccellenze del loro settore e hanno offerto una panoramica sul fumetto diversa non solo per età ma anche per generi, sesso e distribuzione geografica.

La cosa che più mi ha colpito dei primi incontri è stato l’afflusso di pubblico inferiore rispetto alle mie aspettative, visto che erano presenti i popolarissimi Fumettibrutti e Sio. Forse si è deciso di organizzare per primi gli incontri in cui erano presenti (rispettivamente mercoledì 30 e giovedì 31 ottobre) proprio per evitare la ressa.

Laura Scarpa e Fumettibrutti

Nel primo incontro si sono confrontate Laura Scarpa, autrice completa e anche editrice e insegnante, e Fumettibrutti, al secolo Yole Josephine Signorelli. Durante ogni incontro si è sottolineato il ruolo che hanno le nuove tecnologie e soprattutto internet e i social network. Dopo una convergenza sulla maniera di intendere l’erotismo delle due fumettiste, affiorano le inevitabili differenze nel vivere la professione a causa dei contesti diversi in cui hanno esordito: Laura Scarpa ricorda ironicamente che una volta il successo si misurava da quanti volumi a fumetti venivano inceneriti perché invenduti, Fumettibrutti porta il numero dei like su Instagram come termometro del successo di un autore.

Incontro Scarpa-Fumettibrutti

Ma Raffaelli individua un’altra differenza tra i contesti in cui hanno esordito le due: quando erano giovani lui e Laura Scarpa non c’erano fumetti che parlassero dei loro autori (Sclavi con Dylan Dog introdusse un’autobiografia mascherata da fumetto popolare), perlomeno non in Italia e non in edicola. Oggi invece sono praticamente un genere consolidato e stanno avendo molto riscontro.

Tra le curiosità emerse c’è il fatto che i pois enormi che decorano le vignette di Fumettibrutti, peraltro allieva di Gianluca Costantini, sono una citazione dei retini tipografici dell’Uomo Ragno che leggeva da bambina.

Laura Scarpa nel suo ruolo di insegnante afferma che avrebbe bocciato il primo lavoro di Fumettibrutti, Romanzo Esplicito; ciò non ha impedito al volume di vincere svariati e importantissimi premi, come ha sottolineato la diretta interessata.

Mi sarebbe piaciuto intervenire per fare una domanda con cui trovare un possibile punto di contatto tra le due, ovvero chiedere se al di là degli “obblighi” e delle necessità professionali leggano ancora fumetti. Raffaelli mi ha anticipato e come da manuale Fumettibrutti ha risposto che una volta diventata professionista (l’altra carriera che avrebbe voluto intraprendere era quella della troia, parole testuali) di fumetti non ne legge praticamente più. La Scarpa non si è pronunciata in merito, ma scommetto che nemmeno lei legge molti fumetti, se ne legge ancora. Figuriamoci.

Alfredo Castelli e Sio

Il secondo incontro tra Castelli e Sio ha svelato delle inaspettate similitudini tra le carriere dei due: entrambi hanno esordito come fanzinari, Castelli ideando la prima rivista del genere in Italia, Comics Club 104, mentre nel caso di Sio (al secolo Simone Albrighi) la cosa è stata più particolare. Le sue prime autoproduzioni se le stampava in proprio a scuola: come professore di filosofia aveva un insegnante molto permissivo (o forse di poco polso) che gli permetteva di allontanarsi dall’aula a suo piacimento: così lui andava nella sala della fotocopiatrice, che era liberamente a disposizione degli studenti, e si stampava in cinquanta copie la sua fanzine che poi vendeva ai compagni di scuola.

Incontro Castelli-Sio

Insomma, viste le personalità coinvolte è stato chiaro che l’aneddotica avrebbe presto preso il sopravvento. Castelli ad esempio ha ricordato anche come il 1965, anno del suo esordio, sia stato un momento magico per le edicole e a maggior ragione per lui che era all’epoca il fumettista più giovane a mettere piede nell’ambiente, quindi avvantaggiato anagraficamente e anche vezzeggiato da altri operatori del settore. Partendo dallo spunto di base, cioè la già ricordata differenza tra un mondo del fumetto anni Sessanta veicolato solo dalle edicole e quello odierno da internet, si è arrivati anche a parlare della diversità e della mutevolezza dell’umorismo: Sio (che Castelli apprezza perché nei suoi fumetti almeno si capisce dove si deve ridere, cosa non scontata) cita come origine del suo umorismo la testata Ridi Topolino, soprattutto le parti nonsense con cui Faraci collegava le storie ristampate.

L’incontro è stata anche l’occasione per ricordare un episodio che ha coinvolto indirettamente anche Luca Raffaelli: durante una Lucca di quarant’anni fa venne pubblicato un numero speciale de L’Urlo (la fanzine romana di fumetti a cui collaboravano Raffaelli, Francesco Coniglio, Luca Boschi, Stefano Cristante e altre personalità che poi sarebbero rimaste nell’ambiente del fumetto) in cui comparve il contributo di un misterioso, anzi mysterioso, Michel Guaranì. In sostanza il Guaranì aveva spulciato l’enciclopedia mondiale dei fumetti di Maurice Horne edita dalla Corno e oggetto già all’epoca di critiche, rilevando che il binomio Magnus & Bunker compariva oltre duecento volte a scapito di autori internazionali altrettanto o più meritevoli. Non solo: già in partenza il testo di Horne aveva qualche magagna. Era infatti conclamato il suo disprezzo per Reg Smyth, l’autore di Andy Capp, e per lo sceneggiatore francese Claude Moliterni: il Guaranì sottolineò appunto come ai due autori non venisse dato abbastanza spazio nell’enciclopedia…

Alla fine questo fuoco incrociato potrebbe aver avuto il suo bell’effetto, poiché una fantomatica copertina di Eureka già pronta per celebrare la vittoria di un premio da parte dell’enciclopedia non vide la luce, visto che di premi non ne vinse!

Fonti più che autorevoli mi informano che l’anno del fattaccio ricordato da Castelli e Raffaelli, il 1979, non può essere quello giusto perché all’epoca il Festival di Lucca era biennale e si teneva solo negli anni pari.

Laura Zuccheri e Fabio Civitelli

Dall’incontro con Laura Zuccheri e Fabio Civitelli, entrambi autori bonelliani, sono emerse più affinità che differenze. In definitiva hanno avuto degli esordi abbastanza simili (tra i disegnatori della “vecchia guardia” Civitelli è il più giovane) presso gli studi, realtà che nelle rispettive epoche, anni Settanta e anni Novanta, rappresentavano quasi una tappa obbligata per chi volesse affacciarsi alla professione: la Zuccheri si fece le ossa presso la premiata ditta Berardi & Milazzo (alquanto esigenti), mentre Civitelli poté esordire grazie allo StudiOriga di Graziano Origa.

Incontro Zuccheri-Civitelli

Certo, i contesti in cui i due hanno lavorato all’inizio erano fisiologicamente diversi per diffusione e considerazione del medium, ma il “gap” tra di loro è molto meno marcato anche perché entrambi si dedicano alla pittura oltre che al fumetto, seppure con stili diversi. Un’ulteriore cosa in comune, che è stata una primizia data da Civitelli in questo incontro, è che entrambi hanno disegnato, o stanno disegnando, un nuovo personaggio: il direttore del carcere di Yuma che è stato introdotto proprio nel Texone disegnato dalla Zuccheri.

Una distanza generazionale c’è solo a livello tecnologico, e comunque non nell’ambito dei fumetti: Civitelli usa Whatsapp solo per vedere le foto della nipotina che la figlia gli manda.

Vittorio Giardino e Alex Alice

Anche il confronto tra Vittorio Giardino e Alex Alice ha messo in luce delle inaspettate analogie tra i loro percorsi professionali. Entrambi hanno ricordato quanto i loro esordi fossero stati particolari e diversi da quelli di tanti altri colleghi. Giardino ha ricordato come all’epoca in Italia la rivista di riferimento per il settore fosse Linus, con cui effettivamente provò a collaborare, oppure rivolgersi all’ambito popolare che aveva una grande diffusione. Per chi come lui proponeva progetti personali ci fu la necessità di inventarsi una nuova strada (un po’ come fecero gli autori di Cannibale), che nel suo caso fu quella creata dall’incontro con Luigi Bernardi che per Città Futura realizzò un inserto a fumetti in cui poté esordire.

Anche Alex Alice dovette seguire un percorso diverso da quello degli autori precedenti, cercando un nuovo canale di pubblicazione. Quando esordì con Il Terzo Testamento le riviste di fumetti stavano scomparendo dalle edicole francesi. Le riviste costituivano un vantaggio sia per i lettori che per gli editori: i primi potevano “assaggiare” a un prezzo ridotto vari fumetti che poi eventualmente avrebbero ricomprato in volume, gli editori una volta pagati gli autori arrivavano al momento della ristampa in volume con i costi di produzione già ammortizzati. Questo meccanismo però si inceppò (come avvenne anche in Italia) e il mercato dovette ricorrere a una produzione molto massiccia di volumi, che non erano più il coronamento del successo di un fumetto ma la principale maniera per pubblicarlo. In quel marasma di proposte inedite pensate direttamente per la pubblicazione in volume Il Terzo Testamento ebbe comunque un grande successo. A livello tecnico, Alice ricorda che nel 1997 lo scanner non era ancora diffuso come oggi, quindi le tavole del Terzo Testamento erano ancora riprodotte con mezzi fotografici. Il che mi sembra più un vantaggio che un difetto.

Incontro Giardino-Alice

Anche in questo incontro sono emersi alcuni aneddoti: Vittorio Giardino ha ricordato ad esempio che il suo successo francofono nacque da una scommessa vinta per ignoranza (parole testuali): una storia di novanta tavole come Rapsodia Ungherese era una follia per il mercato franco-belga, si trattava di un volume lungo il doppio rispetto al classico volume di quarantaquattro o quarantasei tavole. E invece il volume si rivelò un successo, anche se fu appunto un azzardo: come avrebbe rivelato solo tempo dopo a Giardino, Jacques Glénat pubblicò Rapsodia Ungherese per dargli una seconda e ultima chance dopo che ne aveva già pubblicato un libro dall’esito limitato. Ma il nuovo volume ottenne un enorme successo (tuttora viene ristampato in Francia) nonostante non fosse stato supportato da alcun battage pubblicitario da parte di Glénat, solo con il passaparola dei lettori che lo avevano apprezzato. Ricollegandosi a quanto detto da Alice, sicuramente Rapsodia Ungherese beneficiò del fatto che all’epoca, nei primi anni Ottanta, il mercato librario in Francia non era sviluppato come sarebbe stato in seguito e quindi il suo fumetto era molto più visibile rispetto a quanto sarebbe stato nei tardi anni Novanta, quando gli editori invasero massicciamente le librerie per occuparne tutti gli spazi disponibili sottraendoli agli altri editori.

L’incontro si conclude ricordando un’altra analogia che accomuna i due autori: entrambi realizzano i loro fumetti in totale autonomia e li propongono agli editori già pronti, senza necessitare dell’intervento di supervisori. È uno dei vantaggi di essere autori di successo che possono permettersi di lavorare senza l’ingerenza degli editori.

Gap! si è concluso nel pomeriggio di domenica, con un incontro tra Sergio Staino e Zuzu, ma a quell’ora io purtroppo ero già sulla via del ritorno. Resta la speranza che questa esperienza venga riproposta anche il prossimo anno.

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